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Autore: manpolisc_    22/11/2020    1 recensioni
•Secondo libro della trilogia•
Sharon Steel ormai crede di aver scoperto tutto di sé grazie agli avvenimenti estivi che hanno caratterizzato le sue vacanze, quando in realtà non sa ancora nulla di ciò che realmente è. Sicura di aver detto addio ad una minuscola ma significativa parte della sua vita, si ritroverà ad affrontarla di nuovo, e questa volta le cose saranno troppo diverse e non sarà sicura di riuscire ad accettarle.
Dal testo:
- Era solo un sogno. - Cerca di rassicurarmi, e lo ringrazio per avermi interrotto. Non sono certa di voler dire ad alta voce quegli orrori da cui la mia mente è ormai segnata.
- Si realizzerà. - Affermo completamente sicura.
- Solo se tu vuoi renderlo realtà. -
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6

-Taylor-

- Grazie per il passaggio, Melania. - La ringrazio in modo gentile mentre apro la portiera della sua macchina, una vecchia Ford Mustang del 1968, e scendo.
- Non preoccuparti. Ci vediamo domani al lavoro e, Taylor? - Mi giro a guardarla quando mi richiama, appoggiando un braccio sullo sportello aperto. - Dovresti prenderti la patente. - Dice con un sorriso scherzoso in volto mentre si passa una mano tra i corti capelli neri. Scuoto la testa e le sorrido.
- Ho la patente, ma non i soldi per riparare la macchina. A domani. - La saluto, prendo la borsa e chiudo lo sportello. Lei parte non appena mi allontano dalla macchina e raggiungo la porta d’ingresso, cercando le chiavi nella borsa. Appena avrò qualche soldo in più dovrò ricambiare tutti questi passaggi che mi dà, anche se per lei non sono nulla dopo anni che lavoriamo insieme. Purtroppo non è sposata, non ha neanche figli, e questo è triste: è una donna così gentile e simpatica, sempre solare, e adoro i suoi vestiti, soprattutto i colori. Ogni giorno ne indossa uno diverso che mi porta a chiedermi quanti armadi possieda. Oggi ne aveva uno viola melanzana, che le rendeva la carnagione ancora più scura di quanto non sia già. È leggermente in carne, ma porta questi vestiti con una disinvoltura da invidiare. Il suo viso è rotondo e le sue labbra sono carnose, si potrebbe anche pensare che siano state ritoccate chirurgicamente; gli occhi sono la parte migliore della donna: di un castano così scuro e dallo sguardo così profondo che potrebbe mettere in soggezione. Tra l’altro ha sempre una battuta pronta per far sorridere e ridere chiunque abbia intorno, rallegrando la giornata a tutti. Riuscirebbe a metter di buon umore in qualsiasi situazione. È davvero brutto che però non abbia nessuno con cui condividere la casa in cui vive, essendo questa anche abbastanza grande per una sola persona. Perciò molte sere, inclusa questa, andiamo fuori a mangiare qualcosa dopo il lavoro.
Lancio uno sguardo fugace alla finestra del soggiorno: strano che Sharon non abbia acceso la luce. Spero almeno che sia tornata. Ultimamente sta sempre fuori a zonzo con Albert. A volte mi chiedo se stiano insieme e se lei me lo tenga nascosto per qualche oscura ragione. Nell'ultimo periodo non mi racconta molto di quello che fa, ma credo che ormai abbia perso tutta la fiducia che riponeva in me. Forse per questo non parliamo più come una volta. Ho sempre saputo che un giorno avrei perso mia figlia, che se ne sarebbe andata di casa a convivere con il suo futuro marito e a farsi una famiglia, ma non immaginavo così presto e non per questa ragione. Forse ho sbagliato a tenerle nascosto per diciotto anni questo mondo a cui appartiene e al quale, prima o poi, avrebbe avuto accesso. Forse sono stata ingenua ed egoista nelle decisioni che ho preso, ma quale altra scelta avevo? Raccontarle tutto non sarebbe stato il caso, specialmente se l'avesse saputo da piccola. Tutta la sua vita si sarebbe basata su quell'unico costante puntino nella sua mente: suo padre. Forse, appena diventata più grande, avrei dovuto dirle tutto e cercare un modo diverso per proteggerla, avrei potuto fare le cose con calma e magari sperare che non avrebbe sviluppato i poteri. In questo modo, probabilmente, sarei stata anche più sicura che suo padre non avrebbe potuto prenderla in ostaggio se avesse trovato un modo per liberarsi. Avrei dovuto dirle che Harvey, mio marito, ormai era diventato un mostro che avrebbe cercato in tutti i modi di ucciderla. Ma come si fa a dire a una ragazzina, che non crede neanche a queste cose e non le conosce, che suo padre, che non ha neanche mai conosciuto, vuole ucciderla? Ho reagito d'istinto forse, o in modo egoistico, e non me lo perdonerò mai per aver rovinato per sempre la vita di mia figlia, sia quella normale, sia quella da Elementale. Avrei potuto evitare di trasformare in un mostro una bambina innocente. Da un lato, è meglio che tutto sia andato in questo modo: so per certo che non le avrei mai detto la verità e, se avesse scoperto tutto più tardi, credo che avrebbe potuto anche uccidermi, e ne sarebbe sul serio capace, purtroppo.
