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Autore: Legeia    23/11/2020    0 recensioni
In un Presente alternativo, vari conflitti portano alla disgregazione delle nazioni in problemi interni ed esterni. In una si queste, un gruppo di persone di presenta come Agevolatori o Risolutori per le persone o enti su vari ambiti. Tuttavia cè qualcosa di più profondo e intricato che muove i personaggi principali sia tra loro che per i Continenti e le decisioni e scelte sono fondamentali per la questione cardine. Il futuro. P.S. storia scritta anni fa, mai ritoccata e modificata, così come era scritta.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 16
Chapter 16

Un anno e nove mesi prima

"E' davvero assurdo che tu sia ancora qua, non è..."

"Una cosa fattibile? Concordo, eppure guarda. Lui come loro, è riuscito a usare la carta della colpa, i cavolo di sensi di colpa,  per convincermi. E ha pure pretese...."

Lia rispose ad Alaric, di fronte a lei, nel tavolo di quella che doveva esser una sala mensa. Ma sembrava un posto squallido e mal curato. La risposta di Jd, quando si sedette accanto a lei, fu che Milan non girava mai per l'edificio, non mangiava con loro e controllava le condizioni di certe parti dello Chateau. Una cosa che lei non comprendeva. Aveva scoperto che l'edificio era stato rinnovato, ma nessuno puliva e il tempo, i fumi e lo sporco si attaccavano all'intonaco mutandolo in beige e poi più scuro, col tempo. I pavimenti neanche a dirlo.
Lubo rispose che da quando iniziarono a inseguire quei tipi per tutto il paese, Il Leader non aveva più prestato attenzione a loro e dove vivevano. Le altre aree di nuova costruzione non lo vedevano da tempo, la zona cucina e spazi come quella sala, non venivano da lui controllate perchè di fatto abitava piani sopra, luoghi dove invece vi era pulizia, ordine e gusto. E come mangiava? La cucina era parzialmente utilizzata da quella donna che aveva conosciuto. Tra le mansioni, era le a preparare i suoi pasti e quelli di Milan, ma sono con attrezzi e stoviglie di suo utilizzo.
Perchè allora, chiese, se siete militari e vivete con le regole di disciplina e organizzazione, sembrava un ritrovo di tossici e malavitosi di quart'ordine? Semplice, disse Jd. Ammise che la colpa era anche loro, dei Capitani, perchè chiedevano rispetto degli orari e le attività quotidiane, ma avevano voglia rasente lo zero di interessarsi al resto, se non per i propri spazi.
Loro pulivano e tenevano in ordine i loro alloggi, distanti da quelli degli altri, ma per il resto si era accocolati sugli allori. L'importante era che vi fosse disciplina e correttezza nel lavoro. Lubo pose fine al discorso di Jd in quel modo. Bene, rispose lei, quindi vi va bene quelle scene e questo squallore, oltre che inutilizzo e poca pulizia.
Ma fare il proprio dovere di militari non è un obbligo? E non vi sentite uno schifo addosso, dopo l'esservi seduti su quei posti, quei tavoli, camminato in quegi ambienti così sporchi da far paura? Con batuffoloni di polvere aggrappati a qualunque superficie e che svolazzano sui pavimenti, così grossi e sporchi da competere per dimensione ai gatti? La disciplina la mettete solo per queste cose? I militari non era quelli così pignoli da far paura alla peggior massaia, madre tiranna del mondo per pulizia, ordine, attenzione a ogni minima cosa e pulizia personale e degli ambienti?
POse quella domanda attenta a non toccare molto, chiedendosi quali malattie esistenti potessero esserci in quelle tazze, posate in metallo contro i piatti di plastica usa e getta. Non era mai stata in vita sua in un posto così deprimente e triste, indicando menefreghismo.

"Cosa hai, sempre quella fobia dello sporco?" strafottente, mentre beveva da una bottiglia di birra

"Sei simpatico come un'unghia incarnita. La mia non è fobia, semplice prevenzione..."

"Non hai detto che in macchina con quel tipo hai avuto un litigio proprio per i germi e sporcizia?"

Lia sospirò e scuotendo la testa, si guardò intorno. Ma poteva anche non farlo, quasi nessuno da quello che sapeva andava in quegli ambienti, il concetto di mensa e cucina non era contemplato. Raramente alcuni lo usavano per avere un posto tranquillo dove parlare liberamente, e lei lo trovò ancora più squallido. Ognuno cucinava per se o in piccoli gruppetti, in piccoli cucini nelle stanze come le celle di una prigione, o consumavano pasti preconfezionati militari. NOn a veva voluto assaggiarli, odiava già abbastanza la non cucina della sua famiglia che, a parere suo, non sapeva nenahce mangiare, vivendo in una regione famosa per il cibo meraviglioso dall'antipasto ai dolci. Eppure lei non ne mangiava mai. Sempre roba pronta, sugo in barattolo, roba surgelata e altre schifezze che non amava. Tranne se aveva cioccolato, allora quello non era male.

"Non so come facciate a bere e mangiare qui dentro, figuriamoci cucinare. Non voglio sapere nemmeno come è ridotta la cucina senza utilizzo. Cosa siete, carcerati che avete cucina e frigo nelle camere? Guarda questa stanza... " indicando l'ampio ambiente suddiviso da tavoli e panche "e state lì a scartabellare cibo precotto che già a guardarlo fa venire la nausea. Se non fosse stato per quelle barrette al caramello, frutta secca o fresca,  avrei patito la fame...."

"Che vuoi, siamo in pochi a usare lavastoviglie e piatti e posate. Siamo civili, vedi?" indicando il piatto con dentro le posate alla rinfusa e intorno carte e involucri del cibo militare.
Stava pensando ad altro ma lasciò perdere, quando era arrabbiata usava le parolacce per indicare meglio il suo scontento e a quanto pare a JD non piaceva sentirle.

"Si, siete chef! Resta il fatto che qui è un porcilaio e mi chiedo se vivete così anche quando tornate in famiglia..."

"Credi che altrove sia diverso? Ragazza, tu non sai là fuori come è stato vivere in tende o posti come questo, perchè dovevo stare là, dividendo i pochi bagni con centinaia di altri, una cuccetta ta tante in una stanza con più persone, zero intimità e mostrare uniforme e tutto l'equipaggiamento sempre pulito mentre a turno bisognava pulire e sistemare controvoglia, sapendo che dopo pochi minuti il turno che andava in pausa risporcava tutto."

"Quindi perchè eri abituati a vivere allo stesso modo, non vuoi stare meglio e sentirti meglio cambiando le cose?"

 "A me non piacciono le pulizie di casa in generale, al massimo lo faccio fare a qualche altro previo pagamento. Insomma, mi godo la mia carica facendo fare agli altri, credono di guadagnarci, e godendomi il tempo libero. Il resto... che s ela vedano loro. Io sto bene dove sto..."

"Che bel modo di pensare. Come l'altra gente là fuori ed ecco che tutto va da schifo. Per la gente con un cervello... sono loro a soffrirne poi. Ma seriamente " guardando Lubo e Jd "a voi due va bene questo? POssibile che non ci sia nessuno che..."

"E di nuovo. Te l'ho già detto. Tutti noi veniamo da addestramenti e lavoro per questo o quel gruppo, che sia governativo  o per nostra richiesta in privati. Ma vuoi sapere una cosa? Milan resta nel suo orticello di belle cose, ben puliti, con abiti di ottimo prezzo... mentre noi siamo un pò stanchi di una vita dove dobbiamo sempre dare e non riceviamo niente. Mi pagano per cosa so fare, dò quanto devo perchè riceva i soldi... Basta. Se non lo avessi ancora capito, noi siamo un'accozzaglia di gente da tutto il mondo, che è stata assunta qua per un progetto che non sappiamo neanche se riusciremo mai a mettere in cantiere. Si, il Leader è un grande ed è riuscito dove altri hanno fallito, ma siamo sinceri. Nessuno sa di noi, nessuno lascerà un monumento o altro con i nostri nomi, nessuno ci ringrazierà uno ad uno per cosa abbiamo fatto. Eppure io come altri ho rischiato la pelle e l'osso del collo in zone di guerra e finite nel cesso, dove vivevamo male, non come qui, ma ci stiam momento un pò di pace. Andavamo avanti con cosa avevamo, ci davano, sperando che non fosse l'ultimo giorno di sole. NOn puoi immaginare cosa ho visto, quanta gente morta in modi orribili e che nessuno sa nemmeno fosse là, per aiutare e scacciare quella merda che ancora..."

"Alaric, per favore..." si intromise Jd "quello che vuole dire è che siamo un pò sottotono, come hai giustamente detto nella Sala delle pianificazioni e prima, quando ci siamo incontrati. Siamo demotivati, ecco. Milan ci ha dato e fornito tutto ciò di cui avevamo bisogno, ma stava a noi gestirlo e provvedere al resto. Come ha detto Lubo, non controlla o visiona nulla. Sa che non esiste la mensa, serivizi di pulizia e manutenzione. Ma lo capisco anche, è più quotato in politica e relazioni sociali, per questo impegno gravoso che si è preso da trovare difficile la gestione di tutto questo.  E non ne è bravo. E così lascia tutto in mano a noi. Siamo colpevoli lo so, ma come hai capito anche noi andiamo in giro o siamo impegnati. Abbiamo un gruppo di addestramento, un altro per..."

"Ok, basta. QUindi mi state dicendo che lui ha una sorta di segretaria, i piani superiori solamente suoi e gestiti in una certa maniera, mentre il piano inferiore dove siamo, del corpo principale, e gli altri sono lasciati... agli occupanti. Nessun controllo, gestione, regole di condotta oltre quelle normali trovabili ovunque ma...

"e non vi pesa vivere come rifugiati trasandati e alla buona?"

"invece di parlare di queste cose, dicci!" INiziò ALaric furibondo "parlaci di quando ti vedremo di nuovo percorrere il  sentiero fino al cancello per andartene. Era questo che volevi fare, no? Già ti vedevo allontanarti, eri un puntino...!"

"Si, anche io non sono contenta, ma per Milan devo ricambiare cosa è stato fatto. E comunque tranquillo, se quell'uomo non riesce, non mi vedrai più per davvero. Potrai crogiolarti nel tuo letame dove ti senti a casa, e morire incrostato di schifo e stronzaggine. Mi domando però come facciano le donne che frequenti a non avere da dire..." con un sorriso beffardo, sistemandosi sulla sedia con una gamba accavallata sull'altra.

"Cosa! Tu che ne sai..."

"Ma se ne parlano tutti!" disse lei fissandolo malamente "Alaric, forse non te ne frega, ma passando con Milan e Jd per i corriodio o i luoghi che considerate casa, ma sono lerci peggio di una casa di senzatetto, poveretti loro, ho sentito discorsi allucinanti. E, se sono abituati a parlarne mentre io, un'estranea, guarda in giro, immagina normalmente. Però davvero, non so come facciate ad avere una vita sessuale e sociale per come siete combinati. Davvero tutti voi frequentate certe donne?"

"ha parlato quella che ha litigato con l'unico che se la poteva fare, perchè i sedili della macchina erano sporchi, quindi non se ne parla..." ridendo di gusto mentre lei mutava il viso in rabbia e sguardo duro come se vedesse qualcosa di schifoso

"Alaric, i discorsi che abbiamo fatto, dovrebbero essere personali. Come tu odi che si parli della tua sfera privata, per favore non urlare certe cose, di altri, come fossimo al mercato"

"Seriamente? Mi fai la paternale, JD? Questa ha chiesto come mai ci fossero signorine in giro, le ho risposto e ne è nato un dibattito. Qualè il problema?"

