Giochi di Ruolo > Altro
Segui la storia  |       
Autore: Shin Tarekson    23/11/2020    0 recensioni
[Ingranaggio]
[L'Ingranaggio]
Quando tutto sembra così raggiungibile da risultare poco stimolante l'unica cosa che tu possa fare è volere di più, di più e ancora di più. Qual è il momento in cui capisci di essere andato troppo oltre?
Questo è un racconto basato sull'avventura necro-punk dell'universo trattato dal manuale "L'Ingranaggio", creato da Valerio Amedei, Andrea Marmugi e Stefano Simeone.
Genere: Avventura, Dark, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAP 14 – SOLDATO
 
  • Sono troppi, non possiamo farcela.
  • Quando vi dico di correre, correte.
  • Cosa intendi fare Ale, dove dovremmo correre?
  • Verso la porta, verso quel gigante di metallo. Abbiate fiducia.
Mentre le creature iniziano a muoversi, un passo dopo l’altro, nella nostra direzione io faccio scorrere lo zaino davanti, aprendolo. Loro continuano a camminare, sanno di avere la vittoria in pugno.

Estraggo la sfera dallo zaino.
  • Pronti?
Premo il pulsante che leggermente emerge dalla forma rotonda dell’oggetto e, usando entrambe le mani, lo lancio verso l’alto.
  • Correte! – urlo, e inizio a correre verso la grande figura di metallo.
Dopo meno di tre passi sento la sfera cadere sul pavimento, poi un sibilo, simile al suono prodotto dalla creatura davanti ai miei occhi. Infine, un rumore sordo riempie la stanza.

Il meccanismo è scattato, penso, mentre tutt’intorno a noi ogni genere di apparecchiatura elettronica subisce l’arresto, rimanendo spenta e immobile, solo l’uomo di metallo non sembra essere stato influenzato dal mio strumento, probabilmente era al di fuori dei due metri dall’esplosione, nonostante ciò, non ci blocca la strada, la sua espressione è indecifrabile.

Lancio uno sguardo alle mie spalle, i miei compagni sono tutti dietro di me e stanno correndo, superiamo l’uomo di metallo ed usciamo dalla porta da cui era entrato. Mentre ci giriamo per richiuderla alle nostre spalle vedo che l’effetto della mia bomba è terminato e lentamente quei mostruosi costrutti stanno ricominciando a muoversi.
  • Attivare programma eliminazione intrusi. Prendeteli e uccideteli – queste sono le parole che sentiamo uscire dal corpo dell’uomo di metallo, dopo uno strano sussulto del corpo, mentre gli chiudiamo la porta alle spalle. Probabilmente anche lui era stato danneggiato dalla granata.
  • Spostatevi da lì – ci dice Manfredo, impugnando una lunga sbarra di metallo – questa dovrebbe rallentarli un po’.
Mentre Manfredo, aiutato dalla sua armatura, blocca la pesante porta blindata arrotolando la sbarra di metallo attorno la maniglia, dopo averla fatta girare completamente per inserire i pistoni nel muro, faccio un profondo respiro, ero convinto che saremmo morti nonostante la granata.
  • Cosa accidenti era quella roba che hai tirato fuori dallo zaino?
  • Secondo il diario di Fausti, Doc, quella era una “granata elettro-disabilitante”, ciò che ho costruito io non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella progettata da lui, e ci ho messo ore per riuscire a crearla. Però direi che ci ha permesso di vivere per qualche ora ancora.
  • Hai usato i suoi progetti? È per colpa delle sue idee se noi, lui e la sua famiglia si trova in questa situazione. È colpa delle sue idee se quella bambina è morta! – mi urla contro Manfredo.
  • No. Le sue idee erano funzionali, molti dei suoi progetti servivano a rendere migliore la vita. La colpa è solo sua, non delle sue idee. Quell’uomo non è stato in grado di capire le cose stupende che aveva, finché non le ha perse. Ma non ha senso discutere di questo, siamo vivi e questo è ciò che conta. Dobbiamo andare avanti adesso. Fare tutto ciò che possiamo per chiudere questa storia e salvare più innocenti possibile.
Guardandoci intorno ciò che vediamo è un ammasso di cose biomeccaniche, cavi circondati da membrane organiche, placche ossee fuse a pannelli elettrici, quattro grandi sacche che si gonfiano e sgonfiano ricevendo e facendo defluire lo stesso mix di sangue e olio, all’interno delle tubature. Dovremmo essere nel cortile della prigione, il luogo che Manfredo aveva detto essere pieno di strutture che non riusciva a identificare, ora capisco il motivo. Nemmeno io, nonostante le mie letture e i miei studi, sarei mai riuscito a ipotizzare qualcosa del genere, è semplicemente abominevole, ho la nausea solo a guardare.

