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Autore: leila91    26/11/2020    23 recensioni
Bilbo, facendo scudo col suo corpo a Thorin, viene ferito quasi mortalmente da Azog durante la Battaglia delle cinque armate.
Il veleno contenuto nella lama imprigiona lo hobbit in un incubo, dal quale Thorin, con l'aiuto di Gandalf, deve cercare di salvarlo, prima che sia troppo tardi.
(canon divergence // what if? // bagginshield // fix-it // Partecipa all'iniziativa "Una storia tutta per te" indetta sul gruppo facebook Caffè e Calderotti.)
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Azog, Bilbo Baggins, Gandalf, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Miryel 


Si dice che i sogni sembrino reali quando ci siamo dentro: solo al risveglio ci rendiamo conto che qualcosa non andava.
Il paesaggio circostante era tra le cose più vivide che Bilbo avesse mai visto. Poteva sentire il freddo pungente sulla pelle e il profumo ‒ sì, Bilbo riusciva a percepire il profumo ‒ della neve nell’aria.
Lo hobbit registrò il battito impazzito del proprio cuore nel petto: pompava sangue a un ritmo sfrenato senza che ve ne fosse un motivo apparente.
Eppure…
Eppure Bilbo sentiva nelle ossa che qualcosa ‒ qualcosa di brutto, ne era certo ‒ stava per accadere e ingoiò a vuoto quando finalmente realizzò dove si trovava.
Colle Corvo.
Davanti a lui vi era un’immensa distesa di ghiaccio, delimitata da alcuni picchi rocciosi, e terminante in uno spaventoso strapiombo.
Era lì che Azog aveva teso il suo agguato; era lì che Thorin e il Profanatore avevano ingaggiato un ultimo, estenuante, duello.
Un duello che si era rivelato fatale per entrambi.
Thorin era stato accecato dalla rabbia e dal dolore per la perdita dei nipoti, Azog dal canto suo aveva esibito un ghigno di sfida, sputando parole oscene all’indirizzo del nano. Disgustose provocazioni che avevano sortito l’effetto sperato, quando il nano si era lanciato con cieco furore contro l’orco pallido.
Era lì che Thorin aveva trovato il suo riscatto finale, per morire poi fra le braccia dello hobbit.
O almeno era questo che Bilbo credeva, quello che ricordava.
Ciò che non capiva era cosa ci facesse lui, di nuovo lì, come se ancora non fosse avvenuto nulla.
Il suo cuore mancò un colpo quando vide Thorin, vivo e vegeto, al centro della lastra di ghiaccio.
Il primo impulso di Bilbo fu di correre da lui, per stringerlo forte e supplicarlo di andarsene, ma non appena provò a fare un passo scoprì di non riuscire a muoversi. Aprì la bocca ma non fu in grado di articolare nulla.
A pochi metri da Thorin, Azog il profanatore si avvicinava con lentezza, ma inesorabilmente, sulle labbra un ghigno sadico e spaventoso.

No. Nononononono. Non di nuovo. Vi prego, no.

Si dice che i sogni sembrino reali quando ci siamo dentro, e mentre urlava a pieni polmoni senza emettere alcun suono, Bilbo Baggins si rese conto di essere intrappolato all’interno del suo peggiore incubo.

 

§


 
“GANDALF! Sta succedendo di nuovo, fa qualcosa, maledizione!”
“Via di qui! Spostatevi, sciocchi, fatemi passare!”


