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Autore: evelyn80    23/11/2020    3 recensioni
Nonostante siano passati trent'anni dall'ultima volta in cui si sono visti, Robert Lamm e Peter Cetera sono ancora profondamente innamorati l'uno dell'altro. Entrambi, però, sono certi che l'ex compagno non provi più niente per lui.
E questo gioco degli equivoci continua anche quando, al momento dell'ingresso della band nella Rock 'n' Roll Hall of Fame, i due sono costretti a riallacciare i rapporti. Entrambi trattano freddamente l'ex amante perché l'orgoglio impedisce loro di far trapelare i veri sentimenti, nonostante siano consapevoli di usare l'atteggiamento sbagliato.
Ma il destino ha in serbo per loro una seconda opportunità.
Terza classificata al "Falling in and out of love" contest indetto da inzaghina.EFP sul Forum di EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Peter Cetera, Robert Lamm
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Citazione utilizzata:

“Quando un'amore finisce, uno dei due soffre. Se non soffre nessuno, non è mai iniziato. Se soffrono entrambi, non è mai finito.” - Marilyn Monroe

 

Prompt n° 20

 

 

 

Prima di lasciarvi iniziare a leggere, faccio un piccolo riassunto per la giudice e per chi si avventuri fin qui senza conoscere la mia soap-opera XD.
Nella mia story line, ovviamente totalmente frutto della mia fantasia, Robert Lamm e Peter Cetera sono diventati amanti in una notte di fine agosto del 1977. Robert era già innamorato di Peter da parecchi anni ma non aveva mai avuto il coraggio di farsi avanti, convinto che il bassista fosse eterosessuale. In effetti, all'inizio, quando il tastierista si dichiara Peter è piuttosto incerto sul da farsi, ma dopo una notte di passione anche lui si rende conto di essere innamorato di Robert e i due iniziano una relazione clandestina, mantenendo i rapporti con le relative consorti per nascondere la scomoda verità. Una delle consuetudini durante i loro rapporti amorosi e quello di far sfregare insieme i loro petti, entrambi molto villosi, per produrre un fruscio che, soprattutto a Peter, ricorda moltissimo la risacca, il “rumore del mare”. Dopo alcuni anni di intenso amore – in cui però Peter comincia a essere insofferente per via dell'egoismo di Robert, che pensa quasi esclusivamente al proprio piacere e tornaconto – il bassista, nel 1984, per motivi personali decide di lasciare il gruppo e di intraprendere la carriera solista. Chiede a Robert di non lasciarlo, arrivando persino a decidere di fare coming out pur di non perdere il suo amore, ma il tastierista si rifiuta di rovinare la propria reputazione e decide di rinunciare a Peter piuttosto che perdere la rispettabilità. Peter rimarrà nel gruppo ancora per un anno, tutto l'amore per Robert trasformato in odio profondo, e da lì in poi non avranno più alcun tipo di contatti fino al 2015, nel momento in cui è ambientata questa storia.

 

 

Il nostro orgoglio maledetto

 

 

 

What you're missing could have been yours from the start
You won't listen when it's coming from the heart
Now you're missing me

You'll find that out when we're apart


What you're missing – Chicago (Chicago 16)

 

 

 

Nashville (Tennessee), 15 ottobre 2015

 


