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Autore: Sheep01    24/11/2020    1 recensioni
[IT, Principalmente Movieverse, possibili accenni a Doctor Sleep]
Ogni giorno gli sembrava andasse un po' meglio, fino a quando non si trovava di nuovo a pensare a cosa avrebbe potuto fare per impedire quell'orribile, definitivo epilogo.
Se solo quel drammatico giorno avesse interpretato in modo fulmineo quello che le luci gli avevano suggerito. Quello che aveva visto, attraverso l'infinito mistero dei Pozzi Neri. Ma Eddie lo aveva strappato al suo tragico destino troppo presto, troppo rapidamente perché potesse assorbire appieno quello che la sua coscienza sul futuro gli stava rivelando.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

 

Quando Patricia Uris aveva ricevuto la telefonata di Mike Hanlon, aveva immaginato immediatamente che avesse a che fare con la morte di suo marito. E che in qualche modo fosse associata con gli strani sogni che faceva di frequente.

Nelle settimane successive al suicidio di Stan non aveva fatto altro che essere perseguitata da incubi che avevano a che fare con una tartaruga.

La psicologa che l'aveva presa in cura, per alleviare il dolore e il trauma di una perdita tanto violenta, le aveva dato spiegazioni che non le erano sembrate affatto coerenti con le sue sensazioni.

La telefonata di Hanlon invece sì.

Nel momento in cui le aveva chiesto, senza dare elaborate spiegazioni, di raggiungerli in quel di Derry, la città natia di Stan, Patricia aveva acconsentito con una rapidità piuttosto sconcertante, considerato il modo in cui era sempre stata restia a qualsiasi evento senza programmazione.

Erano state sufficienti poche sbrigative parole per capire che tutto quel subbuglio interiore, quei sogni, quelle visioni, i pensieri che la scuotevano durante tutto l'arco della giornata doveva avere a che fare con qualcosa che aveva radici più profonde di un trauma. E delle vaghe spiegazioni che Stan le aveva dato, riguardo la sua confusa infanzia.

Non di meno, aveva inciso il fatto che Patricia, qualche giorno prima, si era convinta di aver visto proprio Stan, il suo defunto marito, riflesso nello specchio del bagno.

Era appena uscita dalla doccia, dopo una giornata piuttosto complicata (una delle tante da qualche settimana a quella parte), i vapori dell'acqua calda avevano appannato vetri e piastrelle. Aveva sentito una voce, come se qualcuno l'avesse chiamata dal piano di sotto. Una voce maschile che le era sembrata più un'eco distorta prodotta dalla sua stessa fantasia. Sto impazzendo, il suo primo pensiero. Il secondo, prima di uscire dalla doccia: Stan, se sei tu, ti prego, fatti riconoscere. E come se qualcosa di ignoto avesse assecondato il suo desiderio, una sagoma era comparsa accanto al proprio riflesso nello specchio appannato del bagno. Le era sfuggito un singhiozzo scioccato dalle labbra, che l'aveva costretta ad arretrare fino quasi a toccare la parete alle sue spalle, ma poi le si era insinuato il dubbio che forse non le sarebbe convenuto scappare. Che qualsiasi cosa le stesse suggerendo il suo cervello stressato, forse avrebbe solo dovuto esaudire i suoi tormenti, invece che fuggirne.

Si era avvicinata, tremante e nuda, i capelli incollati alla pelle umida delle spalle, del collo. Le gocce di condensa che man mano scivolavano sullo specchio, tracciando linee lucide sul vetro appannato, scoprendo lentamente quell'ombra alle sue spalle. Ne aveva riconosciuto la stazza. Una porzione a rivelare i riccioli castano chiari del marito nei quali sovente passava le dita. Un'altra a svelare l'angolo della bocca che così tante volte aveva baciato. E l'ultima a sbirciare nella profondità dei suoi occhi pacati e tristi dei quali si era innamorata.

Aveva avvicinato, titubante, una mano; l'emozione mal trattenuta, le lacrime che andavano a confondersi con le gocce d'acqua.

