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Autore: Dalybook04    25/11/2020    1 recensioni
Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi
Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo? Un mostro, appunto.
Ormai erano passati anni dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno; dall'ultimo abbraccio, l'ultima stretta di mano. Neanche si ricordava più come fosse sfiorare qualcuno. Essere tranquillo in mezzo agli altri, senza il terrore di toccare qualcuno per sbaglio e ucciderlo. Ma è anche vero che non vedeva nessuno da anni, per cui non soffriva la distanza. Non appena aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta, la Restaurazione lo aveva preso e sbattuto in manicomio. Non ricordava molto, ma, se da allora aveva visto qualcuno, quel qualcuno erano scienziati e psichiatri, di cui aveva anche rimosso il ricordo. All'alba dei suoi sedici anni lo avevano sbattuto in cella, avevano smesso di drogarlo e lo avevano lasciato lì a marcire.
Poi, circa un anno dopo, quella porta si aprì.
ATTENZIONE: verranno trattati argomenti delicati, ci saranno scene anche pesanti, soprattutto nell'ultima parte della storia.
Inoltre saranno presenti coppie boy×boy
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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La mattina dopo però era di nuovo lì, con un pacchetto di cioccolatini presi al mercato. Glieli porse, cercando di imbastire un sorriso -offerta di pace?
Francis quasi glieli strappò di mano -accetto tutto.
Aprì la scatola e ne scartò uno, ma inarcò un sopracciglio -perché c'è dentro un bigliettino?
Arthur alzò le spalle -è roba italiana. C'erano solo questi.
-mh...- ne mangiò uno e annuì -okay, te li approvo.
-che dice il biglietto?
Francis si chinò per leggere -è una citazione a Goethe- roteò gli occhi -Gilbert ci ha fatto una testa così su quel tizio.
"Ci" notò Arthur "a lui e ad Antonio". Poi si rimproverò "grazie tante, stanno sempre insieme. Non farti idee strane".
-che citazione? Quella roba strana su Napoli? Lovino me l'ha accennata, ma sinceramente non ho capito se quella frase fosse un complimento o un insulto.
Francis ridacchiò -no, no. Uhm, c'è la traduzione sotto- si schiarì la voce -qui, étant aimé, est pauvre?
Arthur cercò di non farsi incantare dalla voce melodiosa dell'altro mentre parlava nella sua lingua madre -potresti tradurlo in una lingua che io possa comprendere, grazie?
-chi è povero, essendo amato?- tradusse allora -c'è anche la traduzione in inglese, se ti interessa- gli passò il bigliettino e si appoggiò ai cuscini alle sue spalle con un sospiro -anche se non so come si pronunci.
-who, being loved, is poor?- lesse.
Francis fece quel gesto non curante della sera prima. Arthur si chiese se non fosse una sua abitudine, un gesto comune che lui non sapeva lo fosse -quella roba lì.
-quest'altra penso sia la traduzione in italiano. E la prima è l'originale in tedesco.
-non c'è quella nella lingua nuova. Approvo.
La lingua nuova era una lingua creata dalla Restaurazione per "liberarsi dagli influssi linguistici del passato e puntare al futuro". Era in quella lingua che stavano parlando tutti. Quella insegnavano a scuola e quella si parlava da una quindicina d'anni, nonostante tutti conoscessero ancora lingue e dialetti del loro territorio, il tutto di nascosto alla Restaurazione ovviamente, che però, in maniera altrettanto ovvia, lo sapeva perfettamente. Non puoi mantenere volutamente il popolo ignorante e pretendere che impari la tua lingua, no? Infatti era la lingua che parlavano ufficiali e soldati, o almeno in teoria, per cui i civili erano stati costretti a impararla per non finire in cella ogni volta che chiamavano la polizia, o i vigili del fuoco, o che semplicemente incrociavano un ufficiale per strada. Era la lingua di tutto ciò che era dello stato: ospedali, scuole, libri autorizzati. I bambini l'avevano imparata e gli adulti si erano dovuti adattare in fretta, ma le lingue precedenti erano ancora le più usate. Lovino, per esempio, parlava sia la lingua nuova, con cui comunicava con gli altri per comodità, sia l'italiano, con cui parlava con Feliciano e suo nonno, sia qualche altro dialetto che si parlava in quello che un tempo era stato il sud dell'Italia. Francis parlava spesso in francese per confondere chi non lo parlava, stessa cosa che faceva Gilbert tra l'altro, ma con il tedesco.
