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Autore: Voglioungufo    23/11/2020    4 recensioni
Role swap AU | Akatsuki Naruto | No Uchiha Massacre
ShiIta | KakaIta | ObiKonan | SakuHina | Maybe SasuNaru.
Tutti conoscono la storia di Naruto e Sasuke com'è stata scritta.
Ma se Iruka non fosse mai stato l'insegnante di Naruto?
Se Sasuke non avesse mai perso il suo clan?
Se Shisui non si fosse sacrificato per il bene di Konoha?
E se Obito, abbandonato il piano dello Tsuki no Me, avesse preso Naruto con sè?
E se Sakura, stanca di essere sottovalutata dal suo maestro, scappasse per inseguire il vero potere?
Sarebbe un'altra storia, la storia che voglio raccontarvi...
Genere: Avventura, Generale, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sasuke Uchiha, Shisui/Itachi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Più contesti
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Cap V
Mattina
 
 
Shisui atterrò davanti al tempio Naka circospetto. Nella sua ronda al distretto aveva percepito qualcuno lì dentro. Poteva trattarsi di un qualsiasi Uchiha, ma da un po’ era stato imposto che dopo la mezzanotte nessuno entrasse nel tempio. Chiunque si fosse introdotto doveva essere allontanato.
Il suo istinto gli suggeriva di muoversi circospetto e Shisui, senza ben sapere perché, si ritrovò ad assecondarlo. Entrò silenzioso come un gatto, sopprimendo la propria presenza e respirando senza far rumore. Dentro erano state accese delle fiaccole, che lanciavano coni di luce sul pavimento. Nella penombra vide una figura avvolta in un pesante mantello nero, la maschera che indossava lo mise subito in allarme. Sguainò la sua spada corta e si mise in posa difensiva.
“Chi sei?”
Il suo ringhio echeggiò tra le pareti del tempio, ma la figura sconosciuta non sussultò. Lentamente si voltò a fronteggiarlo, c’era solo un foro sulla maschera e l’occhio che rivelava aveva un iride che Shisui conosceva molto bene.
“Sei un Uchiha” considerò. “Chi sei? Che ci fai qui?”
Era pronto a non ricevere risposta, ma lo sconosciuto parlò.
“Chi sono non ha importanza. Per quanto concerne la mia presenza… Sono qui per prendere atto di una grande menzogna”.
La voce dell’uomo era pesante, Shisui era certo di non averla mai sentita. Ma conosceva tutti gli Uchiha che avevano sviluppato lo sharingan, era impossibile che non riuscisse a identificarlo.
Ignorò le sue enigmatiche parole, il sudore freddo gli colò sul retro del collo mentre realizzava di avere probabilmente un nuniken davanti a sé.
“Non sei del Villaggio, vero?”
“No” ammise lo sconosciuto come se non fosse un problema rivelarlo. “L’ho lasciato molto tempo fa”.
Cazzo, questo lo rendeva davvero un traditore. Ma era impossibile: da generazioni non esistevano nukenin Uchiha. Il clan era così geloso della propria linea di sangue da assicurarsi che non ci fossero Uchiha outsider a Konoha.
In tutta la storia, ne era esistito solo uno.
Deglutì. “Sei Uchiha Madara?”
Ci fu un lungo silenzio da parte dell’uomo, forse era riuscito a sorprenderlo. Poi lo sentì emettere un suono strano, come un rantolo soffocato. Si rese conto che stava ridendo amaramente.
“Ciò che resta della sua volontà” ammise.
