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Autore: BeaterNightFury    26/11/2020    0 recensioni
Le riusciva persino difficile credere che una volta alzati tutti da tavola, Riku sarebbe andato finalmente a cercare la sua mamma… che ora gli era stato permesso. Che Sora sapeva dov’era Ventus e sarebbe andato a recuperarlo dopo che le Principesse fossero state al sicuro.
Che se avessero vinto quella guerra, Shiro avrebbe avuto di nuovo una famiglia, una casa.

Seguito di Legacy e Journey.
Sora, Riku e Kairi dividono le loro strade per proteggere le Principesse, salvare i Guardiani perduti, e prepararsi alla battaglia.
Lea si ritrova dopo undici lunghi anni a fare i conti con il proprio passato irrisolto.
Ventus e Roxas aspettano il momento in cui potranno tornare a fare qualcosa che non sia osservare...
Il momento dello scontro è vicino.
Sette contro tredici.
A volte, la differenza è tutto quello che un eroe può fare.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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E qui - parla Beater - andiamo a toccare un tasto un pochino dolente per quello che per me è stato il trattamento di Pirati dei Caraibi in Kingdom Hearts 3. Ammettiamolo, ho un CERTO debole per i pirati. Non mi è piaciuto molto come si sono mangiati la trama del terzo film, anche se posso capire che sia stato per mantenere il rating il più basso possibile.
L'aspetto di Ventus in questo capitolo è liberamente ispirato agli abiti di Will Turner nella graphic novel di "La Maledizione del Forziere Fantasma", e l'anno scorso l'ho anche disegnato e realizzato come cosplay (è sul mio Twitter se volete vederlo) 
 

Guardians – Capitolo 7
Un Solo Folle
 
Il cielo era grigio, e il mare era grosso.
Si preannunciava una tempesta, ma tutti i marinai sulla nave sembravano essere intenzionati a proseguire sulla loro rotta. Ventus avrebbe osato dire che veleggiavano… come se avessero il diavolo alle calcagna?
«Hai detto che conosci questo mondo, giusto?» chiese a Sora. «Ci sei già stato?»
«Sì, ho amici qua.» Sora sorrise fino alle orecchie e si appoggiò all’albero della nave.
I loro vestiti erano cambiati quando erano usciti dal portale e si erano tolti le armature (Sora doveva ancora abituarsi a quella che gli era stata prestata): adesso Sora aveva un giaccone di cuoio che sembrava essere stato cucito interamente da toppe, un paio di pantaloni a righe, un paio di stivali, un gilet rosso su una camicia bianca, e i suoi capelli solitamente irti erano stati appiattiti da una bandana azzurra e un tricorno in cuoio.
Gli abiti di Ventus avevano subito un trattamento simile: aveva ai piedi degli stivali neri anziché le sue solite scarpe da ginnastica, i suoi pantaloni grigi erano visibilmente logori e coperti all’altezza delle ginocchia da toppe cucite alla men peggio, aveva i polsi e i palmi delle mani coperti da stracci annodati a mo’ di guanti, una camicia bianca con le maniche rimboccate coperta da un gilet nero tenuto chiuso con una striscia di lana verde a righe, e una bandana dello stesso colore – ne aveva un lembo nel suo campo visivo – era legata attorno alla sua testa. Un esame più attento rivelò il Simbolo della Maestria, marcato con inchiostro nero sul suo avambraccio sinistro, e una stella di cui non ricordava il significato più in alto sul destro.
«Beh, tecnicamente sei maggiorenne.» Sora si infilò una mano sotto il cappello mentre Ventus si esaminava le braccia. Non che lui fosse rimasto con il suo solito aspetto, a quanto pare il travestimento gli aveva anche lasciato un paio di cicatrici in volto e un dente d’oro o due in bocca.
«Che tipi sono i tuoi amici?» Ventus chiese a Sora, sedendosi accanto a lui su una panca del ponte.
«Pirati. Lupi di mare.» Sora si sistemò il cappello. «Si chiamano Jack, William ed Elizabeth. Non so se siano ancora a Port Royal o se stiano percorrendo qualche tratto di mare perduto, ma Jack sarà sicuramente felice di vedermi. Era interessato al Keyblade l’ultima volta che lo vidi… non so perché, ma sembrava ne parlasse quasi come la soluzione ad un problema.»
«Beh, se è di pirati che parliamo, una chiave che apre qualsiasi cosa vuol dire tesoro.» Ventus fece un sogghigno, memore delle sue avventure contro Capitan Uncino.
La ciurma sembrava ancora in apprensione mentre si affaccendavano a governare la nave. Ora che avevano smesso di parlare, Ventus poteva sentirli cantare una canzone dalla melodia greve… qualcosa che suonava come una chiamata alle armi…
«Il Re la colpì, la Regina rapì… nell’ossa sue la fermò… ch’il mar sia nostro, in ogni posto… ma i ladri qui guidò…»
«Non avevo mai sentito questa canzone.» Sora si mise in piedi.