«S-Stan...» aveva balbettato a mezza bocca, poggiando la mano sulla superficie dello specchio. Un alito di vento che profumava di caffè stimolò il suo olfatto e un sussurro sembrò rimbombare nella sua testa. Aveva passato la mano sul vetro, rapida come avesse dovuto strappare un cerotto, pronta alla rivelazione. Ma il vetro pulito aveva rimandato solo il triste riflesso dell'accappatoio di Stan ancora appeso al suo posto, accanto alla doccia.

Era scoppiata a piangere come se le avessero, di nuovo, strappato l'anima.

Per quel motivo era partita. Ed era in viaggio verso un luogo che aveva solo sentito nominare. Una cittadina dispersa nel Maine. A raggiungere delle persone delle quali Stan le aveva solo accennato qualche volta, senza avere reali aneddoti da condividere su un'infanzia che sembra essersi persa nel tempo. Persone che aveva sentito per telefono, solo qualche settimana prima, che le chiedevano che fine avesse fatto Stanley Uris. Del perché non li avesse raggiunti a Derry. Quel suo Stan che sembrava dormire in una vasca di acqua e sangue. Quel suo Stan che aveva ricevuto un'inaspettata telefonata da un vecchio amico, e aveva deciso di togliersi la vita, subito dopo.

Troppe domande alle quali non aveva saputo o potuto dare una risposta.

Troppi incubi che sembravano volerle spiegare cose fuori dalla sua portata.

Avrebbe davvero mai potuto sottrarsi a quel gioco del destino?

Patricia Uris doveva sapere.

 

*

 

Richie aveva rovesciato l'intero contenuto del suo borsone da viaggio sul letto. Pochi, essenziali vestiti e null'altro che qualche accessorio da toeletta. Viaggiava sempre leggero, per lavoro. E quel suo approccio minimal se lo portava appresso in qualsiasi altra occasione che richiedesse uno spostamento. Il giorno in cui era partito da Los Angeles, per Derry lo aveva fatto con un solo cambio di vestiti. Con l'idea che la questione, di qualsiasi natura fosse, si sarebbe risolta nel giro di pochi giorni.

Da quando Eddie era morto, però, i giorni si erano tramutati in settimane e un solo cambio di vestiti non era stato più sufficiente a coprire le giornate in cui doveva, in qualche modo, dimostrare di essere una persona presentabile.

Considerato che la camicia che indossava il giorno in cui avevano affrontato IT era l'unica alternativa al cambio rimasto, aveva svaligiato il reparto maschile a basso costo dei grandi magazzini di Bangor e aveva rimpolpato il suo guardaroba. Ma la camicia incriminata, ancora sporca del sangue di Eddie, era rimasta nel suo campionario senza un motivo plausibile per conservarla.

Ma se aveva capito come funzionava ormai quel posto, c'era sempre un motivo alle decisioni apparentemente insensate.

La tartaruga aveva parlato di un oggetto che rappresentasse una parte di Eddie nel loro mondo. Richie era andando in panico all'idea di essersi sbarazzato di tutte le sue valige, di averle rispedite alla moglie a New York ma poi si era ricordato della camicia. La camicia che indossava il giorno in cui Eddie era morto. La camicia impregnata del suo sangue. La camicia che conservava ancora il suo odore, nel momento in cui lo aveva abbracciato per l'ultima volta, prima di abbandonarlo in quel luogo oscuro, prima che le fogne di Derry inghiottissero tutti coloro che erano stati massacrati da IT.

Allungò una mano per afferrare il sacchetto di plastica in cui l'aveva infagottata, conservata, avvertendo un brivido inaspettato a un gesto tanto semplice. Aprire il sacchetto gli rimandò l'olezzo di lurido e morte che sperava si fosse esaurito dopo tutto quel tempo. Strinse le dita sulla stoffa sempre meno goffamente, fino a serrarcele attorno, come un artiglio, sperando forse di poter avvertire l'energia di un oggetto all'apparenza così insignificante. E poi d'improvviso capì che non importava quanto fosse nauseabondo, non appena ebbe fra le mani quella camicia seppe che era l'unico modo per riavere indietro Eddie.

Era una parte di lui, quella che stava stringendo fra le dita.

 

Uscì dall'appartamento di Mike per raggiungere gli altri che si erano assiepati in biblioteca.