Shisui cercò di non permettere alla sorpresa di paralizzarlo. Anche se Madara avrebbe dovuto morire anni fa, era comunque uno dei più grandi shinobi della storia, insuperabile da chiunque. Non era assurdo che le sue capacità gli avessero impedito di invecchiare.
Ma, cazzo, Uchiha Madara al villaggio. Non era una buona notizia. Il panico iniziò a circolargli nelle vene.
“Sei il nipote di Uchiha Kagami, vero? Ho sentito parlare di te. Ti considerano l’Uchiha più dotato di questa generazione”.
Shisui fu riportato alla realtà dalle parole di Madara, aumentò la presa sull’elsa e si sforzò di muoversi per attaccare. Madara dovette intuire le sue intenzioni.
“In circostanze diverse mi sarei misurato con te volentieri. Ma non sono qui per combattere, rilassati”.
Shisui non si rilassò affatto.
“Allora che cosa ci fai qui?” domandò aspro.
“Sono qui per la conoscenza” disse e voltò la testa.
Shisui seguì la direzione del suo sguardo e vide le tavolette degli Uchiha, quelle che contenevano la conoscenza secolare del suo clan, ogni segreto dello sharingan. Le aveva lette quando aveva sbloccato la propria arte oculare.
“Che cosa c’è che Uchiha Madara non conosce dello sharingan?” chiese genuinamente confuso.
Madara rise ancora. “Non mi interessa la superficie, ma quello che ci sta sotto. Quello che solo certi occhi possono vedere”.
Nel dirlo, lo sharingan visibile dal foro della maschera roteò su se stesso fino a  cambiare in una nuova figura geometrica. Shisui fissò il Mangekyo di Madara e, prima che se ne rendesse conto, anche i suoi occhi si erano illuminati nel mostrare il suo Mangekyo Sharingan.
“Oh” commentò lievemente impressionato Madara. “Le voci sul tuo conto sono esatte. Sei davvero dotato”.
Shisui disattivò lo sharingan e si maledì per aver permesso che succedesse, non aveva intenzione di mostrare la sua arma segreta. Semplicemente qualcosa in lui aveva reagito d’istinto.
“Quindi hai letto cosa nascondono le tavole” continuò Madara.
“No” rispose. “Gli anziani lo hanno vietato”.
Madara rise con sprezzo. “Vedo che continuano a essere vecchi sciocchi. Non importa, troveresti scritto soltanto il più intricato e antico inganno del mondo shinobi: l’illusione della pace”.
Un campanello di allarme suonò nella testa di Shisui e la sola prospettiva lo fece sbiancare.
“Sei qui per il colpo di stato?” soffiò.
Era impossibile decifrare Madara con quella stupida maschera.
“No. Non ho più interesse nel clan o in questo stupido villaggio”.
“E allora cosa vuoi?” sbottò.
Madara si fermò, come se fosse stato davvero colpito da quella domanda. Il silenzio durò solo qualche secondo, ma fu così pesante da opprimere Shisui.
“Non lo so” disse infine. “Ormai non c’è più nulla, tutto è solo una bugia. Non c’è più modo di redimere questo mondo”.
Quelle parole sembravano il preludio a una distruzione e una realizzazione folgorò Shisui.
“Sei stato tu, otto anni fa. Tu hai… liberato il Kyūbi” balbettò.
Nonostante la maschera ebbe quasi il sospetto che Madara stesse sorridendo beffardo sotto di essa.
“Non dire a nessuno che mi hai incontrato, Uchiha Shisui” disse. “Se lo farai, ucciderò personalmente tutti quelli che ami” minacciò.
Il secondo dopo sparì, come inghiottito nell’aria, come un fantasma che non era mai stato lì. Solo quando fu solo, Shisui si ricordò di nuovo di respirare.
Mantenne il segreto. Tanto nessuno gli avrebbe creduto comunque.
 