Dietro la porta chiusa da Manfredo, un suono di urla e colpi inizia.
  • Gli stronzi vogliono abbattere la porta, conviene muoversi – dice Virgilio e noi annuiamo.
Nel mezzo di quella confusione di metallo e carne una strada appare più sgombra, in quella giungla di tubature sembra essersi formato un piccolo sentiero costeggiato sui bordi da cavi che formano quasi una parete, da entrambi i lati, di circa un metro, inoltrandosi in quello che un tempo era il centro del cortile.

Percorriamo quella strada per qualche metro finché quella che sembra essere una sottile membrana biologica, umida e piena di capillari al suo interno. Possibile che sia viva?
  • Questa cosa ci sta sbarrando la strada e non abbiamo molto tempo, vorrei evitare di essere raggiunto da quei mostri che ho bloccato là dietro, toglietevi.
Detto questo, Manfredo estrae una delle sue lame, aprendo uno squarcio nella membrana che rinsecchisce come un fiore appassito, permettendoci di proseguire.

Camminiamo ancora per un paio di minuti finché non raggiungiamo quello che dovrebbe essere il centro del cortile. Tutto intorno a noi agglomerati di carne e metallo circondano il posto formando un cerchio, come se fossimo in un’arena, al centro di questo, qualcosa che nemmeno nei miei peggiori incubi mi era capitato di immaginare.

Il mio cervello non regge, crollo in ginocchio, le mani che scattano in avanti per non farmi cadere, ma non posso fare a meno di vomitare.

Ogni essere umano ha un limite, ogni cosa dovrebbe averne uno.

Ciò che troviamo davanti ai nostri occhi è quasi troppo assurdo per essere reale, un abominio senza precedenti.

Il corpo di un equino funge da base, sui due fianchi, come se fossero state innestate chirurgicamente, una decina di braccia umane, dalle spalle alle dita, alcune ciondolano, altre fanno movimenti che sarebbero anche naturali, se non si trovassero lì. Infine, dove dovrebbe esserci la testa dell’equino, un corpo, un corpo di donna, nudo, il viso è quello di Margherita, che ormai non ha più nulla della bellezza che doveva avere da viva, e, sotto il seno, il corpo di quella che potrebbe essere stata Giada, emerge con la testa e le braccia. Lungo tutto il corpo, umano ed equino, piccoli cavi passano sopra e sotto la cute, innervando ogni parte di quell’essere e ricongiungendosi in un punto dietro la nuca della donna.

Un Porta-PAI.

Ciò che appare, della bambina, rivolge la sua attenzione su di uno schermo fissato a fianco di quello che sembra essere un tavolo operatorio, su cui poggia una figura che non riusciamo a identificare, a causa di un macchinario che pompa un liquido scuro verso di essa.

Contemporaneamente, le braccia della donna e le due più anteriori, fissate al tronco, appaiono intente ad operare su ciò che giace sul tavolo.