"le uniche donne, tra l'altro" velenosa e assumendo un'espressione di disprezzo

"Che tu hai il vizio di parlare a tutti per vantarti di cose che dovresti tenere per te, e lo sai. Più di un volta qualcosa è uscita dalla tua bocca, mentre ti divertivi ad avere consensi degli uomini del tuo gruppo..." intervenne Jd, mentre Lia scuoteva la testa con aria schifata facendo dei tik tik con la lingua per disapprovazione

"Vi siete coalizzati contro di me, tutti e due!" si incavolò Alaric, sbattendo la bottiglia sul tavolo mentre Jd e Lia si guardavano ridendo, come però se prendessero in giro un bambino

"Oh, Alaric. Se il Dio in cui credi, qualunuque sia, ti ha fatto mediocre come militare quanto basta per guadagnare, si è risparmiato su altre cose. Sia prima, nella discussione con Milan che pochi istanti fa, hai detto che io non potevo capire cosa hai visto, sopportato, lasciato alle spalle che non augureresti a nessuno. Benissimo! Primo, quelle signorine come le chiami tu sono esseri umani. POssono essere come tu le vuoi, ma come te odia e vorrebebreo di meglio. Secondo. Come dice il detto degli Inuit, non puoi capire cosa prova e sente l'altro, come è quello che ha affrontato per lui,  se non hai provato a metterti nei suoi stivaletti. Significato simile a quello che ho detto io. Si può cercare di comprendere, ma non si può capire se non si è provato quello ha passato un altro e come lui lo vive. Esattamente come me. Cè gente spocchiosa, ma ci sarebbe altro da dire, che afferma che ciò che io desidero sia da deboli, inutili, incapaci di vivere. Conigli. Schifosi. Che noi, mi riferisco a quelli come me che tanto hanno fatto e di più, eppure hanno deciso, ripeto deciso e non una cosa all'ultimo secondo, che lasciano volentieri la gente in quello che gli va bene. Per noi non cè sconfitta, non siamo conigli che fuggono in quel modo dalla vita. Noi abbiamo affrontato la vita e la gente di merda, perchè questo è, a testa alta e come potevamo. Ma il dolore e la sopportazione sono stati così tanti, e talmente distruttivi, che vogliamo solo andarcene come vogliamo noi, con dignità e l'ultima cosa che noi decidiamo. Essere noi a decidere. Semplicemente perchè a causa della società e di altri i nostri sforzi, più di quella gentaglia stessa, non sono serviti ad altro che farci finire sempre più nelle sabbie mobili nere. Come le defnisco io. Eppure, se chiediamo solo di andarcene come essere umani, con la consapevolezza che un mondo bellissimo e merita di esser visto e vissuto, ma per noi era impossibile causa terzi... e non iniziate con i buonismi sulla speranza, ch e cè qualcosa di buono per tutti perchè non è vero. Sono realista e so di cosa parlo. Ho conosciuto o sentito parlare di persone anche vicine di casa che hanno avuto solo schifo, finendo peggio di come eravamo noi. Se ce la si faceva a fine mese stringendo sempre, anche se una pizza oqualcosa di buono ogni tanto poteva starci visto i tagli su tutto, so di gente che non riusciva a pagare le bollette e, roba vera, non mi invento nulla, chiedevano al prete della chiesa candele perchè non avevano corrente elettrica. Si arrangiavano per cucinare con le bombole quando le avevano, ma stavano senza acqua calda e luce sopratutto in inverno. E parlo di questi giorni giorni, non dopo la guerra! Perchè o pagano una bolletta o l'altra. E questo raccontato dalle mie zie che stavano sempre in chiesa e sentivano e sapevano tutto. Donne lasciate sole dai mariti con figli, dovevano andarsene fuori regione per un lavoro, lasciando alla madre sola anch'essa, i pargoli e queste con le loro età e problemi, dovevano badare ai nipoti come potevano. Anche con i pochi soldi mandati dalla figlia. Io non ho mai avuto problemi con sacrifici e periodi un pò neri, anche perchè ne ho fatti tanti e ne ho avuti di più, ma ho sempre avuto la convinzione che  la tenacia, volontà e il continuare, erano la cosa gisuta da fare per giungere a cosa si voleva. Eppure eccomi, guardami, e dimmi se una come me può accettare lo schifo che le hanno versato addosso. Perchè io non lo accetto. Ho desiderato tanto e chiesto a tutti gli dei conosciuti una sola cosa. Dare il mio corpo a qualcuno morto o che stava morendo perchè avesse una vita migliore di quella patita. Avesse, quella eprsona, l'opportunità che non poteva avere e io semplicemente svanire. Anzi no, desideravo andare da quello schifo di esseri che si definivano umani e tormentarli uno ad uno fino alla pazzia. Ma qualcuno che era morto o doveva morire, meritava di continuare con quello che avevo,per lui sarebbe stata una vita che gli andava bene. Perchè ci sono, ma non è vita per me, quella che ho lasciato. Un pò come la gente che è sicura di esistere prr figliare e vederli sposati e continuare il ciclo, vivendo come portatori di geni. E quanti ne ho conosciuti, ci ho anche vissuto e pretendevano che io dessi discendenti a loro. p Prima una vita a dirmi che se avessi fatto qualcosa con qualcuno, prima del matrimonio, mi avrebbero rotto le ossa, non mi invento niente, e hanno giudicato altre mie coetanee o poco più grandi o piccole come buttane per questo. Perchè l'ho sentito, ho visto le loro reazioni a vedere quelle ragazzine con la carrozzina. E io no n capivo perchè giudicare una persona, solo perchè aveva preso la decisione di vivere. Così come prositute. Io provo pena per loro, ma nello stesso tempo le rispetto e considero molto. Perchè loro sonostate forti e capaci di fare ciè che io non farei mai. Morire con le mie mani che dare la mia parte materiale a schifosi, che considerano le persone come oggetti per i loro divertimenti. Quelle donne, quelle la gente normale giudica negativamente, non vede o non vuole capire il perchè, lo ha dovuto fare. Ogni volta che sentivo in film, notiziari o la gente intorno a me sputare sentenze o dire >ma è una prosistuta> come se fosse la fogna che sono invece loro... provavo odio per la società. Viene più considerato chi ha soldi, si è fatto facendo cadere gli altri, trattando gli altri come spazzatura e guadagnando e prendendo posizione nascondendo lo schifo fatto. Mentre chi arriva a fare quel mestiere per disperazione, soldi, necessità, perchè la società non a tutto da le opportunità, è solo feccia. Che bello questo mondo...  E ancora a dirmi che dovevo trovare un fidanzato ricco , senza sapere che io sono diversa dalle altre già di mio. Quanto ne ho viste e subite perchè io non seguo la lista della spesa della vita, dove si deve nascere, crescere come dice Dio, ci si sposa e si figlia e la tua vita la passi per questo. Cè gente che esiste solo per questo, fare figli e morire pensando che fosse questo lo scopo del loro nascere. Sacrificano cosa vogliono fare, cosa sono, come vorrebbero vivere veramente e magari chi sono veramente, per far felici gli altri, morendo con mille rimpianti. Io non voglio arrivare ai quaranta anni, peggiorando sempre di più già di mio per la mia malattia, rimpiangendo il doppio di quello per cui già mi dolgo. Quindi, vuoi sapere cosa voglio dirti?"

"Ok, spara, perchè ho da dirti una cosa io"

"Benissimo. Hai detto che non posso capire te e cosa ti porta a fregartene di alcune cose, basta che hai il tuo piccolo... Senti me, adesso. Io non son ouna vigliacca, non voglio andarmene perchè ho paura del mondo o non sono capace di stargli appresso. Perchè non scherzo, nella mia città io ero la più giovane che trattava l'informatica e tutto ciò che abbiamo oggi in anticipo sui tempi. Quando ho fatto il mio primo corso dopo il diploma, ero l'unica da quel corso in poi, a sapere dagli undici anni a far qualcosa non avevo bisogno di lezioni.Le seguovo, ma sapevo già tutto. La gente ancora non sa dove mettere mano al pc, adesso,  pensa questi n nuovi telefoni per loro alieni come gli smarthphone e come usarli. Già no nsanno usare i tablet. Ebbene, io ragionavo e pensavo diversamente dagli altri fin da piccolina, eppure ero vista come sbagliata per questo. Adesso guarda, mi si diceva che usare un pc era fonte di malattie, problemi, faceva male, non portava a niente e invece adesso? Perfino voi avete apparecchiature che non ho mai visto, ho qualifiche che mi pongono al di sopra di altri non per il pezzo di carta, perchè quelli mi sono serviti solo per attestare seriamente cosa potessi fare. Ma quello che so fare. Eppure cosa me ne è venuto? Gente che mi guarda e non crede che sia in grado di creare pagine web dal codice da zero compresa la grafica, che possa contrllare e riparare un pc, benche meno costrutirlo io da zero scegliendo i pezzi. Sapendo cosa facevo e come comprendere i dati. Poi arrivava tizia o tizio X che avevano il mio stesso attestato o lauera  ma sapevano solo chattare e smanettare il poco sul pc, che mi fregavano posto e meriti perchè più capaci a intortare e farsi amare dalle persone. Ma erano serpi dentro. Ho subito tanto dalla gente solo perchè superficiale di merda a considerava l'aspetto o modo di porsi, e io alla fine non ho fatto altro che fingere di apparire come loro e... non ci riesco. Perchè non sono capace e adatta a mettermi una maschera come loro. Le prese in giro e sberleffi anche con gente che non consocevo ma sapevano tutti di me, perchè amavo i minerali e cristalli e li collezionavo come potevo, perchè non erano roba da femmine e mi prendevano per lesbica o matta. Per le mie collezioni. I pennini o dip pen, di vetro o legno e metalli o altre cose che mi paicevano. Le risate, perchè adoro scrivere a mano invece che in programmi al pc, con inchiostri tanninici e pennini in vetro. Loro che non sanno neanche scrivere due righe, io  che sono stata elogiata davanti a tutti all'esame di maturità, prendendo il massimo e discorsi positivi al presidente di commissione. Ma gli altri? muti?Quando mai. Ho dovuto far parte, per i miei, di un gruppo di volontariato e lascia perdere lo schifo, non consiglio mai di farvi parte anche se non serve a niente. Gente della peggior risma, l'unica seria e che considerava comunque il volontariato qualcosa di importante... ero io. Ci andavano per la diaria della benzina che la facevano diventare un guadagno, roba gratis perchè ne facevano parte, cose sottobanco e vergognose che io vedevo, ma ero corretta e trattata da schifo. Con le mie qualiiche ero diventat segretaria e assitente del presidente facendo di tutto, dal preparare documenti alla riparazione delle apparecchiature informatiche. Mai una volta che mi avessero detto grazie, almeno quello... ma mi hanno fatta sballare perchè due stronze, che i colleghi dicevano se la facevano con il presidente, si sono prese il mio posto, mi hanno buttata a fare lavoro vergognoso mentre loro, ogni volta che entravo in quell'ufficio, che facevano? Chattavano. Si sentiva dalle casse il rumore dei messagi in  arrivo e sapevano tutti che non sapevano neanche quasi mandare una email. Finito lì, questo capitolo? No, perchè mi hanno messa a controllare la gentaglia della città come sorveglianza, facevo il mio lavoro come potevo per la malattia e molti colleghi maschi mi consideravano e salutavano alla fine con piacere, parlavano del servizio e dei loro problemi per fare quel lavoro, mi rispettavano, almeno quello. ma proprio perchè io facevo! Tanto che anche i guardiani dei parchi o luoghi dove svolgevamo il compito, venivano a dirmi che erano lieti che ci fossi io di turno. Eppure peggioravo, e quando andavo in ufficio, vedevo la stronza più vecchia parlottare con l'altra con le gambe sopra la scrivania, con la sedia pendente, facendosi i fatti loro. Ed erano le stesse che mi rimproverarono più volte e ho scoperto per altro da quei colleghi, sparlavano, del fatto che io quando avevo finito tutto prendevo il libro dell'università e studiavo alla scrivania in attesa di altro lavoro. Questo al presidente e a loro non andò giù, non ero come quelle due e quindi buttata fuori. Io che studiavo! Mentre loro facevano le mammine faciline. Ed è inutile dirti tutto quello che tentarono di fare per avere la scusa di buttarmi fuori con disonore, ALla fine me nen sono andata io a testa alta, anche se stavo malissimo. Ma perchè, non mi amavano? Perchè, oltre la solita superficialità,  i miei mi obbligarono a dire solo determinate ore, determinate giornate disponibili, questo non farlo, quell'altro no, facendoli incazzare di più. E questo è solo un racconto. Ne ho centinaia. Ma non è questo il punto. So bene che non è paragonabile a cosa hai visto per il tuo lavoro ma sto parlando sia come altra voce, che come persone che voi definite donna biologica"

Fece una pausa voltandosi verso la sala per vedere se cèra qualcuno, poi tornò a guarda Alaric e continuare.

"Io non posso capire, comprendere come ti sentivi quando sono accadute certe cose e che impatto hanno avuto per te per essere... così. Tuttavia anche tu non puoi comprendere ed essere capace di empatia per come sono e sento, e affronto le cose. Io non accetto, non permetto, non abbozzo a niente. Se me ne voglio andare non è come altri. per una minima cosa lo fanno, creando problemi a noi che veramente loconsideriamo come un'ultima decisione, non una fuga. Mi sono stufata, mi rotta cosa non ho, la considero l'unica decisione mia totale contro la volontà altrui. Quelli fuggono, io voglio andarmene alle mie condizioni, come voglio e quando voglio, dicendo agli altri vaffanculo. Ma tornando al discorso di poco fa, perchè io devo soffrire per le decisioni di altri? Si, ho trovato strano che vi fossero solo, come donne, le vostre amichette, ma non sono una persona come i frustrati di merda, che rimangono turbati dalle scene di sesso perché hanno mentalità malate o tanto odio per l'altro sesso, che hanno vissuto venti, trent' anni senza rendersi conto che esistesse il sesso nella vita. Perchè incapaci..."

"Sbaglio o tu rientri proprio in quella categoria?"

