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Autore: Ksyl    23/11/2020    4 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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"Perché hai annullato il nostro pranzo?", lo salutò Kate sorridente, dopo aver spalancato la porta d'ingresso come un colpo di brezza estiva, ignara di quello che era successo al loft durante la sua assenza.
Aveva ritenuto giusto non allarmarla e quindi non anticiparle niente, quando si erano sentiti al telefono, limitandosi a comunicarle il cambio di programma con un voce che si era augurato non fosse troppo lugubre.
Gli andò vicino per baciarlo sulla guancia, dopo aver dato una scorsa veloce alla posta appoggiata al tavolino accanto all'ingresso – uno dei pezzi di arredamento provenienti dal suo vecchio appartamento che avevano traslocato insieme a lei.

Tommy si era addormentato esausto dopo aver lungamente pianto e inveito contro di lui. Castle aveva impiegato tutte le sue energie e ogni stratagemma noto o inventato al momento per calmarlo, ma purtroppo la sua rinomata bravura con i bambini – si chiedeva a quel punto se non fosse un falso mito – non era servita a granché.
Avrebbero saltato la loro lezione in piscina, aveva deciso in preda allo sconforto. Per una volta non sarebbe successo niente, anche se gli spiaceva perdersi quell'ora di abbracci e risate spruzzate di cloro. Visto quanto era sfinito sarebbe stato crudele svegliarlo per obbligarlo a uscire, generando ulteriore disagio in un bambino già molto provato. Dormire a metà giornata avrebbe provocato conseguenze sgradite, ma a quel punto aveva esaurito le soluzioni disponibili e si era lasciato sopraffare dagli eventi, senza opporre nessuna resistenza.

"Ho appena ordinato al take-away qui vicino. Dovrebbe arrivare tra poco", la informò senza fornirle ulteriori dettagli. Sapeva che a Kate non sarebbe sfuggito il fatto che avesse eluso la sua domanda e che questo l'avrebbe fatta insospettire, ma non trovava giusto aggredirla sulla soglia di casa con il resoconto della disastrosa mattinata vissuta da suo figlio, di cui lui era in parte – meglio dire totalmente - colpevole.
"Deve esserci qualcosa di grave se hai rinunciato a cucinare le tue solite pietanze salutari a favore del cibo d'asporto", commentò mantenendo un tono leggero, ma muovendosi con maggiore circospezione. Il suo sistema di allarme interiore doveva già essersi messo in moto. Diede un'occhiata in giro. "Dove è Tommy?"
Corrugò la fronte, cercandolo nel vasto spazio del salotto, occupato solo da loro due e dal caos sviluppatosi nelle ore precedenti, le cui tracce non era riuscito a far scomparire del tutto.
"Sta dormendo", la informò asciutto. "Perché non ci sediamo?"

Lo seguì sul divano, poco convinta. Riusciva a percepire il suo crescente allarme nelle sempre più rapide compressioni della cassa toracica. "Non siete andati in piscina?"
Scosse la testa. "Ho preferito evitare, Tommy non era... dell'umore adatto".
Fece seguito un altro silenzio spigoloso, gravido di tutto il non detto che cresceva tra loro come una creatura mostruosa, ma che non riusciva a costringersi a raccontarle. Chissà che cosa avrebbe pensato di lui, quando avesse scoperto la sua inadeguatezza ad occuparsi del suo preziosissimo figlio, che gli aveva affidato senza nessuna remora.
"Non vorrei trascorrere l'intero pomeriggio dovendoti cavare le parole a forza, Castle. Vuoi spiegarmi che cosa è successo? Tommy sta bene? Hai paura che me la prenda per qualche bernoccolo?"
"Nessun bernoccolo. Sta bene... fisicamente", la rassicurò. Le prese una mano tra le sue, consapevole di quanto la sua reticenza dovesse mandarla fuori dai gangheri, ma bisognoso di un contatto fisico, dopo una mattina a dir poco impegnativa anche per lui. "Ma non credo si possa dire lo stesso per il resto".