**
 
Il sole era già sorto, ma per via delle alte montagne che circondavano il rifugio non si vedeva da nessuna parte. Il cielo era ancora nero quando Deidara atterrò con il suo gigante uccello d’argilla.
“Bene, credo sia giusto dirvi che non sono dell’umore” iniziò subito il bombarolo incrociando le braccia al petto. “Kakuzo non vuole darmi i soldi per comprare altra argilla, quindi sono piuttosto arrabbiato. Tobi, per favore, ho bisogno di essere lasciato in pace, non iniziare a fare il coglion…”
Obito lo superò senza dire nemmeno una parola. Indossava la maschera arancione, quindi era per lo più impossibile capire quale fosse la sua espressione, ma il linguaggio del suo corpo teso, secco e curvo era abbastanza comprensibile. Obito era incazzato e non aveva voglia di scherzare nelle sembianze di Tobi.
Deidara lo guardò incredulo – e anche un po’ offeso – che l’Uchiha non si fosse messo a chiamarlo senpai, a gridare, supplicare per avere più dettagli sul suo cattivo umore per poi insultare insieme Kakuzo. Invece andò a sedersi in un punto in disparte dello spazio da viaggio che aveva creato per il volo.
Guardò Konan, in cerca di spiegazioni. “Che ha?”
La donna scrollò le spalle. “Ci sono state complicazioni”.
“Almeno abbiamo quella pergamena?”
“È stata recuperata” garantì.
Il terzo e ultimo a salire fu Naruto, l’espressione molto assonnata. Non andò, come sarebbe stato prevedibile, a sedersi al fianco di Tobi, per appoggiare la testolina su di lui e riprendere a dormire. Si mise invece dalla parte opposta, dando le spalle all’adulto.
“Le complicazioni… cioè hanno litigato?” domandò Deidara curioso.
Da quando era nella squadra – be’, da appena un anno in realtà – aveva visto i due andare solo d’amore e d’accordo, erano quasi disgustosi da quanto si volevano bene. Finalmente sembrava essere successo qualcosa di interessante.
Nessuno gli rispose, ma il silenzio teso era una chiara risposta affermativa. Peccato che nessuno sembrava voler aggiungere qualcosa in più, cosa che lo infastidì. Il silenzio prolungato era scomodo, non vedeva l’ora di ripartire; inoltre era abbastanza freddino la mattina così presto, specialmente tra le montagne.
“Shisui dove sarebbe?” sbraitò Deidara vedendo che dopo Konan nessun altro stava salendo sull’uccello di creta.
Finalmente Tobi prese la parola. Ma il suo tono non era quello di un adolescente spensierato e goffo, ma molto oscuro e serio. Deidara lo aveva sentito raramente parlare in quel modo e mai rivolgendosi a lui.
“Il ragazzo ha un appuntamento galante” disse sprezzante. “Partiamo senza di lui, ci raggiungerà.”
Deidara non si mise a discutere e non domandò cosa intendesse. Il tono definitivo era abbastanza perché facesse prendere il volo alla sua creatura di creta e chakra.
 
**

A dispetto delle sue previsioni, la mattina non piovve. Quando un raggio del sole appena nato lo colpì al viso, Itachi aprì gli occhi osservando fuori dalla finestra un cielo limpido e privo di nuvole. Kakashi era al suo fianco, gli occhi chiusi e il fiato regolare. Ma Itachi sapeva che il compagno si era svegliato nel suo stesso momento. Kakashi aveva uno dei sonni più leggeri che conoscesse, sembrava essere vigile dell’ambiente circostante anche mentre dormiva.
Pur sapendo ciò, si rivestì il più silenziosamente possibile. Erano comunque le cinque di mattina, non era il caso di creare troppo chiasso.
Stava per andarsene quando avvertì delle dita aggrapparsi alla sua maglietta. Si voltò, vedendo Kakashi con gli occhi socchiusi e un sorriso appena percettibile.
“Torna vivo” disse l’Hatake con tono assonnato.
Itachi sorrise. “Ovviamente”.
Il cuore gli batteva impazzito per quello che stava per fare.
 
**
 
Naruto emise un sospiro di sollievo quando vide la statua dell’uomo-che-faceva-la-linguaccia-a-bocca-aperta avvicinarsi. Ame era ormai la sua casa da quattro anni, ma la perenne pioggia era qualcosa a cui non si sarebbe abituato mai.
Poco dopo entrarono all’interno della statua, atterrando nel grande spazio coperto. Fu un sollievo non essere più colpito dalla pioggia, Naruto si sentiva bagnato fin dentro le ossa.
Pain li stava aspettando, gli inquietanti occhi concentrici del rinnegan si soffermarono su ogni membro che scese dal mezzo volante.
“Dov’è Shisui?”
“A un appuntamento galante” replicò con stizza Obito. Gli passò al fianco senza guardarlo o togliersi la maschera. “Abbiamo recuperato il Rotolo”.
Pain non batté ciglio, la sua faccia rimase impassibile. La sua inespressività inquietava sempre Naruto, era così diverso da… Nagato. Nagato gli sorrideva gentile, mentre sospettava che Pain non potesse nemmeno farlo.
Attesero che Konan li raggiungesse, poi i tre sparirono per analizzare il nuovo bottino ottenuto.
Deidara lì guardò allontanarsi e tirò su con il naso.
“Grazie per l’amorevole benvenuto” disse al nulla, ma poi scosse la testa rassegnato e guardò il bambino al suo fianco. Naruto era fradicio come un pulcino. “Bagno caldo, suona bene?” propose, anche lui scomodo nei vestiti gelidi.
“Sì, per favore” pigolò Naruto.
“Così magari mi racconti anche che cosa ha fatto da far incazzare così tanto Tobi”.
Nonostante il tono allegro di Deidara, Naruto non era molto entusiasta della proposta.
 