Thorin si trovò spinto di lato con malagrazia, mentre lo stregone si lanciava con foga di fianco al giaciglio dove era steso il corpo esanime del giovane scassinatore.
Gandalf imprecò sottovoce, prendendo una delle mani di Bilbo fra le sue.
Gli sfiorò poi la fronte, dove era stato appoggiato un panno umido e borbottò una litania di cui Thorin non riuscì a comprendere le parole.
Bilbo scottava: lo hobbit era parso tranquillo fino a pochi secondi prima, mentre Thorin vegliava su di lui, poi di punto in bianco aveva cominciato a emettere suoni inarticolati, come se fosse in preda al dolore, e a scuotere la testa con frenesia.
“Maledizione!”
Il tono di Gandalf non faceva presagire nulla di buono e Thorin, che era rimasto ad assistere impotente, si sentì tremare.
“La febbre è salita ancora.” decretò lo stregone, tetro, “bisogna trovare subito dell’Athelas, prima che…” S’interruppe, come se proseguire quella frase gli costasse uno sforzo immane.
Cosa? Prima che cosa, Tarkun?” la voce di Thorin era un ringhio basso e carico di minaccia.
Gandalf alzò lo sguardo su di lui, e nei suoi occhi azzurri si leggeva collera, chiaro segno che lo stregone non si era lasciato minimamente impressionare dal tono del re sotto la montagna. Al massimo infastidire.
“Se non interveniamo subito con degli infusi di foglia di re il veleno penetrato nella ferita finirà per sopraffarlo. E Bilbo potrebbe… perdersi. Per sempre.”
“P-perdersi? Cosa significa?”
“Non intendo restare qui a scoprirlo,” sentenziò bruscamente Gandalf, troncando il discorso. “Gloin, Nori! Venite con me, avanti. Sì, voi due, ho detto! Non c’è un secondo da perdere.”
Lo stregone si alzò e fece per dirigersi verso l’uscita della tenda ma Thorin gli si parò momentaneamente davanti, ancora scosso.
“Dove stai andando?” chiese, “perché hai bisogno di loro?”
“A cercare dell’Athelas, testardo di un nano! Mi serve qualcuno che mi faccia da guida e da scorta, lungo le pendici di Erebor,” fu la risposta stizzita dello stregone.
Nori e Gloin nel frattempo si erano avvicinati, preparandosi a partire senza fare domande. Entrambi gettarono un’occhiata al povero Bilbo, che continuava a mugolare parole senza senso: si erano affezionati molto a lui ed erano decisi a obbedire a qualunque direttiva di Gandalf pur di poterlo aiutare.

Quest’ultimo si era intanto addolcito quel tanto che bastava per accomiatarsi da Thorin in maniera civile.
“Ascoltami, Thorin,” disse, appoggiandogli una mano sulla spalla in un gesto che voleva essere rassicurante, “troverò le erbe e sarò di ritorno il prima possibile, te lo assicuro. Ma tu devi promettermi che ti prenderai cura di Bilbo nel frattempo. Non lasciare che ceda!”
Thorin deglutì, preso alla sprovvista. “Ma io n-non… non sono un guaritore, come dovrei fare a-”
“Parlagli, Thorin!” La stizza torno in un baleno nelle parole di Gandalf. Afferrò entrambe le spalle del nano, abbassandosi alla sua altezza e scuotendolo lievemente, “Bilbo è intrappolato all’interno di un incubo, adesso. Continua a parlargli e non permettere che perda la presa sulla realtà!”

E detto questo uscì dalla tenda come inseguito da una tempesta, Nori e Gloin alle sue calcagna.

Thorin, rimasto solo, batté le palpebre e si riscosse, tornando a voltarsi verso Bilbo. Afferrò uno sgabello posto in precedenza in un angolo e si sedette accanto al giaciglio, prendendo una mano dello hobbit fra le sue, come aveva fatto Gandalf poco prima.
Quando finalmente cominciò a rivolgersi a lui, le sue parole furono piene di rabbia.

“Dannato scassinatore, non posso credere che tu abbia davvero fatto una cosa così stupida!”