«Yo, ho, su i vessilli, quella gloria vivrà…»
Una campana suonò da poppa, e una nave spettrale con vele stracciate e l’intero scafo coperto da molluschi, coralli, e crostacei, li raggiunse ad una velocità che Ventus non credeva nemmeno possibile.
Heartless gli volavano attorno.
Sia Sora che Ventus portarono i Keyblade alla mano, pronti a vendere cara la pelle, ma una mareggiata più potente delle altre fece oscillare pericolosamente la nave, e la forza dell’onda li raggiunse in pieno, quasi spingendoli via.
Entrambi finirono in mare, e senza dirsi nulla presero a nuotare per raggiungere di nuovo l’imbarcazione. Non c’era verso – la corrente andava loro contro, quasi come se lo stesse facendo apposta. Come se volesse impedire loro di difendere la nave pirata, che stava venendo cannoneggiata brutalmente dai loro aggressori. Una trave fluttuò verso di loro, permettendo loro di aggrapparsi, ma il mare li stava portando via… la nave che aveva dato loro un passaggio stava rapidamente finendo a pezzi, e in fiamme… e colava a picco… Ventus alzò una mano dalla trave e prese Sora per il braccio, se il mare si fosse ingrossato ancora non potevano separarsi, troppo pericoloso… le onde li spingevano ancora più lontani…
… e l’ultimo pensiero del ragazzo vedendo la nave sparire fu se, fossero rimasti a bordo, avrebbero davvero potuto fare la differenza per quella ciurma sfortunata.
 


Dopo che Sora e Ventus si erano offerti volontari per occuparsi dei Caraibi – era comprensibile che dovessero andarci in due, con due Oscurità a perlustrare quel luogo, e lo era altrettanto che Ventus volesse andare con Sora perché era il momento che capissero anche come combattere assieme – Riku si era trovato con quello che era l’equivalente astratto del fiammifero senza capocchia. Kairi e Lea si erano appena ritirati da una missione che erano riusciti a stento a portare a termine e avevano bisogno di allenarsi ancora, Topolino non era ancora in condizione di combattere, e Aqua era intenzionata a fare delle ricerche sulla Guerra dei Keyblade nella biblioteca del castello.
Fu con estrema riluttanza che Riku lasciò Lea, Kairi e Shiro agli hangar del castello di Radiant Garden perché cominciassero le loro ricerche sulla persona sparita – eppure ricordava di aver avuto contatti anche lui con qualcuno di cui non ricordava il volto.
Si sentiva come se stesse cercando di afferrare il fumo a mani nude – aveva la risposta davanti a sé, eppure non riusciva ad arrivarci.
Era ancora immerso nei suoi pensieri quando stava scendendo dal portellone della navetta – sarebbe rimasto qualche ora ad aiutare Lea, probabilmente assieme potevano rimettere in ordine quei pezzi – e per poco non si spaventò quando vide una delle persone là per accoglierli all’atterraggio – per un momento gli era sembrato di vedere Saïx, ma si rese quasi subito conto che invece l’uomo aveva ciuffi di grigio tra i capelli, una pettinatura diversa, e il volto segnato da alcune rughe.
«Buongiorno, ragazzi!» Sembrava contento di vederli.
«Salve, Vostro Onore.» Lea fu il primo a fargli un cenno di saluto. Sembrava contento di vederlo. «Ricordate Kairi?» La indicò con una mano.
«La tua sorellina?» Il giudice – se era un giudice – la fissò, poi si rivolse a lei. «Ricordo ancora di quando venivi da noi a giocare con il cane. Adesso sono io ad avere un bimbo in casa.» Aggrappato alla gamba dei suoi pantaloni c’era un bambino con la pelle scura, di forse un anno e mezzo, con dei riccioli scuri che dovevano essere stati tagliati a macchinetta di recente e un piccolo zainetto sulla schiena. «Finn, vuoi salutare i signori?»
«Shiro!» pigolò il bambino, poi lasciò la gamba del giudice e si lanciò ad abbracciare la ragazzina.
Oltre al giudice e al piccolo Finn, nell’hangar c’erano Stitch, Cloud, e un uomo con i capelli rossi che si presentò come Genesis.
«Si sta preparando una battaglia in un mondo non lontano da qui.» Fu Riku, da Maestro del Keyblade, a trovarsi a spiegare al giudice – Ilyas, si chiamava così? – e a Genesis cosa stesse accadendo mentre percorrevano i corridoi che portavano allo studio. «Xehanort è un nome noto per voi, no? Abbiamo nei piani di fermarlo una volta per tutte. Riportare a casa le persone che ha strappato alle loro famiglie.»
«Ne so qualcosa, ha ancora il mio maggiore nelle sue grinfie luride,» il giudice commentò, e Riku non si stupì di averlo scambiato per una delle Oscurità. «Finn non ha mai conosciuto suo fratello Isa.»
«Terra!» Stitch rincarò la dose trotterellando sul pavimento.
«Dire che sia noto è poco. Mi ha quasi fatto a pezzi come una bambola di pezza.» Genesis per poco non sputò per terra. «Lui e quel Braig. Anzi, stavo iniziando a chiedermi se non fosse quello a comandare.»