La mise al corrente di tutto, senza risparmiare alcun dettaglio. Sciorinò gli eventi in rigoroso ordine temporale, riportò i dialoghi nel modo più fedele possibile e inserì qui e là le sue considerazioni a riguardo. Come credeva che Tommy dovesse essersi sentito, interpretando più a fondo le sue reazioni – aveva avuto molto tempo per rimuginarci su – e come si era sentito lui di fronte a una crisi improvvisa che non era stato pronto a gestire.
Volle darle un quadro chiaro ed esauriente perché potesse farsi un'idea il più accurata possibile, pur non essendo stata presente. Non ne usciva come il migliore degli uomini, ma le doveva almeno la totale trasparenza, se pur mediata dalla proprie riflessioni e il suo coinvolgimento che lo rendeva inevitabilmente poco oggettivo. Tenerle nascoste le cose solo per farle un'impressione positiva non era un comportamento che potesse prendere in considerazione. Si trattava di molte informazioni da assorbire tutte in una volta e si rese conto troppo tardi che avrebbe potuto tenere per sé qualche divagazione poco pertinente, pur senza venir meno al suo proposito di condividere tutto con lei.

Kate lo ascoltò con attenzione, senza mai intervenire. La vide sorridere intenerita e poi rannuvolarsi, mentre lui riassumeva punto per punto quello che lui e Tommy si erano detti, partendo dalla buffa richiesta da parte del bambino di investirlo del titolo di padre, in sostituzione dei figli legittimi non più in circolazione. Mentre parlava era in grado di decifrare ognuna delle mutevoli emozioni che il suo viso concentrato lasciava trapelare.
"Che cosa ha fatto?!", esclamò Kate inorridita quando arrivò infine al punto in cui Tommy aveva alzato le mani su di lui. Lo aveva solo accennato per dovere di cronaca, senza caricare il gesto di troppa enfasi. "Ti assicuro che non si è mai comportato in questo modo". Gli toccò con delicatezza la guancia colpita, voltandolo per esaminarlo sotto una luce migliore. "Mi spiace, Castle, non so che cosa gli sia preso, non è da lui..."
"Non preoccuparti per me", si affrettò a tranquillizzarla. "E non c'è bisogno di scusarti. Tommy non è manesco e nemmeno maleducato. Era solo fuori di sé". Ci teneva a difenderlo.

"Kate, Tommy... non sta bene".
Se ne era uscito di getto con una frase accorata che avrebbe avuto bisogno di essere ponderata maggiormente, prima di essere scagliata contro un interlocutore impreparato. Non aveva giustificazioni, si era trovato di colpo senza parole, incapace di trovare quelle giuste per comunicarle qualcosa che percepiva oscuramente dentro di sé e che lo stava mandando sempre più in ansia. Non era d'aiuto scaricandole addosso l'intera portata della sua angoscia senza offrire soluzioni, ma quel È cattivo riferito a Josh da parte di un Tommy sconvolto oltre ogni limite, lo stava ossessionando fin da quando era stato pronunciato.

Kate si passò una mano sulla fronte, frastornata e terrea in volto. La piega amara delle labbra rivelava uno sconforto che aveva radici molto più lontane, come se il peggio che si era sempre prefigurata l'avesse infine raggiunta, nonostante i suoi sforzi per tenerlo a bada.
"Deve essere successo qualcosa di più grave di quello che abbiamo sempre immaginato", affermò livida, dopo qualche minuto di silenzio. Annuì. Non c'era bisogno che si spiegasse meglio, non c'erano dubbi sull'evento a cui si stava riferendo. Era protagonista indiscusso dei loro quotidiani tormenti.
Kate fissò con aria truce il pavimento per qualche istante. "Bastava chiederglielo, Castle, ma io non l'ho mai fatto. Che razza di madre non cerca di farsi raccontare dal figlio che cosa lo ha fatto agitare?". Alzò su di lui uno sguardo afflitto. "Non volevo insistere per saperne di più costringendolo a rivivere una brutta esperienza, ma così facendo ho soffocato le sue emozioni, che si sono ingigantite fino a esplodere. Ho sbagliato tutto".
Kate sfiorò distrattamente i petali delle rose appena sbocciate che lui aveva disposto con cura nel vaso di cristallo appoggiato sul tavolino. Gli piaceva arricchire la loro vita di piccoli tocchi che sperava graditi. "L'ho ignorato. Qualcuno gli ha fatto del male e io me ne sono stata zitta e ho fatto finta di niente", concluse con voce spezzata.