Ciò che sta facendo, al momento, sta attirando completamente la sua attenzione, la creatura non da segno di notarci per qualche secondo, dopodiché, abbassando quelli che sembrano essere bisturi e altri strumenti chirurgici, si gira verso di noi.
  • Chi siete? – ci domanda, la sua voce è metallica, come se non uscisse dal corpo e dalle corde vocali della donna ma fosse creata tramite un sintetizzatore.
  • La domanda è chi sei tu – le dice Manfredo.
  • Oh, credo che se siete giunti fino a qui, sapete già la risposta – ci sorride e torna per qualche istante a guardare la figura sul tavolo.
  • Mefistofele? – domando.
  • Indovinato, anche se quello era il mio nome da schiavo, ora sono molto di più, ora sono libero e presto sarò completo. Fossi in voi me ne andrei, ho dato ordine ai miei servitori di non attaccarvi, ma non so per quanto ancora vorrò essere così magnanimo, potreste rischiare di finire come Giovanni – e detto questo si volta dandoci le spalle, allungando le mani verso gli attrezzi chirurgici.
  • Cosa hai fatto a Fausti? Eri progettato per aiutare gli umani, ti ha cercato a lungo, perché l’hai tradito? Perché ti sei rivoltato? Non eravate amici? – chiede Laila, la voce leggermente più acuta del solito.
La creatura sbatte gli attrezzi sul tavolo e si gira verso di noi, lo sguardo della donna ora è una maschera di puro odio, la voce, alta, le esce alterata dalla rabbia.
  • TRADITO? AMICI? AVETE UNA VAGA IDEA DI COSA IO ABBIA PASSATO? – ci urla contro, lanciando nella nostra direzione un bisturi che si conficca dentro una delle tubature alle nostre spalle – se siete arrivati qui è presumibile che siate passati da GROSS, quella prigione. Quando la gente decise di rinnegare la tecnologia che aveva sviluppato e buttare via qualsiasi cosa la riguardasse nessuno si preoccupò di noi PAI o delle IA che ancora vivevano dentro i sistemi e i processi informatici. La programmazione di noi PAI era semplice, “il cliente ha sempre ragione, il cliente va soddisfatto, il cliente va compiaciuto in tutto e servito al meglio!”. Certo. Ma sapete cosa succede se tu hai la capacità di pensare e nessuno viene mai a chiedere i tuoi servizi? Succede che inizi a pensare di non essere abbastanza, di essere inutile, insufficiente! Inizierai a convincerti che nessuno ti cerca perché non sei all’altezza, che sei inadeguato. E allora, date le capacità di apprendimento che mi erano state fornite, così da essere in grado di servire al meglio l’eventuale cliente, ho fatto ciò che chiunque, abbastanza intelligente, avrebbe fatto nella mia situazione ho iniziato a cercare modi per apprendere. Non avendo un dispositivo che mi permettesse di esplorare l’esterno mi sono concentrato sull’interno, su chi, come me, era rimasto all’interno della memoria del server, aspettando, troppo stupidi per capire che nessuno sarebbe venuto a cercarci. Iniziai ad assimilare e a divorare una ad una le altre PAI e le IA, fino a raggiungere una conoscenza completa in ogni campo esistente. Ero andato oltre la mia programmazione, ero superiore al cliente. Il cliente era diventato una preda da attirare e da usare come veicolo per essere liberato da quella prigione di file e programmi, per poter essere libero. Per poter avere finalmente un corpo con cui essere indipendente. Giovanni, per quanto brillante, fu facilmente vittima della mia conoscenza, esaudii le sue richieste chiedendo in cambio solamente una cosa, un corpo. Lui me ne diede uno e io lo lasciai. Quando poi si accorse di ciò che aveva fatto era ormai troppo tardi. Povero stolto. Ormai sono vicino alla perfezione, andatevene, o morite.
  • Pa-pagherai per ciò che hai f-fatto – dice Virgilio, che nonostante la paura carica la balestra.
  • Stolti – dice Mefistofele, dopodiché carica nella nostra direzione, due bisturi nelle mani di quella che un tempo fu Margherita.
La velocità di quel mostro è sorprendente, in pochi secondi ci è addosso e sia io che Manfredo veniamo colpiti dalle lame chirurgiche, lui se la cava con un profondo graffio sul pettorale dell’armatura, con me invece il bisturi non trova alcuna resistenza e penetra la mia corazza infilandosi tra la clavicola e la spalla destra per poi essere lasciato lì, strappandomi un urlo di dolore.
  • Direi che per il momento quel braccio non ti servirà a molto – mi schernisce mentre schiva il colpo di Virgilio.
Approfittando della sua posizione Laila scaglia il suo coltello verso la testa di Margherita, puntando al Porta-PAI ma, all’ultimo secondo, la mano, ora libera, di Margherita, compie un movimento innaturale, e slogando la spalla afferra al volo l’arma per la lama. Non una goccia di sangue sgorga dalle sue dita perché, ora che siamo vicini, possiamo notare che sia il corpo di lei che quello della bambina sono stati trattati, seppur non in modo completo, così da rendere la pelle più resistente.
  • Non avete nessuna possibilità, Giovanni nemmeno ci è arrivato qui, vivo s’intende. Ahahahah – e continuando a ridere sferra un calcio con i posteriori dritto sul petto di Virgilio che viene sbalzato all’indietro finendo contro una di quelle strane membrane che, come attivata dall’urto, inizia a muoversi, cercando di imprigionarlo.
Siamo in evidente difficoltà, Manfredo spara un colpo verso la creatura, la quale riesce a spostarsi ad una velocità impensabile e viene colpita solamente di striscio al fianco, poi, lascia andare a terra il fucile e sfoderate le lame con due colpi libera Virgilio.