«Xigbar?» Kairi alzò un sopracciglio.
«Comunque si chiami.» Cloud si portò una mano alla fronte. «Di sicuro, prima di Xehanort c’è sempre stato lui, almeno qui.»
«Ha ragione Cloud.» Lea commentò con un sospiro. «Braig era ancora Braig quando lo Xehanort che conosciamo noi era ancora Terra
Ienzo era al suo solito posto nella sala computer, intento a parlare a Otto e Nove tramite il microfono. I cerchi scuri sotto i suoi occhi si erano allargati, e Riku non poté fare a meno di pensare che lo studioso stesse combattendo la loro stessa battaglia, e altrettanto strenuamente.
«’giorno,» bofonchiò vedendoli entrare. «Ancora nessuna novità. Otto e Nove vanno in crash tutte le volte che si spingono troppo in avanti. E dopo quel che è successo a Shiro non mi fido a mandare un altro Custode del Keyblade lì dentro.»
«Beh, le tue preghiere sono esaudite, perché la Maestra Aqua ha detto…» Lea fece per annunciarsi trionfalmente, ma Kairi lo prese per un orecchio.
«La Maestra Aqua non ha detto di metterci in pericolo inutilmente. Se ti perdi, sarà Elsa che andranno a cercare.»
Ienzo incrociò le braccia.
«Dovevi davvero tenere al membro che abbiamo perso, Lea.» Commentò con un raro sorriso. «Secondo i miei calcoli, sarebbe certo che Xigbar ha lasciato una trappola nei dati delle ricerche, e certo che verrebbe fatta scattare se ci fosse un Creativo lì dentro.»
«Ienzo, non è che aggiornando il sistema operativo potremmo disabilitare le trappole?» Kairi intervenne.
Sia Riku che Lea si girarono verso di lei.
«Cosa
Kairi guardò Riku e soffocò una risatina.
«Tu e Sora vi siete davvero persi l’ultimo anno di scuola.» Commentò. «Mi ero scordata di dirvelo. Hanno iniziato a insegnarci informatica e a farci fare molto più lavoro ai computer. Non mi voglio considerare un’esperta, ma se i programmi che stiamo usando per decrittare il disco vanno in crash, vuol dire che abbiamo bisogno di più potenza di fuoco. Se i computer della scuola venivano attaccati da dei malware complessi, la prima cosa che facevano i professori era aggiornare l’antivirus…»
Ienzo scosse la testa e abbassò lo sguardo.
«Fosse facile. Il sistema operativo di questo computer non è affatto semplice come si potrebbe pensare. È stato progettato da uno studioso di un altro mondo di cui si sono perse le tracce anni e anni fa…»
Un momento. Riku questa storia l’aveva già sentita.
«Kevin Flynn?» Azzardò a chiedere.
Ienzo alzò la testa.
«Riku, come sai quel nome?»
«L’ho conosciuto. Durante il mio esame del Simbolo della Maestria.» Riku si cercò nelle tasche fino a trovare il suo giornale dell’esame, poi guardò Ienzo negli occhi. «Mi dispiace dirti che è morto… e di recente. Ma ha un figlio, un ragazzo di nome Sam. Ed essendo io, come dice Kairi, un gran pezzo di tonto, mi feci dare la sua e-mail e me ne sono quasi dimenticato.»
Aprì il giornale alla pagina a cui lo aveva annotato, poi lo passò a Ienzo.
«Di’ che sei mio amico,» gli disse, accennando a un sorriso.
 


«Dove pensi siamo finiti?»
Dopo essere naufragati dopo l’attacco della nave fantasma, Sora e Ventus si erano risvegliati in quella che sembrava un’enorme distesa deserta. Il che non aveva senso – erano ancora vestiti da pirati, ed entrambi avevano i capelli e gli abiti ancora incrostati di salsedine.
«Non lo so. Credevo di conoscere questo mondo.» Sora fece qualche passo, poi si guardò attorno. Il terreno attorno a loro era costellato di ciottoli tondi. «Deve essere successo qualcosa di grosso mentre ero via.»
Alla faccia del grosso, Sora. Siamo passati dal mare aperto al deserto! È quasi come se fossimo fuori dal mondo!” Roxas commentò nella sua testa.
«Tu non hai visto niente quando io e Ventus abbiamo perso i sensi, suppongo.»
Notizia dell’ultimo minuto, Sora. Io vedo quel che vedi tu.
«Almeno potresti esserci d’aiuto.» Sora commentò, esasperato. Ventus si lasciò scappare una risata.
«Scusami, non dovrei ridere,» si fece serio quasi immediatamente. «Fa un effetto strano, però. Non riuscire più a sentire Roxas.»
Sora lanciò un’altra occhiata ai sassi. Avrebbe giurato di aver visto uno o due di essi muoversi.
«Lo avete visto anche voi?»
«Visto cosa?» Ventus si grattò la testa sotto la bandana.
