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Autore: Star_Rover    27/11/2020    6 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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XXXVIII. La Pace    
 

Le strade intorno al villaggio erano ostruite da lunghi convogli di veicoli che trasportavano i soldati di ritorno dalla prima linea e ambulanze che riportavano dal fronte morti e feriti.
La situazione in ospedale non faceva che peggiorare, medici e infermiere non potevano occuparsi di tutte le vittime. L’ultima battaglia si era tramutata in una spietata carneficina.
Finn si trovava in una piccola camera più tranquilla e appartata rispetto alle enormi stanze dove erano stati ammassati decine e decine di soldati. Le urla sofferenti che provenivano dai corridoi erano davvero strazianti.
Fortunatamente il tenente aveva potuto godere di qualche privilegio, d’altra parte egli era un ufficiale decorato, e questo gli aveva permesso di essere trattato con particolare riguardo.
Richard era stato operato con urgenza, l’intervento si era rivelato lungo e impegnativo, Finn era rimasto sveglio ad attendere con impazienza che qualcuno giungesse a fornirgli notizie.
Quelle ore erano trascorse con estrema lentezza, il giovane aveva tentato di non lasciarsi sopraffare dall’angoscia, ma in quei momenti i pensieri più cupi e opprimenti erano tornati a tormentarlo.
Alla fine, stremato e affranto, aveva nascosto il volto tra le mani e si era abbandonato a un lungo e silenzioso pianto.
Aveva trascorso la notte in quelle condizioni, le ore passavano, ma la situazione era sempre la stessa.
Ormai Finn non aveva più le forze nemmeno per disperarsi. Il ragazzo era immobile sulla sedia, stremato e affranto. Il suo sguardo vagava tra il letto vuoto e la porta socchiusa. Le lenzuola insanguinate erano l’unica traccia lasciata dal tenente.
Finn fu costretto a cedere alla stanchezza. Si addormentò sulla sedia, stremato dalla fatica e spossato dall’ansia.
 
Al suo risveglio trovò il maggiore Farrell in piedi accanto alla finestra, istintivamente il ragazzo si alzò per rivolgersi al suo superiore, ma l’ufficiale lo bloccò poggiando una mano sulla sua spalla.
«Puoi evitare certe formalità. Sono qui solo come amico di Richard…»
«Il tenente è stato operato questa notte, non ho più saputo nulla di lui»
John mostrò un’espressione preoccupata, in quella guerra aveva perso molti compagni, non era certo la prima volta che affrontava una situazione simile, eppure non si era ancora abituato a tutto ciò.
Aveva sempre considerato Richard come un amico, anche se in tutto quel tempo il loro rapporto non era mai andato oltre a quello instaurato tra due buoni commilitoni. Erano sempre stati disposti a rischiare la vita l’uno per l’altro, ma il loro legame non si era mai consolidato al di fuori del campo di battaglia.
Non ricordava molte conversazioni avvenute senza una bottiglia di whiskey o di vino rosso, in mancanza dell’alcol avrebbero avuto ben poco di cui discutere.
Il tenente Green non aveva mai apprezzato il suo carattere esuberante e irriverente, così come lui non aveva mai gradito la sua eccessiva riservatezza.
Farrell stimava il suo commilitone, lo considerava un ottimo ufficiale e si fidava ciecamente di lui. Seppur in realtà non avessero mai approfondito il loro rapporto riteneva comunque preziosa quell’amicizia. Per questo aveva paura di perdere un valido compagno.
Il maggiore si avvicinò al giovane attendente.
«Ero certo che ti avrei trovato qui, sei sempre stato fedele al tuo comandante»
Il ragazzo abbassò tristemente lo sguardo.
«Sai, ho sempre avuto la sensazione che tu fossi la persona giusta per prenderti cura del tenente»
Finn avvertì gli occhi umidi: «ho cercato di fare del mio meglio, ma temo che ciò non sia stato sufficiente»
«Non è colpa tua, non avresti potuto fare nulla di più per aiutarlo»
Il giovane rimase in silenzio, dentro di sé sapeva che quella granata non era destinata a Richard, il tenente si era sacrificato per salvargli la vita.
Il maggiore tentò di rassicurarlo: «il tenente Green è l’uomo più forte e coraggioso che abbia mai conosciuto, sono certo che in questo momento stia lottando con tutto se stesso per sopravvivere»
Finn apprezzò la solidarietà di Farrell, ma era certo che nessuno avrebbe potuto comprendere il suo dolore.
L’ufficiale notò il suo volto sconvolto e il suo aspetto trasandato, la sua divisa era ancora macchiata di sangue.
«Da quanto tempo sei qui?»
«Ho aspettato tutta la notte…poi mi sono addormentato»
«Almeno hai mangiato qualcosa?»
Finn negò.
«Forza, vai in cucina a chiedere il rancio. Non puoi restare a digiuno per tutto il giorno»
«No, signore…io…voglio restare»
«Al momento non puoi fare niente per Richard. Resterò io qui nel caso in cui il tenente dovesse tornare. Tu pensa a mettere qualcosa nello stomaco e a darti una ripulita»
Il ragazzo fu quasi trascinato a forza fuori dalla stanza.
 