Un tuono secco e improvviso fece sobbalzare Robert nel letto, svegliandolo di soprassalto nel cuore della notte. Si mise a sedere, buttando le gambe giù dal materasso. Fuori, una pioggia scrosciante frustava le strade di Nashville. Si voltò verso la sagoma di sua moglie Joy, che dormiva profondamente e non si era accorta di nulla. *1)
Sì alzò a fatica dal letto, gli arti intorpiditi dall'età e dall'immobilità, e andò in bagno. Nel tornare verso la camera, però, fece una deviazione e si diresse all'ingresso della sua villa, dove i bagagli erano già pronti in attesa della partenza dal pomeriggio precedente. Dalla sera successiva, infatti, i Chicago avrebbero tenuto una serie di concerti negli Stati Uniti nord-orientali: Maryland, Pennsylvania, New York e Connecticut. Non sarebbe durato molto, solo una decina di giorni, ma per una band formata per la maggior parte da uomini sulla soglia dei settant'anni anche quella breve tournée appariva come una sorta di maratona.
Poggiò la mano su una delle valigie e sospirò, chiudendo gli occhi. Era incredibile che gli tornasse alla mente dopo tanti anni – trenta, per la precisione – ma mai come negli ultimi tempi si era ritrovato a pensare così tanto a Peter, l'uomo che aveva amato con talmente tanta intensità da farselo entrare fin sotto la pelle, ma nei confronti del quale era stato tanto egoista da arrivare a preferire la propria reputazione al sentimento che provava per lui. Meglio essere rispettati che felici: questo era ciò che aveva pensato a quel tempo. E per un po' era stato soddisfatto della sua scelta. Ma a mano a mano che gli anni passavano, e che leggeva di lui e dei suoi successi come solista sui giornali prima e in internet poi, aveva capito di aver fatto una grandissima cazzata.
Aveva sposato Joy in quarte nozze per mantenere segreta la sua omosessualità, e aveva cercato di reprimere ogni pensiero sull'ex amante cercando di convincersi che fosse andata meglio così, ma ora era arrivato al punto in cui Peter occupava ogni istante dei suoi pensieri. In ogni momento della giornata rivedeva il suo volto, ricordava i suoi gesti e i suoi piccoli vezzi, come lo scostarsi i lunghi capelli biondi dal viso o il toccarsi il fianco sinistro del naso quando era particolarmente pensieroso.
E, soprattutto, rimembrava il modo in cui si strofinava su di lui, petto contro petto, per sentire il rumore del mare. Quelli erano i ricordi più dolorosi, perché lo riportavano ai momenti più belli della sua vita che avesse mai vissuto.
Si mosse furtivo verso il salotto, per non fare rumore, mentre un altro lampo illuminava il suo cammino, subito seguito dal rombo ruggente del tuono. Frugò freneticamente nella credenza in cerca di uno dei suoi vecchi album di fotografie – quello che considerava il più prezioso di tutti – e, quando l'ebbe trovato, tornò nell'ingresso, per contemplarlo alla luce aranciata dei lampioni che penetrava dai vetri satinati della porta. Sollevò la copertina con trepidazione e si fermò a fissare la prima fotografia, che ritraeva lui e Peter seduti vicini su un autobus, le teste quasi accostate. Non ricordava chi avesse scattato quell'istantanea: molto probabilmente Danny, visto che il batterista era il loro fotografo ufficioso. Ai tempi in cui era stata scattata quella foto lui non aveva ancora dichiarato il suo amore al bassista, ma lo sguardo che quello gli rivolgeva pareva dire tutto il contrario: gli occhi di Peter erano languidi, la bocca dischiusa in un lieve sorriso; e lui avrebbe voluto coprire di baci la punta del suo naso rivolta all'insù. *2)
Sfiorò con la punta dell'indice la carta patinata, seguendo il profilo della sua mascella coperta di barba, per poi voltare lentamente le pagine: ognuna di esse era piena di foto di Peter. Alcune scattate in momenti divertenti; altre rubate da lui stesso mentre il bassista era distratto, come quella in cui era in piedi, abbarbicato su una pila di casse dall'equilibrio precario, in maglietta a righe orizzontali e pantaloncini cortissimi, intento ad aiutare alcuni dei roadies che stavano approntando l'impianto elettrico per un piccolo concerto al Caribou Ranch. *3)
Un altro tuono ruppe il silenzio della notte mentre la pioggia autunnale sferzava Nashville senza pietà, ma Robert non vi fece nemmeno caso intento com'era a sfogliare l'album di fotografie. Le ultime pagine erano occupate da foto scattate durante i concerti, nella maggior parte delle quali Peter aveva la testa rivolta all'indietro, gli occhi socchiusi e un'espressione estatica sul volto.
Nel guardare quelle immagini, il cuore aveva iniziato a galoppargli nel petto e ora il rimbombo dei suoi battiti gli inondava le orecchie. Avrebbe dato chissà cosa per poterlo abbracciare di nuovo, stringerlo contro il suo petto e passargli le dita tra i capelli, graffiandogli lo scalpo, proprio come quando erano giovani e si amavano alla follia. Ma aveva rovinato tutto. Quando Peter gli aveva annunciato che avrebbe lasciato il gruppo e lo aveva pregato – implorato – di continuare a dedicargli il suo tempo, Robert gli aveva voltato le spalle, dicendogli che se avesse lasciato i Chicago avrebbe lasciato anche lui. E quando Peter aveva gridato che era perfino pronto a dichiarare il loro amore a tutto il mondo, rivelando la loro omosessualità, lui gli aveva tappato la bocca con la mano e lo aveva obbligato a tacere, per non rovinare la sua perfetta reputazione da ipocrita. *4)
Ormai era troppo tardi, ne era consapevole, per quanto Walter – di tanto in tanto – si ostinasse a sostenere il contrario. Il sassofonista era l'unico a sapere quanto Peter gli mancasse ancora e più volte l'aveva spinto a tornare sui suoi passi e a mettersi alla sua ricerca. Ma lui, testardo, aveva continuato per la sua strada, ancorandosi a quella scusa per non essere costretto ad ammettere la verità: aveva paura. Paura che, se mai avesse trovato il coraggio di presentarsi di nuovo davanti a lui, lo avrebbe respinto. Paura di scoprire che aveva trovato un altro uomo che lo aveva amato – e che lo amava – più di lui. Che cosa avrebbe fatto, allora?
La voce di Joy lo fece trasalire. Chiuse di scatto l'album e lo ficcò nella tasca frontale di una delle valigie, nascondendolo alla vista della moglie.
«Tutto bene, Robert?».
«Sì, tesoro. Mi ha svegliato un tuono e, siccome non riuscivo a riprendere sonno, sono venuto a controllare se avevo preso tutto», le rispose mentre si raddrizzava, stampandosi sul volto un sorriso che lui avvertì molto più simile a un ghigno, per come sentiva le labbra stirarsi.
La donna gli posò la mano sul braccio. «Sei nervoso? Di solito partire per i tour ti ha sempre messo di buon umore».
«No, no, sto bene. Te l'ho detto, mi ha solo svegliato un tuono. Sono andato in bagno e prima di tornare a letto ho pensato di controllare se avevo messo tutto in valigia».
Joy sorrise nella semioscurità dell'ingresso, poi lo prese sottobraccio. «Torniamo a dormire, adesso».
Si allungò per dargli un casto bacio sulle labbra. Di solito, Robert avrebbe risposto con calore, schiacciando la bocca sulla sua, ma quella notte non se ne sentiva in grado. Non dopo aver guardato tutte quelle foto di Peter e aver immaginato di poterlo stringere di nuovo tra le braccia.