Era un'accusa spietata quella che stava rivolgendo senza attenuanti a se stessa, che però non corrispondeva del tutto al vero, per quanto lo riguardava. Poteva aver sbagliato – lo avevano fatto entrambi – ma in buona fede. Il colpevole era uno solo e non erano loro, dovevano tenerlo sempre presente.
Nel vederla tanto abbacchiata, provò l'impulso di stringerla a sé e prometterle che sarebbe andato tutto bene, nonostante avesse più di qualche timore sul futuro che si stava prospettando per loro. Josh che tornava nelle loro vite con il solo intento di creare scompiglio per motivi che nulla avevano a che vedere con il bene di suo figlio – nessuno lo avrebbe mai convinto del contrario - e Tommy in crisi ancor prima di iniziare a impostare quel rapporto che suo padre pretendeva da lui, senza curarsi dei suoi sentimenti. Ma quel giorno le sue quotazioni come consolatore non erano un granché e quindi rimase fermo e zitto per non peggiorare le cose.

Kate si alzò in piedi di scatto e prese ad aggirarsi nervosamente. "Tu credi... credi che Tommy abbia ripetuto su di te gli stessi gesti che ha visto fare a Josh? Il darti dello stupido... da qualche parte deve aver sentito questa parola, di certo non da noi. E il colpirti... Non riesco nemmeno a pensarci". Inghiottì le parole, come se fosse a corto d'aria.
Aveva iniziato anche lui a sospettare qualcosa del genere, ma sentirla esprimere ad alta le sue stesse spaventose congetture lo annientò. L'ipotesi che Josh potesse averlo schiaffeggiato per imporre la sua autorità era più di quanto potesse sopportare.
"Io lo ammazzo, Castle, ti giuro che lo faccio. Ne ho abbastanza".
Era furibonda, proprio come suo figlio qualche ora prima, ma con molte più risorse contundenti a sua disposizione per dar seguito alle sue parole.

Allungò un braccio per fermarla e frenare al contempo i suoi intenti omicidi, alzandosi a sua volta. Kate si divincolò con forza. "Non credere di potermi dissuadere", se la prese con lui, indignata. "Sarà anche suo padre, ma non deve permettersi di fargli del male per nessun motivo o dovrà vedersela con me", asserì, più che mai decisa a ripristinare il giusto ordine nel mondo.
"Hai ragione e non è di certo mia intenzione ostacolarti nei tuoi propositi punitivi nei confronti di quell'esemplare di uomo. Ma, per il bene della nostra famiglia, credo che sia opportuno che dell'omicidio mi occupi io a tua insaputa, così Tommy rimarrà con te. Se finisci in prigione nessuno me lo affiderà. Mi sacrifico volentieri".
"A quel punto mio padre diventerebbe il parente più prossimo. Potrete crescerlo insieme con discrezione, qualcosa vi inventerete".
Le sorrise. "Non è il momento adatto per dirlo, ma sei splendida quando minacci di morte qualcuno".
"Non lo minaccio affatto", lo contraddisse sprigionando lampi con gli occhi. "Non ho intenzione di dargli nessun preavviso, lo uccido e basta. Nessuno può toccare Tommy, Castle. Nessuno".
Non aveva alcun dubbio che lo avrebbe fatto, se portata all'estremo, ecco perché aveva iniziato a chiamarla mamma-drago di nascosto, quando trasformava il suo amore materno in strategia offensiva verso chiunque osasse turbare suo figlio. La capiva. Era stato lo stesso per lui con Alexis e provava il medesimo istinto protettivo nei confronti di Tommy.

"Odio essere io la voce delle ragione, soprattutto perché preferisco come te la strada delle torture fisiche, ma dobbiamo essere certi che sia andata come stiamo supponendo, prima di agire".
Kate gli rispose con una smorfia sprezzante.
"Un bambino che non ha mai mostrato atteggiamenti aggressivi non comincia, dal nulla, a dare schiaffi a una persona a cui è molto legato urlandogli epiteti che non dovrebbe nemmeno conoscere".
Difficile controbattere, visto che era d'accordo con lei e l'ultima cosa che desiderava era concedere a quello delle attenuanti. Ci provò lo stesso.
"Forse hanno semplicemente avuto dei contrasti e Josh lo ha sgridato, magari alzando la voce. Tommy si è ribellato e le cose tra loro sono degenerate al punto da far perdere a Josh la pazienza e spingerlo a chiamarti. Non lo conosce abbastanza da sapere come prenderlo in certe circostanze e in più ha la poco velata tendenza a pretendere di essere venerato come una divinità egizia, sarà bastata una risposta di Tommy per scandalizzarlo e offenderlo nell'intimo".