Okay. Fatto questo spiegone, torniamo a noi.
-non capisco come facciano a essere in produzione ma...
-li fa Feliciano- spiegò Francis, rigirandosi i bigliettini tra le dita -sono cioccolatini normali, ma lui scrive i bigliettini e li infila nella carta. Me lo sono ricordato ora. Mi ha chiesto una mano per tradurli in francese una volta.
-ah. Per quale motivo?
Francis alzò le spalle -italiani. Non li capirò mai- gli porse un cioccolatino -vuoi?
-uhm...- non amava particolarmente il cioccolato, ma sembrava scortese rifiutare -va bene, grazie- lo prese e lo aprì.
-che c'è scritto?- si sporse verso di lui per sbirciare.
-uhm... è di Virgilio.
-sì, l'ha fatta decisamente Feliciano. Con tutti i libri latini che ha suo nonno...
-"Love conquers all, and we must yield to Love"
-e significa...?
-l'Amore vince ogni cosa: e noi cediamo all'amore.
-carina. In francese com'è?
Arthur aggrottò la fronte -l'Amor t...triompe...
Francis rise, sempre con eleganza -fermo, fermo, hai una pronuncia da far spavento. Passami qui il bigliettino- Arthur obbedì, cercando di ignorare le sue guance rosse. Francis si schiarì la voce -l'Amour triomphe: et nous aussi cédons à l'Amour!- annunciò con aria teatrale.
-farò finta di aver capito.
Francis ridacchiò e gli passò il bigliettino.
Arthur scrutò il cioccolatino per qualche secondo, poi glielo porse -lo vuoi tu? Non amo il cioccolato.
Il francese si coprì la bocca spalancata con le mani, orripilato -tu cosa?!
-non amo il cioccolato.
-mon Dieu, ecco perché sei una persona così triste!- esclamò, prendendoglielo dalle mani e mangiandoselo.
-ehi!
-sono serio- finì di mangiare prima di continuare -il cioccolato ci dà le endorfine, cioé ci fa produrre lo stesso ormone di quando siamo innamorati, quindi ci rende felici- si stiracchiò, slanciando le braccia al cielo e socchiudendo gli occhi -scientificamente, l'amore non è altro che una scorpacciata di cioccolata. Solo che l'amour poi ti fa soffrire, mentre la cioccolata al massimo ti fa prendere qualche chilo.
Arthur ci mise un po' a rispondere -non... non pensavo fossi un esperto di scienza.
Francis gli fece l'occhiolino. Era una cosa che faceva spesso, era parte del suo modo di fare, ma Arthur sentì il suo cuore mancare un battito a quel gesto, per qualche assurdo motivo -infatti non lo sono. Mi piace l'amore, e mi piace informarmi a riguardo. Tutto qui.
-oh, uhm... capisco.
-e a te? Cosa ti appassiona?
-non... non saprei. Perché tutto ad un tratto ti interessi di me?
Francis alzò le spalle -per fare conversazione?
-mh. Ehm. Non so... il tè?
Francis sbuffò -questa è la cosa più inglese che abbia mai sentito. Non c'è altro? Tu vivi la tua vita solo per bere tè?
Sì -no, certo che no.
-allora dev'esserci qualcosa che ti piace, no?
