Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |      
Autore: musa07    22/11/2020    4 recensioni
"Keiji non era solito poltrire a letto. Era uno che non appena apriva gli occhi, ecco che immediatamente si alzava e diveniva operativo.
Ma non quella mattina. Non dopo che – dopo così tanto tempo – finalmente non era più solo su quel letto.
Il loro letto [...]"
Time!skip 7 years later dei nostri adorati
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Io avrei delle lezioni da preparare tipo.
Per non parlare dei
compiti da correggere ma dettagli.
Quando la BokuAka chiama, non si può non rispondere.


 

Il tè è sempre una soluzione

 

Keiji non era solito poltrire a letto. Era uno che non appena apriva gli occhi, ecco che immediatamente si alzava e diveniva operativo.
Ma non quella mattina. Non dopo che – dopo così tanto tempo – finalmente non era più solo su quel letto.
Il loro letto.
 

IL GIORNO PRIMA

La pioggia non aveva dato tregua per tutto il giorno.
Ogni volta che Akaashi aveva volto gli occhi al cielo aveva sempre trovato ad accoglierlo il grigio novembrino più plumbeo. Il vento ululava malignamente, frustando le fronde degli alberi giù in strada, spogliando i rami di quelle poche foglie rimaste.
L’incessante ticchettio delle gocce sulle vetrate dell’ufficio era stata la colonna sonora che l’aveva accompagnato per tutta la giornata, rincuorante e calmante sì, ma – allo stesso tempo – anche a suo modo melanconico. Soprattutto in quelle giornate…
Quel giorno non se l’era proprio sentita di lavorare da casa. Quando il bisogno di Koutarou si faceva così pressante da opprimergli il petto, aveva bisogno di esser in mezzo agli altri, di sentire il loro chiacchiericcio soffuso che diveniva quasi una nenia tranquillizzante. Cosa così strana per lui, che era uno che se ne stava più che ottimamente bene da solo, anzi: era nel silenzio della solitudine che si sentiva bene e lavorava meglio e trovava che la capacità di stare bene anche da soli fosse la più incredibile forma di libertà. Questo faceva di lui il migliore dei compagni, il migliore degli amici. Perché Keiji non aveva bisogno di occupare il vuoto con chiunque ma solo con le persone a cui voleva veramente bene. E quindi se avevi Akaashi nella tua vita, voleva dire che avevi un compagno fidato e che tu lo eri per lui.

Quando si era trovato a rileggere per la decima volta la stessa frase della bozza che stava editando, aveva sospirato sconfitto, abbandonandosi allo schienale della sedia, togliendosi gli occhiali da vista e poggiandoli sulla scrivania. Aveva stretto la radice del naso tra pollice e medio massaggiando delicatamente. Quello era uno dei suoi autori preferiti, quello con il quale lavorava meglio, quello con il quale si sentiva più in sintonia. Gli piaceva molto il suo modo di scrivere, fluido e senza inutili fronzoli, ma quel giorno stava facendo una fatica assurda, perché in quella parte che stava correggendo l’autore presentava uno dei protagonisti principali e Keiji proprio non riusciva a togliersi dalla testa che fosse la fotocopia sputata di Bokuto. Se lo vedeva perfettamente emergere tra le righe e questo non lo aiutava di certo. La sua mancanza a volte diveniva soffocante. Koutarou era davvero per lui come l’aria che ti permettere di vivere.
Era passato quasi un mese dall’ultima volta in cui Bokuto era ritornato a casa, riuscendo a sganciarsi dagli allenamenti e dalla squadra e passando insieme ben 48 ore di fila.
Non era mai successo prima che stessero separati per così tanto tempo ma il campionato, i vari gironi di coppe e mundialiti per club in quel periodo si erano sommati tutti insieme. E questa congiunzione di eventi faceva sì che non potevano sapere quando si sarebbero rivisti. E quella cosa lo attanagliava. 
Non si stava lamentando, sia chiaro ed era più che felice che la carriera pallavolistica del suo compagno fosse ancora così tanto in ascesa, se la meritava tutta. Ormai erano tre anni che andava così. Lui a Tokyo e Kou dall’altra parte del paese. La loro storia – iniziata ai tempi del Liceo – andava a gonfie vele, sempre meglio e la lontananza aveva in qualche modo rafforzato e saldato maggiormente il loro amore ma anche lui era umano e c’erano giornate in cui Koutarou, il suo Koutarou, gli mancava da morire. E il suo vuoto era impossibile da colmare. Il risvegliarsi assieme, fare colazione, salutarsi sulla porta di casa prima di andare al lavoro, incontrarsi a metà strada sulla via del ritorno, magari fermarsi a fare la spesa, preparare la cena, stare accoccolati sul divano anche a non far niente... tutte quelle cose che per le altre coppie rappresentavano la quotidianità, a loro mancava. Tenendo conto poi che a partire dal suo secondo anno universitario avevano iniziato a convivere, a maggior ragione si poteva capire il suo cruccio nel non averlo lì con lui sempre.
Entrambi cercavano di non far pesare all’altro questa loro tristezza. Nessuno dei due voleva che l’altro stesse male sapendo che stava in qualche modo soffrendo. Sopratutto lui. Conoscendolo, temeva seriamente che Bokuto sarebbe morto di crepacuore a saperlo triste e non poter far nulla di concreto per alleviare la sua tristezza o comunque – come minimo – avrebbe dato il tormento ai suoi compagni di squadra con le sue paturnie e sinceramente Keiji non sapeva davvero chi, tra quello sparuto gruppetto, sarebbe stato mosso a pietà ad ascoltarlo per più di cinque secondi. Forse Hinata, che era un buono di natura e che, avendo anche lui il suo compagno dall’altra parte del paese, poteva capire perfettamente come Koutarou si sentisse.
Dal canto suo, lì a Tokyo, poteva contare sulla presenza dei suoi più cari amici che facevano a gara, sempre rispettando il suo naturale bisogno di privacy, per non farlo sentire solo, pronti ad alleviare la sua tristezza. Ormai era divenuta quasi un abitudine, al venerdì, trovarsi Kuroo ad attenderlo fuori dal grattacielo dove aveva sede la casa editrice per la quale lavorava, per andarsi a fare l’aperitivo insieme, sulla via del ritorno per casa.
Per non parlare di quando l’ex capitano Nekoma si presentava a casa loro, a suonargli il campanello, se non lo sentiva via wa per due giorni di fila. “Sei molesto Kuroo-san, lo sai?” “Sì, lo so che mi adori” era sempre la beffarda replica divertita.
Innumerevoli ormai erano le volte in cui aveva pranzato direttamente con Oikawa (e caspita se quella stella brillante e luccicante non l’aveva conquistato del tutto!) quando quest'ultimo aveva un buco tra gli allenamenti della sua squadra. E Keiji era sinceramente felice per quei due che almeno Tooru, dopo una breve parentesi estera, fosse rimasto lì a Tokyo, non dovendosi separare da Tetsurou. (Sì, lo so che nel manga blablabla – mi autocito per la seconda volta.ndC)
Si poteva dire che era stato letteralmente adottato da quei due e addirittura si era ritrovato a dormire da loro qualche sera durante i week-end. Ancora se la ricordava la prima volta che era successo e loro tre avevano fatto una videochiamata a Koutarou. Una tragedia!