 

  §

 
                                                                                
Azog tranciò di netto la testa di Thorin e dopo averla sollevata stringendone i capelli la esibì davanti a Bilbo, scoprendo i denti marci in un sorriso ributtante.
Lo hobbit represse un conato di vomito, mentre la sua vista si annebbiava, certo di essere sul punto di perdere nuovamente i sensi.
Era già svenuto altre due volte, e si era risvegliato esattamente nella stessa posizione, esattamente nello stesso momento, quando Azog e Thorin erano entrambi ancora vivi e in procinto di affrontarsi. Entrambe le volte era stato costretto ad essere nuovamente testimone della morte del nano, senza poter intervenire in maniera alcuna.
La modalità della sua uccisione cambiava a ogni nuova visione.
Dapprima Azog lo aveva trafitto al petto, in seguito ai polmoni ‒ costringendolo a soffocare nel suo stesso sangue, e ora lo aveva decapitato.
Bilbo si accasciò al suolo, inerme, e completamente svuotato.
Non sarebbe riuscito a urlare nemmeno se avesse potuto effettivamente farlo e nei suoi occhi ormai non vi erano più lacrime da versare.
Paradossalmente Azog, pur essendo ben consapevole di averne la possibilità, non lo aveva toccato: l’orco si limitava ad accettare la sua presenza lì e a godere, sadicamente, del suo dolore.

Le orecchie di Bilbo cominciarono a fischiare e mentre egli era sul punto di arrendersi ancora una volta, conscio che dopo non molto si sarebbe risvegliato per rivivere quell’incubo nuovamente da capo, accadde.
Fra quei sibili fastidiosi che precedevano lo svenimento si insinuò dal nulla una voce che accese il cuore dello hobbit di un calore improvviso.
Un calore che si diffuse immediatamente lungo tutto il suo corpo, sciogliendo il freddo col quale l’ambiente circostante l’aveva avvinto.
Una lacrima solitaria sfuggì agli occhi di Bilbo, non appena la riconobbe.

“Scassinatore… Bilbo, ti prego. Torna da me.”

Era la voce di Thorin, ma non proveniva dal nano, ormai morto, del sogno.
Sembrava piuttosto venire direttamente dalla testa di Bilbo ed era colma di una dolcezza così estranea all’indole del nano, da risultare quasi insopportabile.
Non solo: era macchiata di una nota di sofferenza che lasciò Bilbo praticamente senza fiato.
“Thorin non mi ha mai chiamato per nome prima d’ora.” rifletté amaramente lo hobbit, chinando il capo.
Non poteva trattarsi veramente di lui. Doveva essere una nuova illusione, un’allucinazione uditiva che si stava aggiungendo a quel sogno orribile, per tormentarlo.
Eppure…
Eppure la voce non si arrese, e lo chiamò nuovamente.

“Bilbo, ti prego. Mi dispiace, mi dispiace così tanto.”

“Thorin…” Bilbo provò inutilmente ad articolare una risposta.
Il tormento nelle parole del nano era quasi più intollerabile della tortura che stava subendo.
Doveva finire, decise Bilbo, e subito.
Thorin, ovunque si trovasse ora, non aveva nulla di cui scusarsi. Semmai era lui che…

“Thorin, no. È a me che dispiace.” questa volta Bilbo si limitò a pensarle quelle parole, sperando, contro ogni buon senso, che potessero davvero giungere a destinazione. “Mi dispiace di aver tradito la tua fiducia, di averti sottratto l’Arkengemma. Cercavo solo di tenervi al sicuro, volevo scongiurare una guerra ma non è servito a nulla e ora tu sei-”
“Bilbo!”
la voce interruppe con foga, e piena di sorpresa, “tu riesci a sentirmi? Mi senti davvero?”
Bilbo batté le palpebre, rendendosi conto che intorno a sé, nel frattempo, ogni cosa si era cristallizzata.
La neve aveva smesso di cadere e Azog pareva pietrificato, come se il tempo si fosse fermato.
“Io… sì, sì ti sento, Thorin! Ma dove sei? Cosa sta succedendo?” chiese usando di nuovo il pensiero, il cuore in subbuglio animato da un’improvvisa speranza.
“Ascoltami bene, Bilbo!” la voce di Thorin si era fatta più concitata, come se stesse cercando di avvertirlo di un imminente pericolo, “io sto bene, sono al sicuro. So che ora non lo ricordi, ma tu mi hai salvato la vita. Ti sei frapposto tra me e Azog, prendendo la pugnalata al mio posto.”