 

Buffalo (New York), 25 ottobre 2015


 

Robert sospirò, sfogliando le pagine dell'album e soffermandosi su ognuna delle foto di Peter, carezzando ogni volta il profilo del suo volto, l'arco delle sue sopracciglia, il piccolo rilievo del suo naso a patata. Ogni sera di quel breve tour, prima di salire sullo stage aveva compiuto quei medesimi gesti, come in una sorta di rituale.
La verità era che sentiva di dover fare qualcosa. Doveva trovare il coraggio di prendere il telefono e chiamare Peter, per dirgli quello che ancora provava per lui dopo tutti quegli anni. In realtà, una scusa per telefonargli gli era stata servita proprio quella mattina su un piatto d'argento: avevano saputo che, nella primavera successiva, i Chicago sarebbero stati inseriti nella Rock 'n' Roll Hall of Fame e avrebbero dovuto avvertire tutti i membri, anche quelli dei tempi passati – come Peter e Danny, e Michelle Kath in vece di suo padre Terry – perché prendessero parte alla cerimonia. E, come in un tacito accordo, con un solo sguardo gli attuali membri della band avevano incaricato Robert di quel compito, in qualità di più anziano del gruppo. *5)
Ora doveva solo prendere in mano quel dannato cellulare, comporre il numero di Peter e, non appena gli avesse risposto, dirgli subito che aveva bisogno di vederlo.
Invece, le sue dita continuavano a rimanere aggrappate a quell'album di fotografie, intente a carezzare la pelle patinata del bassista, mentre il telefonino giaceva, inerte, sul ripiano della specchiera e l'orario di inizio del concerto si avvicinava sempre più, inesorabile.
Qualcuno bussò alla porta e lui chiuse l'album di scatto, gettandolo dentro uno dei suoi borsoni: non voleva certo che qualcuno lo vedesse con le foto di Peter tra le mani, o sarebbe stato costretto a dover spiegare troppe cose.
«Avanti», disse con voce incerta. La porta si aprì e il viso di Walter fece capolino.
Robert gli fece cenno di entrare, e il sassofonista varcò la soglia e si richiuse la porta alle spalle.
«Ancora intento a guardare le foto di Peter?», gli chiese con naturalezza.
Il tastierista annuì: Walter era l'unico del gruppo a conoscenza della sua omosessualità e a sapere che il suo amore per Peter non era mai finito, quindi non aveva alcun bisogno di fingere, con lui.
«Gli hai telefonato?», chiese di nuovo Walt, e stavolta Robert scosse la testa.
«Non riesco a trovare il coraggio. E se mi dicesse che non vuole più avere niente a che fare con me?».
«Lo affronterai con caparbietà e tenacia, come hai sempre fatto», rispose il sassofonista, posandogli la mano destra sulla spalla. «Manca più di mezz'ora all'inizio del concerto, sei ancora in tempo per chiamarlo».
Robert alzò il viso per guardare il compagno di band negli occhi. «Rimani con me, per favore».
«Certo». Walter prese una sedia e si mise seduto al suo fianco, per poi porgergli il telefonino.
Il tastierista compose il numero con dita tremanti e mise in vivavoce: aveva le mani talmente sudate che, se se lo fosse messo all'orecchio, probabilmente il cellulare gli sarebbe scivolato e si sarebbe schiantato a terra.
Peter rispose dopo parecchi squilli, quando ormai Robert aveva quasi perso la speranza. La sua voce calda, stemperata dall'età, riempì il silenzio del camerino.
«Pronto?».
«Pe-Peter?», balbettò il tastierista, il cuore improvvisamente salito in gola nell'udire, dopo così tanti anni, il vero tono del suo ex amante e non quello stupido falsetto che era costretto a usare quando cantava. *6)
«Sì? Chi è che parla?».
«Sono Robert», riuscì ad articolare dopo essersi schiarito più volte la gola. Dall'altro capo del filo cadde il silenzio, tanto che il tastierista pensò che fosse caduta la linea o, peggio ancora, che il bassista avesse riattaccato. «Peter, ci sei?».