- Keiji ma come mai ti fermi a dormire da loro? -
A quella domanda ecco che sullo schermo del cellulare di Kuroo era apparso il meraviglioso volto di Tooru che, strizzandogli l’occhio, aveva proferito uno scherzoso:
- Perché stanotte facciamo una cosa a tre, Gufetto. Non ti preoccupare: te lo trattiamo con i guanti. -
- Amore, sei tremendo! - era scoppiato a ridere Tetsurou – Non puoi dire una cosa del genere al Bro, guarda che ti crede. -
- Eh?! - aveva proferito Tooru incredulo.
- FATE UNA COSA A TRE?! AKAAAASHIIII! Ma perché!? Io non ti basto? Non ti soddisfo sessualmente parlando? AKAAAASHIIIII! -
- Grazie Oikawa-san… adesso andrà avanti a piagnucolare e lamentarsi come minimo da qui all’eternità. -
- Scusa scusa Shi-chan, non pensavo ci avrebbe creduto. - a metà tra il sinceramente dispiaciuto e il divertito – Gufetto, stavo scherzando, lo sai benissimo che Shi-chan non ti tradirebbe mai e, oltretutto, lo sai che è disperato senza di te. -
E qua Akaashi aveva sollevato sconsolato gli occhi al cielo, perché sapeva che quelle parole non avrebbero per niente tranquillizzato il suo ragazzo. Anzi!
- Come sarebbe a dire che è disperato!? - fu la replica di Bokuto, come Akaashi aveva giustamente previsto. E via giù di ultrasuoni, mentre aveva acchiappato al volo un povero Hinata che stava passando nel salone centrale, a sua volta in videochiamata con il suo innamorato. E il piccoletto si era ritrovato nella morsa stritolante del suo compagno di squadra che cercava conforto.
- Ohh! Oikawa-san! - aveva proferito Shoyo tutto felice, vedendo l’immagine dell’altro nel telefono di Bokuto.
- Shoyo! -
Sempre così felici di rivedersi dopo come li aveva uniti la breve parentesi brasiliana.
- Guarda Tobio: c’è il Daio-sama in diretta! - con l'entusiasmo a mille girando il proprio cellulare verso lo schermo di quello di Koutarou.
- O-Oikawa-san… -
Tooru era davvero l’unica persona, l’unico giocatore, che Tobio – anche a distanza di tutti quegli anni ormai – temeva e lo metteva terribilmente in soggezione.
- Baka, baka, baka… Non ti sto minimamente ascoltando. -
“Oh, Signore!” aveva pensato sconsolato Keiji seduto sul divano tra Tetsurou e Tooru “Com’è possibile che una normale video-chiamata si sia trasformata in un delirio totale?”
Come certe cose non cambiassero negli anni aveva del meravigliosamente incredibile.
- ‘kaashi… - aveva richiamato la sua attenzione Bokuto, mentre tirava su con il naso.
- Amore, sto bene non ti preoccupare. -
- Beh Bro, finché lo consolo io, puoi stare tranquillo -
E via di nuovo ecco che il piagnucolamento era ripartito.
- Sei proprio uno stronzo Kuroo-san! Ma di quelli che ne nasce uno su un milione. -
- Pensa che fortuna, allora, avermi conosciuto! -