Finn poggiò le mani sul bordo del lavandino arrugginito. Uno specchio rotto appeso alla parete rivelò il suo rifesso deforme. Il ragazzo notò il suo volto cereo, l’uniforme era logora e strappata.
Finn si sciacquò il viso con l’acqua gelida, ciò l’aiutò a riprendere il controllo di sé. Il maggiore aveva ragione, aveva bisogno di rimettersi in sesto per poter affrontare quella situazione.
L’attendente raggiunse le cucine, soltanto passando attraverso il lungo corridoio si accorse che il sole era ormai alto nel cielo. Probabilmente era ora di pranzo, seppur l’odore del cibo non fosse particolarmente invitante il giovane sentì i crampi allo stomaco. L’ansia e la preoccupazione gli avevano impedito di avvertire il senso della fame, ma ora che i suoi sensi si erano risvegliati avrebbe mangiato volentieri anche il pane raffermo che era solito trovare in trincea.
Finn si ritrovò a dover mendicare un piatto dalle suore in servizio.
«Mi dispiace, ma il pasto è solamente per i pazienti»
Il ragazzo tentò di spiegare la situazione, sostenendo di non potersi allontanare dal capezzale del suo superiore. La suora ebbe compassione, seppur con qualche rimprovero gli permise di ricevere un piatto fumante colmo di zuppa d’avena e un tocco di pane.
Finn ingurgitò il pranzo con avidità, sia perché spinto dalla fame sia perché desiderava raggiungere al più presto la stanza del tenente.
Rapidamente tornò a vagare per le enormi stanze dell’ospedale, si perse un paio di volte prima di ritrovare le scale. I corridoi erano ostruiti dalle barelle sulle quali erano sdraiati feriti mutilati e sofferenti.
Finn si orientò riconoscendo un quadro in cui era dipinta la chiesa del paese, ormai distrutta dalle bombe, e ritrovò la piccola stanza riservata al suo comandante. Trasalì nel momento in cui vide il maggiore Farrell davanti alla porta chiusa.
«Che cosa è successo?» chiese con apprensione.
L’ufficiale tentò di calmarlo: «tranquillo ragazzo, il tenente è tornato dalla sala operatoria. Tra poco il medico ci dirà qualcosa sulle sue condizioni, in questo momento lo sta visitando»
Finn annuì senza sapere come interpretare quelle poche informazioni. Preferì pensare solamente al fatto che Richard fosse ancora vivo, tutto il resto non aveva importanza.
 
Quando finalmente il dottore si presentò in corridoio iniziò a parlare rivolgendosi principalmente al maggiore.
«Il paziente ha subito più interventi, i quali sono stati piuttosto invasivi e impegnativi. Ha una buona resistenza e i suoi parametri vitali restano stabili, ma non voglio illudervi. Al momento è molto debole, non posso dirvi se potrà riprendersi. Possiamo soltanto sperare per il meglio»
«Posso vederlo?» chiese Finn.
Il dottore scosse la testa: «il tenente ha bisogno di tranquillità e riposo»
A quel punto intervenne il maggiore Farrell: «il ragazzo è il suo attendente. È stato lui a soccorrerlo ed è rimasto qui tutta la notte per avere notizie del suo comandante. Credo che egli abbia il diritto di entrare in quella stanza»
Il medico cedette, ma prima di consentire al giovane di varcare la soglia gli fornì innumerevoli raccomandazioni.
 