«I sassi…» Sora segnò a dito il più vicino a loro. Proprio mentre lo indicava, il ciottolo mise le zampe. Letteralmente. Spuntarono chele e zampe sotto di esso, e prese a zampettare lontano da loro. La stessa cosa fece quello immediatamente accanto, e poi altri tre, quattro, cinque… non erano ciottoli, erano granchi.
Va bene, questa non me l’aspettavo.” Roxas commentò.
«Se sono granchi, staranno andando verso il mare!» Ventus prese a inseguirli. «Non dobbiamo essere tanto lontani dalla costa!»
Sembravano soltanto aumentare, e Ventus sembrava avere ragione – andavano tutti in una direzione. Restava la domanda di cosa ci facessero là – e cosa ci facessero là loro, soprattutto. Sora si sentiva tanto come quella volta in cui era atterrato ad Atlantica senza sapere di essere lì. Evidentemente, proprio come in quel caso, si era imbattuto in una parte di quel mondo di cui ancora non era a conoscenza.
Si intravedeva un’enorme ombra davanti a loro, e dopo il silenzio spettrale, interrotto soltanto dai loro passi, Sora finalmente sentì una voce familiare.
«Siamo anche inseguiti dai sassi… ci mancava solo questa!»
E anche lui sembrava parlare da solo.
«Oh, guarda. Una cima!»
Sora accelerò il passo… non si rendeva conto di quanto perso si era sentito fino a un momento prima, ma quella davanti a loro, se pur spiaggiata nel deserto, era la Perla Nera… e quello che stava cercando di trainarla, con solo una cima, era nientemeno che…
«JACK SPARROW!» Sora si fermò davanti al pirata, sorridendo da orecchio a orecchio. Ventus si fermò un passo dietro a lui, esaminando con lo sguardo quello che per lui era un perfetto sconosciuto.
Jack sferrò a Sora un’occhiata di rimprovero.
«Capitan Jack Sparrow!» Sbuffò esasperato, poi fissò Sora e parve riconoscerlo. «Salve, Sora! Ti chiederei se tu fossi un miraggio, ma… non conosco il tuo amico. Ergo per cui, non sei un miraggio.»
«Io mi preoccuperei della nave, signore.» Ventus indicò la chiglia. I granchi si erano ammassati sotto lo scafo della Perla Nera, cominciando a sollevarla e a portarla in avanti… lontano da loro.
«Mannaggia!» Jack si girò subito, prendendo a inseguire la nave di corsa. Sora e Ventus lo seguirono a ruota, ma Ventus fu il più rapido dei tre e con un salto raggiunse la poppa e prese ad arrampicarsi.
Qualche minuto dopo, calò una cima dal castello di poppa, e prima Sora, poi Jack si arrampicarono su e risalirono a bordo.
«Bene, e adesso?» Sora si incrociò le braccia dietro la testa mentre il deserto roccioso sfrecciava davanti a loro.
Una linea azzurra era comparsa all’orizzonte.
«Adesso ce ne andiamo da qui!» Jack annunciò, trionfante.
Mentre la nave si inerpicava su una duna e scivolava giù, con Jack in posa maestosa su uno dei pennoni, Sora e Ventus si affacciarono al parapetto – c’erano altri pirati in riva al mare. Sora riconobbe il Signor Gibbs in mezzo a loro, e il muto Cotton con il pappagallo, e Marty… era la ciurma di Jack! Li riconosceva!
«Credo di aver capito perché siamo finiti qui. Scendiamo!» Sora scavalcò il parapetto e balzò nell’acqua bassa. Ventus arrivò immediatamente dopo, ultimo Jack che dovette scendere dall’albero.
«Sora? Cosa ci fai qui?»
Era una ragazza ad aver parlato. Sora non la riconobbe immediatamente per Elizabeth.
«Siamo sulle tracce dell’Organizzazione.» Sora spiegò. «Sono tornati a combinare macelli.»
«Ci mancava questa.» Un altro pirata si avvicinò a loro… un momento, era Will! Quanto erano cambiati?
«Mi hai preso le parole di bocca.» Accanto a Sora, Ventus si incrociò le braccia dietro la testa. «Ci ho quasi lasciato le penne anni fa, per aiutare a fermare il loro fondatore. Ma l’erba cattiva a quanto pare non muore mai. E si è comunque presa la mia famiglia.»
«Ne so qualcosa,» Will sbuffò, poi tese stancamente una mano a Ventus. «Sei un amico di Sora? William Turner. Puoi chiamarmi Will.»
Ventus abbozzò un sorriso mentre stringeva la mano del pirata. «Io sono Ventus. Puoi chiamarmi Ven.»
«Elizabeth, cosa è successo mentre ero via?» Sora non perse tempo a chiedere. «Sembrate tutti molto cambiati.»
Elizabeth si guardò attorno e scosse la testa.
«Jack si è messo nei guai con il capitano dell’Olandese Volante. La Compagnia delle Indie ne ha approfittato per prendere il controllo di quella nave… usarla come arma contro i pirati.» La ragazza raccontò. «Jack era stato intrappolato nello scrigno di Davy Jones… credo dobbiamo ringraziare voi due se lo avete portato qui.»