All’alba dei suoi 25 anni, Keiji alla fine aveva iniziato ad apprezzare le capacità di quegli aggeggi infernali, che portavano il nome di cellulari, che permettevano di avere in qualche modo vicino chi non lo era fisicamente. Non si contavano le volte in cui, in videochiamata, a letto, uno dei due aveva preso sonno con il cellulare in mano, cullato dalla voce del proprio innamorato e quello rimasto sveglio aveva bevuto l’immagine dell’altro addormentato trovandosi a carezzare il gelido schermo con la punta delle dita, posandovi sopra le labbra come se fosse stato veramente il volto dell’altro e sussurrando un lieve quanto dolcissimo “Buonanotte amore”.

Alla fine, sconfitto, aveva deciso che per quel giorno era meglio lasciar perdere. Si era alzato dalla scrivania dopo essersi stiracchiato, avvicinandosi alla vetrata e osservando di sotto, la strada. Vedeva un ciarpame di ombrelli colorati che si muovevano in file ordinate ma veloci e aveva poi rivolto l’attenzione alla propria immagine riflessa, passandosi una mano tra i capelli neri.
Con un piccolo sospiro si era infilato il cappotto e mentre si stava sistemando la sciarpa ecco che lanciò un’occhiata all’ambiente che lo circondava, quell’enorme open-space, così famigliare dopo tanti anni. La maggior parte delle scrivanie erano vuote, qualcuno si era attardato e, dai loro tavoli, si levavano le luci fioche del monitor, il mormorio era quasi completamente cessato. Amava il suo lavoro e considerava una grande fortuna potersi guadagnare da vivere facendo qualcosa che si amava. Per uno come lui sarebbe stato emotivamente insopportabile dover far qualcosa che non dava soddisfazione, che non dava stimoli, che non ti facesse in qualche modo sentir vivo. Proprio per questo Koutarou non gli aveva mai chiesto di seguirlo, perché avrebbe voluto dire che Keiji avrebbe dovuto rinunciare a tutto questo. E Kou, che lo amava più della sua stessa vita e lo conosceva benissimo, non gli avrebbe mai chiesto un sacrificio così enorme.
Dicasi lo stesso per lui: quando a Bokuto era stato proposto di militare in quella squadra, Keiji – seppur già con la morte nel cuore per quell’inevitabile separazione – mai, mai!, non l’avrebbe spinto ad accettare nonostante la ritrosia iniziale di Koutarou, dettata proprio dal fatto che ciò avrebbe implicato il dover vivere distanti. Ma ne stava valendo indubbiamente la pena. Erano felici e soddisfatti tutti e due, professionalmente parlando e non potevano che essere felici l’uno per l’altro, e questo si riversava positivamente anche sulla loro storia.
Ad Akaashi ritornarono alla mente i versi di una vecchia canzone dei Green Day – che lui adorava.


Time graps you by the wrist

Directs you where to go

I hope you had the time of your life

For what it’s worth, it was worth all the while
 

E ne era valsa indubbiamente la pena, pensò mentre varcava l’uscita dello stabile, dopo aver saluto sempre con il suo modo spontaneamente gentile le receptionists all’ingresso le quali – al solito – lo guardarono con sguardo sognante. Cosa che a lui, puntualmente, sfuggiva.
Fuori venne colto da un’aria gelida che ti frustava il volto senza pietà alcuna. Aprì l'ombrello, dopo essersi sistemato per bene la sciarpa coprendosi fino alla punta del naso, e si incamminò verso la stazione della metro. L’unica cosa che desiderava in quel momento era di essere a casa, al caldo, con una bella tazza di tè fumante tra le mani, dopo che avrebbe scelto con cura quale miscela usare. Un rituale anche questo che era in grado di trasmettergli un conforto assurdo.
E aspettare la sua chiamata.

E ce l’aveva fatta ad arrivare a casa sano e salvo.
Ed ora, seduto sulla tavola della cucina, indossata una vecchia felpa di Koutarou che – dopo tutte quelle settimane separati – non conservava più l’odore della sua pelle, tazza tra le mani, attendeva con trepidazione. Lanciava occhiate all’orologio, controllando che nel cellulare la connessione fosse presente e che, per qualche oscuro motivo, non fosse andato off line. Per uno abituato a tenere egregiamente a bada le sue emozioni, un eventuale nervosismo, quei suoi atteggiamenti lo facevano in qualche modo sorridere teneramente di se stesso. Le telefonate di Bokuto arrivavano sempre puntali, cosa così strana per lui che era un ritardatario cronico, quindi Keiji osservava con crescente ansia-impazienza il fatto che i minuti passassero. Evidentemente gli allenamenti si era attardati.
Quasi gli volò il telefono dalle mani quando, finalmente!, si mise a suonare.
Controllò dalla videocamera di wa di essere in qualche modo in ordine e alla fine, con un batticuore assurdo proprio come al loro primo appuntamento, rispose.
- AMORE! - la voce dell’altro lo accolse e lo riscaldò in un istante.
E Dio, ma cosa non era? Che potere magico aveva Koutarou su di lui? Quella lieve malinconia che l’aveva accompagnato tutto il giorno si dissolse come la nebbia contro il sole.
- Ciao. - rispose con un sorriso che dire avere del dolce, era dire poco – E questo sfondo? - chiese divertito.
- Ti piace? - replicò con l'entusiasmo a mille. - Me l’ha fatto scoprire il Chibi-chan. Adesso wa ha questa nuova funzione che ti permette di mettere uno sfondo virtuale e questi gufetti sono a dir poco adorabili, non trovi anche tu? -
- Sì indubbiamente. - non poté che constatare. Vederlo circondato da tutti quei volati – che nascondevano il contorno alle spalle di Bokuto - non poteva che farlo sorridere ancora di più. Fu solo dopo un istante che si accorse di un particolare che non aveva visto prima.
- Sei fuori? - notando che aveva il cappello rosso che gli aveva regalato lui ben cacciato in testa, che quando parlava nuvolette di fiato ghiacciato gli uscivano dalla bocca, che alcune persistenti goccioline di pioggia gli ricadevano dispettose sulle punte dei capelli. Di solito lo chiamava direttamente dagli spogliatoi della palestra, non appena aveva finito la doccia o mentre stava salendo verso la sua stanza.

