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Autore: _deleted    23/11/2020    2 recensioni
Cecilia è prigioniera di una madre delirante e violenta, che l'ha isolata da tutti, facendola crescere nella paranoia. Ma la libertà agognata non è così facile da conquistare e le sfide da superare sono ancora molte. Insormontabili, forse, senza un aiuto al momento giusto.
Storia partecipante al contest “Le note del dramma” indetto da Sabriel_Little Storm sul forum di EFP.
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I.

La sveglia suona e Cecilia sa che sarà un giorno come tutti gli altri. Di prigionia e apatia, noia e quelle piccole gioie amare e fuggevoli dell’autocommiserazione. Quei rari sprazzi di quiete tra il delirio, le grida, gli occasionali lividi.
Lei è già in piedi; con un sorriso lezioso le serve la colazione. Gli otto gatti, pasciuti e di diverse razze, già serviti, scodinzolano ottimisti, sperando in qualche briciola prima di raggomitolarsi tra le coperte stinte, ormai rammendate troppe volte. Cecilia sbocconcella il pasto senza parlare, ignorando il “Buongiorno, amore” e il successivo “Dormito bene?” di Lei.
Come al solito, è stanca e ha mal di schiena. Hanno diviso il letto e Lei si è rigirata in continuazione, sgranando il rosario e pregando a ore alterne. Santini e candele consumate “contro i demoni” sono impilati su tutte le superfici disponibili: credenza, ripiano del piccolo televisore, tavolo, comò.
Cecilia ha gli occhi secchi e disabituati alla luce. Lei tiene sempre le tende tirate. nessuno deve entrare lì. La porta è chiusa con un catenaccio e tutti i risparmi Lei li ha usati per installare delle telecamere sul pianerottolo. Pochi sono i conoscenti che hanno lì, tutti disinteressati alla loro squallida routine. Forse fingono di non vedere il dramma che si svolge quotidianamente sotto ai loro occhi. In fondo, le urla devono averle sentite. Cecilia non lo sa, non è mai venuto nessuno.
 
Lei esce solo per fare la spesa e andare al lavoro, del quale si lamenta di continuo. Lamentarsi è il suo passatempo preferito: della cattiveria della gggente, pronunciato con almeno tre g; del padre di Cecilia, che ha venduto l’anima al diavolo e le ha abbandonate – da qui l’obbligo morale di pregare per lui, da brave cristiane – e anche della figlia stessa, che “non capisce” le precauzioni da seguire, “necessarie per la loro incolumità.”
Tra queste rientrano: il divieto assoluto di uscire senza di Lei; le visite settimanali a un esorcista locale perché salvi l’anima del padre di Cecilia, mentre lei è costretta a subire i suoi scongiuri convulsi, conditi con l’occasionale agitarsi dell’acquasanta quando le preme le mani sul cranio per “far uscire il male”; i continui controlli al ritorno da una passeggiata, quando Lei si sente abbastanza intraprendente per proporle un giro o una cena fuori. Questo “è necessario” perché la setta satanica che ha risucchiato l’anima e i risparmi del padre di Cecilia le segue sempre, vuole prendere anche loro. L’ultima volta, Lei non si è dichiarata soddisfatta del “depistaggio” se non dopo due ore di corsa forsennata in autostrada, a fari spenti, rischiando di farle schiantare contro il guard-rail.
Cecilia ha ancora i segni delle sue ultime percosse su braccia, gambe e fianchi della settimana scorsa. Sa che deve restare zitta per sopravvivere, che deve proteggersi in attesa di poter scappare. Ma davanti ai deliri di Lei, al disgusto che le ispira la sporcizia di quelle due stanzette anguste, sempre più spesso non ce la fa.
Esplode.
Le urla che è pazza, che non esiste alcuna setta, che suo padre le ha lasciate perché non vuole vedere più Lei, e che si vedrebbero ancora se Lei non glielo impedisse. Vuole andarsene, trovare un lavoro dopo gli studi. Senza di Lei. La odia.
Cecilia legge la paura nei suoi occhi, quando diventa violenta. “Lo faccio solo per il tuo bene”, “perché non capisci”, “come fai a essere così ingrata”, “dopo tutto quello che faccio per te?”
Al ricatto morale seguono le minacce, mentre la mano e, a volte, la cinghia, calano ancora e ancora a colpirla. “Finirai sul lastrico”; “tuo padre lo faccio arrestare”; “ti seguirò in capo al mondo, non puoi impedirmelo”; “non ti conviene andartene”; “non sei capace a fare nulla.”
 
Cecilia si rannicchia in un angolo senza muoversi, stanca perfino per le lacrime. È vero, Lei non le permette di fare niente a casa. Non ha mai viaggiato, non ha soldi, non ha amici né contatti. Lei ha provveduto a isolarla da tutti i loro parenti, quelli del padre di Cecilia non li vede da anni. Immaginare una vita al di fuori di quelle mura le è impossibile, nel concreto.
Non conosce niente del mondo, eppure fantasticare su una vita migliore è proprio ciò che la aiuta ad addormentarsi e a trascinarsi stancamente un giorno dopo l’altro, confortata dalle fusa dei suoi compagni di prigionia.
   
 
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