Alzo lo sguardo per controllare se la luce della sua camera sia accesa, ma stranamente anche quella è spenta. Controllo l'orologio al mio polso dopo aver afferrato le chiavi dalla mia borsa: le dieci. Non può essere già a letto, prima delle undici non va. Spero davvero che non sia ancora in giro o a caccia. Dovrei stare più attenta alla sua giornata, anche se mi viene difficile. Purtroppo io e Melania, la mia collega, siamo le ultime a lasciare l'ufficio e stasera abbiamo finito anche più tardi del solito, quindi abbiamo anche cenato dopo. Se solo non fosse caduto quel cassetto con tutte quelle cartelle saremmo uscite dall'ufficio anche alle otto. Apro la porta di casa e me la richiudo alle spalle, poi illumino il salotto e la cucina, poggio la borsa sul tavolo e infine apro il frigo per prendere una bottiglia d’acqua.
- Sharon. Sono a casa. - La informo, ma non ricevo nessuna risposta. - Sharon! - Riprovo. Molte volte sta in camera sua con le cuffie nelle orecchie, la musica ad alto volume, la porta chiusa e non sente se qualcuno la sta chiamando o meno. Sbuffo e chiudo il frigorifero prima di salire sopra e bussare alla sua porta, ma nessuno risponde. - Sharon! Rispondimi quando ti chiamo. - Dico con tono leggermente più alto per l'irritazione mentre spalanco la porta, sicura di trovare mia figlia, ma la camera è completamente buia e vuota: il letto disfatto, come sempre, i libri sulla scrivania, i vestiti sparsi sul letto... Sembra tutto normale, eppure Sharon non c'è. Se scopro che è ancora fuori questa volta sono dolori per lei. Non m’importa se mi odierà più di quanto non faccia già, ma deve cominciare a rispettarmi. Non può essere arrabbiata con me per sempre e questo non le dà il diritto di fare ciò che vuole e quando vuole. Dovrebbe cominciare a capire quali sono le sue priorità: la scuola, l'università che frequenterà e il buon lavoro che troverà. Non dico che debba rinunciare alla caccia e ai mostri, anche perché ormai quelli sono diventati parte della sua vita, della sua quotidianità, e si deve difendere da loro, ma almeno non dovrebbe del tutto rifiutare anche la vita che aveva prima.
Chiudo la porta e scendo giù. Vado a prendere il cellulare dalla borsa per chiamarla, ma subito risponde la segreteria; quindi cerco il numero di Delice. Se fosse andata a dormire da lei me lo avrebbe detto o mi avrebbe inviato un messaggio. Spero solo che non sia successo nulla di grave. Non riuscirei mai a perdonarmi se qualche Cacciatore Oscuro avesse fatto irruzione in casa e l'avesse rapita, o se qualche mostro fosse riuscito ad entrare. Tuttavia non c'è nulla di rotto, tantomeno segni di scassinamento. Oltre alla porta, controllo la finestra della cucina e quella del soggiorno nervosamente: nessun segno neanche qui. Quindi deve essere ancora fuori. Provo a chiamare di nuovo Delice. Fortuna che mi sono salvata il suo numero, non si sa mai. Purtroppo, per l’ennesima volta segreteria telefonica. Magari stanno insieme e stanno facendo la loro solita serata tra ragazze e hanno spento i cellulari, ma non capisco il motivo per cui Sharon non mi abbia avvisato se così fosse. Meglio comunque chiamare anche Albert, giusto per sicurezza. Non devo andare nel panico, non ancora. Non ho mai preso il numero degli amici di Sharon, ma da quando è arrivato Jackson, suo cugino, lei è cambiata e non posso negarlo. Non solo per la questione degli elementi, ma sotto ogni aspetto. È raro che adesso risponda al cellulare, cosa che prima faceva subito. Devo tenerla più sotto controllo, e per questo ho deciso di segnarmi i numeri dei suoi amici di nascosto. Sta sempre con uno dei due alla fine e loro rispondono, a differenza sua, quando sono insieme. Ciononostante, anche se è più matura, è pur sempre una ragazzina, e da tale compie degli errori. Non vorrei che facesse qualche pazzia e che la rimpiangesse per il resto della sua vita, tantomeno che si facesse male, o peggio. Jackson non sarebbe mai dovuto venire qui e sconvolgere tutto ciò che avevo creato. Quel giorno in cui scappai via con Sharon da Winchester per evitare che cominciasse a sviluppare i suoi poteri troppo prematuramente, quando lei aveva solo qualche mese, avvertii Lizzie che sarebbero dovuti sparire dalla nostra vita, lei e la sua famiglia, eppure ci hanno raggiunto anche nell'unico posto nel quale zia Tess si era impegnata duramente per tenere tutti nascosti, compresa la puzza di mia figlia. Non ho ancora capito il motivo di quel trasferimento temporaneo, e Lizzie non ha menzionato una ragione. Non sarebbero dovuti venire qua e basta, non ha avuto senso ciò che hanno fatto.