- Sì, son uscito a far due passi. Mi mancava l’aria oggi. -
- Beh, proprio la giornata migliore indubbiamente per uscir fuori... - lo piccò divertito cosa che fece scoppiare a ridere di gusto il pallavolista.
Si persero a parlare di ogni minima cosa. Della vicina impicciona del terzo piano che Keiji cercava in ogni modo e maniera di evitare, di quando Koutarou quella mattina si fosse trovato bloccato in ascensore. Dividevano piccole chicche della loro quotidianità.
- Kou, ma non sarebbe il caso tu rientrassi adesso? Hai il naso ghiacciato, si percepisce chiaramente. - eccole le piccole attenzioni di Akaashi.
- Ah sì tranquillo, sto girando intorno al palazzo, ora entro. -
Ed ecco infatti che Keiji poté sentire che il rumore esterno, di traffico, di voci umane, era improvvisamente cessato.
- Kou? -
- Sì? - rispose Bokuto, addolcendo lo sguardo. Sapeva perfettamente quale domanda Akaashi gli stesse per fare. Quella domanda che, fin dall’inizio della telefonata, era aleggiata silenziosa.
- Quando torni? - si sentiva egoista, Keiji, a fargli una domanda del genere ma davvero non ce la faceva più.
- Apri la porta, Keiji. - e di nuovo quel sorriso dolcissimo.
Akaashi non capì subito. Ci mise quella frazione di secondo. No, ok, non poteva essere… o forse sì…
Lentamente, si girò per guardare la porta di ingresso, sgranando gli occhi incredulo.
E poi fu un attimo. Si alzò con così tanta foga che fece cadere lo sgabellino sul quale era seduto fino ad un istante prima.
Spalancò la porta.
Ed eccolo lì. Veramente.

Si pietrificò per un istante. Non sapeva se ridere, se piangere… nel dubbio le lacrime iniziarono a scendere.
Non gli permise neanche di fare un passo, né di posare il borsone a terra. E per fortuna che le possenti braccia di Bokuto e i suoi riflessi erano ben allenati, perché Koutarou si ritrovò Keiji in braccio nel giro di un istante.

Tadaima  Okaeri

- Sei qui. Sei qui veramente… - ripeteva ancora incredulo, intervallando ogni frase con un bacio sulle labbra dell’altro, dopo avergli preso il volto tra le mani. E quanta felicità per Bokuto vederlo così, gli riempiva il cuore proprio. Quanto lo rendeva felice vedere Akaashi – il suo Akaashi – felice. Renderlo felice.
- Sì amore mio, son qui veramente. Qui da te. - muovendo quei due tre passi che gli permisero di entrare in casa e, con un calcio alla porta, richiuderla alle loro spalle. Senza mai staccarsi Akaashi di dosso, ma sempre tenendolo ben saldo tra le sue braccia.

Keiji si era sempre considerato uno avulso dal contatto fisico – e dalla sua necessità che, per taluni invece, era necessario quanto il respirare – questo almeno fino a quando non aveva conosciuto l’abbraccio di Bokuto. E non ne aveva più potuto fare a meno. Quell’abbraccio era divenuto per lui vitale. Come la presenza di Koutarou nella sua vita. E l’affettuosità innata dell’ace aveva, inconsapevolmente, lavorato molto sotto quest’aspetto, smussando certe spigolosità del carattere di Akaashi come quella appunto di rifugiare il contatto fisico.
Non voleva dire che non provasse affetto, un bene spasmodico, ma semplicemente lo dimostrava in altri modi; con uno sguardo, con una parola gentile, con un gesto silenzioso, un’attenzione particolare che valeva molto più di mille parole o mille gesti plateali, un messaggio per assicurarsi che la persona fosse arrivata a casa sana e salva.