"Tu sei un idiota" rispose acidamente lei, fissandolo, " parlo degli incel, religiosi e gli stressati dalla vita che sono dei babbioni così tanto da pensare che tutto gli sia dovuto, che loro debbano avere qualcuno che li consideri e che devono fare sesso. O Che non si debba fare se non procreare. Che l'essere umano, perchè un t esto del cavolo di pastori ignoranti e bogotti che hanno pure cambiando i testi originali, chiamati  testi apocrifi, per diffondere il loro, di messaggio. Infatti si dice Cristiano o Cattolico. Ma il Punto èche non è il mio caso. Cè gente che dice che è una delle cose più belle del mondo. Chissà. Io non sono tipo da frenare le proprie reazioni o risentimento, quindi posso capire in parte il tuo discorso. Ma appunto, non puoi comrpendere me e come sento certe cose, perchè sei un uomo e perchè non ti sarà mai capitato. Sempre che tu non sia gay, allora forse potresti. Tu non hai subito fin da piccolo il processo della società per cui ti imprimono nella testa cosa devi essere, se non hai un carattere o personalità come il mio, per cui devi esser in questo modo e fare quest'altro. Altrimenti sei sbagliato. L'avevo detto a Jd, ma te lo spiego, così mettiamo fine a questa cosa. Dagli undici anni non ho fatto altro che subire bombardamenti continui da tutti, familiari prima e poi scuola e società dopo, per cui io dovevo essere donna, religiosa, moglie e madre. La donna lavora solo se cè bisogno di altri soldi a casa. Poi la mia famiglia non è molto bella, nel senso che pensa queste cose ma è chiusa come non puoi capire, se non vi vivi dentro. Per tutta la mia vita ci sono stati solo loro con i miei nonni e massimo zii. Le persone al di fuori sono cattive, negative, schifose, da tenere alla larga. Nessun amico tranne un paio da sentire solo per telefono ma negli ultimi tempi, tutto solo famiglia. Non mi mandavano neanche al mare con i miei zii perchè quelli poi guardavano tutto ciò che fai, dici e hai e giudicano e sparlano con altri. Sempre e solo a casa, soli, con loro. la sera mai uscire tranne feste religiose. Mi sono dovuta fare due giorni senza dormire appresso a queste feste del cavolo finchè ho detto basta, perchè per loro era importante. QUindi io ero sola, contro i compagni a scuola e contro gente con cui non avevo esperienza perchè ero già diversa di mio e di abitudini. E sola ancora perchè, pena botte e punizioni, dovevo essere come volevano. Una santa senza parlare, rispondere, zitta anche se mi sfottevano o mi dicevano il peggio davanti, educata e con la testa sempre china a terra. Sorridere e apparire una principessa insomma. Eppure non lo sono e la mia vita è stata un inferno in casa come fuori. Tutti si aspettavano una copia conforme alle altre, peccato solo che le altre erano schifo, che manifestavano mentre gli adulti erano distratti o lontani. Ho odiato la scuola, l'essere piccola e non sapere niente, la mia paura e terrore di urla, punizioni e di essere picchiata perchè finivo sempre la colpevole di tutto. Se facevo una cosa nella mia ignoranza di bambina era tremendo e punita senza spiegazioni. Se le merde dicevano ai grandi che ero io, senza sentire altro, ero una brutta persona. Sempre io, anche se non vi rientravo o no avevo detto o fatto niente. Quante cose spiacevoli ed è pure poco cosa sono stati per me, che ho subito. Ma il peggio era il sentir loro dirmi che tutti facevano schifo e dovevo stare lontana dalla gente, poi dagli undici anni a ritepermi che dovevo avere il fidanzatino e, passati gli anni, a ridere e schernirmi tutti perchè non lo avessi. Eppure guardavo quelle che lo avevano fatto per far contenti gli adulti, e per seguire lui, perchè anche i maschi nonsono messi meglio, e hanno fatto roba, finendo per essere marchiate a vita. Si, dicevano così, marchiate. Come cavalle. E vuoi sapere una cosa? So bene di avere problemi legati alla paura viscerale e terrore di essere giudicata, e marchiata come le altre. nato da loro. NOn hai idea quanti sacrifici e rinunce ho fatto per non essere etichettata, e ho perso anni ed esperienze della mia vita. Non ho mai avuto un amico perchè non risucivo a fingere, e come ero non piaceva alle persone. Sono una persona di merda? Si, ma dopo anni e maturando disprezzo, inimicizia,  risentimento, astio, rifiuto, intolleranza, e tutto ciò che vuoi appiopparmi anche tu. Ma nessuno in uttta la mia vita mi ha ascoltata, si è fermata e ha fatto le domande fondamentali, per capire le situzioni o le motivazioni. Cosa provassi, cosa comportavano per me tutte quelle cose, alla lunga. Ho sofferto come non saprei nenache descrivere, perchè le sole parole non basterebbero... eppure ho continuato a testa alta, affrontando tutto. E sono sempre caduta, sempre più giù, non per causa mia. Tutte le paure, i terrori mi hanno condizionata in ogni cosa, impedendomi di essere tanto e in tante cose. Quella è la mia colpa. Aver permesso alla paura di farmi diventare vuota. Se fin da piccola ero aperta e sempre felice, perchè scoprivo e vivevo ogni cosa come una meraviglia, dalle medie sono diventata cosa vedi. Ho odiato tutte le frasi contro il sesso che ho dovuto sentire in famiglia, eppure orgogliosi e pronti a dirmi che il ciclo fosse una cosa preziosa e importante. Per me è stato solo un ulteriore legaccio che mi ha rovinata anni. Costretta a dolori terrificanti per cui non vi erano antidolorifici, perchè non ascoltandomi non capivano quanto soffrissi. E niente medicinali. Cosi che mi obbgligavano ad usare, per risparmiare , cose così grosse e fastisiode che se avessi preso una maglietta ripiegata al loro posto, stavo meglio. Tu non puoi capire, per ridire le tue parole, cosa significa per una come me il ciclo, e quale limitazione sia. io che fin da piccola non comprendo perchè dovrei essere un essere umano figliando, essere una donna se non mi definisco tale e tante stronzate che sono l'opposto di me.  Il fatto stesso che io, essere umano, non posso decidere per me e il mio corpo, ma sono gli ltri a farlo, mi fa incazzare. perchè non cè modo di fermare il ciclo se siamo esseri umani e sopra il livello  istintivo degli animali? Una come me deve essere obbligata a subirlo? Per la natura devo subire questo schifo per una cosa che non voglio, non desidero, non accetto. Eppure sono un'essere umana, tutti dicono che siamo sopra e diversi dagli animali. Sono peggiorata con gli altri, anche per la paura delle loro reazioni. I miei persone in casa, non ne volevano, mai,  e la gente mi considerava matta per colpa loro per le cose che pensavano. E poi cèrano i maschi. Puoi tu capire cosa significhi essere palpati sul seno, ogni volta,  perchè per essere bulli di merda, se la ridevano con la classe perchè io rispetto alle altre le avevo morbide? bello anche questo, eh Alaric? Considerata sbagliata perchè non avevo il fidanzato, come se fosse obbligo ma senza farci niente, perchè altrimenti tu, non lui, sei una vergogna. I maschi che non facevano altro che guardarti come una vagina che cammina e basta. E io non provando niente, per nessuno, vedendomi sbaglaita anche in questo. Come se non avesse desiderio o sdilingurmi per qualsiasi uomo che pssasse per la tv o in giro fosse da malati. Fin da piccola mi chiedevo perchè dovessi chiamare mamma e papà, o nonni o zii persone per cui non provavo niente...."

"...."

"Sono uno schifo di persona? Sicuro, Perchè normalmente se ti muoiono i nonni dovresti sentirsi disperato, come se ti mancasse una parte di te o altre cose del genere, come amano dire tutti. Ma io... li ho visti morire, nell'attimo in cui non vi era niente in loro, come pensano in molti, e l'unica cosa che pensavo per uno  era . Uno è morto in un modo che mi ha portata a capire come la famiglia fosse la tua tomba, già da prima. Sempre forte come un toro, senza un raffreddore, è peggiorato in poche settimane senza una motivazione, diventando di fatto incapace di muoversi. Ricordo l'ultima volta che lo vidi prima del giorno della morte, tutti a rompere le palle a mettergli flebo, a fare di tutto per tenerlo in vita, in quel modo miserevole. COn i muscoli di anziano andati del tutto per le ultime settimane, con il pannolone, secco secco, la faccia lascia perdere... e pieno di tubi e medicinali sul comodino, da far paura. E che urla, urlava cavolo,  di lasciarlo andare e mettergli un cuscino sulla faccia perchè no nsoffrisse più. Questo urlava. Uno come lui, che non l'avevo mai visto malato o altro ma sempre anzi spavaldo e con battute pronte, ridotto a chiedere un gesto de genere. E mi raggelai a sentire le risposte. Gli dissero di finirla e stare zitto, che doveva fare le flebo per stare bene. Ma ciò non accadde. Quando lo vidi morto da pochi minuti, come era ridotto e quanto avevano martoriato il suo corpo per tenerselo in vita loro, facendolo soffrire, facendolo morire nel sonno per soffocametno come si scoprì, mi fece male per me, e per tutti quelli obbligati a cure e mantenimenti, in vita in quel modo. Capìì anche dalla mia malattia che sarebbe finita così per me, che non erano capace di dire addio e auguare a chi dicevano di voler bene, un modo dignitoso e più umano di andarsene. L'ho visto urlare dal letto e chiedere di trattarlo da umano, ma morì devastato più dall'agire di chi avev aintorno che dalla vecchiaia improvvisa. Io non provavo cosa doveva provare una persona normale, come dicevan che doveva essere. E l'ho visto, come gli altri, come coinquilinio con cui dovevo vivere. Faccio schifo, sono merdosa, lo so e lo comprendo. Non ho provato cosa avevo visto da compagni, a cui erano morti i nonni anni prima, e si disperavano in classe e piangevano. E io non sapevo se fossi sbagliata. E poi l'altro, morto di colpo per un'arteria scoppiata, provai solo contentezza che non avesse subito quello che avvenne sull'altro. Anzi, ricordo che tornai a casa e mi sedetti in cucina, ero allegra e tranquilla perchè non  aveva sofferto, non avevo davanti quelle scene deliranti e supplichevoli. E poi... Io, già stando male per la malattia, iniziai a star male dentro. Quale sorte mi sarebbe toccata? Se da sempre fino a poche ore fa, erano loro a decidere tutto della mia vita, dal cibo agli abiti, a quanti soldi avere in mano o tenerli loro conservati... cosa sarebbe accaduto per gli anni a venire? Mi hanno sempre rimrpoverata nell'ultimo tempo,perchè non accettavo più le cavolo di medicine e terapie che mi avevano peggiorata seriamente. Mi davano la colpa di stare così e non fare niente, quando ho subtio anni non hai idea, per fare cosa volevano sul mio corpo, per guarirlo a loro dire. Senza sapere cosa ne pensavo e cosa volessi. Rispetto chi vuole guarire e prova di tutto, ma nessuno là fuori ha rispettato e considerato cosa volessi io o intendessi fare o meno. Dimmi, quindi Alaric, sono io malata mentale come pensavano tutti?"

"...."