Finn si ritrovò in una camera fredda e buia, l’unica luce proveniva dai raggi che filtravano attraverso le tende. Immediatamente si avvicinò al letto, Richard era steso sotto alle coperte, profondamente addormentato.
Il suo volto smunto era madido di sudore, respirava a fatica e tremava a causa della febbre.
Finn prese la sua mano stringendola con delicatezza, in ogni caso egli sarebbe rimasto al suo fianco.
 
***

Il fuoco cessò come prestabilito, in quel preciso istante un surreale silenzio ricadde sull’intera vallata, il fronte rimase quieto e immobile. Tutto ciò apparve assurdo per coloro che per anni avevano vissuto sotto al costante e incessante frastuono dell’artiglieria.
Hugh e i suoi compagni si impietrirono come statue, con lo sguardo fisso all’orizzonte restarono a contemplare la terra di nessuno. Quel paesaggio non si era mai manifestato in tutta la sua vastità e la sua desolazione come in quel momento. Per la prima volta poterono udire distintamente il fischio del vento, lo scorrere delle acque del ruscello e il debole cinguettio di un pettirosso.
Tutti conoscevano il significato di quel silenzio, eppure nessuno osò celebrare la vittoria. I soldati restarono attoniti, esausti e sconvolti.
Hugh avvertì sensazioni confuse e contrastanti, le trincee vuote risvegliarono in lui una profonda inquietudine. Era come se in quel silenzio potesse percepire il richiamo dei morti, era certo che le anime dei soldati che avevano sacrificato la loro vita sul campo di battaglia non avrebbero mai abbandonato quelle terre.
Quelle lande sarebbero rimaste coperte di sangue per molto tempo, il mondo non avrebbe potuto dimenticare l’orrore di quella guerra.
 
Hugh riprese a marciare mantenendo il capo chino. Con lo sguardo fisso a terra affondava nel fango ad ogni passo.  Si asciugò il sudore sulla fronte, osservò la lunga fila di uomini che mestamente avanzavano in quella landa desolata. Erano ombre senza volto. I suoi compagni, stremati e sconvolti, non apparivano affatto come i vincitori di quella guerra. Alcuni trascinavano a fatica un arto ferito soffocando i lamenti, altri proseguivano imperterriti con lo sguardo vacuo e il volto scuro e inespressivo.
Hugh si sbottonò la giubba per poter respirare, la sua divisa era ormai logora, bruciacchiata e cosparsa di macchie di fango e sangue raffermo.
Il giovane sospirò, non era così che all'inizio del conflitto aveva immaginato il suo ritorno. Eppure quella macabra parata rappresentava le reali condizioni dei sopravvissuti, i quali con i loro occhi spenti non erano altro che corpi svuotati che riemergevano dalla bocca dell’inferno.
 
Quella notte i soldati trovarono rifugio in un fienile che miracolosamente era stato risparmiato dai bombardamenti.
I soldati si radunarono attorno al fuoco, per la prima volta realizzarono che la guerra era realmente giunta al termine e che presto avrebbero potuto tornare a casa. Dopo cena gli uomini si trattennero tra lunghe chiacchierate, scherzi e canti. Le ultime riserve di alcolici non durarono a lungo.
 
When the war is over
We're going to live in Dover,
When the war is over we're going to have a spree,
We're going to have a fight
In the middle of the night
With the whizz-bangs a-flying in the air.
 