Stavano continuando a baciarsi, come due naufraghi, fino a quando Keiji non posò la fronte su quella dell’altro, con un piccolo sospiro, riaprendo gli occhi fino ad incontrare quelli del suo innamorato.
- Kou, facciamo l’amore ti prego. Ne ho un bisogno disperato. -
Sorrise, l’altro, dolcemente.
È Keiji che pensa, è Koutarou che agisce. Nella vita. Così era sempre stato e così lo era ancora. Dopo tutti quegli anni.
Era sempre stato così, fin dall’inizio: Keiji aveva sempre chiesto ciò che desiderava, non si era mai fatto remora o vergogna alcuna. Lui, invece, che tra i due era quello più spavaldo, arrossiva un sacco – all’inizio – di fronte alla schiettezza delle richieste dirette dell’altro.
- Come non potrei esaudire un desiderio dell’uomo della mia vita? - fu l’inevitabile risposta, mentre lo prendeva nuovamente in braccio e si dirigeva verso la loro camera. Ne aveva un disperato bisogno anche lui. Non era un mero bisogno fisico, era un bisogno dell’anima. Avevano un disperato bisogno di sentirsi l’uno parte dell’altro, un unico. Di donarsi all’altro.

Koutarou adorava farsi spogliare da lui, restando come ogni volta rapito dall’espressione che assumevano quegli occhi di Akaashi che tanto amava, nei quali in quei momenti risaltavano le striature verdi.
Ed era incredibile come i ruoli in qualche modo si invertissero quando facevano l’amore. Perché se Koutarou diventava incredibilmente silenzioso, limitandosi ad ansimargli piano tutto il suo piacere all’orecchio, ecco che Keiji, invece, diveniva incredibilmente rumoroso. Se era Keiji quello che si lasciava trasportare da un foga incendiaria assurda – fin dal momento in cui lo spogliava – ecco che Koutarou diventava incredibilmente calmo e accorto, non muoveva un passo senza prima esser certo che ciò che faceva avrebbe donato un piacere intenso al suo compagno e non gli avrebbe procurato nessun tipo di fastidio o di dolore.

I vestiti giacevano abbandonanti scompostamente a terra, ripercorrendo il tragitto che avevano fatto i loro proprietari dalla soglia della camera fino al letto, dove Bokuto lo adagiò con una delicatezza assurda.
Si abbandonarono l’uno tra le mani dell’altro in maniera totale, incondizionata e ognuno dei due sfiorava il corpo dell’altro con un’adorazione e una devozione quasi avessero avuto porcellana tra le dita, ascoltando ogni minimo gemito emesso dal compagno, spiandone ogni minima reazione, beandosi di quel contatto con la pelle bollente e fremente sotto la punta delle dita.
Più di qualche volta, nei preliminari, si erano dovuti fermare, a riprendere fiato e a far riprendere fiato, ma non riuscivano mai a star staccati per più di qualche secondo nel momento in cui si perdevano a guardarsi, ad incatenarsi con gli occhi e ora era Koutarou che si buttava di nuovo a capofitto su quelle labbra così agognate, ora era Keiji che trascinava l’altro sopra di sé dopo avergli intrecciato le mani sulla nuca.
Fecero l’amore lentamente, con Bokuto che seguiva un ritmo lento dentro Akaashi, che lo guardava estasiato muoversi sopra di lui. Stando in silenzio, non parlando ma trasmettendosi con uno sguardo tutto quello che stavano provando in quel momento, dove gli unici suoni che riempivano la stanza erano i loro sospiri velati, la consapevolezza di essere l’uno parte del corpo dell’altro in quella maniera incondizionata e totale ed entrambi iniziarono a perdere consapevolezza della realtà che li circondava, i contorni andarono via-via affievolendosi per lasciare spazio a sensazioni travolgenti e irruente.
Essere dentro quel corpo, sentire quel calore che lo avvolgeva impetuoso, che si donava a lui era una cosa che, come sempre, faceva venire i brividi a Koutarou.
Keiji chiuse gli occhi abbandonandosi completamente nelle mani dell’altro e quando li riaprì, perché sapeva perfettamente cosa volesse dire in Kou quel gemito smorzato in gola, a vederlo con quell’espressione completamente trasformata in volto sentì un’esplosione partirgli dal bacino e irradiarsi in tutto il corpo. Sentì come una mano dell’altro risalì lungo il suo braccio fino a ricercare la mano e stringerla forte, cosa che lui fece altrettanto prima di piombare in un oblio di piacere senza fine, stritolando la stoffa del lenzuolo sotto di sé con la mano libera, inarcandosi leggermente e iniziando a implorarlo di non smettere. Con l’impetuoso infuriare della tempesta per strada che si stava ancora abbattendo implacabile, le loro voci ora non riuscivano a smettere di chiamarsi, di invocare l’uno il nome dell’altro.
Koutarou lo lasciò finir di godere prima di accasciarsi stremato sopra di lui non riuscendo più a far forza sulle braccia. Svuotato di ogni energia, si accasciò contro il petto del suo adorato che lo accolse accarezzandogli la schiena.
Ci volle un po’ prima che entrambi calmassero i loro cuori impazziti. Bokuto era sfinito, come al solito si era dato completamente con tutto se stesso, con tutto il corpo e tutta l’anima, e l’unica cosa che riusciva a sentire, oltre ai loro respiri affannati che cercavano di calmarsi, erano le dite affusolate di Akaashi scivolargli tra i capelli giocherellando con essi.
Infine si risollevò facendo forza sulle braccia quel tanto che bastava per potersi guardare negli occhi e per entrambi questa era la cosa più preziosa: potersi perdere l’uno negli occhi dell’altro, dopo le sensazioni condivise insieme.
I loro sguardi si incrociarono e nei loro occhi fu possibile leggere tutto l’amore, tutta la passione e la dolcezza che provavano l’uno per l’altro.
Si scambiarono un bacio veloce, sorridendo quasi fossero stati due bambini, fissandosi per un attimo negli occhi prima che il pallavolista si accasciasse nuovamente sull’altro, sempre attento tuttavia a non gravargli troppo e uscendo piano da lui per non fargli male.
- Ti amo Keiji.-
- Ti amo Kou.-