"Già certo, non hai niente da dire... allora continuerò con l'ultimo punto. Tu non puoi capire quando non provi ninete per nessuno eppure desideri avere qualcuno vicino, perchè l'uomo è un essere sociale. Ma alla gente io non sono piaciuta mai, sia come ero veramente prima di tutto questo, sia dopo. Non cè stata nessuna persona amica, perchè alla fine chi pensavo meritevole e che mi vedesse diversamente, era stronza o peggio. Vedi esempio all'università cosa hanno fatto, mentre io stavo malissimo, alle mie spalle, anche. Ma il fatto è che non provavo niente per nessun maschio e la gente, famiglia e altri, pensavano fossi qualcosa che per la società è sbagliato. Contro natura. Gisutamente, senza dialogo ne niente non ti interessa parlare con quella persona e capire, ma giudichi subito senza problemi. E poi conobbi Rò. Era stato sia l'unica persona con cui fu naturale avvicinarmi, sia l'unico maschio che non mi dava fastidio avere vicino,  o da cui farmi toccare. Cosa puoi capire tu, dopo una vita ad essere sola, me, pensando di aver davanti una persona che forse poteva essere importante per me come amico e fidandomi? E intendo nessuna paura, nessun timore di essere me stessa, libertà di parlare e direla mia veramnete, non le solite frasi clichè che dicono tutti perchè è così, di avvicinarmi a qualcuno. Il problema è che io desideravo avere al fianco qualcuno con cui parlare, condividere le cose, avere vicino per ogni momento della vita ed esperienze... lui alla fine si rivelò come gli altri. Se all'inizio mi sentìì desiderosa di essere me stessa, mi accorsi pian piano che qualcosa non andava.  Tranne che al corso, non voleva fare una cosa che desideravo tanto. Uscire di casa, e fianalmente con qualcuno vicino a me. Andare al cinema, vedere posti interessanti, musei o anche solo negozi. Mi è sempre piaciuto guaradre in  un negozio, anche solo scoprire la merce, così come un bambino al negozio di giocattoli che vuole vedere tutto dall'inizio alla fine,  come vedesse cose nuove e straordinarie. Hai mai visto Mamma ho perso l'aereo a New York? Quel negozio di giocattoli? Da vedere tutto? Ecco... Invece ero sempre rimasta a casa, tranne dove dovevo andare per la musica. Ah, la musica. Anche quello, qualcosa che mi ha portato via pezzi di me. Il punto è che iniziò a dire di no, meglio di no. Ci sentivamo online per lo più, e poi scoprì perchè. Era stato fidanzato e si era lasciato dopo casini perchè per la sua ragazza non era al livello che voleva. Insomma non era ambizioso e voglioso di soldi, come voleva lei. Anche se non stavano più insieme, erano  in stallo e la famiglia di lei non accettava come lei, una persona con una lavoro banale, così creava problemi. Lei si vergognava di uscire con lui e passare del tempo con gli amici, perchè ogni vlta si chiedeva tra tutto e lei non voleva dire che era meno. E mi venne a dire che non usciva con altri perchè aveva paura che la famiglia di lei lo vedesse, in giro, con altre persone e montasse un casino, dopo anni di fidanzamento e tutto. Sai la cosa divertente? Mi disse però che nel caso, se volevo diventare più amici in quel senso, non cèrano problemi ad incontrarsi, da qualche parte, in segreto. Io ovviamente non la presi bene per tante ragioni, ma era l'unica persona per cui non provavo fastidio e nervosismo, andavamo d'accordo. Gli dissi solo amici, poi si vedeva. Poi una volta ci incontrammo ad un corso, dove venne per vedermi lontano dalla strada. Prima mi abbracciò dicendo che era felice di vedermi, e io anche se non sicura di cosa provassi, e del fatto che non mi dava fastidio, accettai. Venne altre volte ma le cose cambiarono quando scoprì che alcuni che frequantavano quel posto lo conoscevano e iniziì a diventare nervoso e irascibile, dicendomi che mi comportavo da bambina se scherzavo o ero me stessa. E poi un giorno...  Ricordo che cèra un bagno per le ragazze, e vicino una stanzetta mai usata e mi chiese di parlare lì. Io non sono tipo da nascondermi, così che la gente non mi veda. Se mi piace stare in un posto per tranquillità e perchè va a me, ok, ma non mi sentivo a mio agio di nascosto. Perchè avevo un sentore... Ebbene, mi chiese, indovina di fargli cosa? INiziammo a discutere e lui mi disse che se davvero gli volevo bene, dovevo dimostrarglielo. Puoi immaginare la mia perplessità per un concetto del genere. io, sola da schifo da sempre, arriva la prima persona concui non mi sento in negatività come con gli  altri, ho il mio modo di essere e conosci... e chiedi con instistenza questo! E mi rimproverò anche, una delle tante volte, lamentandosi
sempre del fatto che mi diceva sempre , ma io no, solo ti voglio bene. Il problema è che io stessa glielo dicevo ma col dubbio, perchè non ho mai capito cosa bisognasse provare e come capirlo. Anzi, si lamentava sempre anche di questo. Le altre questo, le altre così, le altre fanno, dicono, dimostrano. Diceva che era impossibile che io non capissi se e cosa provassi, che se mi abbracciava questo, se tentava di baciarmi quell'altro. ma io non sapevo cosa rispondere a me stessa, pensa a lui. E c'erano loro, la mia famiglia e chi mi chiedeva sempre perchè non ero con il fidanzato, perchè non cèra nessuno, che intenzioni avessi. Non è che cè rischio che diventi come sua zia, chiedevano tutti a mia madre anche se ero lì e potevano rigirarla a me. Ho una zia mai sposata per fatti suoi, e tutta la famiglia e chiunque, a dirsi preoccupati e increduli per questo. E che anche io potessi <fare quella fine>. Dopo il diploma i miei, che rompevano perchè a quell'età erano molti quasi sposati mentre io non mi ero arrisicata a interessarmi a nessuno, meglio se ben messo economicamente. Vedi tizia, caia e sempronia? Sono già sposate e con figli. Quando ci dai dei nipoti. Quando. E poi le colleghe all'università, che stufa di sentirmi chiedere quando lo avessi fatto la prima volta e quante volte, dissi alla fine che non era mai successo e non mi interessava. Come finì?  Che dopo aver detto questa cosa a tre, quelle con cui credevo fossi amica stretta, l'han saputo tutto il gruppo in generale ,ed è inutile dire tutte le frasi che ne risultarono, no? Come si fa gente, che sfotte le religiose e perbenine, prendere in giro una persona solo perchè diversamente da loro non si son passate mezza città. E per alcune era così. Invece di chiedere ma come mai... Cosa è successo... con amicizia, non saprei! No, risate e presa in giro. Mi presero per scema, per pazza per essere ancora così, incredule perchè pensavano che scherzassi, iniziarono a sfottermi sul fatto che era strano che non mi piacesse nessuno, neanche un cantante o attore, e non mi venissero le voglie che divevano di avere. Ma io realmente non provavo e sentivo niente  e non mi interessava. Ero stata sempre sola e avevo terrore della mia famiglia e del giudizio per qualunque cosa avessi decido di fare in generale. Questo mi limitò parecchio, troppo,  ma per loro ero strana, per tutti gli altri o ero lesbica  o avevo qualche problema. Non cèra altro. Ricordo che me ne andai pensando solo una cosa, il giorno che dissi stufa la verità a quelle tre. Che la mia famiglia aveva fatto di tutto per inculcarmi che la gente faceva schifo, non cèra niente di buono nel mondo se non nella famiglia o nei fatti prorpi, che non bisognasse dire o far sapere niente alla gente. E che dovevo esser come la società e la gente voleva. Io credevo nel mondo, quello che mi faceva brillare gli occhi per ogni cosa che vedessi e che aveva sapito creare prima di me,  e volessi scoprire, eppure questo mondo non fece niente per sbugiardare quegli stereotipi, affermare che non era tutto così negativo come pensavano. Farmi vedere che cèra una faccia, oltre quella dell'odio e distanziamento. E invece..."

"Che è accaduto poi" chiese Lubo, mentre lei si incupiva e i lsuo sguardo era perso da qualche parte

"Semplicemente, dopo una di quelle giornate di festa in cui si deve stare in famiglia, in cui mi bombardarono di paragoni tra me e altre, cosa avevano fatto loro della lista della spesa e cosa io no, manifestando timore che potessi diventare come quella zia e sofferente di mio per la malattia e l'università. che non andava più come avevo cercato di mantenere, non riuscì a reggere anche a Rò. Pressava per vederci per fare roba, voleva fatto questo e quello, rabbia perchè non dimostravo l'affetto che cèra per lui, e mi comportavo in maniera strana. Il problema è io ero persa in una vita non mia, una...  e poi, non ero io ad esser diventata strana, semplicemente soffrivo per esser costretta da tutti a fare cosa volevano, a subire pressioni per qualcosa per cui non ero incline. E così... per disperazione alla fine gli dissi si. Non ce la facevo più a sentire tutti con le loro richieste, se contrario a cosa tu vuoi, le colleghe di università che invece di ascoltarmi e vedere che stavo male e aiutarmi, mi sfottevano sempre e si infuriavano se io dicevo qualcosa sui loro fidanzati... virtuali. Si, perchè queste grandi signore, erano tutte fidanzate con gente che abitavano altrove, conosciuti in chat mentre si divertivano con altri  in città. Questo l'ho scoperto quei giorni in cui, invece di studiare come chiedevo, erano diventate così amiche da dirsi tutto.  Ora, una di queste aveva come me una malattia, la sua le aveva portato a malformazioni delle gambe e camminava male e si vedeva che qualcosa no andava. E lì io la capisco, se la gente non la considerava per l'aspetto fisico passi il fatto che cerchi altrove qualcuno che no vi badi. Anche se anche questa ne ha combinate da far impallidire. E' arrivata a spedire a questo tizio orologi da polso, cibo nostro tradizionale e altro in pacchi non assicurati e, siccome li comprava con me quando facevamo due passi vicino tra le lezioni o le ore nostro di studio, ero presente. E sudavo se non arrivavano, perchè questa aveva anche come me problemi di denaro e i soldi glieli davano i genitori, malati come lei, sperando che quel tipo la accettasse davvero e si sistemasse. E poi sfotteva me per l'amicizia con Rò, dicendo che non è normale che un maschio sia il migliore amico... comunque mettete queste cose insieme, aggiungeteci lui che invece di parlare e fare qualcosa per distrarci dai casini personali, rompeva che voleva una foto intima, questo e quello... Un giorno mi dice che i suoi genitori erano tornati a casa accompagnati da un parente, perchè si erano sentiti poco bene nella casa in campagna e la macchina del padre era rimasta là. E doveva riprenderla. Con la sua semi ex si parlava ma non da chiederle questa cosa e quinid... alla fine gli dico ok. All'epoca ancora guidavo un poco e mi aveva detto che mi faceva vedere la famosa casa della sua infanzia, che amava, e nel mentre lo aiutavo a riportare la macchina in città. Mi venne a prendere e andammo là... il tempo di farmi vedere la sala da pranzo che cominciava a strofinarsi su di me. L'unica cosa che provavo era voglia di uccidere qualcuno, ma dopo una discussione dove di nuovo anche lui mi diceva che sono una donna, e come tale ci sono cose che devo fare... in quel momento lui disse che bisognava approfittare delle occasioni, e ho sbroccato. Gli ho detto che non sentivo niente e non provavo niente, ma lui sordo. Mi disse di seguirlo e mi condusse nella cameretta dove ormai andava solo per dormire, quando stava con i suoi in estate ma stop, era ancora come l'aveva sistemata da ragazzino. E simpaticamente disse che era qui che portava le fidanzate prima dell'ultima. E già non ero in vena prima, mi spiace dirlo ma mi venne lo sgutter, ossia lo schifo a pensare a ciò. E si, inutile che fai quella faccia..." disse ad Alaric

"Stavo solo pensando..."

"Si, al fatto della macchina. Quella volta che mi disse di salire in macchina, alla fine del corso, che mi dava in passaggio. Mi portò invece in un post isolato e mi disse che finalmente eravamo soli ed ero tutta sua. Mi disse anche che in quel posto onn ci abitava nessuno e se volevo potevo, come disse lui tranquillamente, cavalcare senza paura di esser visti. Simpatico, vero? Ennesima discussione, perchè io primo non volevo, non mi andava. Secondo, voleva che mi spogliassi per fare almeno roba meno grossa e io ribattei che eravamo in una macchina, senza qualcosa per proteggere la pelle dai sedili. Apriti cielo, cosa accadde... inveì contro di me perchè riteneva impensabile questo mio pensiero. Era assurdo, urlava, che io pensassi a qualcosa di così stupido, invece di fare roba e terminò con . Fu in quel momento, quell'incessante, di tutti, paragonarmi ad altre e lo mandai a quel paese. E quella volta, tempo dopo,  in quella casa, non reggevo più a ninete e gli dissi va bene, vediamo sta cosa. Ricordo ancora il lettino con il copriletto chissl con quanta polvere e roba di sopra, e mi disse mentre apriva la finestra . Così, come un ordine dato a un cane. Non capì neanche quando lo guardai storto e dopo il cantilenio di altre frasi uguali  accettai controvoglia. Non si degnò neanche di togliere il copriletto... " si fermò arrabbiata, mordendo con rabbia il labbro inferiore