«Dove diamine hai preso il mio numero di telefono?».
«In internet. Mi è bastato andare sull'elenco degli abbonati».
«Lo sapevo che avrei dovuto negare il consenso a che pubblicassero il mio recapito», borbottò il bassista tra sé e sé prima di aggiungere: «Che cazzo vuoi da me, Robert?».
Quelle parole furono come una pugnalata al cuore per il tastierista: come aveva immaginato, Peter non voleva nemmeno starlo a sentire. Chiuse gli occhi e sospirò, ma Walter gli serrò la stretta sulla spalla in segno di incoraggiamento. Riaprì le palpebre e prese un lungo respiro.
«Stamattina abbiamo avuto una fantastica notizia: i Chicago saranno inseriti nella Rock 'n' Roll Hall of Fame l'anno prossimo», disse tutto d'un fiato, sperando di non essere interrotto.
Quando rispose, la voce di Peter era diventata tagliente. «E a me che cazzo me ne frega».
«Non puoi dire così, Peter!», ribatté il tastierista di slancio. Se voleva ottenere qualcosa doveva sfoderare tutta la sua grinta. «Anche tu sei stato invitato, sei stato il nostro bassista per diciotto anni!».
«Dici bene! Sono stato! Io non sono più uno dei Chicago».
«Cristo, Peter, non è vero! Tu sarai sempre uno di noi!», replicò Robert con veemenza, stringendo inconsapevolmente le dita sul cellulare. Se lo avesse avuto davanti, probabilmente in quel momento avrebbe afferrato il suo ex amante per il bavero della camicia e lo avrebbe scosso come una marionetta.
Peter si lasciò sfuggire una risata amara. «Non la pensavi così nel 1984».
Il tastierista serrò di nuovo le palpebre. «Sono cambiate molte cose da allora, mio piccolo Pete».
Si era lasciato involontariamente sfuggire il nomignolo con cui si era sempre rivolto a lui nell'intimità, e per questo trattenne il respiro. Lo stesso Walter, al suo fianco, si irrigidì.
Il silenzio all'altro capo del filo si protrasse per qualche secondo. Poi Peter ruggì.
«Non osare mai più chiamarmi a quel modo, hai capito? Io non sono il tuo piccolo Pete! Non lo sono mai stato!». E, con quelle parole, riattaccò senza nemmeno salutare.
Robert chiuse la chiamata e rimase col cellulare in grembo, gli occhi chiusi. Walter lo scosse piano e il tastierista sospirò rumorosamente.
«Lo hai sentito anche tu, no? Non è più uno dei Chicago».
«Io non presterei troppa attenzione alle sue parole: secondo me se le è lasciate sfuggire in un impeto di rabbia. Quando un'amore finisce uno dei due soffre. Se non soffre nessuno non è mai iniziato, ma se soffrono entrambi non è mai finito. E, secondo me, Peter sta soffrendo quanto te».
Il tastierista scosse la testa. «No, Walt. Forse avrà sofferto all'inizio, ma di sicuro ora non soffre più. L'amore di Peter per me è finito. Adesso mi odia con tutto il suo essere».
Fu il turno del sassofonista di scrollare il capo. «Appunto perché ti odia vuol dire che soffre. Se non gli importasse più niente di te non avrebbe avuto alcuna reazione». Prese il mento di Robert tra le dita della mano sinistra per costringerlo a guardarlo negli occhi. «Dammi retta: Peter ti ama ancora. Solo che non sa come dirtelo, proprio come sta succedendo a te. Se fossi nei tuoi panni lascerei passare qualche giorno e poi lo richiamerei. Sei sempre stato un uomo tenace, fin troppo: se insisti un po' vedrai che le acque si smuoveranno».
Dopo avergli stretto il braccio per un'ultima volta, Walter lo lasciò solo. Non appena la porta del camerino si fu chiusa alle spalle del sassofonista, Robert riprese l'album di fotografie tra le mani. Aveva ancora un po' di tempo prima dell'inizio del concerto: qualche minuto ancora per carezzare il volto di Peter e riflettere sulle parole di Walt. Di sicuro non avrebbe ceduto così facilmente: avrebbe riconquistato il suo bassista ad ogni costo.