«Quindi era l’Olandese Volante… la nave che abbiamo visto?» Ventus azzardò un’ipotesi. «Ha affondato una nave come fosse una barchetta di carta. Ne siamo scampati solo perché qualcosa ci ha sbalzati lontano.»
Una donna con la pelle scura e i capelli raccolti in treccine si avvicinò a loro, lanciando un’occhiata penetrante.
«Rinforzi per il brillante Jack!» Esclamò. Il tono della sua voce e il suo portamento erano quelli di una donna saggia, forse una sacerdotessa. «Mi domando, sarete voi la chiave della vittoria?»
Ventus fece un passo indietro e andò quasi dietro Sora. Mentre la donna rideva, Sora notò qualcun altro in mezzo ai pirati sulla spiaggia – un’altra faccia nota che non gli piaceva.
«Cosa ci fa Barbossa qui?» Lo segnò a dito mentre Jack iniziava a litigare con il pirata.
«È uno dei Nove Pirati Nobili.» Will spiegò, facendo un paio di passi verso Jack. «Ci servono tutti e nove per convocare il Consiglio della Fratellanza. Né Jack, né Barbossa avevano nominato un successore.»
«Il Consiglio della Fratellanza?» Sora ripeté. Gli ricordava molto la loro missione per radunare i Guardiani della Luce.
«Sì, per fronteggiare la Compagnia delle Indie.» Elizabeth finì di spiegare. «Sora… siamo in guerra.»
Jack doveva aver appena sentito una spiegazione simile da Gibbs, o da Barbossa, perché visto da lontano sembrava abbastanza esasperato.
«Non vi posso lasciare soli un momento, ma che diamine!» Jack si allontanò da tutti con il suo solito incedere barcollante. «Perché mai dovrei imbarcarmi con voi, di cui quattro hanno tentato di uccidermi e una ci è riuscita
Nessuno sembrò aver capito le parole di Jack… tranne Will ed Elizabeth.
Entrambi sobbalzarono come se fossero stati punti, e Will si girò verso la ragazza.
«Oh… non te l’ha detto?» Jack sogghignò.
 
Ventus scese sottocoperta e appoggiò la schiena ad uno dei pali. Sora era stato entusiasta di essere di nuovo in quel mondo, ma lui non sapeva dire se fosse stata una buona idea seguirlo.
Persone che secondo il giornale nel telefono erano stati avversari adesso erano alleati, Elizabeth a quanto pareva aveva voltato le spalle a Jack, lasciandolo alla mercé di un mostro chiamato Kraken, i pirati erano braccati e sull’orlo di una guerra, e adesso stavano facendo vela per sfuggire ad un mare oscuro ostile a qualsiasi cosa fosse vivo.
Non era proprio la migliore delle avventure, anche se lui e Sora avrebbero potuto andarsene in qualsiasi momento. Ma Ventus era certo che Sora non avrebbe mai voltato le spalle a un amico.
«Will, non avevo scelta. Ero io a dover portare quel peso.»
Non era solo lì sotto. Elizabeth e Will erano intenti a discutere di qualcosa, ignari che Ventus fosse lì sotto a sua volta per cercare di mettere in ordine i suoi pensieri.
«Se fai le tue scelte da sola, come posso fidarmi?» Will le ribatté. Il suo tono di voce sembrava calmo, ma Ventus aveva già sentito discussioni del genere. Al Cimitero dei Keyblade, ed era stata Aqua ad accusare Terra in maniera simile.
«Non puoi
Rimase fermo e in silenzio fino a quando non sentì i loro passi allontanarsi.
Sulla nave era calato di nuovo il silenzio, e Ventus si lasciò scivolare in posizione seduta.
«Hey, Ven.»
Era la voce di Sora. Evidentemente doveva essere venuto a cercarlo.
«Successo qualcosa di sopra?» Ventus si rimise in piedi.
«Tia Dalma. Dice che vuole spiegarci che succede.» Sora era appena visibile nella penombra, ma gli stava chiaramente facendo gesto di seguirlo.
Stava iniziando a farsi buio anche sul ponte, e un membro della ciurma aveva preso ad accendere delle lanterne. Sul castello di poppa, Jack e Barbossa erano intenti a esaminare una mappa, anche se il loro sembrava più un tiro alla fune. Tia Dalma, la sacerdotessa vudù che aveva quasi spaventato Ventus, era seduta su di una cassa verso prua, e fissava la superficie piatta del mare.
«Cosa sapete di Davy Jones?» chiese ai ragazzi.
«Ne avevo sentito parlare di sfuggita la mia prima volta qui. Mi era parso più una leggenda che altro.» Sora ammise.
«A me pare un nome di persona.» Ventus scosse la testa. «Chi sarebbe, qualcuno con cui Jack si è messo nei guai? E perché sarebbe tanto potente?»
«Stessa storia. Diverse versioni. Vere entrambe.» Tia Dalma scosse la testa. «Era un lupo di mare, e del mare si innamorò. La dea… Calypso… gli conferì il compito di portare coloro che muoiono in mare al mondo finale, e ogni dieci anni gli permise di vedere colei che ama… ma la dea era volubile e crudele, e il dolore che lei gli inflisse era troppo per poter vivere, ma non abbastanza da morire.»