Esitò, pensandoci su -la magia- gli uscì di bocca -mi piace la magia, ma anche tutte le creature mitologiche e cose simili. Mio fratello mi raccontava sempre storie a riguardo prima di dormire. Lui adorava il mostro di Lockness.
Era arrossito mentre parlava. Non aveva mai raccontato a nessuno queste cose. I suoi due migliori amici sapevano del suo interesse per la magia, era il motivo principale per cui avevano fatto amicizia, ma non aveva mai parlato a nessuno di...
-tuo fratello? Quale, Alfred? O mon petit Matieu?
-no, un altro- si era irrigidito mentre parlava. Quello era un argomento che persino Alfred aveva paura di tirare fuori in sua presenza -mio fratello maggiore. È morto.
-oh. Mi dispiace.
Arthur si sentiva come se avesse un blocco di ghiaccio che gli correva lungo la colonna vertebrale, gelando lentamente tutto il suo corpo. La sua voce era piatta e priva di emozioni, come sempre quando si accennava ad Allistor -cose che capitano.
Francis sembrò capire che quello fosse il momento di cambiare argomento. Abbozzò un sorriso -quindi... magia, folletti, fate e unicorni?
Arthur roteò gli occhi, con un mezzo sorriso -e mostri, orchi e banshee.
-ban... eh?
-banshee. Erano donne che riuscivano a percepire la morte. Si credeva che quando qualcuno era sul punto di morire, il malcapitato sentisse le urla delle banshee.
-allegro- Francis si sporse verso di lui -raccontami di più.
L'inglese si sentì arrossire sotto il peso di quei due occhi azzurri -non è che ci sia molto a riguardo. Alcuni credevano che le banshee arrivassero per portare via il cadavere e seppellirlo. Erano rispettate, anche se poi con il tempo molte credenze si persero.
-oh.
-però... però alcune rimansero. Il mostro di Lockness per esempio. E sulla bandiera del Galles, o almeno quella che era del Galles quando ancora esisteva, c'è un drago rosso. Tante leggende sono sopravvissute al tempo e alla Chiesa. Nel Medioevo non c'erano cartine affidabili, ironicamente ce n'erano di più durante l'Impero Romano, di conseguenza non c'era una classificazione attendibile degli animali. Addirittura dove c'era l'Africa era segnato "qui ci sono i leoni" in latino, ovviamente, anche se non ricordo come si dica. I Romani invece stavano già esplorando quei territori, quindi ne sapevano di più. C'erano delle classificazioni degli animali, ma erano completamente prive di senso, e composte per lo più dalle credenze popolari. E ovviamente erano destinati principalmente a persone di chiesa o nobili, visto che quasi nessuno sapeva leggere se non loro. Quelle per il popolo erano per lo più raffigurazioni, ma erano molto costose.
-affascinante.
Arthur annuì, con gli occhi luminosi. Avrebbe continuato a parlarne per ore, ma in quel momento Antonio entrò in infermeria. L'inglese si alzò, e i due si guardarono in cagnesco. Non scorreva buon sangue tra loro, da sempre.
-io vado- si sentì dire. Guardò Francis e si sforzò di rilassare il viso -goditi i cioccolatini.
Quello gli sorrise e gli fece l'occhiolino -certo, mon amour.
Arthur ricambiò il sorriso con uno più contenuto, poi si voltò e se ne andò, ignorando Antonio.
Quando fu lontano si fermò e si appoggiò alla parete, per riprendere fiato. Il cuore gli batteva all'impazzata, e non riusciva a smettere di sorridere. Stava bene. Era felice, soddisfatto, una cosa che non gli succedeva da tanto tempo.
"L'amore ci fa stare bene. Come la cioccolata"
Il sorriso gli morì sulle labbra. Scosse la testa, si rimise dritto, si infilò il bigliettino di Virgilio in tasca e riprese a camminare.
Era sicuramente colpa di quel cioccolatino. Si vede che solo tenendolo in mano nella sua testa erano partiti gli ormoni. Era sicuramente così.

   
 
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