Bilbo deglutì, e scosse la testa, incredulo, nell’ascoltare quelle parole.
Non poteva essere vero! Lui, codardo com’era, aveva fatto da scudo a Thorin con il suo corpo?
Com’era possibile che non ricordasse una cosa del genere?
Forse perché non era mai avvenuta, ecco perché...
Ma, effettivamente, solo in quel modo quello che stava succedendo acquisiva un senso, per quanto flebile.
Poi, senza alcun preavviso, un lampo gli attraversò improvvisamente gli occhi e una stilettata lo colpì al petto. Bilbo si piegò in due, attraversato da una fitta.
(Thorin! No!

Il ruggito sconvolto dell’orco gli risuonò nelle orecchie, ma Bilbo lo udì smorzato, come se la realtà intorno a lui stesse cominciando a svanire.
Una lama di fattura ignota era riuscita a oltrepassare la cotta di maglia di mithril, aprendo un piccolo ma profondo squarcio sul suo addome. Bilbo scivolò all’indietro, colpendo di schiena la lastra di ghiaccio e riuscì per poco a intravedere Thorin gettarsi sull’orco pallido, come una furia.
Un attimo o una vita dopo, Thorin era di nuovo al suo fianco, gli occhi pieni di lacrime, la voce rotta.
“Sciocco! Maledetto scassinatore, che cosa-che cosa hai fatto…”
Una mano tremante sfiorava il petto di Bilbo, mentre l’altra si era insinuata nei suoi capelli, accarezzandoli dolcemente.
Dietro di loro il cadavere di Azog giaceva abbandonato e dimenticato.
“Non avresti dovuto, mastro Baggins… p-perché hai…” Thorin adesso piangeva apertamente.
E Bilbo avrebbe tanto voluto rispondergli, dirgli che non era niente, solo un graffio e che sarebbe andato tutto bene. Che lo avrebbe rifatto cento altre volte, se questo avesse significato salvarlo, per la ragione più semplice e potente del mondo: lui lo amav-

Ma prima che riuscisse anche solo a cominciare la frase, il buio inghiottì lui e i suoi pensieri.)


Il lampo passò, la fitta svanì e Bilbo aprì gli occhi portandosi una mano sul torace. Adesso riusciva a sentirlo, lo squarcio, prova silenziosa e tangibile di quale fosse la verità.

“Me lo ricordo! Thorin, ricordo tutto ora!”
E anche se non poteva vederlo era certo che l’altro adesso stesse sorridendo.
Lo capì dal tono dolce e sollevato con cui gli giunse la risposta.
“E io e te dovremo fare un discorsetto a riguardo, scassinatore, perché se proverai a fare nuovamente una cosa tanto incosciente me la pagherai cara. Non hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere.”

Bilbo sorrise, per la prima volta: “mi dispiace, dico davvero. Ma se sei vivo ne è valsa la pena.”
“Sono quasi d’accordo,” rispose Thorin, “la sarà valsa solo quando sarai tornato da me. Avanti, Bilbo, apri gli occhi.”



 
 §

 