Ventus cercò lo sguardo di Sora, e vide che la sua espressione era turbata quanto la sua doveva esserlo. Una persona ferita dai propri sentimenti in quel modo non poteva che voler dire brutte notizie.
«Ma non si può sbarazzarsi dei propri sentimenti.» Sora si infilò una mano sotto il cappello. «Non funzionerebbe neanche cavarsi il c…»
«… Il cuore.» Tia Dalma annuì. «Si strappò il cuore dal petto e lo nascose in un forziere. E ora lo ha la Compagnia delle Indie.»
«Ma gli è andato in pappa il cervello?» Sora esclamò.
La sacerdotessa non disse nulla, e si limitò a fissare una flottiglia di barche davanti a loro, ognuna con una singola lanterna a bordo, occupate da una o due persone. Non sembravano sbattere minimamente le palpebre, fermi come statue. Ventus era quasi certo che fossero morti, in viaggio verso l’altro mondo.
Altri membri della ciurma si affacciarono al parapetto, ed Elizabeth Swann sembrò riconoscere uno degli occupanti delle barche.
«Mio padre…?» Gemette. «Non può essere qui… non deve essere qui!»
Ventus si sporse verso l’esterno – un uomo anziano, con un tricorno e una parrucca dai boccoli grigi, alzò lo sguardo e parve riconoscerla. La fissò negli occhi e iniziò ad enunciare un monito.
«È stato per un forziere… e un cuore… se pugnali il cuore, devi prenderne il posto…» mormorò. Sembrava quasi far fatica a ricordare. «… per l’eternità… l’Olandese Volante deve avere un capitano…»
Alla luce di quello che Tia Dalma aveva appena raccontato a Sora e Ventus, non era difficile immaginare cosa fosse successo – il padre di Elizabeth doveva sapere che Davy Jones dava la caccia ai pirati… e probabilmente aveva cercato di toglierlo di mezzo, forse per salvare la vita alla figlia.
E aveva fallito.
Era tutto orribilmente familiare. Ventus ricordava ancora di quando, per impedire il X-blade, il Maestro aveva… e Terra aveva… e quello che era stato sperato come un tentativo, per quanto disperato, per quanto ingiusto, di impedire che la situazione precipitasse, l’aveva soltanto portata a peggiorare ancora più in fretta.
Gli tremavano le gambe… non riusciva più quasi a reggersi. Qualcuno lo aveva preso, riconobbe Sora… nonostante il ronzio nelle orecchie, e la sensazione di non essere davvero lì… riuscì a vedere Will che portava via Elizabeth dal parapetto, e lei che prendeva a piangere sulla sua spalla.
«Non c’è un modo…?» Sora stava chiedendo alla sacerdotessa, la sua voce quasi una supplica.
Tia Dalma scosse la testa.
«È in pace.»
 


Lea girò la chiave nella toppa e spinse la porta.
Casa sua era esattamente come la ricordava… a parte il disordine. Sembrava quasi normale, quasi come se ci fosse stato un aiuto a fare i lavori di casa quando lui e la nonna non avevano potuto. Non c’erano calzini sparsi sul pavimento, i giocattoli di Kairi erano in una cesta e i libri di scuola tutti su uno scaffale, c’era persino la sua uniforme scolastica appesa ad una gruccia… sembrava quasi irreale.
«La magia di Merlino, suppongo.» Lea commentò, facendo gesto a Kairi di precederlo. «Era molto più in disordine nei miei ricordi.»
Non si sentiva molto di parlare, e lasciò che Kairi osservasse, che mettesse insieme i pezzi della vita che avevano vissuto guardando le foto alle pareti, il divano e la televisione nel soggiorno… su un tavolino era stata poggiata, vuota, la ciotola in cui la nonna aveva servito loro i biscotti dopo la partita in cui Cloud aveva segnato un fuoricampo, e sul pavimento appena vicino al divano c’era il barattolo di cerone blu che Lea, Isa e Zack avevano usato per tingersi la faccia.
Un momento, cosa ci facevano quelle cose lì? Non ricordava ci fossero state quell’ultima notte – era quasi certo che il cerone fosse stato dimenticato in uno dei suoi armadi, e la nonna non aveva più infornato biscotti da quando Cloud e Zack erano spariti…
«Lea, credo che dovremo riparare una delle cornici.» Kairi lo chiamò dal corridoio. Era davanti alla parete dove la nonna aveva conservato tutte le fotografie dei loro compleanni, e il vetro di una delle cornici sembrava essere stato fatto a pezzi con una botta. Lea staccò la fotografia dalla parete e la esaminò – forse era stato il suo peggior compleanno, quello, da ragazzo. Era stata scattata a casa di Isa – riusciva a vedere Bolt che cercava di salire sul tavolo – e nell’inquadratura c’erano soltanto lui, Isa, e Kairi. Le candeline sulla torta erano quattordici.
«Qualcuno è entrato in casa.» Lea mugugnò. «Anche se sembra tutto in ordine.»