"Non cè bisogno che spieghi tutto" disse Jd


"Ah, io non ho nulla da vergognarmi, se è questo che pensi. Così come per la tua storia non ne hai tu. Non è quello... è solo che pensarci fa male... NOn dirò oltre il basico. Ma non fece niente di particolare, ne io, non quello, ma quando vide che  non facevo altro che guardare i muri, dopo un pò, si alzò e disse prima di uscire di sistemarmi e raggiungerlo. Mi sistemai e rimasi seduta sul letto, senza sapere cosa dovevo mostrare. Il suo tono e il modo in cui se ne andò,con un tono come deluso o non so che altro. Sapevo solo che volevo distrutgere tutto e sfogare cosa provavo in una volta sola. Lui non aveva fatto niente di particolare, eppure oltre i dolori, guardando il muro opposto, non risucivo a pensare che a una cosa, Anzi due. Che fossi rigidissima e nervosa, che al confornto un baccalà sotto sale era elasticissimo e due, che mi sentivo con lui come con tutti gli altri, solo un qualcosa per cosa gli interessava. I miei e famiglia in generale, non facevano altro che dire che mi amavano, che cosa dicevano e facevano era amore, senza però mai chiedermi o parlare con della cosa, quali fossero i miei desideri e cosa odiassi.Non li sapevano. NOn capivano il dolore che procuravano alla mia psiche con i confronti, dicendo che altri padri, madri, nonni si vantavano con loro di figli e nipoti e loro non potevano farlo. Come se, nonotante i miei voti e successi sudatissimi, per la mia malattia che mi limitava, non meritassi qualcosa. La società voleva come la famiglia che io rispettassi gli imperativi obbligatori di donna e poi lui, la persona che credevo avessi vicina e con cui all'inizio mi sentivo a mio agio, a parlare e che mi rendeva contenta perchè cèra, mi aveva fatta sentire in meno di mezz'ora un niente. Insapore per cambiare parola. Mi aveva obbligata a fare cose che non sentivo e volevo, che non venivano da me, dicendo che non era normale, mi aveva spinta a permettergli di toccarmi senza niente, senza altro. Finchè non si incavolò e se ne andò. LAsciandomi così, senza parlare, senza chiarimenti, senza vedere e capire che ero nervosa, non a mio agio, in preda ai terrori di quella paura che mi ha sempre accompagnato. E mi chiesi se non fossi davvero sbagliata nel credere che a qualcuno importasse di cosa volessi e cosa provassi. La prova era lì, perchè mi ero bloccata, rigida come un bastone solo perchè mi toccava e non lo guardavo, automaticamente si era offeso o che altro e non gli andava più bene. Chissenefrega se magari cè qualcosa che non va. Quella fu la cosa più devastante sul sesso che ha peggiorato i miei rapporti con quella paura. Paura e incapacità a reggere tutto, il concetto del sesso ecosa dovevo essere per gli altri contro me stessa. Sentito come obbligatorio da sposati, imperativo per fare figli per gli altri, mentre vietato e mal giudicata tu se pensi anche solo di fare qualcosa. Solo scoprire della mammine pancine e cosa scrivevano mi facevano stare peggio. I doveri. Lo stare con gli occhi chiuse, mute, oggetti inanimati fra le mani di altri... DOpo la scuola media mi venne il terrore del giudizio degli altri, perchè i miei continuavano a urlare che dovevo apparire così, vestita in quel modo, non dire e non rispondere mai a nessuno a davanti ad altri, sorridere e mostrarmi sempre affabile, educazione non onnormale ma ai massimi livelli e mai, mai atteggiament equivoci. Dopo le insegnanti e compagni delle medie, iniziai a soffrire la vicinanza con gli altri, da rifugiarmi smepre più in me stessa. Sempre sola, sempre così dispiaciuta. Nessun amico o qualcuno con cui capire le vicinanze, le affezioni e cosa significava e se cèra da provare qualcosa, con la vicinanza fisica. Se non provavo fastidio con lui, mi dissi che forse significava qualcosa. Invece quel giorno è rimasto come un incubo, sempre sull'attenti quando un maschio si avvicinava o capire le sue intenzioni. Sempre fredda e sempre distante, questo ero prima e peggio dopo. L'ultima volta che lo vidi fu quando decisi di troncare tutto. Quel giorno mi ritrovai al piano di sotto con lui, che chiudeva tutto e come se neinte fosse mi disse di montare in macchina e tornare a casa sua. Lasciai l'auto sotto casa, mi ringraziò e saluto dopo che mi riaccompagnò e tornai a casa. I nostri discorsi per lui dovevano virare sempre su quello, senza mai, mai, accennare a quanto accaduto e cosa comportò per me. Io stessa non ho mai capito l'unica cosa che provai da quel giorno in poi. Un dolore nel petto da mancare il respiro, un disagio e tremore assurdo, al sol pensare a lui e come mi sonosentiva, come un niente, là... il vuoto e il respiro tremante perchè non volevo, e poi l'aver visto lasciarmi sola . Di nuovo sola, di nuovo niente. Quell'ultima volta, qualche settimana dopo, perchè avevo mandato a quel paese le colleghe di università, fu la fine. Anche loro, invece di aiutarmi o che altro, come vedevo fare a tutti gli altri ma per me mai nessuno, mai verso di me, mi denigravano e dicevano di non credere che stessi male, nonstante camminassi male e mi venisse una nausea paurosa per i dolori. Così, per disperazone perchè i miei volevano risultati, gli dissi di aiutarmi, e accettò. Avevo una sorta di stanza da basso che era di mio nonno, facente parte della casa originale, la parte di sotto rimasta a lui, Morendo è andata a noi, ma non la usavamo mai, quindi cèra stanzetta con tavolo, letto e bagno. Cè da dirvi forse come finì?"

"avete litigato" rispose Jd

"eh... " sorridendo amarmente" neanche il tempo di entrare e sederci che, notato, il letto, cercò in tutti i modi di farmi spogliare per fare roba. Arrivò a spingermi, mentre io arretravo provando quella senzazione per quella volta, e togliermi i vestiti. Proprio cercò di togliermeli. Quando colpì la parete con la schiena, mi resi conto di come annaspavo terrorizzata e l'ho spinto via, tremando. E' accaduto così, a ricordarlo non so neanche io esattamente come si sentissi in quei pochi momenti. Volevo urlare, andar via, anche piagere. Mi sentivo disperata. Discutemmo, tanto che temetti di esser udita dalla mia famiglia di sopra, che sapevano di lui e pensavano chissà cosa da prima. E di nuovo senza parlarmi. Discutemmo seriamente, lui dicendo di essere deluso marcio e che ero cambiata, io sempre più sconvolta da cosa diceva. E di nuovo, non ero io ad essere cambiata... semplicemente agivo come me, non come ero abituata con gli altri. Solo che mi aveva conosciuta all'inziio con quella maschera che tento di mettere sempre per apparire simile agli altri e pensava seriamente che fossi una scemetta ingenua, caruccia e  solo timida. Anche dopo tantissimo tempo, dopo che doveva avermi consociuta davvero in chat, e nelle poche volte di persona, non ha mai capito che i miei comportamenti erano genuini e spaventati. Non volevo niente, se una cosa non viene da me in generale non vogli ofarla e lui invece pensava fossi solo... non so neanche io cosa. Non parlammo mai davvero della cosa, perchè quando tentavo di farmi ascoltare, come tutti gli altri glissava e si lamentava invece lui. Quella volta volevo piangere per una cosa. Alla fine tutti, tutti quanti, non facevano altro che dire che ero una delusione, un fallimento, sbagliata. Lo mandai via e poi per messaggi nel cell per giorni, mi scrisse di perdonarlo e di parlare di nuovo.Quelli di cui ti raprlai con cui andai in Irlanda... Quel viaggio è l'unica cosa che ho sentito viva e reale, io che cèro, si tutta la mia vita. le uniche volte in cui ero contenta e mi ricordo con un pò di rimpianto è quando compravo quacosa che desidaravo o mangiavo quello che mi piacev dopo secoli. All'epoca parlavo con Zay e Ric, conosciuti per un interesse comune online e che veramente, anche rispetto a Rò, sono stati diversi nel considerarmi. Fu parlando con Zay che capì che non ero io ad essere in errore, come mi facevano pensare tutti. Che tutto ciò che... " scuotendo la testa  "mi parlò delle sue esperienze e degli uomini in generale, e del fatto che non era sbagliato il mio rifiuto di non fare cosa non mi andava. Che io avevo ragione. E Rò considerava quella mia comprensione come cambiamento, quando dall'inizio io parlavo, dicevo e niente... come tutti gli altri, che fossero famiglia o gente che avevo conosciuto. Furono quel giorno in quella casa, e quell'ultimo incontro nella mia, che ne uscì peggio in tutti i sensi ed è da allora che non ho contatti con nessuno in generale. E odio la gente, non voglio contatti o altro.  Anche perchè io ero peggiorata, e anche uscire per qualche ora di casa mi procurava dolori assurdi, sopratutto camminando.  E così, eccomi. Una persona che odia i contatti con la gente, il sesso per queste sue esperienze e, lo dico una volta sola come dissi a Rò che non voglio fatto niente, non a me, non lo tollero per me. La gente può fare cosa vuole, basta che non danneggi gli altri, non lo giudcio se non appunto come ricatto, uso per propri scopi o simili. Non come quegli idioti là fuori.  QUindi come vedi, no nsono come quelle persone di cui ho parlato prima che detestano il sesso e l'altro sesso perchè la gente li ha rifiutati. Io detesto gli obblighi, di più se legati al sesso. Ma su di me. E se Milan è davvero un Signore. serio e manterrà la parola, mi fiderò della sua promessa..."

"Ti viene ancora da piangere al pensiero?"?"

"No" rispose a Jd "l'ultima volta che ho pianto davvero, da non riuscire a fermarmi o fare altro, standoci male per un pò ancora,  fu quando scrissi una lettera a Zay e Ric. Furono gli unici a cui raccontai molte cose e che considero amici, anche perchè li incontrati di persona, e a cui devo rispetto per come si sono sempre comportati ocn me. Ma abbiamo litigato per come ragionavano su cosa volevo e non accettavano, so non veramente,  e... Avevo chiesto aiuto.Non hanno mai compreso, ne sono sicura, che ho troncato anche con loro perchè non riuscivo a reggere più niente.Strisciare a quel modo in questo mondo, non aver mai niente di cosa desideravo per far contenti gli altri e sentirmi pure rimproverare di essere una delusione. Ancora oggi i miei non hanno mai compreso le mie parole e urla, se dovessi farcela, non capiranno mai perchè desideravo essere ascoltata e che vedessero la verità. E a loro, sarò stronza anche se so che facevo tutto per la prole, appunto i figli in generale e non me, non voglio dire addio, Voglio adanre da questo mondo a modo mio."

"Ma sono i tuoi genitori..."

"Puoi considerarmi stronza, schifosa, merdosa, indegna e qualsiasi cosa ti venga in mente. ma fin da piccola non provavo niente per loro. Gli accadevano cose, non mi sentivo dispiaciuta come lo mostravano gli altri quando facevano casino intorno a me. SOno arrivata al punto di trovare disgustoso il loro toccarmi per sbaglio, anche passando... dovevo pulirmi il braccio per esempio o parte di cosa indossavo. Dividere il bagno con loro era disgustoso. Non volevo che mi toccassero il letto per rifarlo o togliere le lenzuola. Se da piccola per me erano persone con cui dover abitare, fino a ieri erano individui da cui avrei voluto scappare, ma non riuscivo. Perchè usavano i sensi di colpa come arma. Ma se glielo dicevi ti dicevano che eri stronza e altre cose a pensare ciò. Eppure le cose le dicevano, per poi ritrattare. Sembrava di vivere come le storie dei laureandi con i coinquilini. Sono legata a loro per il sangue, ma non mente e cuore. Fammene una colpa..." disse lentamente e con incisione ad Alaric, poi continulò, sempre guardandolo negli occhi.

"...Sarei stata davvero forte e capace come dicono gli imbecilli contro chi non vuole più reggere le stronzate, se li avessi affrontati e fatto davvero come volevo io. Ancora ieri, continuavano a dire che io avevo fatto sempre cosa volevo, contro il loro parere. Io! Che non ho mai fatto cosa desideravo e ci ho rimesso. IO! Sarebbero, lo so, come altre persone che piangerebbero per il fatto che le hanno abbandonate, che sei andato via e li hai lasciati. Cosa ha portato la persona a quella decisione, cosa è avvenuto perchè accadesse, perchè non si fidava di loro e ha preferito fare da sè... e tanto altro. Penserebbero solo che eri egoista fancedoli soffrire come se fosse una ripicca. Tutti i miei tormenti e dolori... si pensa solo a chi resta che cosa gli è stato tolto, cosa gli serve per vivere e continuare ma non ha niente. I cretini che non ascoltavano e vedevano si, loro meritano compresione, tu che eri sull'orlo della disperazione no. La gente è così bloccata nei ragionamenti... Ad ogni modo quei due lo so che non sono contenti che abbia troncato, ma non capiranno che le mie paure dei contatti con le persone sono peggiorate, non risucivo a reggere anche solo parlare con loro. Vedevo loro, come altri e come continuavano ad andare avanti e avevano le possibilità per farlo, che fossero aiuti o i loro meritati sforzi ripagati. Ma io, dal liceo a cercare di rendermi in qualche modo autonoma e capace, per andare via di casa e liberarmi di loro... sono riusciti a tenermi a casa, con loro, come volevano, incatenata senza vedere. Anzi, vedevano sempre che il mio umore peggiorava, non gli parlavo, non ridevo più e per le dannate feste con la famiglia mi obbligavano a rimproveri e parolacce, a fingermi sorridente e felice, con nonni e tutti gli altri. E io stavo male. Ma non riuscivo, mi snetivo peggio, stavo da schifo dentro e mi rimproveravano tutti quanti perchè rovinavo la festa. E quella di batosta di Rò e cosa è nato in me da quell'esperienza. Ciechi fino alla fine. Parlando con Zay mi ero pure illusa un pò che forse, qualcosa per me cèra, che cèrano persone per me alla fine, che ci fosse qualcuno allla fine speciale veramente. Non ho mai avuto vicino una persona che mi portasse ad essere felice perche vi fosse, e che fosse felice che io cèro,,, e che condividesse con me qualsiasi cosa, stando solo vicino. Come le amicizie eterne, uniche, indistruttibili. Loro due erano miei amici e tali rimarranno, ma parlavamo dopo quell'unica volta di persona, solo online. E io non ce la facevo. A casa sempre peggio, sempre e sempre e mi sentivo sola sempre di più. Non hanno compreso che non mi aiutava o bastava, più, solo online quando potevano. E poi non ce l'ho fatta. Speravo che mi aiutassero a non soffrire  più di quanto non fossi devastata e sola e invece... Non volevano. Lo capisco, ma quella rottura alla fine era inevitabile. per una votla che desideravo che qualcuno facesse qualcosa per me, per mio egoismo se volete metterlo così..."