Era mattina presto e il nuovo custode non aveva ancora aperto le porte al pubblico.

I Perdenti stavano discutendo fitti fitti quando Beverly alzò la testa e improvvisamente tutti smisero di parlare.

«No ma prego, non incomodatevi per me, continuate pure.»

«Dove eri finito?» si issò Mike, guardandolo, esausto e vagamente accusatorio. Mike non aveva reso facile per niente quella sua avventura. Richie pensò che forse era l'unico modo in cui riusciva a dimostrargli quanto ci tenesse a lui, quello di impedirgli di viaggiare a briglie sciolte.

«In camera mia...» si giustificò, avvicinandoli. Avevano tutti facce pallide e tirate, occhiaie tutt'altro che lusinghiere nemmeno per uno come Ben. L'intera nottata a pensare come risolvere la questione del ritorno di Eddie e Stan. A interpretare le parole della Tartaruga.

«Ho trovato Eddie», disse solo, avvicinando il tavolo da lettura. Alzò la mano, mostrando il suo trofeo senza particolare entusiasmo.

«La t-tua c-camicia... ?» si interrogò Bill. Aveva ripreso a balbettare e la cosa non era incoraggiante come avrebbe dovuto. Stavano tutti regredendo? Era una condizione necessaria per superare quell'ultima prova?

«Con il sangue di Eddie...» sussurrò Mike, intuendo da dove arrivasse tutta quella solennità.

«Pensi che possa bastare questo, Doc?» Richie non si perse in inutili romanticismi. Si rivolse direttamente all'unico vero esperto della situazione. L'unico ad aver avuto a che fare, più di chiunque altro, con rituali magici e morti senzienti.

Gli porse la camicia affinché la guardasse, la stringesse fra le mani, ne facesse qualsiasi cosa avesse intenzione di farne. Lo guardò allungare una mano sulla stoffa e stringerne un brandello, quasi avesse il terrore di osare troppo, come se intuisse la sacralità di quel gesto, la paura di insozzare quel simbolo, la chiave per riavere Eddie. E con sorpresa, Richie assistette a qualcosa che non si sarebbe mai atteso: dopo qualche istante, Danny aveva silenziosamente cominciato a piangere. Non un gesto plateale o improvviso. Non un pianto a dirotto di shock o raccapriccio. Solo le lacrime quiete di cui Danny forse nemmeno si era accorto. Lo vide ritirare la mano e schiarirsi la voce, asciugandosi gli occhi con un gesto secco.

«Basterà», disse solo guardando Richie dritto negli occhi. Non sentiva la sua voce nella testa, questo no, ma intuì quando Danny, adesso, sapesse.

 

«Da quanto tempo?» gli chiese una volta rimasti soli. Una volta che il gruppo aveva decretato una pausa dalle riflessioni da una nottata in bianco.

Richie era uscito all'aria aperta con la scusa di una sigaretta, Danny non si era fatto attendere.

La giornata era di nuovo una di quelle da sole tiepido. Delle foglie che abbandonavano i rami degli alberi, spogliandoli della loro bellezza estiva. L'autunno reclamava la sua presenza.

«La sigaretta? Da quando avevo tredici anni». Danny non dovette nemmeno rispondere a tono per fargli capire che non era quello che intendeva. «Potresti frugarmelo nella testa. Non farei molta resistenza.»

«Preferisco che sia tu a dirmelo. Se hai voglia di farlo.»

Richie si rese conto che non aveva più senso tacerlo. Che forse era una di quelle cose di cui aveva bisogno di parlare da così tanto tempo che ne aveva perso il conto. Una costipazione durata decenni, su una delle cose più sincere e pure che avesse mai provato.

«Non saprei quantificarlo, Doc», sorrise appena, lasciando scivolare a terra un po' di cenere, «ha importanza?» si interrogò lui stesso sulla questione, perché non ci aveva mai pensato davvero.

Da quanto tempo sapeva di essere innamorato di Eddie? Probabilmente da tutta la sua vita. Da tutta la vita che gli era stato concesso di camminare al suo fianco.