 

 

Spazio autrice:

Innanzi tutto voglio ringraziare Inzaghina per aver indetto questo contest sull'amore, che mi ha permesso di approfondire quanto successo, secondo la mia personalissima story line, tra Robert Lamm e Peter Cetera – rispettivamente tastierista e bassista dei Chicago – dopo che si sono malamente lasciati nel 1984. Infatti, avevo già scritto una flashfic in cui i due in vecchiaia si sono ritrovati, e qui vediamo più nel dettaglio come è andata. Saranno presenti molti riferimenti a mie storie precedenti riguardo a questa coppia: ogni volta nelle note metterò il link alla storia a cui mi sono riferita, come metterò anche il link alle canzoni da cui ho tratto le citazioni all'inizio di ogni capitolo, nel caso in cui foste interessati ad ascoltarle.
Questo primo capitolo è incentrato su Robert Lamm.
E ora vi lascio alle note numerate.
*1) – In vecchiaia i Chicago si sono trasferiti quasi tutti a Nashville, nuovo polo musicale americano al posto di Los Angeles. Joy Kopko è la quarta moglie di Robert, sposata nel 1991.
*2) – Potete vedere la foto in questione a questo link: https://i.pinimg.com/564x/aa/ef/30/aaef30a104674afbadcca359f69f56a7.jpg. In effetti, sia Danny sia lo stesso Peter hanno scattato tantissime fotografie mentre erano in tour, in cui si mostrano i momenti più intimi e divertenti del gruppo.
*3) – Potete vedere la foto in questione a questo link: https://i.pinimg.com/564x/4d/5b/19/4d5b1911a0f57f7baf72c15781ee1cdf.jpg
*4) – Riferimento alla mia shot "Just you 'n' me", in cui si racconta l'ultimo incontro amoroso tra i due protagonisti.
*5) – L'8 aprile del 2016 i membri fondatori dei Chicago (Robert Lamm, Peter Cetera, Terry Kath, Lee Loughnane, Walter Parazaider, James Pankow e Danny Seraphine) sono stati finalmente inseriti nella “Rock 'n' Roll Hall of Fame”, dopo parecchi anni in cui erano stati snobbati. Secondo quanto ho letto su internet, è stato proprio Robert a telefonare a Peter per comunicargli la notizia. All'inizio il bassista gli ha risposto duramente, dicendogli che non era più uno dei Chicago. In seguito ha deciso di voler partecipare, ma poi pare abbia iniziato a pretendere che le canzoni cantate da lui fossero suonate con una tonalità diversa da quella originale, perché lui non riusciva più a raggiungere certi livelli con la voce. Gli altri membri hanno rifiutato, visto che loro continuavano a cantare con la stessa tonalità, e allora Peter si è offeso e non ha partecipato.
*6) Il vero tono di voce di Peter è molto più basso di quanto si possa immaginare ascoltandolo mentre canta. Questo perché, dal 1968, quando dei Marines gli sfasciarono la mandibola in una rissa e lui fu costretto a rimanere per mesi con la bocca semichiusa, iniziò a cantare in falsetto e la cosa ebbe tanto successo che il loro produttore lo fece continuare a quel modo anche quando ormai era completamente guarito.

  
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