Gandalf era tornato da poco: non aveva impiegato che un paio d’ore per trovare la foglia di re, ma a Thorin era parso di aver atteso una vita intera.
Per grazia dei Valar, però, in quel frangente di tempo era riuscito a raggiungere Bilbo. Era riuscito a parlare con lui, a evitare che si perdesse. Era stato quasi surreale osservare il piccolo hobbit rispondere pur senza aprire gli occhi, occhi che Thorin non vedeva l’ora di poter ammirare di nuovo. Voleva bearsi del loro verde, annegare in quella distesa d’erba che tanto gli faceva pensare alla terra che il mezz’uomo si era lasciato alle spalle.
Voleva chiedergli scusa come si deve, rassicurarlo e convincerlo che aveva fatto la cosa giusta dando via l’Arkengemma e che solo quando aveva rischiato di perderlo, Thorin si era reso conto di quanto Bilbo fosse davvero importante per lui.
Grato che nessuno potesse sentire quei pensieri, il futuro re sotto la Montagna si limitò ad aspettare, assieme al resto della compagnia, mentre Gandalf applicava degli impacchi di Athelas sulle ferite dello hobbit.
In un’altra tenda, Oin e dei guaritori elfici si occupavano invece di Fili e Kili, sopravvissuti miracolosamente anch’essi ai colpi di Azog. Thorin li aveva visitati e parimenti attendeva con trepidazione il momento in cui avrebbe potuto riabbracciarli.

Diversi minuti più tardi, Gandalf uscì dalla tenda e tutti trattennero il fiato.
Lo stregone si sciolse in un sorriso stanco, ma soddisfatto.

“È sveglio,” decretò, guardando la compagnia, “e chiede di te,” concluse rivolgendosi direttamente a Thorin.

 


 §
 


Non era strano, che ora che il momento era finalmente arrivato, a Thorin tremassero le ginocchia?
Una volta entrato nella tenda si mosse verso la branda con più trepidazione di quanta non ne avesse mai avuta scendendo in battaglia.
Come aveva detto Gandalf, Bilbo era sveglio.
I suoi occhi verdi erano spalancati e in essi Thorin ritrovò il coraggio e il respiro.

“Mastro Baggins,” soffiò.
Bastò questo a illuminare il volto di Bilbo con il più splendente dei sorrisi.

Thorin sentì le gambe muoversi da sole per avvicinarsi allo hobbit.
Una volta raggiuntolo e inginocchiatosi al suo fianco, lo strinse nell’abbraccio più tenero di cui fosse capace.
Lo tenne a lungo premuto contro il suo petto e fu solo quando a Bilbo sfuggì una piccola smorfia di dolore che lo lasciò andare.
“Mi dispiace, non avevo pensato alla ferita,” mormorò Thorin, allontanandosi appena, ma cingendo comunque le spalle dell’altro.
Bilbo si lasciò a andare a una risatina esitante.
“Non è niente,” disse, e lo pensava davvero, “Gandalf dice sono fatto di una tempra più robusta di quanto pensasse, e che mi rimetterò presto.”
“Sarà meglio.” ribatté Thorin e il suo tono burbero strappo a Bilbo una vera risata che in breve contagiò anche l’altro.
Non appena quel piccolo momento di ilarità si spense, fra i due calò un breve silenzio colmo di imbarazzo.
“Thorin, io…” Bilbo si schiarì la voce, e ritentò, “volevo ringraziarti, ecco. E chiederti nuovamente scus-”
Ma non riuscì a proseguire perché il nano lo bloccò chiudendogli le labbra fra pollice e indice.
I suoi occhi avevano il colore di un cielo in tempesta.
“Non farlo.” ringhiò, “non osare scusarti, scassinatore. Non dopo che hai quasi rischiato la tua vita per salvarmi, nonostante io sia stato così ingiusto con te.”
Abbassò lo sguardo, ma Bilbo se ne accorse e gli sollevò il mento.
“Sarei pronto a rifarlo.” disse dolcemente e Thorin sentì le lacrime pizzicargli gli occhi.
“Perché?” chiese piano, sebbene dentro sé conoscesse già la risposta.
Fu il turno di Bilbo di distogliere lo sguardo, arrossendo.
“Lo sai perché, Thorin,” bisbigliò, “non ne ho alcun diritto, ne sono consapevole, ma temo di essere totalmente, irrimediabilmente, incondizionatamente, innamorato di te.”