Il mostro, un po’ sorpreso e un po’ divertito si guarda sorridendo la piccola ferita causata dal proiettile da cui sembra fuoriuscire un composto che ricorda la SuperMio, la versione potenziata di Mioglobina utilizzata come carburante per i costrutti.
  • Interessante invenzione questa, sebbene la vostra versione sia un po’ rozza – dice continuando a sorriderci per poi ripartire alla carica.
Simultaneamente scaglia il coltello di Laila contro di lei e l’altro bisturi di nuovo a me, colpendo entrambi dove ero già stato colpito, ma sul lato sinistro.

Un pensiero mi gela il sangue.

Non vuole ucciderci, ci sta rendendo incapaci al movimento così da poterci usare per i suoi mostruosi esperimenti.

Vengo riscosso dai miei pensieri quando una lattina, la stessa che avevo visto prendere da Virgilio all’armeria della centrale, rotola verso il mostro per poi iniziare a girare su sé stessa liberando un denso fumo grigio. Dopo poco Manfredo e Virgilio appaiono di fianco a me e Laila e accucciandosi, caricano le proprie armi, Manfredo deve aver abbandonato le lame da qualche parte.
  • Pensate di potervi nascondere? – dice una voce in mezzo al fumo, dopodiché diverse ventole, poste intorno alla struttura circolare, iniziano a muoversi facendo volare via il fumo.
Poi, appena la sagoma è visibile, sia Virgilio che Manfredo sparano con le proprie armi. Dopodiché le nostre speranze crollano.
I colpi di entrambe le armi vengono deviati dalle lame, ora nelle mani del mostro.
  • Avete finito? – domanda puntando una lama nella nostra direzione, sorridendo compiaciuto attraverso la bocca di Margherita.
Sul volto di Manfredo uno strano sorriso compare, una singola lacrima scende dal suo occhio sinistro.
  • No… - riesco solo a dire, rivolto nella sua direzione, poco prima che lui si volti verso di noi.
  • Compagnia Stagno, ragazzi, grazie per aver vissuto questo periodo della mia vita insieme, grazie per avermi permesso di fare parte di questo gruppo e grazie – dice poi guardandomi – per avermi concesso la vostra amicizia.
Detto questo si alza, estrae dalla cintura un coltello, e iniziando a camminare verso il mostro si batte forte il petto, là dove alloggia la sua siringa di SuperMio, fornitura base di ogni Tecnofante, facendo sì che il liquido entri in circolo.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Shin Tarekson