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Autore: Miryel    22/11/2020    20 recensioni
L'immenso dolore che provoca la perdita di un amore troppo grande, deriva dalla consapevolezza che in ogni individuo v'è qualcosa che è solo suo e che, attraverso la morte, è perduto per sempre.
Tony lo ha perso una volta, Peter, e basta per una vita intera. C'è la possibilità che ritorni, ma è solo un Protocollo scientifico, a cui non crede più e a cui non vuole dare Speranza.
[ Tony Stark - Past!Tony x Peter - Post Infinity War - Angst - Prequel di "Protocollo Speranza" ]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harley Keener, Harley Keener, Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales About a Spider Kid and an Iron Guy'
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Questa storia fa parte della raccolta di One Shots “Tales About a Spider Kid and an Iron Guy”.



 
 

[ Tony Stark - Past!Tony x Peter - Post Infinity War - Angst - Prequel di "Protocollo Speranza" ]

 

For The Damaged Heart 

of Tony Stark

 
 

 


We lay my love and I beneath the weeping willow. A broken heart have I. 
Oh willow I die, oh willow I die.

-The Innocents - O Willow Waly

 

| Capitolo I

 


 

 

           Se c’è una cosa che Tony Stark ricorderà per sempre di quella mattina, è la sensazione di un vuoto assoluto incartata intorno all’anima. Non c’è niente che sprigioni un briciolo di energia, di voglia di fare, di alzarsi, di affrontare il mondo – il nuovo mondo – e darsi un obiettivo. Da quel che ne sa dovrebbe resettare la propria vita e ricominciarla da capo; trovare nuovi spunti, nuovi appigli al quale aggrapparsi e, più sicuro della morte, c’è il fatto che può agganciarsi solo al nulla assoluto, ora come ora. Il vuoto. Un baratro. Un fosso. Un burrone il cui fondo è nero e di cui non conosce la profondità. Caderci dentro sarebbe doloroso? O forse continuerebbe a sprofondare per sempre senza mai trovare la fine? Se lo domanda, mentre si passa una mano sulla fronte e la lascia lì per minuti interi, che ad un tratto paiono ore. Secoli. La luce del giorno irradia la stanza, la riempie di colori oro e di un grigio che sembra quasi una nube tossica. Non la scaccia via, la inala e spera che lo avveleni e lo distrugga. Molto più di quanto non sia bravo a farlo da solo. In quello è il migliore. Quello gli riesce davvero troppo bene. 

Non ha avuto un risveglio e, in verità, non ha nemmeno dormito. Ha passato quei pochi momenti in cui cedeva alla stanchezza con la testa popolata di incubi che vorrebbe solo dimenticare. Incubi che sono coriandoli, che spezzano vite, le distruggono, e cancellano per sempre dalla faccia della terra – dell’universo, le persone che hanno fallito insieme a lui e, più nello specifico, chi in quella guerra infinita non c’entrava niente di niente. Sa che dovranno fare i conti con le conseguenze, prima o poi, ma oggi non ha alcuna intenzione di vedere nessuno. Né Nat, né Steve, né Bruce. Nemmeno Pepper. Non ha voglia di vedere nemmeno il proprio riflesso che lo specchio del bagno gli vuole restituire. Ha perso tanti di quei chili che si sente un fuscello pronto a spezzarsi; un ramo secco, incapace di ritrovare la vita. È morto. È morto con lui. 

Ogni volta che quell’immagine gli torna alla mente strizza gli occhi e lascia andare sospiri strozzati che gli graffiano la gola. Sente ruvidi aculei che si aggrappano alla sua carotide. Scendono fino ai polmoni e li dilaniano. Gli tolgono il respiro. Attacchi di panico perenni, appiccicati alla gabbia toracica. Fanno più male di un martello pneumatico che batte contro le tempie. Gli apre in due la testa e gli scoppia un’emicrania tanto forte che quasi vorrebbe piangere. Si preme i palmi delle mani contro la fronte, apre l’acqua del lavandino e se la tira in faccia, gelida, ma nemmeno quello lo sveglia da quell’incubo. 

È ancora su Titano, con le braccia di Peter che lo stringono forte, si aggrappano ad una speranza che Tony non gli può dare. Lo guarda e dentro a quelle pupille disperate e fragili, vede tutto e niente. L’odio e l’amore, il coraggio e la paura. La vita e la morte. Poi Peter sparisce ogni volta e lui continua a non salvarlo. Continua a fallire. Ancora e ancora e ancora. Vorrebbe smettere di pensarci, di infliggersi colpe che forse non ha, ma sa di doverle espiare, anche se non sono sue. Non sono solo sue. 