Un sentimento che era nato forse lo stesso giorno in cui lo aveva conosciuto, che lo aveva accompagnato e reso consapevole durante tutta la sua adolescenza. Finché non se ne era dimenticato. Per ventisette anni. E quando aveva rivisto Eddie, in quello squallido ristorante, timoroso e imbarazzato, impacciato come tutti gli altri, lo aveva ritrovato in un solo istante. A renderlo incredulo del fatto che Richie Tozier fosse in grado di amare qualcuno con quella forza, quella costanza. Quando per una vita intera aveva creduto di non esserne in grado, che non lo sarebbe stato mai.

«No, non credo che ne abbia, in fondo».

«Era per quello che ti scendevano i lacrimoni, prima? Quando ti sei reso conto di quanto fosse patetica questa situazione?» ironizzò, alzando di nuovo, per un istante, quella stupida barriera di sarcasmo. Odiava mostrarsi vulnerabile, un lato del suo carattere che non riusciva a smussare.

«Non c'è niente di patetico nel dolore, Richie.»

Serrò le labbra, colto in fallo, tornando a concentrarsi su quella sua sigaretta ormai quasi al filtro. Sospirò, socchiuse gli occhi e si sentì infinitamente stanco.

«Ho giurato che avrei onorato la sua morte, cominciando a vivere la mia vita, senza paura», mormorò, lanciando la sigaretta a terra, schiacciandola con il piede. Vide le sue ultime scintille di vita, prima di spegnersi per sempre, «non intendo ritrattare ora. Ma non ti nascondo che sono terrorizzato. Soprattutto all'idea di rivederlo. O di non... rivederlo. Non credo reggerei di nuovo all'ipotesi contraria, sapendo di esserci andato così vicino», deglutì a fatica, passandosi una mano sul viso, «ma ho intenzione di dirglielo. Di dirgli tutto quanto. Di fargli sapere quanto fosse amato. Di quanto ancora lo sia... ? Non so che sto dicendo.»

«Stai dicendo quello che ti suggerisce il cuore, per una volta tanto.»

«Significa che ho perso il mio cinismo, che sono un comico finito?» sbuffò una risata un po' liquida. Il pianto inespresso. Non aveva intenzione di versare più una sola lacrima finché quella storia non sarebbe finita. La averebbe riservate tutte per Eddie. Lo avrebbe inondato di lacrime.

«Pensavo fossi già arrivato al capolinea come artista.»

«Scusa?» latrò una risata incredula.

«Non ti nascondo che ho sbirciato i tuoi spettacoli su youtube», confessò Danny «Amico... il materiale è terribile.»

«Tu quoque...» rispose esageratamente indignato. Ma dopotutto come poteva dargli torto? Danny scoppiò a ridere. «Maledetto farabutto, vatti a fidare degli infermieri medium.»

«Infermiere medium è un nomignolo brutto tanto quanto Dottor Sonno

«Dottor... sonno?»

«Sì, bè. È come mi chiamano in reparto.»

«Perché ti addormenti ovunque?»

«Non proprio... per come aiuto i malati ad addormentarsi, senza soffrire.»

Il sorriso di Richie si placò appena. Quante cose non sapeva di Danny, ancora? Quanto ne sapeva delle infinite possibilità del suo potere. Quante avrebbe avuto la possibilità di scoprire?

«Dio santissimo...», sembrò decidersi a commentare la notizia, ma poi... «e io che pensavo che Boccaccia fosse brutto.»

La tensione venne spezzata rapidamente.

Stavano ancora ridendo di quelle risate a singhiozzo e senza senso, quando un taxi parcheggiò sulla strada accanto al viale per la biblioteca.

Ne osservarono curiosamente scendere una donna che portava con sé solo un borsone.

Quando Richie smise di ridere e riuscì a metterla a fuoco, capì immediatamente che quella non poteva che essere che una sola persona.

«Patricia Uris», disse.

 

*

 

Eddie aveva bisogno di una passeggiata all'aria fresca. La stagione era stata magnanima nei confronti di una regione altrimenti lugubre, in quel particolare periodo dell'anno.

Le foglie cominciavano a ingiallirsi e il cielo era di un blu così intenso da creare un contrasto che riempì Eddie di meraviglia.

Stan gli camminava accanto. Due fantasmi di una consistenza piuttosto concreta per essere davvero ignorati.