Cerco il numero di Albert nella rubrica, per poi chiamarlo. Fortunatamente, dopo qualche squillo mi risponde.
- Mrs. Diaz, salve. Come mai l'onore di questa chiamata? - Chiede con voce entusiasta e gentile come sempre. Mi domando come faccia a essere sempre così spensierato e rilassato.
- Ciao Albert. Tutto bene? -
- Sì, tranne che per il fatto che la scuola sia ricominciata. - Ridacchia. - Devo dirle che sono sorpreso di ricevere una sua chiamata, immagino che Sharon le abbia detto dell'università e della casa. - Corrugo la fronte alle sue parole. Sharon ed io non parliamo molto, ma non pensavo davvero che sarebbe rimasta in silenzio anche per quanto riguarda una delle decisioni più importanti della sua vita.
- Ah, sì. Mi ha accennato qualcosa. - Mento, tenendo il suo gioco nella speranza che m’informi su ciò.
- Finalmente! È da qualche settimana che glielo sto proponendo, ma non pensavo che glielo dicesse sul serio. Sa, l'idea che magari io e sua figlia ci trasferiamo lontano da Ruddy Village per l'università può spaventare, ma comunque sono cose che vanno fatte. Cioè, alla fine ha sempre saputo che prima o poi Sharon sarebbe cresciuta. - Rimango un attimo scossa per le sue parole. Non fatico a credere alla ragione per cui Sharon non mi abbia voluto dire nulla, perché sapeva già che la risposta sarebbe stata un no netto. Non posso permettere che vada via di casa, da Ruddy Village, con Albert poi. Non che non mi fidi di lui, alla fine è un Elementale, un Ondino, e saprebbe badare anche a lei, ma sarei preoccupata per lui solo con lei. Non posso essere sicura che un giorno mia figlia non si alzi con la voglia di uccidere lui, o magari l'intera università. Non posso permetterlo.
- Sì, beh, abbiamo detto che ne avremo discusso più avanti, non appena farà richiesta a qualche facoltà. Comunque, parlando di Sharon, è con te? -
- No. - Risponde dopo qualche secondo di silenzio. - L'ho appena accompagnata all'aeroporto. Può stare tranquilla. - Sono piuttosto sicura che il mio cuore abbia perso un battito e solo Dio sa che fine abbia fatto il mio respiro. Cerco di non farmi prendere dal panico troppo in fretta, altrimenti darei di matto e me la prenderei anche con lui.
- All'aeroporto? E dove sta andando? - Chiedo però con tono più allarmato di quanto volessi mostrare. Non vorrei che Albert si sentisse in colpa per una stupidaggine che ha commesso Sharon, dicendogli una menzogna tra l’altro, perché sono piuttosto sicura che gli abbia mentito.
- In Inghilterra... – Mi risponde più insicuro, timoroso della mia reazione, poi comincia a raccontarmi cosa è successo solo qualche ora prima. Mentre parla, mi siedo sulla poltrona: non credo che potrei reggermi sulle mie gambe. Se l'avessi davanti in questo preciso momento, la riempirei di schiaffi. Le darei tutti quelli che non le ho potuto dare in diciotto anni. Come le è saltato in mente di fare ciò? Non ha senso tutto questo. Sono sicurissima che c'entri Jackson con questa sua bravata. Lei non avrebbe il coraggio di fare una cosa del genere, così all'improvviso poi. Oppure non conosco sul serio mia figlia ed è la persona che, più di tutti, sarebbe capace di ciò. - Ma lei non ne sapeva nulla? -
- No, nulla. - Confermo. - Non posso credere che abbia mentito a entrambi, soprattutto a te. -
- Taylor, io davvero non ne sapevo niente. Pensavo che lei fosse al corrente di tutto e che fosse d'accordo. Se mi avesse detto la vera ragione per cui ha preso il primo aereo che ha trovato, le giuro che sarei stato il primo a fermarla. - Dice con tono abbastanza serio e sincero, ma so che lo è. Ormai sono arrivata al punto di fidarmi più degli amici di mia figlia che di lei.