Peter è morto e non torna, e la vita non va avanti se non c’è niente, più avanti, che ti aspetta con un sorriso che non ti appartiene, ma che si riflette in quello di un altro. 
 

 

«Lei sparisce sempre, quando non ha voglia di vedere nessuno?» 

«Be’, sì. E di solito la gente asseconda questo mio bisogno», gli risponde, ma sorride. Lascia che la schiena si rilassi contro la sedia, che scricchiola e si piega sotto al suo peso. Ha una penna tra le mani e ne rosicchia l’estremità. Un tic nervoso che non riesce proprio a togliersi. Forse non vuole nemmeno. 

Peter alza le spalle e si chiude la porta del suo studio dietro di sé, sbuffando via una risata che si infrange contro l’universo. È così rumorosa che pare un canto celestiale. Fa male e bene. 

«Di solito, sì. Non ci vediamo da giorni e ho pensato di fare una capatina. Ho quasi creduto ce l’avesse con me, poi la signorina Romanoff mi ha spiegato che è solo un sacco antipatico.» Peter tenta l’ironia, ma in quel modo impacciato che è tutto suo. Cerca di abbattere muri che Tony non gli permette nemmeno di scalfire leggermente. Non vuole. Prova sentimenti troppo contrastanti nei suoi riguardi per permettergli di lasciargli vedere cosa nasconde dietro a quel suo finto distacco da ogni cosa. Vorrebbe dimostrargli che è migliore di quel che sembra, che non è quello antipatico. Non lui. Però è difficile non sentirsi un pericolo per lui, quando quello che gli dimostra è una grande ammirazione, a fronte di un interesse che lui sta iniziando a nutrire. Un interesse che è sbagliato e immorale, ma che un po’ lo fa sentire bene; lo fa sentire un ragazzino, lontano dall’oblio. Peter lo fa sentire vivo, e la parte peggiore è che forse Tony fa lo stesso con lui. 

«Qualcuno deve pur fare la parte dell’antagonista», sostiene; alza il mento e ridacchia. Sfrontato e inutilmente crudele; un’arma che con Peter non funziona mai, anzi. Lo attira di più verso di sé, come se fosse un magnete. Lo attira verso di sé, un passo alla volta, finché non è di fronte alla sua scrivania e si siede su una poltroncina grigia e si guarda intorno, sospirando. 

«Questo studio è buio. Perché non apre la finestra e fa entrare un po’ di luce?»

«Parker, sei qui per fare da consulente immobiliare o per qualche altro motivo?», chiede, e torna a guardare le sue scartoffie, senza dar loro una vera e propria attenzione. La sua mente è altrove. Le mani sono altrove; precisamente tra le ciocche ondulate di Peter, mentre lo abbraccia. Deglutisce a quel pensiero, e si sente sporco. Vorrebbe solo dimenticare che, dentro all’anima, qualche fiammella calda di sentimenti è ancora accesa. Solo che, a volte, brucia le persone sbagliate e alimenta interessi che non dovrebbe. 

Peter è giovane, certo, ma non è questo il motivo per il quale gli sta pian piano staccando via la testa dal corpo con la lama affilata del suo sorriso. Lo fa perché è Peter. Punto e basta. Gli piace. Sta bene con lui. Il suo tempo si arricchisce di significato, quando sono insieme e sarebbe successo pure se il giovane Spider-Man avesse avuto cento anni. È Peter, nient’altro che Peter. Tutto il resto è talmente marginale che vorrebbe accantonarlo, ma non ci riesce. Fa troppo male. Alza lo sguardo e si distrugge ancora una volta ad ammirare sorrisi timidi e tentativi già falliti di dimostrarsi sicuro. Non è capace. È genuino. In un modo tanto puro da far quasi rabbia. 

«Gliel’ho detto, pensavo fosse arrabbiato con me. Sono giorni che le scrivo e non mi risponde. Okay, lo ha sempre fatto, ma ci sono dei giorni in cui non influisce sul mio umore, e altri in cui sono troppo insicuro per credere che sia solo impegnato.» La sincerità che gli butta addosso lo spiazza. Nessuno è mai sincero con lui.Tutti mettono davanti un muro di mattoni e cercano di aggirare le perdite di tempo. Vanno tutti dritti al punto, e i più sinceri lo sono per ferirlo. Peter invece lo è perché è nella sua indole. Non lo vuole ferire, sparisce e non risponde ai suoi messaggi, lo ignora e, alla fine, gli fa male lo stesso. 