- Te la ricordi la nostra prima volta? – spezzò ad un certo punto il silenzio Keiji, facendogli dapprima spalancare gli occhi meravigliato per poi fargli abbozzare un sorriso sulle labbra mentre socchiudeva gli occhi.
- Certo che me la ricordo. Come non potrei? Ero terrorizzato! – fu la replica pronta dell’interpellato, ridacchiando.
- Sì, me lo ricordo. – gli fece eco Akaashi, ridacchiando a sua volta senza alcuna cattiveria.
- Sì, perché avevo paura. –
- Paura di far cilecca, eh? – lo prese bonariamente in giro.
- Akaashiiiii! – lo rimproverò l’altro con altrettanta bonarietà ma ridendo a sua volta per poi farsi nuovamente serio. – Avevo paura di farti male, avevo paura di non essere in grado di soddisfare le tue aspettative e di deluderle. Cazzo, tu potevi avere chiunque volessi e invece hai scelto me, figurati se non avevo ansie da prestazione. -

Keiji addolcì lo sguardo, continuando ad attorcigliargli una ciocca di capelli, come faceva sempre in quei momenti.
- Veramente sei tu che hai scelto me nonostante tu potessi avere chiunque e non te ne sei mai resto conto ma dettagli. E per quanto riguarda le tue ansie da prestazione, sei stato dolcissimo, attento, generoso come al tuo solito. Sessualmente parlando è stata un disastro, ma emotivamente è stata indimenticabile. – replicò con un mormorio e un piccolo sorriso.
- Quando ti sono venuto dentro per la prima volta, ho creduto sarei morto dalla felicità. – gli confessò candidamente e aveva parlato in maniera così schietta che Keiji rivide in lui il ragazzo di quasi dieci anni prima, che ancora era.
 – Che bello essere a casa. - sospirò beato Koutarou, mormorandolo all’orecchio dell’altro, chiudendo gli occhi, vinto dal sonno. - Sono nell’unico posto al mondo dov’è per me casa: con te tra le braccia. -
- Kou… - bisbigliò l'altro, mentre, dopo essersi messi entrambi sul fianco, lui si girava per potersi far abbracciare da dietro. Era sempre stato quello il mondo in cui prendevano sonno. 
Le braccia di Bokuto, quella stretta possente ma sempre così delicata su di lui, lo avvolsero ulteriormente, stringendolo ancora di più a sé posandogli una mano sul cuore ad ascoltarne il battito e Keiji dapprima accarezzò quel braccio che lo circondava per poi raggiungere la mano del suo amore per far intrecciare le dita tra loro e abbandonarsi così insieme al sonno.
E così si sarebbero risvegliati la mattina dopo.

 

LA MATTINA DOPO

Keiji non era solito poltrire a letto. Era uno che non appena apriva gli occhi, ecco che immediatamente si alzava e diveniva operativo.
Ma non quella mattina. Non dopo che – dopo così tanto tempo – finalmente non era più solo su quel letto.
Il loro letto.