«Non ha senso. Qualcuno entra in casa solo per dare una martellata a una cornice?» Kairi scosse la testa, poi entrò in quella che era stata prima la stanzetta di Papà e poi la loro. «Potrebbe essere un difetto della magia di Merlino. Magari la foto ha picchiato contro la parete.»
«Potrebbe. Ma…» Lea guardò nella stanza. Kairi ancora non ricordava, e a prescindere dall’amnesia, le sarebbe stato difficile ricordare le loro vite prima di quanto gli era successo. «La ciotola nel soggiorno e il barattolo di trucco… l’ultima partita che giocò Cloud, settimane prima che Radiant Garden cadesse. Tornammo tutti qui, con le facce impiastricciate di blu, e tu mi rubasti l’ultimo biscotto da quella ciotola.»
«E che c’entra con la fot…?» Kairi stava per dire, ma qualcosa sulla loro libreria attirò la sua attenzione. L’enciclopedia dei ragazzi sullo scaffale più alto aveva uno dei volumi infilato sottosopra.
«Perché il volume quattordici è stato infilato dalla parte sbagliata?» Kairi si mise sulle punte per prendere il libro. «E quel pallottoliere sul pavimento, guarda il numero che sta segnando. Quattordici
«C’era un vecchio film che io e Isa vedevamo sempre da ragazzi in cui Quattordici era il nome di un personaggio.» Lea commentò. «Ma dubito ci sia il suo zampino. Non parlavamo più nei nostri ultimi giorni, e la cosa brutta è che, a parte alcune discussioni su Shiro e Roxas che non possono aver causato tutto quanto, non ricordo nemmeno il perché
Kairi si avvicinò una mano al mento.
«Lea, Shiro aveva un numero? Nell’Organizzazione?»
Lui scosse la testa.
«Questo Quattordici doveva essere importante. Xigbar ha bloccato i dati del Progetto Replica. Tu e Saïx probabilmente avete anche litigato per lui, e dato che è scomparso molto dai diari di Shiro, doveva essere qualcuno molto importante… forse un migliore amico, come lo era Roxas.» Kairi prese a camminare avanti e indietro.
«Pensi fosse una Replica? Non avrebbe senso... La Replica di Riku non l’abbiamo mica dimenticata.» Lea si lasciò cadere sul suo letto. «E ammesso e non concesso che Quattordici sia una Replica… di chi?»
«La risposta più ovvia sarebbe Sora.» Kairi gli si sedette accanto. «Se hanno copiato Riku, che all’epoca non aveva un Keyblade… e il Keyblade era il loro obiettivo…»
«Non ha senso. Avevamo Roxas.»
«Forse lo ha. E se a un certo punto i due non fossero più potuti coesistere, come i ricordi di Naminé nella testa di Sora?»
Un flash passò nella mente di Lea. Era un ricordo indistinto, non riusciva a capire di quando, ma ricordava Saïx, e una domanda.
Preferiresti perdere un’amicizia fittizia o una autentica?
«Torniamo da Ienzo.» Lea si mise in piedi. «Se Sam Flynn non ci aggiorna il sistema, possiamo sempre ricorrere alla vecchia maniera. Si mettono insieme tutti i pezzi… e speriamo che combacino.»
 


Ventus salì le scale, avanzando cautamente e a passo leggero ad ogni gradino. Non voleva svegliare Sora – non voleva farlo preoccupare dopo che si erano addormentati ridendo e fingendo di duellare a gomitate nella stessa branda.
Si era già fatto in quattro per calmarlo dopo tutto il giorno, dopo che era venuto fuori che Will li avesse venduti a un certo Capitan Sao Feng, Sao Feng si fosse venduto da solo alla Compagnia delle Indie, Barbossa avesse rivelato di aver fatto un patto con la dea Calypso, Elizabeth avesse deciso di andarsene con Sao Feng, e i pirati si fossero riconciliati giusto in tempo per scacciare la marina inglese e fuggire.
Dopo un viaggio che gli era parso interminabile nel mare oscuro dei confini del mondo, rivedere le stelle era quasi un sollievo, ma Ventus si sentiva troppo male per apprezzarlo. Amici che alzavano le lame tra loro, un padre che aveva dato la vita per la propria figlia, una situazione talmente incasinata e ignota che non riusciva più a capire chi fosse nel giusto… Sora non aveva mai avuto esperienza di eventi del genere, ma lui sì. E li ricordava ancora come fossero accaduti il giorno prima.
Si lasciò cadere su una cassa e smise di trattenere il nodo che gli aveva stretto la gola fino a quel momento. Aveva bisogno di piangere. Era come rivedere sé stesso, Terra e Aqua rifarsi un’altra volta la vita a pezzi.
Era quasi riuscito a calmarsi quando un tonfo di legno contro acqua lo distrasse dai suoi pensieri, e si asciugò subito la faccia con il dorso della mano per guardarsi attorno meglio.
«Chi va là?» Portò Evocavento alla mano e chiese, sperando che non fosse percepibile che la sua voce fosse ancora rotta dopo i singhiozzi.