La risposta di Thorin fu lo stesso sorriso che gli aveva trasfigurato il viso quando Bilbo, solo pochi giorni prima, gli aveva mostrato una piccola ghianda.
Era così bello che a Bilbo faceva male guardarlo, ma allo stesso tempo si concesse di interpretare la sua reazione come un segnale positivo.
“Thorin,” tentò fiducioso, “potresti, ehm, dire qualcosa?”
Il nano colmò la distanza che ancora li separava, chiudendogli la bocca con un bacio che conteneva ogni risposta e che cancellò ogni dubbio residuo.

“Grazie,” mormorò non appena si staccarono in cerca di aria, “di essere tornato da me.”
Bilbo scosse la testa, intenerito, e lo avvicinò nuovamente a sé, appoggiandogli una mano sulla nuca.
“Grazie di essere venuto a cercarmi.”



 
 §



Quando Oin, dietro indicazione di Gandalf, venne a visitare lo hobbit, verso sera, lo trovò nuovamente addormentato, ma questa volta fra le braccia di Thorin.
Quest’ultimo era sveglio, la schiena appoggiata contro lo schienale della branda, e stava accarezzando dolcemente i capelli dell’altro. Quasi con riverenza, si sarebbe detto.
Commosso, Oin retrocesse e uscì senza fare rumore, non volendo interrompere quel momento di pace e concedendo ai due un po’ di intimità.
Thorin se ne accorse e gliene fu grato, il suo cuore sereno come non lo era da tempo.
Si lasciò andare a uno sbadiglio e si distese, stando attento a non svegliare lo hobbit accanto a lui.
Si fermò a rimirarlo ancora una volta, prima di concedersi un meritato riposo, ringraziando Mahal ancora una volta.
Sarebbe andato tutto bene, d’ora in avanti, di questo era certo.

Lui e Bilbo avevano indubbiamente preso strade molto diverse, ma ora erano entrambi finalmente a casa.




 




Note testo:

L’Athelas, o foglia di re, è una pianta del mondo di Arda, dai poteri curativi. Nelle vicende di LOTR viene usata da Aragorn per guarire diversi personaggi dalle ferite inflitte dai Nazgul. Mi sono presa la libertà di inserirla anche qui, sebbene non sappia se effettivamente cresca anche ad Erebor, in quanto ho immaginato che la ferita subita da Bilbo fosse molto simile a quella del povero Frodo a Colle Vento.

I Valar sono le divinità del mondo creato da Tolkien, e Mahal in particolare è colui che ha creato i nani.
Tarkun è il nome con cui Gandalf è noto fra i nani.

La frase con cui comincia la storia è presa dal film Inception.

Il fatto che Oin sia il nano guaritore della Compagnia di Thorin viene specificato nel film “La desolazione di Smaug”

 

Note autrice: 

Buongiornoooo e grazie di essere giunti fin qui ^^.
La genesi di questa storia è un po’ particolare: inizialmente avrebbe dovuto partecipare al bellissimo contest “Canon compliant? I think not.” di Maiko_chan ma purtroppo causa mancanza di ispirazione è rimasta incompleta fino a quando Rosmary non ha indetto una bellissima iniziativa sul gruppo facebook “Caffè e calderotti” che consisteva nello scrivere una storia “regalo di Natale” per altri/e autori/trici. Questo mi ha spronato a finirla per poterla dedicare alla dolcissima Miryel.
Come potete vedere è una fix it, che più fix it non si può: sostanzialmente tutti sono vivi, in salute e vivranno per sempre felici e contenti (PERCHE’ SI’, E’ NATALE.)
Se chi ha letto Coming back home vi ha trovato qualche somiglianza, in particolare nel titolo… è voluta.

Ringrazio nuovamente tutti voi per essere arrivati fin qui e vi invito se ne avete voglia a farmi sapere cosa ne pensate.
Di nuovo grazie alle sopracitate Maiko e Rosmary, oltre che alla mia preziosissima Bea per gli incoraggiamenti.

Buone feste dalla vostra pazza Bennina <3


@crediti fan art https://vk.com/photo-83102340_389630183?rev=1 (il nome dell'artista non è segnato.)
   
 
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