"E cosa cèntra con le signorine che ci fanno compagnia?"

Lia guardò Alaric come se vedesse qualcosa di ripugnante.

"Perchè lo sto dicendo a voi? Come detto le uniche persone a cui avevo detto queste cose, sono quei due. Nella mia vita nessuno ha mai voluto ascoltarmi, fermarsi e usare i lproprio tempo per darmi ascolto, attenzione. Quelle persone lo avevano fatto, ma come gli ho scritto, ho impresso nella carta quello che riuscivo a mettere stando male parlandone, perchè usaressero anche gli occhi e il cervello, cèra poco per me, che potesse aiutarmi. Ormai. Io non sono solo parole al vento, capirmi come per chiunque altro è qualcosa al di là di quello che si pensa. Come per le poesie... che esprimono l'inconscio di una persona. Per terapie o altro ti dicono , è perchè nelle parole le persone riescono a imprimere se stessi e cosa provano. Specchio dell'incoscio, del cuore, interiore profondo della persona. E ti vengono le domande per capire mentre leggi, cosa ha portato quella persona a scivere quello che il foglio custodisce. E chi sa leggerle, comprende senza bisogno di incontri. Ed ecco anche perchè la carta, la penna, l'inchiostro sono per me elementi materiali della mente di chi li usa.
Ma adesso, qui, l'ho detto perchè mi ricollegavo a quel discorso nella Sala che hai fatto. Su quelle donne. Possono mostrarsi carine, dolci, coccolose, caruccette... tutto ciò che ti piace. Loro possono apparire, apparire non essere, come tu le vuoi.... ma sono persone. E così, come poco fa tu ne hai parlato, per te estesso, io ho detto il mio lato, il mio punto di vista, l'altra faccia dell'essere umano, come tu lo intendersti, femminile. Io tra non molto no ci sarò più, è un dato di fatto, perchè non mi fermo. Non accadrà come per altri che, perchè qualcuno arriva e regala un tipo di vita che alla fine non fa schifo, sono felici e dicono di essere rinati e comprendono il perchè e percome della vita. Di storie così ce ne sono molte. Ma io non sono quel tipo.Io so, ne sono consapevole, ho ben chiaro quali sono i miei problemi, traumi, paure, dolori e profondo odio. Che non ho sperato e non può accadere, ancora adesso parlando, mi vengono i timori e paure dell'esser giudicata. Il mio passato non mi lascerà mai. Mai. E adesso, temo il vostro giudizio ma non posso lasciarti dire che quelle persone sono solo passatempi o trastulli... QUi avete alcune cose che mi hanno interessato nella mia vita e non ho potuto avere, ma questo non significa che schiocco le dita e urlò .... No! Da ciò che sono e sono diventata, non può nascere niente di buono perchè non cè nietne di buono. Anche adesso, vedendo quelle cose, per come sono adesso, non cè nessun desiderio di approfittarne e accettarle. Perchè non ho niente da desiderare ora, sperare, voler vivere. Altri ne avrebbero approfittato e sarebbero anche riusciti a trovarsi uno squarcio di tranquillità per ripartire, ma non per come sono rotta. Per questo Milan può pensare cosa vuole, Zay e Ric possono vedere cose pucciose e cuoricinose per come sono, e pensavano che andassero come epr altri. Ci sono cose e persone, per loro speranze che possono ripartire dal ninete, come un seme nato in un buco della strada, e attecchisce. Ma non da un qualcosa  fracassata come me. Di certo, potete cercare di riparare un sado di fiori con tutte le colle che volete. Ma perderà sempre acqua, diventando solo utilizzabile come ornamento alla meglio. E basta.Come quel giorno a casa sua, è come essere vuoti, un contenitore, come voi vedete le donne. Non ho nula in questo mondo, non cè nulla per me in questo mondo, il mondo non mi vuole.  Perchè farmi tirare dai desideri degli altri, ancora una volta, perchè vogliono che io viva... mi colpevolizzo di tutto , sono la colpevole di cosa sono diventata, nonostante siano stati gli atlri, gli artefici della mia disperazione, e io gliel'ho permesso. Eppure, nonostante la maschera che mi viene maturale. per paura, usare con altri, non riesco ad essere omologata al gruppo sociale e... quindi, perchè dovrei rincorrere un mondo che non mi vuole? E ora, incacapce di far qualcosa, dovrei fare cosa?  No, Milan può pensarla come vuole, ma deve arrivare a dove sono ora io, per comprendere che non cè nulla da salvare, risanare, riparare... quello che volete.
Le persone possono solo provare. SOlo. Provare. NOn riuscirci. Ma deve esserci il tempo e la possibilità. Che per me sono finiti. Si, è un senso di arrendevolezza e negatività. Come tutto, ne sono consapevole. E per questo che io sono insanabile. Io, inquanto, Lia, non ho motivo di andare avanti perchè sarebbe solo strisciare per il mondo mentre gl i altri camminano, danzano, saltano, corrono... ma io sono sempre là, in fondo, nel basso a guardare l'altezza degli altri. Rispetto a me."

"ma perchè ti lamenti tanto!" iniziò a sbraitare Alaric stringendo nella mano la bottiglia che sbatteva sul tavolo nell'enfasi del discorso "Quelle donne fanno quel lavoro, noi le paghiamo. A loro piacciono i soldi, a noi i loro lavoretti. Non credo che le donne possano essere brave o migliori noi nel nostro lavoro, se è così dimostratemelo. Altrimenti smettila di lagnarti, il mondo è pieno così di storie come la tua, e domani arriverà qualcuno che avrà vissuto peggio, eppure vede positivo. NOn so perchè, anche dopo le discussioni nella Sala, il motivo per il Leader ti ha voluta. Stavi andandotene! Eppure sei qui, hai tutto ciò che avresti voluto disposizione. Approfittane e zitta. Come a noi va bene, anche tu puoi almeno fare cosa desideravi, e non ti hanno fatto fare. E magari trovi almeno uno tra noi con cui dimenticcare quel tipo che ti voglia fare. Approfittane, sarà facile..."

Lia restò in silenzio, profondo mutismo, a guardarlo. La sua espressione era sempre più calamitata su di lui. GLi occhi che si allargavano a ogni frase, le sopracciglia che scendevano come la testa. Mentre gli occhi mutavano quell'aspetto, notò Jd suadando,  inziava ad arrabbiarsi seriamente. Affilati, taglienti, grandi eppure feroci come un lupo. Le labbra strette, immutate da prima, eppure si notava che era rigida. Quando arrivò all'ultima frase non terminata, schiuse le labbra guardando questa volta Lubo in modo strano, alzò il mento, e voltandosi ancora sulla sedia col busto, alzandosi se ne andò sbottando "Ma Vaffanculo, Va..."

"Ma veramente?!?" disse Jd alzanndosi, allargando le braccia, guardando l'amico pieno di birra e contrariato, aggrappato alla bottiglia

"l'ho sempre detto, misantropia...." borbottò Alaric chinandosi con i gomiti sulla tavola

"perchè sei così scemo..." disse Lubo

Jd corse dietro a lei, che se ne andava in un'andatura che sembrava militare e rabbiosa, non sapendo come proseguì Lubo all'altro, lasciandoli là.






Un anno e sei mesi prima

Kianta si ritrovò sulla soglia dell'ospedale, indecisa su cosa fare. dove andare. Voleva dare un'occhio al luogo, vederlo.
Il dottor Gorman le aveva chiesto di restare ancora un pò, almeno fino a sera, per capire se stava bene e si era ripresa. Ma lei sentiva qualcosa di fastidioso nel ritrovarsi là, nel letto, immobile in attesa del controllo dell'infermiera o del dottore stesso.
Per quanto la stanza fosse una delle due speciali, destinata solo ed escluivamente  al Leader, comandante ed ospiti, senza destinarla mai agli uomini, non riusciva a restare senza far niente, nonostante le possiiblità di passare il tempo previste nell'arredamento. Dormire per lei era negativo, e non voleva più avere medici intorno.
Jd, Alaric anche se controvoglia, Lubo, e Bryden erano andati a vedere come stava e gli aveva parlato, ma dopo quella visita in tandem, aveva ancora più voglia di uscire. E così, dopo essersi vestita e aver dovuto ordinare all'infermiera di calmarsi, che tutti i controlli erano andati bene e se si sarebbe sentita poco bene avrebbe chiamato o sarebbe tornata, salutò anche il dottore nel corridoio e uscì. Fuori.
L'aria buona e odorosa la investì, ben diversa da quella che entrava dalla finestra, più lieve. Lì, con un viale a più corsie contornanti da zone verdi, con alberi alti e ricchi di chioma verde, con alla base composizioni artistiche, panchine o  cespugli o agglomerati di fiori, si sentì più leggera, perdendo la pesantezza che le mura bianche e i corridoi lucidi le davano.
Nonostante vi fossero molte persone che camminavano, parlavano, si muovevano ovunque guardasse, svolgendo attività di vario tipi o solo restando in gruppo, non vi era confusione. Le voci le giungevano, alcune lievi come sussurri, altre forti come urla, ma sempre gioiosi, con risa e complicità, senza infastidire.
Si voltò ad osservare l'edificio che stava lasciando. La facciata sembrava di un edificio antico, con decori in rilievo di pietra o legno. La porta stessa era un rettangolo ampio a due ante, resa in legno chiaro e vetro, per non stonare con l'edificio, con un ernome arco spesso che scendeva fino a terra a contornare la porta e nascondere il meccanismo scorrevole. Le aveva spiegato tutto l'infermiera che, anche in tensione, l'aveva accompagnata fino all'esterno e le aveva spiegato la stranezza di quell'entrata. La porta originaria era quella con i battenti aperti completamente verso l'interno, in legno massiccio a cassettoni e parti in metallo a decorazione che veniva chiuso e sigillato al bisogno. Mentre per l'entrata facilitata era stato costriuto un meccanismo in ferro mascherato. Le porte ad apertura automatica che rientravano ai lati erano si, in le gno e vetro, ma la zona di apertura era una sezione aggiunta all'originale. Che dava all'esterno un aspetto di porta che usciva fuori, data dall'arco largo e e decori esterni ad esso, che mascheravano l'aggiunta. In pratica emulava le vecchie case antiche con i portoni massicci e imponenti, ma all'esterno le porte a scomparsa si attivavano con il laser con la presenza di qualcuno sulle scale, contornate da decorazioni appplicate successivamente. Gli scalini avevano dei rialzi centrali per permettere a lettini e lettighe di esser portati con facilità dentro.

Tirò fuori dalla tasca la lettera che aveva letto e riletto e la dispiegò, osservò la calligrafia fina e corsiva, con le sue rotondità ma incisiva, non leggera o femminile. Si notava sulla carta il punto in cui finita la frase, l'inchiostro avev lasciato un puntino in più alla lettera, segno che chi l'aveva vergata non aveva usato una penna normale. La carta non era quella sottile e trasparente delle stampanti o fax, ma più corposa al tatto. Anche l'odore che emanava solo leggendola era particolare, come l'odore dell'inchiostro.
Osservò le parole ancora per lei da capire in toto, per decidere cosa fare veramente.

Non andartene docile in quella buona notte.
Infuria, infuria contro il morire della luce.
Sfarfalli e brillii, una lampada ilcui cono protegge zona calma
togliendo il freddo e buio, sei come lei
Caldo e tenue rilassato tempo, mentre attorno infuria il freddo scorrere
Osservi e guardi, parli ma non puoi niente
spettro e fantasma significa questo, 
rassegnata, la sua parte va perduta nell'infinito del tempo e del niente
entità effimera sfuggevole
la luce si spegnerà come le lampadine, l'accadimento è dovuto
condannata, spenta la luce, spenta l'essenza
Davvero l'uomo può solo provare?
Improvviso, un lampo
echi della compagna della disperazione
E, da vuoto e nulla,
tremolio e vibrio, pensieri e parole si fanno carne e ossa
Un urlo nel silenzio, dopo si spegne ma il suo eco rimane nella mente
fino a quando non si può fare a meno di ricordarlo
e così l'urlo diviene eterno.
Tangibile e vita
E la luce non danza più

P.S. Spero che tu stia bene. Ci incontreremo d'innanzi il cuore pulsante dell'oceano, baciati e schiariti da luce e funghi, che ci scaldano di dorato e pace. Immergiti

Kianta restò qualche attimo a riguardarla, solo quello, sapeva già il testo. Incurante degli uomini e donne che formicavano intorno, che la guardavano e basta, scorrendo.
Jd lo aveva letto prima di posarlo sul comodino, dicendo dopo averlo scorto che non capiva il significato alla fine, ma il testo lo comprendeva. Eccome. E rispecchiava l'autore. Le descrisse anche il significato, per quella lettera ricevuta quando si era sentita meglio, proprio dall'amico Jd.
Gli era stato chiesto e aveva mantenuto l'onere, eppure per tutto il tempo in cui era rimasto nella stanza con gli altri, aveva mantenuto un comportamento rigido e preoccupato. Prima per il suo stato, dopo per quella lettera.