- Non ne dubito, Albert. Lo so che sei un ragazzo con la testa a posto. Spero solo che non c'entri quel Mitchell di nuovo. Sharon è troppo intelligente per fare una stupidaggine del genere. - Cerco con tutta me stessa di avere la voce calma, ma sono sicura che le mie mani stiano tremando e che il terrore stia prendendo il sopravvento perché mi sento svenire. Mia figlia su un aereo da sola oltre l'oceano, ma cosa le dice il cervello?! E quei soldi spesi, una parte di quelli che ho faticato a guadagnare in un anno affinché li usasse per gli studi, non per raggiungere il cugino nel Regno Unito!
- Non credo che riguardi Jackson l'intera faccenda. Da quanto mi ha raccontato tra loro due... -
- So come si sono sviluppate le vicende, Albert, ma ci sono cose che Sharon non sa, e se è andata in Inghilterra, l'unica persona che potrebbe cercare è Jackson. E questa cosa non va bene. - Davvero non va bene. So che non farebbe nulla con lui, ma ho pur sempre la preoccupazione che se ne sia innamorata e che non riesca a toglierselo dalla testa. È pur sempre un’adolescente, e so come vanno a finire queste cose. Se fosse così, dirle che Jackson e lei sono cugini sarebbe un vero trauma. Già quando sono andati al cinema insieme non so cosa Jackson avesse in mente. Da un lato ha fatto bene a invitarla, l'ha tenuta sotto controllo al posto mio per una sera, ma dall'altra ha rischiato parecchio.
- Lo odia. Credo sarebbe incoerente. -
- A volte si odia per non amare e rimanere feriti più di quanto non vorremmo. – Sospiro. - E se lei fosse innamorata di Jackson beh, non andrebbe bene. - Dico scuotendo la testa, anche se lui non può vedermi.
- Concordo a pieno. Non mi piace quel tizio. L'ha trattata malissimo, l'ha fatta soffrire più volte e... -
- ... ed è il cugino. - Concludo la frase mentre dall'altro capo del telefono non si sente alcun suono. Non so se sia caduta la linea o Albert sia rimasto turbato, ma sono più sicura della seconda. Afferro il mio labbro inferiore tra i denti non appena comincia a tremare. Sono sul punto di piangere e sento già gli occhi lucidi, perché so perfettamente che tutto questo è colpa mia, soprattutto se adesso lei si trova da sola in una città che non conosce. Non troverà mai la loro casa, essendo in periferia, quindi sarà sola e diventerà una facile preda per i mostri, pervertiti, maniaci o solo Dio sa cosa.
- Sta scherzando, vero? - Chiede qualche secondo più tardi, con voce abbastanza bassa. Questa volta rimango io in silenzio. Avrei dovuto dirlo a Sharon, lo so, lo so benissimo, ma pensavo che Jackson se ne sarebbe andato, o che non si sarebbe mai avvicinato a lei, eppure ha incasinato tutta la sua vita in così poco tempo. E ora la mia bambina è su un aereo da sola.
- No, purtroppo. Pensi che troverei un altro biglietto last minute? -
- Non credo, ma posso sempre controllare. Mrs. Diaz, meglio che si riposi adesso. Si faccia una bella tisana e provi a riposare. Nel frattempo cerco qualche offerta per un volo e le mando il link per email dopo, okay? Basta che stia calma. - Mi rassicura con tono gentile e dolce. Annuisco mentre mi asciugo una lacrima che è scesa da sola e prendo un respiro, tremante.
- Sei davvero un tesoro, Albert. -
- Mi viene naturale. - Dice per strapparmi un sorriso, anche se non ci riesce.
- Ti mando la mia email per messaggio. Grazie tante. - Dico sinceramente. Anche se so che non riuscirò a dormire stanotte, meglio farglielo credere per adesso. Spero solamente che Sharon stia bene. Sono furiosa con lei, è vero, ma sono più che altro preoccupata che possa succederle qualcosa di brutto. Devo solo pregare Dio che nessun mostro o persona si avvicini a lei, anche se so che è un pensiero utopico da fare.
- Ma si figuri. Aspetto l'email così dopo gliela mando. Buonanotte, Mrs. Diaz. – Ricambio la buonanotte prima di chiudere la chiamata e affrettarmi a scrivere l'email al ragazzo. La controllo più volte, spaventata che potrei aver sbagliato a digitare, poi la mando, sperando che il suo messaggio non tardi ad arrivare. Nel frattempo, non perdo tempo e vado a preparare una valigia dove mettere dei vestiti. Questa volta Sharon non la passerà liscia per ciò che ha fatto, per nulla.
   
 
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