**
 
Sasuke era concentrato mentre studiava uno dopo l’altro i vari rotoli. Aveva passato tutta la notte sveglio a pensare e ripensare quello che Naruto gli aveva detto sullo sharingan.  Alla fine era giunto alla conclusione che l’unico modo che aveva per risolvere quel dubbio era vedere cosa era stato tramandato dal clan.
Appena sveglio era sgattaiolato nello studio personale di suo padre e aveva cercato all’interno dell’archivio, sapeva che lì dentro era tenuti tutti i segreti del clan, compreso lo sharingan. Sapeva anche che potevano essere letti solo da chi possedeva l’arte oculare, ma ormai quello non era più un problema.
A quel pensiero si passò le dita all’angolo di un occhio, pensieroso. Faticava ancora a relazionarsi con il pensiero che finalmente aveva risvegliato lo sharingan, ma era stato così veloce, inaspettato…
“Sasuke, cosa ci fai qui?”
Il bambino sussultò quasi facendo cadere la pergamena che aveva in mano. Era inginocchiato sull’ultimo cassetto di un grande armadio, i rotoli sparsi attorno a lui come testimonianza della sua malafatta.
Si voltò vedendo suo padre sulla soglia, era stato così concentrato nella sua ricerca da dimenticare quello che lo stava circondando. Che stupido errore da principiante!
Abbassò gli occhi colpevole. Non sapeva se aveva o meno disubbidito a una regola, ma il semplice fatto che fosse lì senza permesso gli sembrava un motivo sufficiente per sentirsi in colpa.
“Io… cercavo informazioni sullo sharingan” ammise.
Si aspettava che suo padre lo rimproverasse, invece lo vide scuotere soltanto la testa con un misto di esasperazione. Gli andò al fianco e raccolse le pergamene che aveva lasciato in giro, rimettendo ognuna al suo posto.
“Ogni buon shinobi sa cercare da solo le informazioni che cerca,” disse seccato, “ma in questo caso avresti potuto rivolgerti a me. Cosa vuoi sapere di specifico?”
Sasuke non aveva nessuna intenzione di sprecare quell’occasione.
“Come si sviluppa lo sharingan? Deve accadere qualcosa in particolare, o avviene… casualmente?”
Suo padre non lo guardò, continuò a rimettere ogni cosa a suo posto mentre rispondeva.
“Raramente qualcosa succede per caso nel mondo shinobi. Un Uchiha è in grado di risvegliare lo sharingan solo dopo aver raggiunto una forza sufficiente a padroneggiarlo. Soprattutto deve possedere abbastanza controllo sul chakra da bilanciare il suo utilizzo senza prosciugarsi all’istante. Per questo motivo non c’è un’età precisa in cui si può svilupparlo e non tutti gli Uchiha lo possiedono, dipende dalla forza del singolo”.
Sasuke annuì fra sé. Questo era esattamente quello che gli era stato insegnato per tutta la vita, quello che aveva sempre saputo. Ma le parole di Naruto e quello che era successo il giorno prima davano un’altra spiegazione. Sasuke sapeva di non avere ancora un controllo sul suo chakra perfetto, doveva ancora imparare ad arrampicarsi correttamente sugli alberi senza usare le mani. Eppure aveva risvegliato lo sharingan.
“Molti dicono di aver risvegliato il proprio in un momento in cui hanno dovuto forzare i propri limiti. Probabilmente è questo il fattore causante, lo sforzo che porta al risveglio” concluse suo padre.
Si morse le labbra, pensandoci su. Effettivamente aveva fatto uno sforzo a cui non era abituato per controllare il chakra incontrando Naruto, che lo aveva costretto a saltare sui tetti delle case. Aveva imparato a farlo in modo stabile solo in quel momento. E anche il piccolo scontro con Shisui, forse l’adrenalina in circolo aveva spinto il suo corpo oltre il limiti a cui era abituato.
“Mi sembri confuso”.
La domanda implicita di suo padre lo riscosse. Si morse le labbra, non sapendo come spiegarsi senza sbilanciarsi troppo, soprattutto senza rivelare troppo.
“Mi è stato detto che lo sharingan si sviluppa solo dopo un forte dolore… emotivo”.
