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Autore: mellybelly123    25/11/2020    1 recensioni
Una ragazza con un grande sogno, che percorre con tenacia la sua strada per realizzarlo. E su quella strada incontrerà lui, un dio chirurgo dagli occhi verde prato che travolgerà la sua vita. Ma chi sa che alla fine non sarà proprio la vita di certezze di MDBrown a essere stravolta dalla dolcezza di Margaret.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Ciao a tutti/e! Dopo mille anni torno con un nuovo capitolo di questa storia. La vita frenetica della nostra Margaret è la vita frenetica della chirurgia che vivo ogni giorno e che non mi permette di avere molto tempo libero. Ma qualche giorno fa ho ripensato a questa storia e ho deciso che aveva bisogno di un nuovo passo nelle vicende di questi personaggi.
Spero vi piaccia! Se vi va, lasciate un commento ;)

Capitolo 9

E poi succede.
Si avvicina a me e i nostri nasi sono cosi vicini da scontrarsi dolcemente fino ad abbracciarsi amorevolmente. Con una mano mi prende sotto il mento e mi avvicina la bocca alla sua, indugia sulle mie labbra schiuse, posso sentire il suo respiro che si mescola col mio. Sembra che voglia far durare quel momento in eterno, penso che non vorrei mai che finisse, che non finisse mai quella sensazione di trepidazione, quell’eccitazione di scoprire cosa sarà, quel rumore del cuore che sta per esplodere nella cassa toracica, quell’emozione di sentirsi vivi fino in fondo.
E poi succede.
Le sue labbra toccano le mie, si accomodano l’una con l’altra, si prendono, si stringono. È un bacio che sa di cose belle. È un bacio che sa di dolcezza e allo stesso tempo di eccitazione. È un bacio di curiosità di sapere chi è l’altro. È un bacio che sa di una sera di fine estate.
Le nostre bocche hanno appena iniziato una danza che non vuole essere interrotta, un passo a due degno dei migliori etoile. Si cercano e si separano seguendo una musica silenziosa che descrive la voglia di sentirci, che si fa via via più passionale alla ricerca di scoprire sempre di più. Le nostre lingue si tendono la mano e si stringono, si inseguono e si incontrano, si cercano e si trovano.
E poi succede.
Il bacio più bello che questa vita mi abbia mai regalato. Ci stacchiamo l’uno dall’altro come se fosse la cosa più dolorosa da fare e ci guardiamo. I nostri occhi azzurri che risplendono come un cielo di maggio. Ci sorridiamo e lui mi stringe a se ancora di più.
Le sue braccia sono un porto sicuro, sono confortanti, sono come il piumone che ti riscalda nelle fredde sere di inverno.
  • Sei incredibile.
Lo dice come se fosse l’unica cosa da dire, come se non ci fosse altro che questo.
  • Margaret, tu sei davvero incredibile.
In ogni sillaba sento il suo cuore. Mi avvicino e gli rendo un bacio dolce e leggero sulle labbra.
  • Per fortuna che ti ho incontrato.
Mi è uscita così. Non mi sentivo così felice e così leggera da così tanto tempo che quel pensiero mi si era stampato nel cervello ed era uscito dalla bocca. Era così semplicemente perfetto, bellissimo e incredibilmente affettuoso.
  • Per fortuna che esisti, Margaret.
 
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Ancora vestita, stesa sul mio letto non riesco a smettere di pensare. E di sorridere.
Penso e sorrido sempre di più. Non mi sentivo così felice da tanto tempo che non riesco a credere che tutto questo sta davvero succedendo. Mi inebria la mente il ricordo del suo sorriso dopo quel bacio, dei suoi occhi luccicanti che mi guardano, senza paura di mostrare tutte le emozioni che impazzano nel cuore di Andrew.
Andrew.
Un piccolo suono del cellulare interrompe i miei pensieri. Sblocco lo schermo e ho un sussulto.
Prendi il culo e vieni in ospedale. Non te lo vuoi perdere. Ora”.
E così, anche questa sera MDBrown è riuscito a strapparmi da una nuvola di felicità che mi ero creata e riportarmi crudelmente alla realtà.
E così, con ancora i tacchi ai piedi e il sapore di quel bacio sulle labbra, prendo la giacca di pelle ed esco alla ricerca di un taxi.
 