Non può vincere quella battaglia tra se stesso e i suoi sentimenti. È troppo difficile. Non ne è capace. 

«Non ce l’ho con te. Dovrei, in verità. Troppe fisime, delle gran belle perdite di tempo. Dovresti studiare invece di perder tempo a crearti problemi che non ci sono.» 

«Signor Stark, lei certe volte mi vede come un libro con le gambe e basta. Davvero pensa che io sia solo uno studente e ogni tanto Spider-Man? Non sarà questo granché, ma sono più di uno studente che occupa le sue giornate studiando.» 

«Oh», esordisce, fingendosi stupito e premurandosi che il tono ironico arrivi dritto al destinatario. Peter sussulta e abbassa lo sguardo, per poi rialzarlo con un cipiglio che a Tony non piace. Gli sta di nuovo dando del ragazzino e lo sta ferendo di nuovo, solo che quell’ironia non ha quell’obiettivo, ma solo quello di convincersi che Peter non è altro che quello. Non è una persona interessante. Non è una pedina arcobaleno tra migliaia di pedine nere e bianche. Non è un chiodo fisso nella testa. È molto di più. Troppo di più. Un punto di non ritorno che ha già valicato da tempo e che non vuole distruggere. «Sei un uomo impegnato? Non lo sapevo!» 

«A volte penso che lo faccia apposta.»

«Cosa?», chiede, alzando un sopracciglio. Gli occhiali da vista gli scendono sul naso. Li spinge contro la faccia e gli fa male la testa. Peter è la sua emicrania più comune. 

«Creare questo fastidiosissimo distacco», ammette Peter e, poggiando rigide le mani sui braccioli della poltrona, si alza. Si sistema la camicia a quadri con un gesto secco. Non lo guarda. 

«Io non creo alcun distacco!», risponde, indignato. La schiena si scolla dalla sedia e si piega in avanti. Fastidio. Lo prova dentro, lo corrode. Poi sospira. Si toglie gli occhiali e si prende la radice del naso con due dita. Preme così forte che fa quasi male. «Andiamo a bere qualcosa, ho bisogno di un caffè. E tu di parlare.» 

«Lei invece no?», chiede Peter, ma almeno ora lo guarda. Il viso indurito da un’espressione delusa, ma che è più dolce rispetto a prima. Ha quel brutto difetto di riuscire a mantenere due stati d’animo insieme, e quel malumore che è uno strascico lungo attaccato alla testa. Vorrebbe estirparglielo via, se solo non fosse sempre lui, quello che lo delude. 

«Forse.» Una mezza ammissione, e spera di non dover parlare o, ora come ora, ammetterebbe troppe verità che fanno male ad entrambi e che non possono assecondare.

 

 

«Me ne tiro fuori.» 

Natasha alza un sopracciglio. Stringe tra le mani una tazza di tè, ha un paio di occhiaie viola sotto agli occhi che, comunque, non sciupano la sua bellezza incantevole e spietata, sebbene da quando è tornato, Tony pensa che nessuno abbia incanalato l’odio che invece avrebbero dovuto. C’è solo bisogno di metabolizzare quello che è successo e cercare di andare avanti. Dato che non c’è soluzione, non ce ne sarà mai una e le cose non torneranno come prima. Inutile provare a combattere una battaglia già persa, a cui hanno preso parte quasi per gioco, ma dove la posta in palio era troppo alta. Se ne sono resi conto troppo tardi e ora, come se fosse un peccato da espiare, ne pagano le conseguenze e dovrebbero solo tacere. Nessuno dovrebbe più far menzione di ciò che è stato, eppure lui sembra l’unico che è già sceso a patti con quel fatto. Loro no. Loro vogliono andare avanti, trovare Thanos, le gemme e chissà che cosa diavolo si aspettano di fare. Non ci sono speranze. La verità è che non ci sono mai state. 

Le speranze sono per i deboli. La realtà è diversa. La realtà fa male.

«In che senso te ne tiri fuori?»

Tony sospira. Si rigira tra le dita il tubo della flebo. Ha ancora bisogno di riprendere le forze e di una sedia a rotelle che lo scorrazza in giro perché le sue gambe sono troppo deboli per reggere quello che, comunque, è un peso ridicolo. È un fuscello e se si spezzasse probabilmente ne sarebbe pure contento. «Che non ho alcuna intenzione di sprecare energie per combattere Thanos e tentare l’impossibile. Stavolta passo. Per sempre, immagino.»