Quando lo disse non si aspettava di ricevere una reazione così violenta. Fugaku chiuse di colpo le ante dei cassetti, sbattendoli così forte che il suono si sovrappose con le sue parole.
“Dove l’hai sentito?” domandò gelido.
Sasuke capì immediatamente che non poteva dire la verità.
“Ehm… credo lo avesse detto qualche insegnante dell’Accademia…”
L’espressione di Fugaku si inasprì ancor di più, la fronte aggrottata e le sopracciglia strette fino a toccarsi.
“Dovrò parlarne con il Sandaime. È inammissibile che permetti che certe false speculazioni girino ancora.”
“Non è vero?”
“No, assolutamente. Questa era solo la teoria del Nindaime, era convinto che il nostro potere nascesse da eventi traumatici e per questo fossimo… pazzi”.
Sasuke sgranò gli occhi, incredulo. “Nindaime-sama pensava questo di noi?”
Si sentì tagliare in due dallo sguardo che suo padre gli rivolse.
“Tobirama-sama ci temeva e detestava. Aveva pregiudizi su di noi per via delle guerre che precedono la costruzione di Konoha”.
A quella scoperta Sasuke si sentì annichilirsi, il proprio cuore soffrirne. Il Secondo Hokage, uno dei suoi eroi, una delle persona che cercava di imitare, aveva disprezzato il suo clan…
Fugaku addolcì lo sguardo all’espressione dolorante di Sasuke.
“Lo sharingan non è una maledizione, gli Uchiha non sono maledetti. Non permettere a nessuno di fartelo credere”.
Il ragazzino annuì, non sapendo come altro reagire. Si chiese se fosse questo il motivo per cui il suo clan sembrava incutere così paura nei civili, paura che spesso si era trasformata in disprezzo. Era perché un Hokage li aveva disprezzati?
Strinse le mani a pugno. Promise a se stesso che una volta diventato Hokage avrebbe dimostrato a tutti il loro errore.
“Oh, papà” chiamò corrucciando l’espressione.
“C’è altro?”
Strinse le mani a pugno, cercando la sua determinazioni. Si sentiva in ansia a porre quella domanda, l’avvertimento dell’Hokage lo aveva spaventato.
“Tu… hai un’ambizione?” chiese deglutendo.
Fugaku non batté ciglio. “Ogni bravo shinobi ha un obiettivo”.
“Qual è il tuo?”
Si aspettava che suo padre non rispondesse, invece la sua espressione si fece più solenne.
“Il bene del Clan Uchiha. Come capoclan mi è stato affidato il destino di ogni Uchiha, è mio dovere proteggerli e guidarli verso un futuro prospero. Non ho altra ambizione che questa”.
Era sensato, perciò Sasuke annuì. Dalle parole di Shisui aveva temuto che suo padre avesse obiettivi pericolosi, ma era ovvio che Shisui si sbagliasse. Suo padre era una persona d’onore che si prendeva cura del proprio clan, non c’era niente di sbagliato in questo.
“Capisco, padre” rispose con altrettanta solennità e lo guardò con ammirazione. Suo padre era incredibile.
Fece un inchino pronto ad andarsene, non aveva altro da chiedergli. Ma quando fu alla porta sentì Fugaku richiamarlo.
“E tu hai già trovato la tua strada?”
Sasuke pensò subito al proprio volto scolpito sulla montagna degli Hokage, ma poi l’immagine venne sostituita da un’altra. Pensò a un bambino biondo che un tempo portava i vestiti stracciati indossare ora l’uniforme di Konoha.
Strinse i pugni.
“Sì, ho un obiettivo” garantì determinato.
Il suo tono deciso fece sorridere compiaciuto Fugaku, che annuì in segno di rispetto.
“Tienilo sempre a mente e non tentennare mai. Finché il tuo cuore sarà saldo nella tua scelta, la strada sarà quella giusta”.
Sasuke si ritrovò a sorridere, il suo stomaco caldo davanti all’approvazione del genitore che ammirava tanto. Ora più che mai si sentiva determinato a raggiungere il suo obiettivo.
Avrebbe riportato a casa Naruto e solo una volta riuscitoci sarebbe diventato Hokage.
 
 
 
 
Scusate il ritardo ;__;
Prometto che a breve aggiornerò le altre fan fiction ma la vita mi sta davvero asciugando tutto il mio tempo T_T
Vi ringrazio per aver aspettato e per essere ancora qui <3
Hatta.
   
 
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