Dopo 15 minuti arrivo alle porte del reparto, le apro e improvvisamente le mie orecchie vengono inondate dai rumori della vita del policlinico, gli occhi abbagliati dalle luci bianche a soffitto e il naso dall’odore del disinfettante. Le infermiere del turno notturno mi salutano con un sorriso, qualcuna mi squadra dalla testa ai piedi e improvvisamente mi sento a disagio.
Mi dirigo verso lo spogliatoio per cercare una divisa e tornare in quelle vesti a cui sono abituata e a cui loro sono abituate e porre fino a quella sensazione di disagio, che mi sta facendo maledire per non essermi cambiata. Quantomeno i tacchi, porca troia Margaret!
Accelero il passo e senza pensarci troppo spalanco la porta della stanza e mi ci fiondo dentro. Mi allungo subito verso l’armadio delle divise mentre inizio a togliermi la giacca quando sento la porta aprirsi e il mio cuore per un attimo si ferma.
Dall’altra parte della stanza, un MDB mi fissa. Il suo sguardo è indecifrabile. Non dice una parola, semplicemente mi fissa, una mano ancora sulla maniglia e mi fissa. Mi osserva, mi scruta seguendo tutta la linea del mio corpo, parte dai ciuffi di capelli neri che cadono sulla fronte e scendono sul mio collo e sulle mie spalle ormai nude, segue la curva dei miei fianchi che si congiunge con quella del mio sedere, fasciato dentro questi jeans striminziti e che ricordo, “mi facevano un culo di tutto rispetto”. Arrivano alla mia caviglia stretta e seguono i miei piedi costretti in quelle decollettes ambrate. Poi risalgono a ricalcare ogni passaggio, come per essere certi di non essersi persi alcun dettaglio, osservano la piega del top infilato nel pantalone a vita alta e indugiano sulla scollatura e sulla vista sul mio seno che quella maglietta regala. Istintivamente porto una mano al petto e cerco di nascondere il visibile. Questo gesto sembra risvegliare il suo sguardo che si pianta sulla mia faccia. Studia i lineamenti del mio viso, la mandibola spigolosa e il naso dritto, le mie guance tinte di rosso, le mie labbra carnose che il rossetto glitter di Dior mette ancor più in risalto, i miei occhi.
Verde nell’azzurro.
Nel suo sguardo leggo mille emozioni diverse o forse sono io che cerco tutte quelle interpretazioni. Sorpreso, come se non si aspettasse me li (eppure mi ha chiamata lui). Serio, come se stesse soppesando un problema che mi appartiene e ne stesse valutando l’entità. Dolce, come se mi volesse bene. Passionale, come se volesse saltarmi addosso da un momento all’altro. Duro, come se fosse arrabbiato con me. Imbarazzato, come se volesse nascondere tutto questo.
Vorrei dire qualcosa, qualsiasi cosa per mettere fine a quella tensione, ma la verità è che nessuna parola mi esce fuori. Non emetto alcun suono. Afasica. Chiamate un neurologo.
Faccio appello a tutte le forze che mi appartengono.
  • Ciao
Non risponde, continua a fissarmi negli occhi per un tempo che sembra durare un’infinità di tempo.
Adesso no, non capisco cosa dicano i suoi occhi. Quel bellissimo verde prato è diventata una tela bianca, indecifrabile.
Poi via via la sua espressione si fa sempre più cupa, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato e lui mi avesse scoperta.
Succede tutto in un attimo, in un passo è ad un centimetro dal mio viso. Con un braccio mi cinge la vita e avvicina il mio bacino al suo. Mi stringe in un modo deciso, forte, virile. Con l’altra mano mi prende la nuca e i nostri nasi si sfiorano. Respiriamo la stessa aria in un millesimo di quantità di ossigeno. Non dice niente, si limita a fissare la mia bocca, famelico. Poi mi guarda.
Verde nell’azzurro.
  • Eri con lui.
Non è una domanda, non me lo sta chiedendo. È un’affermazione.
  • I-Io..cosa?
  • Eri con lui. Hai il suo profumo addosso. Sul tuo collo..
Deglutisco mentre la mano che teneva sulla nuca scivola ad accarezzare il mio collo fino al manubrio dello sterno, si ferma in quella piccola depressione del mio corpo e con l’indice scende verso la mia scollatura.
Deglutisco.
  • Matthew..
Lo dico che sembra un sospiro.
E lui si ferma. Il movimento della sua mano muore per aria e lui si stacca da me. Il freddo della distanza si impossessa del mio esile corpo. Ci guardiamo ancora per qualche secondo.
Mi schiarisco la voce.
  • I-Io mi devo vestire
Annuisce e semplicemente se ne va, chiudendosi la porta dello spogliatoio alle spalle.
 
   
 
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