Era un tentativo troppo fiacco, non sarebbe mai stato un abile negoziatore. Infatti, non andò a segno.
"Questo non fa che aumentare il mio desiderio di fargli del male".
"Anche il mio". Ne aveva abbastanza di mostrarsi diplomatico. "E quel che è peggio, non so come potrò lasciare che Tommy trascorra del tempo con qualcuno capace solo di impaurirlo e ridurlo in lacrime".
"Il problema non si pone perché non ho intenzione di permettere che si incontrino senza che io sia presente", replicò ferrea nella sua determinazione. "Gli parlerò io. Finora sono stata molto generosa con lui, ma quel tempo è finito. O rispetta le mie condizioni, o non gli piacerà come finirà questa storia".

Aprì le braccia d'istinto e lei vi si rifugiò. Perché non lo aveva fatto subito? Era evidente che ne avessero bisogno entrambi. Nonostante fosse liberatorio progettare la dipartita di Josh per mano loro, rimanevano comunque molto scossi. Lui lo era per certo.
"Ho sempre giurato che non sarei finita invischiata in lunghe battaglie in tribunale, ma lo farò, se quell'idiota continuerà con le sue assurde pretese".
Era così, non c'erano altre soluzioni, ammise con un sospiro dentro di sé. Se Josh non si fosse mostrato più ragionevole - non c'era nessun motivo per credere che si sarebbe ravveduto – le cose si sarebbero fatte sgradevoli per tutti, soprattutto per Tommy. Si sentì infinitamente triste per lui, che stava già pagando le conseguenze di una situazione ingarbugliata per la quale aveva, a suo modo, cercato aiuto in lui. Che però non si era fatto trovare e non aveva idea di come fare ammenda. Avrebbero dovuto discutere anche di quell'argomento, anche se era più semplice inveire contro un colpevole esterno.

"Penso che dovremmo portare Tommy da qualcuno", continuò Kate pensierosa. "Qualcuno di esperto in questo genere di dinamiche", chiarì dopo la sua occhiata perplessa.
"Vuoi che Tommy parli con uno psicologo?"
Era una svolta inaspettata, ma non era una cattiva idea.
Kate annuì. "Preferisco che ci affianchi qualcuno che sappia consigliarci al meglio su come comportarci per non traumatizzarlo ancora di più. Non voglio che stia di nuovo male senza che io sia in grado di coglierne i segnali".
"Non dovresti avere il permesso di suo padre?", chiese incerto. Non aveva idea di come andassero le cose, soprattutto trattandosi di un rapporto poco definito come il loro, ma non gli pareva plausibile che Kate potesse prendere un'iniziativa simile senza che l'altro genitore ne fosse al corrente e approvasse.
"Può andare al diavolo", sbottò con tono perentorio, facendolo sorridere – pur sapendo che non era una reazione appropriata. "Se non si rende conto che sta male per colpa sua e che è necessario intervenire al più presto, ti giuro che gli leverò tutto quello che mi capiterà a tiro. Salute mentale compresa".
Emanava una fierezza da cui era impossibile non farsi contagiare. Era pronto a unirsi alla sua battaglia, per il bene di Tommy, naturalmente, non per la sua innata antipatia nei confronti di Josh.

"E per quanto riguarda il fatto che Tommy voglia che tu sia sua padre... "
Eccoli arrivati al punto cruciale, quello che temeva di più. Iniziarono a tremargli le mani lievemente.
Kate si interruppe e corrugò la fronte, gettandolo nel panico. Era certo che le successive parole, che lei stava ritardando solo per misericordia nei suoi confronti, avrebbero posto fine alle sue illusioni di poter diventare una figura di riferimento per Tommy. Magari non proprio un padre, ma qualcosa di molto simile.
Era consapevole che le sue recenti azioni avrebbero consigliato a chiunque di non lasciare sotto la sua custodia nemmeno un furetto, figurarsi un bambino speciale come Tommy ed era pronto ad assumersene ogni responsabilità, ma temeva di uscirne ancora più malconcio. Si aspettava un cortese ma fermo invito a rispettare limiti che sarebbe stata costretta a imporgli, vista la sua indegnità. Sperò che almeno gli sarebbe stato concesso di diventare per lui una specie di amico, che era proprio quello che lui aveva proposto a Tommy. Solo adesso si rendeva conto di quanto fosse stata inadeguata e frustrante la sua risposta. Tommy aveva avuto ogni ragione a non accettarla.