Per anni questa era stata la loro idea di pace, desideravano soltanto sentirsi al sicuro lontani dal fronte, anche una semplice nottata di baldoria diventava una ragione per sentirsi vivi. 
Hugh versò una generosa quantità di whisky nella borraccia del caporale: «ho immaginato così a lungo questo momento che ancora non mi sembra vero»
Speller osservò le fiamme che ardevano nell’oscurità: «la mia vecchia vita appariva sempre come un sogno lontano e irraggiungibile, ad essere sincero ormai avevo perso le speranze»
«Il desiderio di poter tornare dalla mia famiglia mi ha tenuto attaccato alla vita nei momenti più difficili. Quando credevo che tutto fosse perduto il ricordo dei miei cari mi ha donato nuova speranza. Finalmente potrò rivedere mia moglie e i miei figli» disse Hugh con gli occhi lucidi per la commozione.
Il volto del caporale si rabbuiò: «per me non sarà così semplice… ovviamente anche io sono felice di tornare dalla mia famiglia, ma sono certo che nulla potrà tornare come prima»
Hugh notò l’espressione afflitta sul viso del suo compagno: «mi dispiace…»
«Credi di poter tornare in Inghilterra e dimenticare tutto quel che è accaduto?»
«No, non penso questo. Non sto dicendo che sarà semplice, ma abbiamo la possibilità di ricominciare, non dovremmo sprecare questa nostra opportunità»
Speller poté comprendere il desiderio del suo commilitone, in un certo senso invidiava la sua forza di volontà. Egli invece non si sentiva pronto a tornare alla realtà. Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva i volti dei suoi compagni, ripensando alla loro sorte non poteva far altro che sentirsi in colpa per essere ancora vivo. Non meritava la salvezza più di chiunque altro, forse sopravvivere a quella carneficina per lui era stata una condanna.
«Non so cosa ne sarà di noi, temo che non potremo mai ripulirci dal fango delle trincee e dimenticare l’odore del sangue, ma in qualche modo dovremo trovare la forza di andare avanti» concluse Hugh con un velo di tristezza.
Il caporale si voltò ancora una volta verso la campagna devastata dai bombardamenti. Una parte di sé sarebbe rimasta per sempre sepolta in quelle trincee.
 
***

Strisciò nella terra di nessuno addentrandosi in una nuvola bianca di fosgene. Respirava a fatica attraverso la valvola della maschera antigas, a tratti tentava di scrutare qualcosa attraverso le lenti appannate e infangate. Era rimasto solo, si era perso nella battaglia mentre i suoi commilitoni avevano già raggiunto il rifugio nel bosco. Arrancava a fatica nel pantano quando all’improvviso un’esplosione lo scaraventò sul fondo di una buca. Si rialzò avvertendo la testa che pulsava dal dolore, un rivolo di sangue scendeva dalla sua fronte. Intorno a lui cadde una pioggia di proiettili.
Tentò di salire in superficie e provò a sgusciare fuori dalla buca. Riuscì a compiere solo pochi passi, poi avvertì un intenso bruciore alla gamba, il sangue caldo iniziò a sgorgare abbondantemente dalla ferita imbrattando i pantaloni. Il dolore divenne presto insopportabile, non riuscendo più a reggersi in piedi si lasciò cadere nuovamente nella fossa. La battaglia intorno a lui continuava a progredire incessantemente.
Provò l’istinto di gridare per chiedere aiuto, ma nonostante gli sforzi la sua voce non riusciva a sovrastare i botti assordanti delle esplosioni.
Rimase solo in quella buca, contorcendosi dal dolore e tremando per il freddo, mentre l’eco dei proiettili si avvicinava sempre più minacciosamente.
 
Il sottotenente Waddington si risvegliò di soprassalto, urlando nel mezzo della notte. Riaprì gli occhi ritrovandosi al buio, pian piano riuscì a riconoscere l’ambiente circostante. Si trovava in una vecchia casa ad Arras, dove aveva trovato alloggio ormai da diversi giorni. Era al sicuro, lontano dalla prima linea.
Waddington si accorse di star tremando, era madido di sudore, il cuore batteva sempre più velocemente nel suo petto. Ormai conosceva bene quelle sensazioni, erano trascorse meno di sei ore dall’ultima iniezione.
Inizialmente il sottotenente aveva cercato di mantenere un certo controllo, ma la situazione era degenerata rapidamente.
Negli ultimi tempi gli incubi erano tornati a tormentarlo, per lui era sempre più difficile gestire quella condizione. La morfina era il suo unico sollievo, soltanto quando giaceva in quello stato di incoscienza riusciva a dimenticare il suo doloroso passato.
Ancora una volta si abbandonò a quelle strane visioni, ebbe la sensazione di star sprofondando nelle profondità dell’oceano, mentre i suoi incubi annegavano con lui.
 