«Nessuna intuizione su dove andare oggi?» gli chiese, guardandolo di sottecchi. Sotto sotto speranzoso di potersi riconnettere con Richie. Di capire se fossero arrivati a una qualche conclusione. Perché tutto a un tratto ricordava di aver suggerito a Richie la prova del fumo, quando con Richie non parlava da giorni? Un ricordo che aveva la consistenza di un sogno.

«No, oggi no...» il tono di voce di Stan era rammaricato, forse un po' stanco. Comprensibile considerato il fatto che in quel posto ci era finito da più tempo di lui.

«Pensavo a una cosa...» mormorò Eddie, osservando dei ragazzini che stavano scorrazzando in bici verso la biblioteca, portandosi dietro le loro grida «se tu ed io siamo finiti in questo posto. Se... il vecchio del parco dice di averne visti tanti altri di noi... come... mai solo noi due ci siamo ritrovati?»

Stan sprofondò le mani nelle tasche della giacca.

«Ci ho pensato anche io...» gli confessò, «e non ti nascondo che i primi giorni non ho fatto altro che cercare queste persone. Quelle di cui parlava il vecchio Taylor. Sono giunto alla conclusione che alcuni di loro abbiano cercato di attraversare il tunnel e abbiano fallito. E che gli altri siano... semplicemente... svaniti.»

«Svaniti?» Eddie provò un brivido senza capirne realmente l'origine.

Stan si fermò in mezzo alla strada, stringendosi nelle spalle. Gli diede improvvisamente l'impressione di sapere qualcosa che ancora non aveva avuto modo di rivelargli.

«Penso che si siano arresi al fatto di essere invisibili. E che alla fine siano... svaniti davvero.»

«Come fai a dire una cosa del genere?»

Stan gli rivolse uno sguardo tanto triste che quasi non ebbe bisogno di ricevere una risposta: «Perché ho rischiato che succedesse a me».

«Come? Quando?»

«Dopo il primo tentativo di tornare nel tunnel. Ho passato un paio di giorni a leccarmi le ferite con la sensazione che non sarei mai riuscito di uscire da questa situazione. Ho smesso di mangiare, di uscire all'aria aperta. Sono rimasto giorni seduto in un angolo della casa che ho occupato pregando che... finisse. Ed è stato allora che è successo: stavo scomparendo, la consistenza delle mie mani, delle mie gambe. Potevo vederci attraverso. All'inizio ne sono stato quasi sollevato. Che tutto si esaurisse senza troppo clamore... quando mi sono alzato per guardare allo specchio il risultato della mia apatia, il mio riflesso sbiadito, solo allora mi sono reso conto che non potevo farlo...»

«Perché?»

«Perché ci ho visto Patricia... attraverso quello specchio. Qualcosa mi ha suggerito che forse... forse se ero finito in questo posto doveva esserci una ragione. Se non ero morto o se avevo la possibilità di respirare di nuovo... doveva esserci una ragione. E se avessi, anche solo per una volta, avuto la possibilità di rivedere mia moglie, allora forse valeva la pena... tentare. Qualcosa di diverso.»

«Cristo santo...» sussurrò Eddie. Si chiese se non sarebbe finito nella sua stessa identica situazione se solo non si fossero incontrati o se non avesse rivisto Richie.

Richie... era lui il suo appiglio per l'altro mondo? Perché fra tutti, proprio Richie?

Una domanda che non aveva senso d'esistere dacché ne conosceva, il cuor suo, da tempo, la risposta.

L'aveva compresa a livello inconscio nel momento in cui era tornato a Derry e si era ricordato di lui. L'aveva riconosciuta nel tormento di non potergli stringere la mano.

Quante cose di se stesso aveva dimenticato? Quante ne aveva represse?

Era una sensazione spaventosa. Ma confortante per quanto finalmente riuscisse a riconoscersi.

«Già... non stento a credere che molti di quei bambini finiti nelle grinfie di IT non abbiano avuto la forza o il coraggio necessario per resistere. Si sono semplicemente lasciati sparire. Soli... e terrorizzati.»

La considerazione di Stan fece rabbrividire Eddie. L'immagine di tutti quei bambini che già erano corsi incontro una sorte terribile, ai quali venivano strappate brutalmente le ultime speranze.