"È così che ti vede, Castle, inutile girarci intorno. Ed è giusto assecondarlo. Non ha senso fingere che non sia così per riguardo a una persona che merita di incontrare solo chiodi arrugginiti lungo la sua strada".
"Vuoi anche bucargli le gomme dell'auto?"
"Tra le altre cose".
Si sorrisero. Aveva preferito buttarla sull'umorismo, la sua strategia di coping preferita quando le emozioni rischiavano di farlo soccombere, ma aveva registrato ognuna delle parole con cui si era espressa e non le avrebbe mai dimenticate.
Il tremito si era trasformato in altro. In commozione per la fiducia che riponeva in lui – che riponevano entrambi, madre e figlio. E in sorpresa, perché non si era aspettato che lei fosse pronta a quel passo, dal momento che era sempre stata molto prudente in ogni tappa che avevano affrontato. Un conto era parlare tra adulti del suo ruolo nella cura di Tommy, un conto era decidere di riconoscerlo apertamente anche davanti al bambino. A quel punto non sarebbero più potuti tornare indietro.

"Se non ti amassi già moltissimo, al punto da accettare stoicamente ripetuti rifiuti alle mie proposte di matrimonio, direi che con questa uscita il mio amore per te ha raggiunto vette inesplorate".
"Ti piaccio vendicativa e collerica? Non sapevo che avessi queste preferenze". Gli lanciò uno sguardo malizioso.
Socchiuse gli occhi. "Sono un uomo debole, Katherine Beckett, non puoi iniziare questo genere di discorsi con me sapendo che non riesco a resisterti. Ma devo farlo, perché stiamo parlando di tuo figlio e io non voglio cambiare argomento".
Kate scoppiò a ridere. "D'accordo, mettiamo per un attimo da parte le tue fantasie su di me".
Non era facile e lei non lo stava aiutando affatto tentandolo in quel modo, ma lo doveva a Tommy.
Tornò serio. "Credevo che dopo quello che ti ho raccontato tu non volessi... ho combinato un disastro con lui".

Non voleva chiudere l'argomento senza aver fatto presente le sue mancanze, nel timore che le fossero sfuggite. Dovevano anzi essere sviscerate fino in fondo, prima che lui potesse accettare onorificenze immeritate.
Gli accarezzò la guancia. "È per questo che credo che sia utile a tutti sentire il parere di un esperto, anche per definire il tuo rapporto con Tommy e per evitare quelli che tu chiami disastri, che però me sono solo frutto della confusione che c'è tra di voi. Per quanto riguarda me, certo che sei suo padre. Non solo perché è quello che sei in effetti, in ogni ambito della sua vita, ma perché è lui ad averlo deciso, e lo ha fatto da solo. Nessuno gli ha mai suggerito l'idea".

...

"Mamma".
Una voce roca e assonnata li interruppe facendoli voltare all'unisono nella direzione da cui era pervenuta.
Kate si mosse subito per raggiungere suo figlio, che se ne stava a pochi passi da loro, fissandoli assorto con il dito in bocca e il coniglietto Rick nella mano, con le lunghe orecchie che strisciavano sul pavimento. Allungò le braccia per accogliere quelle della madre protese verso di lui, e quando venne sollevato, le avviluppò le gambe intorno ai fianchi, abbarbicandosi su di lei.

Formarono un quadretto da cui gli era impossibile distogliere lo sguardo. Per quanto lui e Tommy avessero creato un bel rapporto, se si tralasciavano gli ultimi avvenimenti che sperava non avessero prodotto drammatiche involuzioni, niente poteva essere paragonato all'innata capacità di Kate di rasserenarlo con la sua semplice presenza, di avvolgerlo nel suo potente amore materno, capace di guarire tutte le ferite. Era quello di cui avrebbero avuto bisogno entrambi quel mattino, del suo intervento pacato e benefico che, ne era certo, avrebbe impedito alla situazione di esplodere. Vide le loro teste avvicinarsi e scomparire in quel loro legame esclusivo che nessuno poteva penetrare. Kate gli sussurrò qualcosa all'orecchio e Tommy annuì e poi le sorrise. Un miracolo, per quanto lo riguardava. Lui aveva unicamente provocato lacrime e strepiti.