Nat gli rifila un’occhiata penetrante, mentre incrocia le braccia al petto e sbuffa aria dal naso. Poi guarda altrove, delusa – forse impaurita, perché Tony lo sa che la sua mente è un’arma fondamentale per la riuscita di quel piano, ma non ha voglia di adoperarla più e poi perdere le persone a cui tiene. Le persone che ama.

«Non vuoi che, chi è sparito, torni?»

«No. Non mi importa un granché a dirla tutta. È andata così.»

«Non è ancora finita, Tony. C’è ancora la speranza che ci sia un modo pe-»  

«No, è finita. Non c’è altro da fare. Abbiamo già perso e non abbiamo i mezzi per cambiare le cose. Abbiamo finito», sentenzia. Recupera la giacca spostandosi con difficoltà verso una sedia e, pronto a lasciare la stanza, prega che lei taccia. Che non dica niente. Che non gli ricordi che no, non è vero che non gli importa. Forse di tutti, forse del mondo, forse dell’universo intero non gli interessa niente, ma di una sola persona… dio, quella sola persona, la rivorrebbe indietro immediatamente. Ora, qui, in questo momento. Anche solo per lasciare che quel senso di colpa lo abbandoni per sempre.

«E Parker?» 

Chiude gli occhi; si ferma e stringe le mani intorno alle maniglie della sedia a rotelle. Non si volta. Non lo fa perché è troppo esposto, quando si parla di Peter. Non vuole parlarne, non vuole ricordare, non vuole ammettere che per lui, probabilmente, la testa la metterebbe di nuovo in azione, pur di saperlo lì con lui.

«È andato.» 

«E tu non ti dai pace per questo», dice lei, e quasi sembra leggergli nel pensiero. Ma Tony è materia oscura che diventa più nera ad ogni istante che passa e, flemmatico, si lascia solo scappare un sospiro stanco e irritato, che nasconde al suo interno la paura più marcia di non aver fatto abbastanza e di essere già fuggito da quella responsabilità.

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, signor Stark. Lo immagina mentre glielo dice, impacciato, col sorriso genuino di chi non ha paura del male e lo contrasta.

Non ci sono poteri, però. Solo distruzione e solitudine e, la verità, è che non potrebbe mai perdonarsi di provare ancora e ancora a riportarlo indietro e fallire ogni volta. Non si perdona il pensiero che non ci può riuscire, perché non ne ha le capacità. Nessuno le ha. E allora va via, sparisce dietro quella porta, e desidera solo cancellare quel tempo passato a difendere il mondo e a autodistruggersi… e ad amare, senza controllo, un’anima fragile e pura che non lo ha mai rispecchiato ma lo ha amato a sua volta.
 

 

«Quando parli di distacco sai almeno cosa significa?», chiede e sorseggia un caffé amaro come lo è la sua anima in quel momento, mentre il distacco lo ricerca sul serio e finge che non sia tale. Che sia solo un normale rapporto tra un mentore e un allievo, tra un giovane e un adulto. Non quello alla pari che si è instaurato, e che ai margini di molte, troppe cose che lo hanno colpito, c’è una differenza d’età a cui pensa troppo poco ma che, quando succede, si sente sporco e amorale. Si sente in difetto, pregno di un peccato che non ha nemmeno commesso; non ancora. Spera sempre e solo che Peter non lo assecondi mai. Perché se dovesse succedere non sa nemmeno come reagirebbe e se è in grado di fermarsi sulla soglia e fare un passo indietro. 

«Nessuno sa meglio di me cos’è il distacco, signor Stark», spiega Peter, e sorseggia la sua gazzosa. Ne riemerge leccandosi le labbra distrattamente e Tony distoglie lo sguardo, vinto da ogni suo gesto. 

«Se sapessi davvero cos’è, non lo vedresti ovunque.» 

«Forse è lei che non sa cos’è. O magari non si accorge nemmeno di quando mette su un muro tra a me e lei, senza un vero motivo. O magari c’è e non me lo vuole dire.»

«Non c’è nessun motivo e nessun muro, tra di noi. Non ne avrei motivo, dopotutto.» 

«So che c’è. E offrirmi una bibita gassata non appianerà le cose. Nemmeno mi toglierà dalla testa il fatto che sta cercando di allontanarmi, per qualche ragione, ma non lo vuole ammettere proprio. Forse non le fa comodo, per via di Spider-Man.» Schietto. Timido, impacciato, goffo e paranoico, eppure sempre così dannatamente schietto, incapace di tenere per sé quelle che sono le sensazioni che si porta addosso come un vestito di spine; forse così doloroso da impedirgli di abituarsi a quel dolore. Tony ci fa i conti da una vita, con quei graffi sulla pelle che non si rimarginano, e la schiettezza la usa solo per distruggere – perché lui è un distruttore – e mai per costruire qualcosa. 