No, si disse, Tutti i discorsi, anche con Alaric e Milan che era venuto dopo ed era uscito con loro, non dovevano occuparle la mente.
Desiderava capire l'ultima parte e dove recarsi. Doveva andare nell'oceano? O in un acquario? Cèra un acquario là, questo lo ricordava. Ma i funghi? E poi, con la coda dell'occhio, percepì qualcuno.
Milan era fermo sorridente ad osservarla.
Appariva tranquillo. I capelli legati a coda di cavallo media,  e chiusi in chignon, con qualche ciuffo caduto davanti. Di solito li portava sciolti allo Chateau, con onda grande da un lato o riga laterale o al centro, senza sminuirlo nell'aspetto. Ma quando andava in giro li teneva legati in modi diversi. Coda media, coda bassa, chignon, semi raccolto con uno chignon con una aprte dei capelli e gli altri che scivolavano sulle spalle.
Indossava un abito, mezzo Tight pareva, mentre per lavoro preferiva più classico. A tre pezzi,  composto da una giacca in tessuto broccato con disegni e foglie in varie tonalità di porpora, che non davano fastidio all'occhio.
Con inserti di raso sui revers della giacca, li usava poco per lavoro, qui erano presenti.   Aveva  sei bottoni solo nella zona alta da entrambi i lati perchè si portava aperta, con colletto e stile coreana,e  . Dello stesso tessuto, che arrivava a metà pancia, rispetto agli altri più lunghi  più elaborato con i rivolti superiori angolari. Aveva tre bottoni e chisura laterali, rendendolo retto alla fine e non aperto come gl ialtri a V.
Usava anche quelle a un solo bottone sul petto, normalmente, mentre al lavoro le classiche, che lasciavano intravedere la parte media e bassa del gilet sottostante s enon chiudeva i bottoni superiori. Pantaloni sempre senza risvolto, grigio perla, ma non lucidi. Come sempre gemelli e cravatta, questa con stesso design della giacca e gilet ma chiusa a foulard con un fermo in oro al centro, nascosta alla fine dalla giacca. Portava come le volte in cui non lavorava tra estranei, anche un bastone con pomello argento con decori e materiali diversi, in base alla giornata o i completi.

"Buongiorno, socia..."

"Buon giorno a te..." sorrise caldamente lei

"Ti sei ripresa, vedo. Ero venuto per vederti e sapere i dati clinici. Ma noto che sei informa, come sempre"

"Nulla è cambiato da quando sei venuto"

"Eh...?" sorpreso e  rimasto un attimo incredulo "Mh, si vero... QUindi tutto nella norma. Ottimo. Sarei contento di riverti allenare e lavorare al solito, per sapere come ti sei rimessa. Ma è meglio se almeno oggi ti riposi. Domani comincerai la giornata normale..."

"In verità volevo fare un giro di tutto e..."

"Sicura di star bene? Che non ti verranno vertigini o altro? Evita eccessi, sei appena stata dimessa. Riposati, invece. Vai in camera tua. Va bene anche rivedere i progetti e lavori che dovevi svolgere, ma stando sempre attenta a non esagerare. Il dottore non aveva detto che non ha riscontrato disturbi o problemi? Inoltre in questi giorni verranno Madame e tuti gli altri per il Disegno. Dovrai essere in forma per riprendere dove è stato lasciato tutto. E per farlo, devi prima controllare tutto il materiale..."

"Si, hai ragione. Meglio documentarmi prima. Se verranno, sarà meglio che sappia tutto in anticipo. E' solo..."

"Sempre curiosa, sempre imprevedibile" disse ridacchiando "ma ascolta... Non è stato un incidente, però sei finita in uno stato simile al coma per parecchie ore. Ti sei risvegliata senza problemi, danni o altro e questo è straordinario. Nella tua situazione, altri sono finiti male. Ma..." alzando il bastone verso di lei dopo averlo mosso co la mano per i ldiscorso "se tu non ingrani nella maniera corretta ed eviti scossoni alla testa improvvisi, che siano fisici o mentali, rischi di tornare non qui dal dottor Gorman, ma da David. Sono stato chiaro?"

"Capito. Se torno da David rischio di restarci per un pò...e non lo voglio. Sei stato chiarissimo"

"brava ragazza. Sia io che i veterani ti abbiamo già illustrato tutto, dall'inizio al momento del risveglio. Corretto? E questo poche ore fa... corretto di nuovo?" ponendo ensafi sull'ultima parte

"Esatto, sei ore fa. Era prorpio per questo che volevo guardare e approfittare della luce rimanente..."

"Non sono un dottore, ma preferire che tu ti riposassi in un ambiente familiare e tranquillo. Ti farò portare cosa ti piace in camera, anche se per fortuna nostra e per voi, il cibo qui non è come negli ospedali normali. Quindi nessuno muore di fame o di rimpianti. Ma dovrai mangiare e stare tranquilla, perchè domani possa svegliarti bene al cento per cento. Non andrai in giro di tua inziativa, vanificando tutto?"

"No, ho capito. Credi che io sia così imprevedibile?"

"E' perchè sei tu che questo è avvenuto. Positivamente, certo, ma se esageri nel fare come vuoi tu anche per forza, finirai per ritrovarti davvero da David o ad ottenere un risultato sbagliato o non voluto. Io, mio fratello e Lia non abbiamo fatto tutto il lavoro solo per capriccio. Tu sei qui, sai fare cosa è necessario per migliorare, non peggiorare, ma sii accorta e costante nei piani. Il tuo essere così non è negativo, così come il suo. E perchè sei tu, come per lei, non metterò mai qualcuno a controllarti o spiarti. Fiducia tr anoi, ricordi? Però, se non sei in forma, se esageri tanto da dover chiamare David in anticipo dalle turnazioni, ci rendi difficile ogni cosa..."

"Capita la paternale, vado subito in camera, prometto ed eseguo"

"Di nuovo, brava! Adesso vado comunque dal Dottor
  Gorman, ma seriamente... riposati. Tutto ciò che hai è per metà nostro, ma anche tuo. E sai a cosa intendo..."

"Si, Signore" facendo un saluto militare

Milan rise e la osservò andarsene, finchè non si fermò e voltò verso di lui, lasciandolo stupefatto.

"Senti... cè un acquario qui, vero?"

"Certamente, uno nella sala del tempo libero e l'altro..."

"ok, ma... ci sono dei funghi vicino?"

Milan la squadrò incerto, dubbioso. Restò qualche istante in silenzio, forse riflettendo, poi chiese il motivo.

"Nulla, è solo che mi veniva in mente e volevo sapere dove li avevo visti"

"Non che io ricordi... non ci sono funghi vicino gli acquari. Che siano decorazione o altro"

"Capisco, domani vedrò... buona serata" andandosene.

Kianta percorse i corridoi dei piani superiori dello Chateau principale, trovando la sua camera. La porta di attivò e sganciò in automatico al suo avvicinamento, senza bisogno di sbloccarla con il tastierino, metodo secondario alle chiavi. La porta di legno in stile vittoriano si socchiuse e lei la aprì, osservando l'interno.
La camera di Kianta presentava un salottino, con un divano angolare alla sua sinistra che toccava un angolo sporgente del muro, un tavolino al centro,  rivolti verso lo schermo posizionato sulla parete di fronte ad essi alla destra di lei, ferma dopo aver chiuso la porta. Di fronte a lei, dopo il televisore, vi era una grossa finestra con una tenda a pannello, in voile trasparente e leggero,  che cadeva morbido, arricciata sui passanti, donando leggerezza all'ambiente.
Il colore era tinta unita color menta. Si, quello er ail nome del tessuto, lo ricordava. Che si accordava con la tinta alle pareti di un celestino polvere delicato.La stanza era tagliata  dopo il divano, da una rientranza senza accesso, stringendo lo spazio e impedendo di proseguire dietro il divano verso l'altro lato della stanza.

A dividere quella stanza dalla camera da letto  vi era un divisorio particolare, voluto da lei. Pannelli divisori per interni in un materiale simile al plexiglass, due lastre unite a formare una sorta di parete scorrevole da ambo i lati opaca. Il meccanismo però era più particolare. Un'anima, tra le porte, azionava due possibilità di utilizzo. A scomparsa da un lato , di solito quello verso il divano o
Rototraslanti o basculanti. Oltre la possibilità di renderle come panelli scorrevoli, formando una parete opaca sull'azzurrino, bloccando una parte di solito quella che mostrava il letto, bloccandola fissa, vi era una seconda.  Le due lastre diventavano una, girando su se stesse con un gesto per aprirla ruotando. Nascondevano o meno la camera successiva. Il perno si ancorava alla base e in alto,  in una fessura apposita, e i panelli uniti insieme, formavano una porta che ruotava di novanta gradi alla volta, scattando alla volta un meccanismo di blocco per passare, per poi farla ruotare di nuovo in senso orario o antiorario. Qundi come le porte basculanti, posizionato al centro dell'apertura e si voltava in linea con i muri o divideva l'ampiezza del passaggio a metà.
In quel momento il pannello era aperto basculante e, toltasi le scarpe per metterle nell'armadio tra la porta e i pannelli, cambiandole con un paio vicino la porta, si svestì, posizionando gli abiti nella parte superiore. Si avviò in intimo nella camera da letto. Della stessa dimensione dell'altra, era semplice. 
Si notava a sinistra, di fronte,  il letto poco distante dal muro per scendere anche da quel lato. Una piazza e mezza e ben curato, con una coperta con tema marino e un cuscino di lattice con una fodera di seta. Per evitare ai capelli di elettrizzarsi e la pelle perdere acqua durante la notte, come accadeva per tessuti come il cotone. Ed eliminava i segni del cuscino.
La parete dove il letto era poco distante, conteneva dellle illustrazioni in alto e a metà parete delle mensole con degli oggetti sopra. Ma Kianta non si soffermò a guardarli. Dopo il letto scorrendo verso destra, vi erano un comodino con cassetti sotto e spazi per poggiare vare cose. Sopra, pieno di oggetti come lampada, una sveglia con orario mensile verticale, con info su umiditià, temperatura  e altre opzioni. Degli apparecchi che Kianta riconobbe come il vassoio per il phonvlet e un multipresa verticale,  piedistallo verticale dotato di slot per le spine degli apparecchi, prese usb per connettere altri dispositivi per carica o sola alimentazione per l'utilizzo attivo. E altre cose, ma non vi badò. Tra comodino e finestra vi era un armadio in legno in stile antico, ante sorpa e cassetti sotto. Notò una zona sporgente dopo la finstra , che toglieva spazio dalla sezione di fronte l'armadio. Una poltroncina si trovava nell'angolo tra armadio e finestra. Una finestra  che sembrava una window seating, ossia una finestra in stile inglese con un muretto per sedersi, mettere dei cuscini, appoggiare cose, guardare fuori o leggere sotto di essa. Molti invece proprio di un muretto tenevano un mobiletto alto fino alla base della finestra con cassetti e cuscini sopra, questo invece sembrava una finestra con una base particolare.
Kianta si avvicinò, il bordo del muretto aveva una sorta di decorazione che invece, appena l'ebbe presa, si confermò come una maniglia che, girata a novanta gradi e si spingeva verso fuori, azionava un meccanismo che creava un nuovo ambiente verso l'esterno. In pratica quella che pareva la finestra si alzava diventendo la parte superiore, laparte della maniglia si modificava al contrario e diventava la nuova finestra, mentre la parte profonda che sembrava prima il muretto, faceva da spazio calpestabile. L'effetto era come un rettangolo di finestre che si proiettava verso l'esterno, pavimento non trasparente, mentre a vetri davanti, di lato e di sopra. Restò a fissare la struttura che sembrava delicata, ma era resistente e del miglior materiale, mentre i vetri erano resine speciali come per i ponti cinesi, trasparenti e sospesi nel vuoto ma sicurissimi, e in grado di reggere grossi pesi.
Riusciva a vedere come fosse a un balcone, tranne le intellaiature, ma senza ventoe simili, e avvicinava chi vi restava seduto a terra o in piedi, all'albero del viale sotto che arrivava fin lì, rispetto alla posizione normale. La finestra che compariva nella versone chiusa era aprible, ma anche quella di fronte, cambiando aria anche con la struttura aperta.
Dopo un pò ad osservare il lavorio degli uomini dalla sua posizione, indietreggiò e riprese la maniglia, girandola e andando indietro, richiudendo tutto, riportando il tutto alla v ersione finestra all'inglese con muretto. Alla sua sinistra vi  era la porta bagno, piccolo all'apparenza ma, anche con lavabo, wc, bidet in successione e doccia nel muro di fronte la porta, aveva abbastanza spazio per contenere dei porta asciugamani pendenti, di fronte il lavabo. Un mobiletto sotto di esso con due ante e un piccolo mobiletto di fronte il water, a metà del muro,che si poteva spostare all'occorrenza per chè fatto in legno. Composto da quattro tavole di legno spezzo e lucidato, aveva la tavola superiore come appoggio, due sotto parallele tra loro che si incastravano con il sopra e l'ultimo al centro di queste due, per poggiare altre cose. la tavola superiore era più larga dell'ampiezza della "gambe" così alzando da quei lati, si metteva dove non dava fastidio. la larghezza, nonostante il mobiletto, della zona vuota era una persona e mezza.
Aperta la porta, si trovò un ambiente differente dalle altre stanze. la zona lavabo era un rettangolo in marmo che iniziava dal muro a sinistra con una zona libera per compiere operazioni o poggiare sopra i prodotti. Sopra questa zona, proprio ricavato da spazi scavati nel muro, degli comparti fino al soffitto divisi tra loro da divisori in legno, con dei prodotti in ognuno. Il rettangolo era largo dieci centimentri o più e fino al soffito. Dopo, il lavabo, fatto in marmo come una ciotola incassata nel piano, con un rubinetto vicino il muro dopo la ciotota,   a L semplice come un tubo a gomito e due pomelli per l'acqua. Sopra il rubinetto sul muro vi era uno specchio che prendeva metà del mobiletto in marmo e alto altrettanto, con una cornice in legno che pareva rustica, delle piccole assi di legno tra loro a sovrapporre l'altra  girando a orologio, ma ben lavorati e belli da guardare.
Il mobile era vuoto al centro, invece di altro marmo, di un colore scuro e luminescente  da ogni angolo, e presentava una zona con due sportelli sotto il lavabo, mentre l'altra metà, sotto la zona libera, dei ripiani per poggiare le cose.