Lentamente, riemerse delicatamente dal sonno. Piano piano i contorni della realtà andarono definendosi con i suoni, gli odori, le sensazioni. Sentiva di essere ancora abbracciato da Koutarou e un sorriso soave e beato gli si stampò in faccia, regalando agli occhi la stessa espressione di beatitudine. Sospirò ed inevitabilmente il pensiero corse alla notte appena trascorsa, alle sensazioni provate e fatte provare. Ricordò i loro gemiti mescolati a riempire il silenzio della stanza, riportò alla mente le sue labbra vagare per tutto il corpo di Koutarou e di come anche la bocca dell’altro avesse peregrinato raminga per tutto il suo di corpo. Schiuse gli occhi, sentendo il respiro del suo adorato solleticargli la nuca, le sue braccia che lo stringevano, quanto era tranquillizzante l’odore che la sua pelle emanava. Prese ad accarezzargli lentamente le vene in rialzo sul dorso della mano, sarebbe andato avanti per ore. Era a dir poco meraviglioso come si sentisse così al sicuro tra quelle braccia, in quella stretta calda e protettiva, sentiva che non gli poteva succedere nulla di brutto con Koutarou al suo fianco.
Aveva provato ad alzarsi per andare in bagno ma ecco che un grugnito da parte di Bokuto e la presa che si era fatta ancora più salda lo avevano fatto desistere, facendolo ridacchiare piano. Koutarou restava avvinghiato a lui, quasi volesse impedirgli di andarsene e tenerlo legato a lui per l’eternità.
E alla fine lo sentì che si stava risvegliando, riconosceva perfettamente quei piccoli gesti con il quale il suo compagno cercava – inutilmente – di restare aggrappato agli ultimi strascichi di sonno, quel lungo sospiro, come si stringeva maggiormente a lui, le gambe che iniziavano a stiracchiarsi e, infine nell’istante in cui apriva gli occhi, un altro sospiro che in quel caso gli solleticò nuovamente la nuca.
- ‘giorno… - si sentì sussurrare all'orecchio, la voce dell'altro ancora impastata dal sonno ma già subito pronto a posargli teneri bacini sulla spalla. Fin dalla prima volta che l’aveva visto, Keiji aveva pensato a lui come ad un tenero peluche vivente, un concentrato di coccolosità in grado di sciogliere chiunque e farsi adorare da chiunque.
- Buongiorno bell’addormentato. - lo punzecchiò, portando una mano dietro di sé ad accarezzargli i capelli. Invettiva che l’altro accolse ridacchiando sulla sua spalla, stiracchiandosi di nuovo, cose che permise ad Akaashi di girarsi e mettersi di fronte a lui, iniziando a scostargli le ciocche ribelli da davanti agli occhi, in un silenzio contemplativo. Almeno fino a quando lo stomaco di Bokuto non iniziò a gorgogliare allegramente. I due si guardarono sgranando gli occhi per poi scoppiare a ridere all’unisono.
- Bokuto-san – lo chiamava sempre così quando lo stava per prendere amorevolmente in giro – sei come i neonati: espletata una funzione fisiologica necessaria, ecco che ne arriva subito un’altra; soddisfatto il sonno ecco sopraggiungere la fame. -
- Forse è perché qualcuno di cui non faccio nomi ma solo cognomi, Akaashi, ieri sera mi ha spinto in camera e da lì non mi ha più permesso di uscire ed io sono a stomaco vuoto da almeno 16 ore. -
- Vedi: come i neonati. - non si lasciò minimamente turbare, tenendo la sua espressione impassibile che aveva sempre avuto in campo o durante gli allenamenti quando Koutarou se ne partiva con uno dei suoi momenti di “mongolismo acuto” come gli definiva l’ex alzatore.
- ‘kaashi… - inarcò un sopracciglio l’altro, facendolo di nuovo scoppiare a ridere, mentre affondava il volto sull’incavo del suo collo per poi sollevare di nuovo il viso e posare gli occhi sui suoi. E quanta serietà ci vide Bokuto, accompagnata da un sorriso così dolce che fin dalla prima volta che l’aveva visto nello splendido volto dell’altro credeva sarebbe tipo morto all’istante, perché il cuore non ce l’avrebbe fatta a reggere tutta quella magnificenza celestiale.
Keiji gli prese il volto tra le mani ed iniziò ad accarezzargli le guance con dei piccoli movimenti circolari dei pollici e aveva un’espressione così serena e rilassata che Koutarou sorrise a sua volta senza rendersene conto. Pensò a quante volte l’aveva visto con quell’espressione distesa, quasi angelica.
- Cosa c’è? – gli chiese il pallavolista ma mai, mai!, si sarebbe aspettato quello che Akaashi gli stavano per dire. Ok, una cosa che li accomunava era quella di dire le cose in modo schietto e diretto, senza possibilità di interpretazione alcuna, ma caspita…
- Sposami Kou. - e ancora quel sorriso meraviglioso ad impreziosirgli il volto.
Colpito e affondato.
- C-come… c-cos… Keiji! - Bokuto dovette ricordare ai proprio polmoni il semplice e spontaneo atto della respirazione perché, in quel momento, si stavano proprio rifiutando di collaborare. Per non parlare della salivazione, che si era completamente azzerata. O del cuore che aveva inevitabilmente perso un battito. Anche due! Akaashi aveva sempre avuto questo potere su di lui: sconvolgerlo fin nel profondo delle viscere, emozionarlo, farlo sentire vivo. Farlo sentire unico.
- Vuoi davvero prendere quest’uomo nella tua vita, nel tuo mondo? -
- Sì Kou, sì… - così commosso a sua volta, a vederlo così emozionato.
E Dio, quello sguardo, quel tono… Koutarou si sarebbe strappato il cuore dal petto e gliel’avrebbe donato.
- Non osavo chiedertelo… -
- Perché? -
- Non lo so Keiji, mi sei sempre sembrato contrario al matrimonio e volevo rispettare questa tua decisione. Ma tu, per l’ennesima volta, mi hai sorpreso. - prendendogli a sua volta il volto tra le mani.
- Io so solo che ho bisogno di te e il resto non conta. Te l’ho già detto una volta, e te lo ripeto adesso: tu sei tutta la mia vita e quello che conta per me è renderti felice. – continuò a parlare Bokuto quasi facendo fatica a trovar le parole giuste per esprimere il turbinio di emozioni che gli si dibattevano dentro e l’unica cosa che riuscì a fare fu di illuminarsi in un sorriso, perché tante sarebbero state le cose che voleva dirgli, fissandolo negli occhi e l’altro ragazzo venne sommerso da tutto l’amore che vi lesse dentro.
- Lo fai in ogni singolo momento. – gli rispose Keiji, rendendosi conto, per l’ennesima volta e sempre di più, di essere perdutamente, incondizionatamente, follemente innamorato del suo compagno, di avergli consegnato la sua vita tra le mani.
- E, sì: voglio diventare tuo marito. Onorare ogni giorno della tua vita, creare una nostra famiglia. -
- Kou… - con la voce incrinata, cercando di darsi un minimo di contegno a ricacciar indietro le lacrime. Oh, andiamo: non poteva davvero mettersi a piangere così, no? E quanto fece sorridere Bokuto questa cosa.
- Keiji ti ho mai detto che ti amo? – gli chiese prendendolo bonariamente in giro.
- Mai abbastanza! – fu la replica altrettanto canzonatoria dell’altro, gettandosi tra le sue braccia.
E ogni volta era sempre come se fosse la prima volta, tanta era l’emozione che entrambi provavano.