«Pensi che anche al fratellino di Bill sia capitata la stessa cosa?»

«Georgie...» disse, come ricordandosi di lui in quello stesso istante, «possibile. Sono passati così tanti anni...»

«Anche se qui il tempo scorre in modo diverso», annunciò, «me ne sono reso conto nelle tempistiche in cui ci siamo incontrati. Potrebbero essere passati giorni o settimane e farebbe poca differenza.»

«A me sembra di stare qui da un secolo. Tenevo il conto dei giorni all'inizio poi ho semplicemente smesso. A che sarebbe servito?»

«Probabilmente a nulla», mormorò Eddie.

Alzò lo sguardo verso il cielo terso di quello strano autunno. Si chiese se dall'altra parte, Richie stesse facendo lo stesso.

 

*

 

Ma dall'altra parte Richie non aveva esattamente il tempo di perdersi nell'immensità del cielo, era impegnato in una conversazione piuttosto complessa con quella che era la moglie di uno dei suoi migliori amici d'infanzia.

Patricia non era affatto come se l'era immaginata. Non tanto visivamente, quanto caratterialmente. Era convinto si trattasse di una pacata casalinga della Georgia, ma a giudicare dal suo atteggiamento pratico e disincantato a tutte le informazioni con cui Mike la stava inondando gli sembrava più un'arcaica guerriera in campo che una dolce mogliettina tutta torte e commissioni.

Non era stato facile farle comprendere il contesto della tragica dipartita di suo marito. Ancor di più, che la causa di ogni male fosse un extraterrestre mutaforma, ingordo di ragazzini. Render poi verosimile il racconto, senza inondarlo di particolari raccapriccianti, sembrava ancora più arduo. La speranza era che non trovasse un pretesto per credere fossero tutti loro un branco di psicopatici in fuga dallo stesso manicomio criminale a cui era stato relegato Bowers.

«Avete idea di come suoni una storia del genere a qualcuno ascolta questa storia per la prima volta in vita sua?»

Richie ne aveva una certa idea, ma volle guardare i suoi amici, uno per uno, per capire se si rendessero conto che la domanda della donna era più che legittima.

«Ce ne rendiamo conto, sì. Ma non c'era nessun altro modo di spiegarla, se non così», disse Mike che non ci aveva girato troppo attorno. Che era andato dritto al punto. Che se l'era raccontata così tante volte che ormai anche il suo stesso animo doveva esserne esausto nell'ascoltarla. Anche ora che l'incubo era terminato, era costretto a ripercorrere, ancora e ancora, lo stesso discorso. Richie si rese conto, per la prima volta, di quando Mike sembrasse stremato. Stupido come si fosse concentrato solo su se stesso in quell'intenso, insensato periodo.

«Un clown», le uscì una risata fra l'amaro e il grottesco, «Stan mi aveva parlato di una serie di incubi che coinvolgevano un clown...» la voce aveva una vaga nota stonata. Come se faticasse a trattenere il pianto. Richie riusciva a riconoscersi fin troppo bene.

«IT...» pronunciò in un soffio e alzò su di loro uno sguardo incomprensibilmente consapevole, «prima di morire ha avuto il tempo di scrivere quelle due lettere, sulle piastrelle del bagno. Con il suo stesso sangue.»

Richie trasalì e il singhiozzo che sfuggì dalle labbra di Beverly resero piuttosto chiara l'immagine che doveva aver suggerito alla donna, la sera della loro rimpatriata di qualche settimana prima, la morte del loro amato Stan.

Patricia li guardò tutti, uno alla volta, come a cercare anche un solo cenno di menzogna nelle parole di Mike. Ma non dovette leggerci niente di simile, poiché abbassò lo sguardo subito dopo passandosi una mano fra i capelli. Qualsiasi fosse la reale o presunta spiegazione a tutte quelle fantasticherie, dovevano crederci davvero tutti i Perdenti e lei non poteva far altro che arrendersi a quella loro convinzione.