«Shhh… sono io, sono Will!»
La voce e l’ombra di Will Turner si stagliarono contro una delle lanterne del castello di poppa.
«Credevo che Jack ti avesse messo sotto chiave.» Ventus non abbassò l’arma.
«Jack fa un sacco di cose.» Will si strinse nelle spalle. «E poi cambia idea dopo un paio d’ore. Abituatici, perché succede fin troppo spesso.»
Si avvicinò a lui abbastanza perché Ventus vedesse che stava abbozzando un sorriso. Il ragazzo dismise il Keyblade e si rilassò.
«Qualcuno ha aperto la porta di notte.» Will disse con una risatina silenziosa. «È quasi impossibile capire cosa passa per la mente di Jack, a parte che non riesce a stare cinque minuti senza almeno un goccio di rum.»
«E cosa passa per la tua?» Ventus si grattò i capelli sotto la bandana.
«Davy Jones ha mio padre.» Will mormorò. «Precettato nella sua ciurma. Gli ho promesso che avrei ucciso Jones e lo avrei liberato, e quello che ho fatto… il patto con Sao Feng, la ricerca di Jack… lo sto facendo per lui.»
Oh. Ventus non poteva essere certo di capire, ma per certi versi si sentiva affine al pirata.
«Beh, mio fratello è nell’Organizzazione.» Gli si sedette accanto. «Hanno portato via il nostro tutore e lo hanno preso con l’inganno.»
«Non è quello che ha sempre in mano un mazzo di carte, vero?» Will alzò lo sguardo.
«No…» Ventus scosse la testa e abbozzò un sorriso. «Si chiama Terra, e non è mio fratello di sangue. Siamo soltanto stati cresciuti dallo stesso maestro, assieme a un’altra ragazza.» Abbassò di nuovo lo sguardo. «Venimmo attirati in una trappola… il capo dell’Organizzazione ci mise uno contro l’altro, non ci fidavamo più tra noi. Io ero sulle tracce di Terra perché mi era stato detto che sarebbe stato perso, ma non avevo il permesso di allontanarmi da casa. E la nostra amica Aqua, era stata incaricata di sorvegliare lui e portare a casa me. Terra non voleva tornare a casa senza provare sé stesso, e io non volevo tornare a casa senza di lui
«Oh…» Will mormorò. «Spero di non incontrare mai questo tipo.»
«Non ti preoccupare. L’ultima volta che s’è realmente sporcato le mani da solo è stato quindici anni fa… per spaccarmi il cuore a metà.»
«Come diamine…?» Will scattò su con la schiena.
Ventus si sbottonò la camicia ed espose la cicatrice da taglio che aveva a sinistra dello sterno.
«Campo così da quando avevo dodici anni. Non fare quella faccia, sto benissimo. Certo, esiste un mio doppio cattivo da qualche parte con l’altra parte del mio cuore, e probabilmente finché sono vivo io, lui non può morire, ma… sto bene
Riusciva quasi a sentire Paperino starnazzargli “L’ORDINE!” nelle orecchie, ma in quel momento aveva bisogno di sfogarsi.
«O almeno stavo bene, fino a quando non mi è sembrato di rivedere tutto quanto. Tu, Jack ed Elizabeth che scappate e vi inseguite. Il vecchio nella barca. E se quel Davy Jones si prendesse uno di voi?»
«Lo ha già fatto.» Will non fece una piega. «E siamo comunque venuti a riprenderlo.» Rimase un momento in silenzio. «Jack ti potrà sembrare un incorreggibile farabutto perennemente ubriaco, e a volte lo è… ma quelle che possono sembrare fantasie campate in aria a prima vista, con il tempo per lui finiscono per avere senso, e in un qualche modo finisce a ridere davanti a te asserendo che è andato tutto come da piano. Come quando ha fatto capovolgere la nave per ritornare nel mare dei vivi. Quando avevamo bisogno di lui, Jack c’è sempre stato.»
«Non hai paura?» Ventus chiese a Will. «Sembra quasi che questa guerra sia una causa persa.»
«Nessuna causa è persa, Ven. Non finché un solo folle combatte per essa.» Will gli mise una mano sulla spalla. «In un qualche modo riusciremo a fare Jones secco. Jack o non Jack, maledizione o non maledizione. E in un qualche modo, tu riporterai tuo fratello a casa.»
Ventus non sapeva se Will stesse solo cercando di calmarlo o se intendesse davvero quello che stava dicendo, ma evidentemente aveva avuto bisogno di quelle parole. Si sentiva meglio. Will capiva. Alzò lo sguardo e sorrise, poi indicò le stelle sopra di loro.
«Sai, una volta Terra mi disse che le persone importanti ti illuminano la strada come le stelle nel cielo.» Raccontò. «Ho capito che voleva dire soltanto qualche giorno fa… e sono sempre più convinto che avesse ragione.»
Quando avrò bisogno di te, Ven, so che ci sarai.
Ventus non lo aveva scordato. Anche se fosse sembrata una causa persa, se ci fosse voluto del tempo, lui sarebbe stato lì per il suo vero fratello.
   
 
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