- Devo dirlo al Bro. - proferì dopo un pò, tutto entusiasta.
- Ma subito? - chiese divertito.
- Certo! Anche perché sarà il mio testimone di nozze. -
 

KUROOI’S HOME (*ç*) *spia dalla finestra, attaccata al davanzale*

Essere risvegliati dal suono rabbioso del cellulare, era roba da traumi veri.
L’istinto di Tooru, se non si fosse trovato in uno stato di morte apparente, sarebbe stato quello di lanciare il telefono – che, appoggiato sul comodino dalla sua parte, gli stava martellando i timpani - dal sesto piano.
- Neko-chan, tu e la tua mania di non togliere la suoneria del telefono alla notte. - riuscì a grugnire stringendosi ancora di più al corpo di Tetsurou che lo stava abbracciando da dietro, che aveva subito un risveglio traumatico a sua volta, ma ci stava mettendo quell’attimo in più rispetto all’altro per capire che giorno fosse, su che pianeta fosse, di essere vivo.
- Amore, lo sai che la tengo accesa perché se c’è qualcuno che ha bisogno, almeno riesco ad essere d'aiuto subito e non dopo ore. - biascicò, cercando di dare un ordine logico ai suoi capelli, soffiando via dal naso le ribelli ciocche nere.
- Lo so… lo so, tenerone - e come poteva, Tooru, infierire in alcun modo e maniera di fronte alla ennesima meraviglia del carattere – già meraviglioso – del suo compagno? Quel suo modo di essere sempre attento agli altri.
- Ma chi è a ‘sta ora del mattino? - biascicò Kuroo andando a tastoni, cercando di recuperar il telefono, schiacciandosi ancora di più contro il corpo di Oikawa che, imperterrito, cercava in qualche modo di poter continuare a dormire.
- Ma chi vuoi che sia?! Qualcuno di insistente e rumoroso proprio come la tua suoneria. -
Risposta piccata che fece ridacchiare Kuroo, che gli depositò un leggero bacio sulla spalla nuda, prima di rispondere, mettendo in vivavoce.
- Ehy! -
°° BROOOO! °°
- ARGHHH! Cazzo Neko-chan, ce l’avevo io sparato a palla nelle orecchie! - si lamentò Tooru, lanciandogli uno sguardo assassino. - Ho perso l’udito per sempre adesso. -
- Scusa scusa amore… - ridacchiando divertito – cosa che fece sollevare all’altro gli occhi al cielo – mentre lo stringeva ancora di più a sé, proseguendo a posargli dei teneri bacini sulla spalla e carezzandogli dolcemente la pelle intorno all’ombelico, come sapeva piacesse un sacco ad Oikawa, il quale, infatti, apprezzò immediatamente e sospirò tutto beato, quasi facendo le fusa.
- Allora Bro, ad Akaashi è piaciuta la tua sorpresa? -
°° Siiii! Però è stato Keiji a fare una sorpresa a me. °° tutto tronfio e pomposo.
- Oddio, cos’è: è incinto? - beccandosi una piccola gomitata divertita ma anche di rimprovero da parte di Tooru.
°° Ah-ha... Sempre simpatico come una gastroscopia, eh Kuroo-san. °°
- Pfttt! -
- E tu non ridere Tooru! - ma stava ridendo a sua volta, non se l’era minimamente presa, adorava le freddure di Akaashi a suo danno. Punzecchiarsi a suon di battutine era sempre stato tipico di loro due e sapevano di poterlo fare proprio per l’affetto che li legava.
- Comunque, questa sorpresa, cosa sarebbe? - chiese Tetsurou e qui Tooru schiuse un occhio, facendosi attento.
°° Ci sposiamo! °°
- EHH?! - esclamarono all’unisono.
Ok, ora potevano indubbiamente dire di essere completamente svegli.
 

FINE
 

 

Piccola nota tecnica: la funzione di mettere uno sfondo virtuale, nascondendo così il background della stanza o del luogo nel quale si trova chi è al telefono davanti alla webcam, è una caratteristica di Gmeet, quindi avrete sicuramente capito perché io abbia trasportato questa funzione anche alle videochiamate di wa, altrimenti la sorpresa di Kou di presentarsi davanti alla porta di casa loro non sarebbe stata perfetta.

E figurarsi se non ci schiaffavo in mezzo anche la KuroOi. Niente, io li amo troppo. Punto fine cia’

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: musa07