Il wc e il bidet non avevano nulla di particolare, erano molto arrontondati e carini, non quelli economici.
La doccia,
dopo il bidet, in marmo aveva un piccolo muretto  altezza fianchi con un vetro opaco fino  all'arco che chiudeva la cabina doccia. Uno scalino e prendeva tutta la parte finale della stanzetta. Infatti le finestre erano spostate rispetto la stanza originale, una verso il televisore e l'altra all'tezza della testa del letto, così che dal cuscino si vedesse fuori, lasciando lo spazio del bagno, non piccolissimo ma completo. La zona aperta della doccia si chiudeva con una parete trasparente in vetro che si apriva verso l'altra porta. Nella doccia vi erano una maniglia di sicurezza, mattonelle in marmo scuro come il mobiletto, che riluceva in molti colori alla luce in base a dove ci si metteva, i rubinetti e il phone erano accanto al muretto. Una piccola finestra  a sporgere verso l'esterno si trovava dallo stesso lato delle altre più grandi dentro la doccia, mentre un'altra sulla stessa parete, guardava di fronte wc e lavabo, n el mezzo. che davano luce ed aria. Ma nella doccia era comunque presente una aplique poco sporgente tonda.
                                                                                                                                                       
Prese degli asciugamani da sotto il lavandino, nella zona senza antine, si fece la doccia, prese i ricambi puliti posti in delle ceste di vimini intrecciate sul tavolinetto in legno e li indossò. Aprì l'armadio alto quasi la soffitto e largo, che prendeva lo spazio tra il comodino e la finestra, senza oscurarla perchè questa si trovava a metò tra lo spazio esistente dall'armadio alla rientranza del bagno. Le ante nascondevano abiti per lo più maschili, di vari tessuti, composti da pantaloni di vario tipo, camicie di vaerie fogge e alla base magliette e altro piegati. La zona sotto con i cassetti contenevano divisi in zone    apposite, indumenti intimi, neri per il giorno e color carne per la notte o lo stare in camera. Come i reggiseni, medesimi colori per gli stessi usi. Calzini di varie lunghezze e tipologie stavano in un cassetto sottostante. Nell'ultimo, il terzo, vi era tutto ciò che non rientrava nelle categorie sopra, guanti, sciarpe, scaldamuscoli e altro invernale.
Scelse una maglietta semplice, con un corgie stampato, senza capire perchè ve en fosse una così, e un paio di jeans morbidi. Dopo essersi vestiva e spenta la luce della stanza per stare nell'altra, l'occhio le cadde su cosa restava accesso nell'oscurità alle sue spalle. All'entrata non se ne era accorta perchè aveva acceso subito tutte le luci per osservare l'ambiente, ma ferma sul divisorio, attrata da quella luce strana, si voltò per guardare meglio. Un ventalgio di luce partiva da qualcosa che era attivato dietro
il multipresa verticale, attaccato nelle prese non visibili perchè posteriori. Illuminava dal basso quel che era una delle illustrazioni appese alla parete. Infatti, oltre il muro parallelo al letto, ve ne erano altre fine all'armadio, tutte con paesaggi marini o scene di costruzioni  umane sottomarine. Invece di guardarle tutte, si fermò su quella in luce, osservò il multipresa girandolo ed era una lampada da parete a led, quelle piccole notturne. una composizione di tre funghi centrali con gambi sottili e lunghi,  con le cappelle in silicone trasparente opaco, e fogliame e fiori intorno, che irradiavano luce  in una zona ristretta. Il fungo centale cambiava colore della luce ogni tot di secondi. Senza luce nella stanza il cono creato, indicava un quadro senza cornice, proprio sopra il comodino, di un ambiente sottomarino a livello del fondale. Coralli e creazioni organiche dalle fome particolare coabitavano a stretto contatto, in ampie conche intervallate da corrugamenti e dorsali che sono molto  simili a piccole catene montuose emerse,  ospitanti sopra creazioni marine vegetali e non, attorniati da pesciolini. Forme coralline o simili dai vari colori, rocce con colori sgarcianti, strane forme vegetali che parevano piume ramificate, strani cactus marini dalle varie forme tondeggianti o quello che pareva un cervello, o elementi arancioni tubolari in successione... e altre cose che consoceva e la tennero fissa a osservarli. Ogni elemento presente era qualcosa di straordinario. Notò anche una stella marina e poi una cosa strana.
Sopra di essi, nella parte superiore, vi era una sorta di ponte, corridoio metallico o altro, che nasceva da due costruzioni appena visibili ai lati dell'immagine. Era una foto? Reale?  E una persona. Si, cèra qualcuno con una sorta di muta da sub, ma camminava sopra questo strano ponte, in due colori, ma la lampada a funghi non permetteva di capire bene.
E poi comprese. La lettera.
Ma cosa significava, se intendeva quello, con il termine immergiti?
Toccò con la mano il vetro seguendo la forma del fondale e osservò l'altro. Anche in quello, se era davvero una foto, vi era un ambiente marino ricco di vita variegata e poi una torre o altro, non si capiva, in fondo a uan sorta di sentiero a gola bassa, con tante luci. Si spostò di poco per tornare ad osservare l'altro e si accorse di una cosa.
I quadri erano forse formato A4, non avevano cornici ma erano semplice base in legno appendibile dai gancetti con un vetro, nel mezzo le foto. Eppure il secondo che guardava aveva un aspetto normale, quello sotto il cono di luce, osservandolo di lato, presentava come uno spazietto tra il vetro e la foto, e la base in legno.
Kianta prese con delicatezza il quadro dopo aver acceso la luce. Si, presentava quello strano difetto.
Tolse allora i gancetti metallici,  il vetro e la foto e, al centro della base in legno con sopra un foglio bianco, vi era attaccato con dei pezzetti di scotch sottile qualcosa.
Era una micro sd, però già inserita nel lettore e adattatore più grande. Sganciò la scheda dall'adattatore ed una memoria grande come un'unghia da soli otto gigabyte. Perchè doveva esserci un lettore così piccolo di giga, nascosto tra una foto e la base di un quadro, indicato in una lettera?

E dove doveva metterlo? Andava guardato?

Controllò il multipresa a torretta, aveva otto facce, quattro ampie per ospitare le prese, diverse in base alla nazione, e quattro più piccole intervellate alle grandi, per inserire usb, in fila per l'altezza. Lo alzò e trovò sotto la base un foglio incollato, con la stessa grafia della lettera. Un promemoria?

Dei simboli con accanto delle descrizioni indicavano voltaggio, potenza, frequenza, tipi di uscite e le caratteristiche. protezione da sovratensione, da sovraccarico, evitamento carico opposto, protezione dal corto circuito, ripristino protezione, da interferenza del campo elettrico, evitamento cavi incrociati. Dodici prese di corrente di vaerie nazioni, suddivise per le quattro facciale  e varie porte usb, normale, micro e mini.
niente di utile, non andava bene per la scheda di memoria.

Mentre si voltava, notò dall'apertura della porta la tv ampia e collegata al muro. Sotto vi era un mobiletto con vari apparecchi, tra cui  lettori dvd e blue ray, consolle di videgiochi e altro visibili dalle ante in vetro.
Doveva accendere uno di quelli, o andava bene la tv?
Decise di controllare prima la tv, se non andava bene avrebbe provato qualche apparecchiatura da basso.
Trovò subito gli slot sul pannello laterale alla sua destra, mentre controllava stando di fronte, i codici della tv.
Oled altissima definizione, cinquatacinque pollici se ricordava la lettura del codice sulla cornice, sottile, con slot per vari dispositivi collegati. Anche quello per le schede di memoria.
Lo inserì e il canale attivato si spense nel bianco.
Kianta non capì perchè no nvi fosse nulla, non si sentisse nulla, per qualche momento. Così decise di allungare la mano e sganciare la scheda, per provare con cosa conteneva il mobiletto sotto lo schermo.
E poi apparve qualcosa.

Una scheda che riconobbe come identificativa utilizzata dall'organizzazione, con la sua foto e le informazioni.
Nome, nomi in codice, abilità specifiche, conoscenze e poi il video iniziò a frizzare.
Rettangoli dell'immagine iniziarono ad apparire, cme se la stessa fosse corrotta con un sonoro fastidioso cme crack, ftz e poi silenzio.
Kianta osservò ancora la sua foto sulla scheda che si squadrava... di quando? E le informazioin che erano comparse riga dopo riga e riempivano le sezioni di quella scheda a colonne e righe, indicava anche i dispositivi che indossava.
E una voce risuonò dal televisore, d'improvviso, mentre leggeva la sezione tecniche e capacità.
Femminile, ferma, familiare.

Ti stavo sperando da così tanto tempo.
E ho atteso questo momento.
Ho bisogno di te, proprio come e quanto tu hai bisogno di me.

Procediamo nella strada insieme.
Costruiamoci insieme, tu ed io.
Io sono te e tu sei me, eppure due esistenze diverse.
Cresci, definisciti e vivi, io ti accompagnerò e veglierò su di te, nella forma adatta.
Fintanto che cammineremo insieme, ti proteggerò.
Nella identica maniera della discendenza mentale umana, tu sarai ciò che lascerò a questo mondo, la personificazione delle mie intenzioni e della vita che per me, meritava di essere ed esistere.
Divieni cosa senti e desideri, ti concederò i mezzi e qualcuno che ti seguirà e proteggerà, come fossi io.
Ascolta, ragiona sui suoi consigli e pensieri, poichè sono i miei, come una madre farebbe come guida di vita, una vera guida e madre, per la nuova vita che deve far camminare nel mondo.
Io ti seguirò e aiuterò nelle sue vesti.
Trascorri, conduci, prova, senti, sperimenta e tutto ciò che il tuo corpo ti da, quello che questo mondo materiale ti permette.
Affronta le paure e i timori, sei forte e hai tutte le armi che ti servono.
Combatti, le insicurezze tagliale via e prova.

Esisti e vivi, come io non ho fatto.
Buona fortuna, sii come essere umano e modella il mondo, perchè anche gli altri, possano...

Lo schermo continuò a mostrare la scherda con evidenti glitch e problemi, mentre quella voce era chiara e gentile. Dopo che il messaggio terminò, un'altra voce comparve, me dietro di lei. Prima di girarsi, avvertì qualcosa di strano nel collo, portandosi una mano sopra, trovando fastidio.
Kianta si voltò di scatto di scorcio e vide qualcuno che conosceva. Un teschio dagli occhi azzurri, tondeggiante, rami come corna, un abito e accessori che lo rendevano nel corpo come umano. La guardò inclinando la testa, poi fece un inchino, aprendo la mandibola.

"Madre, al tuo servizio. Sarò il tuo assistente e mezzo per svolgere i tuoi compiti. Sono la prima forma IA di gestione dell'organizzazione, eppure sono al livello dei miei fratelli, dividendoci le abilità e qualità. Io sono e sarò, agirò e dirò, osserverò o resterò in disparente, come tu vorrai. Il Master principale latente sei tu, secondi il Leader e i Capitani. Ma sarai tu l'amministratore come il mio creatore e tu, tu soltanto varrai in cima agli ordini. QUindi, Master. Disponi di me"

Kianta ascoltò l'essere  osservandolo da sopra la spalla sinistra, obliqua, ma i suoi occhi erano puntati poco dietro di lui. La sua espressione di sorpresa per Helias, questo il suo nome, ricordava, mutò osservando oltre lui, divenendo confusa e sconvolta. Deglitì e si voltò totalmente. Guardandola.





















   
 
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