Lo invidia. Lo invidia come se Peter fosse tutto ciò che avrebbe voluto essere, e forse è così. Allora se deve soffrire, non sarà l’unico. Allora se è una guerra, questa battaglia la vuole vincere. Anche se questo significherà ferirlo ancora, e ancora, e ancora…

«Ti sei preso una sbandata per me, ecco perché lo faccio.»

I suoni del bar si spengono. Come se qualcuno avesse appena pigiato il tasto muto di un telecomando che gestisce la vita. Peter lo guarda con la mano stretta intorno al suo bicchiere di vetro. Se non doserà la forza finirà per romperlo, eppure non sembra stringerlo con troppa veemenza. Anzi. Solo un leggero tremore gli vibra tra le dita, e quando Tony torna a guardarlo ha la bocca leggermente aperta, dalla quale escono suoni muti, balbettii sconnessi e respiri nervosi. 

«È così?», lo sfida, e si mostra calmo sorseggiando altro caffé che gli scende giù con una difficoltà disumana. 

Peter lo fissa; non distoglie mai lo sguardo, finché non chiude definitamente la bocca e si guarda le mani, ora strette tra di loro. Inizia a tartassarsi le pellicine con le unghie – sono così corte, per colpa di quel suo vizio di mangiarsele quando è nervoso – e poi annuisce. 

«Non ho mai creduto fosse un segreto, ma ci sono già sceso a patti, col fatto che è pura utopia. Vado avanti lo stesso, e non ci spero nemmeno. Passerà, è giusto che passi», spiega,  il velo di un sorriso buio gli si infrange sul viso. La folta corolla di ciglia si alza e rivela malinconiche pupille nemmeno troppo umide. Ci è sceso a patti sul serio, con la consapevolezza che non potrà mai essere ricambiato, e di nuovo Tony dovrebbe solo ammirarlo e basta. Così adulto da far paura, perché nemmeno lui, alla sua età, ci riuscirebbe. Non ci sta riuscendo. Non riesce ad accantonare i sentimenti e fingere che non ci siano. Peter lo fa. Gli insegna ancora qualcosa, come sempre, e lui non impara mai. «Non ci spero nemmeno», ripete, forse per convincersi che sia così, ma è chiaro che non lo è, che se Tony ricambiasse – e Tony, buon dio, ricambia – ne sarebbe felice. Avrebbe, per una volta, qualcuno che prova lo stesso. 

Vorrebbe dirglielo. Vorrebbe dirgli che per lui è lo stesso, ma Peter ha fatto un passo avanti, con quella confidenza, e come al solito Tony ne ha fatti due indietro. Succederà ancora, e più andrà indietro, più sarà braccato. Prima o poi incontrerà un muro che gli bloccherà le spalle e, da quel momento, non avrà vie di fuga.

 


Fine Capitolo I

 


 
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em — Here's the thing: they could have used a picture...
Salve a tutti,
era da tantissimo tempo che volevo scrivere una sorta di prequel dedicato a Protocollo Speranza e finalmente sono riuscita in questo intento, dopo mesi di silenzio stampa per quanto riguardava il canone. La storia, come avrete già inteso, è un PoV Tony post Infinity War che ci accompagnerà fino ad Endgame e con molti riferimenti a Protocollo Speranza ma, credetemi, non serve averla letta, se deciderete di farlo dopo i pezzi andranno tutti al loro posto e, anzi, forse ne coglierete dei riferimenti inversi, in ogni caso potrete godere della lettura allo stesso modo. Per chi invece ha già letto la storia e ora si è avventurato a leggere questa, spero di poter dare lo stesso trasporto che resi allora. Come molti sanno, Protocollo è la storia a cui tengo di più al mondo ♥ Spero davvero che questa vi piaccia e sì, c'è Pepper e come tutti sanno amo entrambi i rapporti e, trattandosi del canone, ho deciso di avventurarmi in una cosa del genere che non è proprio nelle mie corde, nel senso che di solito per rispetto a lei e all'amore per Tony, tendo ad occultare la sua presenza e magari aggiungerla solo quando è davvero necessario e qui... lo è. Spero di renderle giustizia anche qui ♥

 
Un abbraccio a tutti e a domenica prossima ♥
 
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La vostra amichevole Miryel di quartiere.
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