«D'accordo... mettiamo anche il caso che vi creda. O che trovi... verosimile... una spiegazione tanto fantasiosa... che dica: okay. Il mondo è impazzito e io ci sono finita dentro con tutte le scarpe. Ma d'altro canto è l'unica spiegazione che mi permetterebbe di dare un senso alla morte di mio marito...» nella sua voce c'era ancora una nota di diffidenza, quella stessa diffidenza che aveva aleggiato nel suo sguardo per tutto il tempo in cui Mike aveva parlato. Ma Richie scorse anche la disperata intenzione di credere. Più che quella di scappare urlando di indignazione o terrore, «Perché sono qui? Perché mi avete... voluta qui?»

La domanda che più di tutte le altre aleggiava dall'inizio di quello strampalato incontro.

Mike aprì la bocca per parlare, ma Danny alzò una mano per frenarlo.

«Credo che tu sappia perché sei qui, Patricia», disse solo. Richie sentì la sua voce fin dentro la sua testa, sebbene avesse parlato a voce alta. Sebbene questa volta volesse essere udito da tutti e non solo da chi possedeva lo Shining. Danny stava parlando a tutti loro ma cercava di arrivare al cuore di Patricia, più che alle sue orecchie.

La donna serrò le labbra che avevano preso a tremare. Gli occhi restavano fissi in quelli dell'uomo, come se stesse avvenendo una conversazione privata, fra i loro pensieri.

«Ho visto Stan, nel riflesso dello specchio, qualche giorno fa...» confessò in un soffio, come una liberazione. La paura che rivelare quel dettaglio la facesse precipitare nella stessa follia del racconto di Mike, «quando mi avete contattata ho sentito come una voce, nella testa, che mi diceva di venire qui. Di incontrarvi. Che questo incontro avrebbe messo fine a tutta questa... disperazione. La voce di quella tartaruga...»

Aveva gli occhi umidi ma non piangeva Patricia.

«E che altro ti ha detto quella voce, nella tua testa?» le domandò Richie, che si era proteso verso di lei, che aveva bisogno di sentirlo dalle sue labbra, senza suggerimenti, che gli permettesse di capire, che in fondo era una di loro. Nel momento in cui si erano trovati tutti nella stessa stanza, aveva sentito una strana scossa d'energia. Ancora non era così esperto da riuscire a coglierne le sfumature ma era certo che se avesse chiesto a Danny se l'avesse sentita anche lui, probabilmente avrebbe ricevuto un assenso, come risposta.

Erano in sette. Sette in tutto, così come aveva detto loro la tartaruga. Sette Perdenti. Sette persone collegate da un filo invisibile, ma tanto potente da creare un'energia inimmaginabile. Un'energia che era arrivata fino ad Atlanta. Che aveva portato a loro il pezzo mancante.

Patty reclinò il capo di lato, rilasciò un sospiro greve.

«Che forse avrei potuto abbracciarlo di nuovo».

Si infilò una mano in tasca. Ne trasse fuori un asciugamano. Di quelli piccoli, minuscoli, per il viso.

Il candore della stoffa era chiazzato di strane macchie color ruggine.

Con le mani tremanti lo passò a Richie.

Non appena le sue dita si strinsero su quell'oggetto all'apparenza insignificante, si sentì inondato da una sensazione sgradevole.

Orrore, raccapriccio, disperazione.

Nella sua mente si susseguirono una serie di immagini e di suoni: piastrelle bianche, gocce d'acqua, occhi vitrei, una scritta sul muro. Un grido. E poi, come in un film, l'inquadratura che si allargava e la scena di una donna che cercava disperatamente di fermare l'emorragia dai polsi squarciati dell'amore della sua vita. Con un asciugamano.

Venne riportato alla realtà dalla chiara, nitida, dolorosa consapevolezza che quello che stava stringendo fra le mani era Stan. Il suo sangue. Le ultime gocce che lo teneva ancora aggrappato a quel mondo. Che forse avrebbe potuto strapparlo dall'altro, quello in cui era stato trascinato.

Si voltò ad osservare gli altri e si rese conto dai loro sguardi che avevano compreso l'importanza di quel feticcio.

Il cerchio era completo.

Due oggetti, sette persone.

«Lo farai Patricia», mormorò.

Ora doveva solo trovare un modo di arrivare a Eddie e dirgli cosa dovevano fare.

 

Continua...

  
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