Suonarono alla porta. Doveva essere il pranzo che aveva ordinato. Quando si trovò tutti i pacchetti tra le mani si accorse di aver ecceduto nelle porzioni e che il cibo non avrebbe superato il giudizio di un severo nutrizionista, ma quel giorno avrebbero fatto una meritata eccezione.
Kate si avvicinò a lui tenendo Tommy in braccio. "Vuoi mangiare con noi, Tommy?", gli domandò con il tono più dolce che le avesse mai sentito, baciandolo su una tempia. Avrebbe voluto immortalare quell'istante per tenerlo nei suoi ricordi più cari, realizzò mentre li osservata rapito dalla magia che emanavano insieme.

Si riscosse solo quando si rese conto che, se non si fosse dato una mossa, il loro intero pranzo avrebbe rischiato di raffreddarsi e diventare immangiabile. Distolse a fatica lo sguardo e si sforzò di tornare operativo. Decise che avrebbero usato il tavolino in salotto, senza badare a frivolezze inutili come tovaglie e posate. Era un grave infrazione alle regole, ma si trattava di una necessità, avrebbe spinto perché Kate – l'osso più duro – la considerasse un'anomalia giustificata.

Kate alzò un sopracciglio nel vederlo trafficare intorno al divano. "Papà Rick ha preparato un picnic per noi, hai visto? Oggi mangeremo sul tappeto".
Tommy si sporse per controllare. Parve meravigliato anche lui e un po' dubbioso, forse non credeva che al mondo esistesse qualcuno che avesse l'ardire di opporsi alle ferree disposizioni di sua madre.
Papà Rick? La consapevolezza del modo in cui Kate si era espressa ad alta voce e in presenza di Tommy per riferirsi a lui, arrivò solo qualche secondo dopo, rombandogli nella testa come un tuono. Tommy non diede segno di averlo notato, ma lui sì. Kate gli sorrise e si avvicinò. Gli parve più splendida che mai e lui non aveva nessuna arma per difendersi dalla vastità dell'amore che provava per lei.

Tommy allungò le braccia verso di lui, come aveva fatto prima con sua madre, inebriandolo di sollievo e calore. Se voleva ancora stare con lui dopo quello che era successo, non tutto era perduto.
"Fate pace", mimò Kate in silenzio, passandogli il figlio. Tommy gli si strinse al collo, Castle lo abbracciò colmo di gratitudine con il mento appoggiato sopra la sua testolina, attento a nascondere il batticuore che lo aveva colto. Se solo fosse stato sempre così semplice riconciliarsi, farsi perdonare. Non era sicuro di meritare la benevolenza di Tommy, ma non si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione che il bambino gli offriva per provare a rimettere a posto le cose tra loro.

"Finisco io di apparecchiare il... tappeto", aggiunse lei facendogli l'occhiolino. "E poi possiamo andare tutti insieme in piscina, non penserete che vi permetta di saltare una lezione? Che esempio credi di dare a Tommy, Castle? Gli impegni si portano a termine".
Spalancò gli occhi, ma ricordò in extremis di frenare la lingua prima di fare qualche commento indecente sulla possibilità che lei gli concedeva di vederla di nuovo in costume.
Tommy fece un salto che quasi lo fece atterrare sul pavimento – sempre sobrio nel manifestare il suo assenso nei confronti di attività che lo entusiasmavano, soprattutto quando comportavano la presenza di entrambi gli adulti che vivevano con lui.
"Poi andiamo a bere la cioccolata, mamma? Io e Papà Rick lo facciamo sempre, anche se non possiamo dirtelo per non farci sgridare, perché ci roviniamo l'appetito".
Di fronte a quella confessione clamorosa, Castle usò il corpo del bambino come scudo per impedire a sua madre di rovesciare la sua ira su di lui e scappò lontano ridendo, coinvolgendo anche Tommy nella sua fuga. Kate poté solo limitarsi a fare le sue rimostranze da lontano.
Papà Rick. La serena accettazione di Tommy del suo nuovo appellativo chiudeva un cerchio. Un cerchio di amore, impegno, promesse. Si sentì fiducioso che sarebbe andato tutto bene. Almeno per quel giorno, che si stagliava davanti a loro finalmente limpido e privo di turbolenze.

   
 
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