***

I territori noti e familiari della campagna bavarese comparvero come in un sogno davanti agli occhi del tenente Spengler. L’ufficiale tedesco osservò il paesaggio autunnale attraverso i vetri opachi del finestrino, tutto ciò gli sembrava ancora assurdo e irreale.
August riconobbe i panorami impressi nella sua memoria, sprofondò in un’intensa malinconia, ma poteva percepire che qualcosa fosse cambiato per sempre. Aveva la sensazione di star osservando una vecchia fotografia, dove i ricordi alterati dal tempo non potevano più ricreare un’immagine vivida e realistica del passato.
Quei luoghi legati alla sua gioventù non risvegliavano più nulla in lui, non si riconosceva più nel ragazzo che quattro anni prima aveva abbandonato la tenuta di famiglia per imbracciare un fucile e partire per il fronte.
La guerra l’aveva privato di sogni e speranze.
Il treno procedeva lentamente sui binari, quasi tutti i vagoni erano stati adibiti al trasporto dei feriti. August era tornato dal fronte con un esiguo numero di sopravvissuti, aveva perso la maggior parte dei suoi uomini nell’ultima sanguinosa battaglia. Molti erano caduti sul campo, altri erano stati catturati dal nemico.
Il tenente strinse a sé il braccio fasciato, nella sua mente iniziarono a sovrapporsi numerosi ricordi, pian piano si ritrovò a rivivere i momenti più intensi e drammatici del conflitto.
Faticava a credere che fossero trascorsi solamente pochi mesi dal grande attacco con cui la Germania si era illusa di vincere quella guerra. Ormai non restava più niente in cui credere, tutto era perduto.
Il tenente prese un profondo respiro, era rimasto per così tanto tempo coinvolto in quella guerra da aver perso una visione obiettiva della situazione. Non si trattava più di una lotta per la sopravvivenza, non c’era più nulla da dimostrare sul campo di battaglia. Non era più una questione d’onore e virtù.
Il tenente Spengler era rimasto fedele ai suoi principi e aveva portato avanti il suo dovere fino alla fine, ora non poteva far altro che sottostare a decisioni politiche prese a tavolino.
August lasciò perdere quei ragionamenti, la sua mente lo riportò al ricordo del tenente Green. Inevitabilmente ripensò alla loro ultima conversazione.
Se non fosse stato per la guerra avremmo potuto andare d’accordo.
Sul momento aveva detto quella frase quasi per scherzo, eppure c’era un fondo di verità in ciò. Aveva provato rispetto per il suo avversario, ed ora che la guerra non l’obbligava a considerarlo semplicemente come un inglese da cui diffidare poteva apprezzare ancor di più il suo valore.
Entrambi si erano comportati come due ufficiali onesti e leali, dimostrando che la guerra non aveva corrotto il loro animo.
In quelle circostanze Spengler non poteva più vedere quell’uomo come un nemico. Si domandò se fosse ancora vivo, forse avrebbe cercato sue notizie.
August era ancora perso in questi pensieri quando avvertì il rumore di alcuni passi lenti e incerti.
«Signor tenente…»
L’ufficiale sussultò, aveva riconosciuto il suono di quella voce. Quando voltò lo sguardo fu lieto di ritrovare la giovane recluta che aveva combattuto al suo fianco nell’ultima battaglia.
Il suo fisico esile e martoriato mostrava i segni di quella terribile esperienza, il suo volto appariva pallido e scarno, mentre il suo sguardo era stanco e spento.
August gli rivolse un confortante sorriso nel tentativo di rassicurarlo.
«Mi dispiace, non intendevo disturbarla»
Spengler scosse la testa: «a dire il vero stavo iniziando ad annoiarmi»
Il giovane si sedette sul lato opposto della cabina, i suoi movimenti erano ancora lenti e impacciati a causa della fasciatura alla spalla.
«Sono felice di essere riuscito trovarla, volevo ringraziarla di persona. Lei mi ha salvato la vita»
«Un buon comandante non abbandona i suoi uomini in difficoltà»
«Signor tenente, è troppo modesto. Lei è l’uomo più coraggioso che abbia mai conosciuto, e mi creda, non sono l’unico a pensarlo»
August trovò conforto nella consapevolezza che quei ragazzi l’avrebbero ricordato provando stima e ammirazione nei suoi confronti.
In quel momento però avvertì anche una profonda tristezza al pensiero di doversi separare dai suoi uomini. Insieme avevano condiviso ogni aspetto della guerra, dall’eccitazione per la prima battaglia al puro terrore durante i bombardamenti. Avevano affrontato il dolore per la perdita di cari amici e avevano pianto di gioia ritrovandosi al termine di un cruento scontro.
Si domandò quale sarebbe stato il destino di tutti quei ragazzi la cui gioventù era stata spazzata via dalla guerra. Quel giovane non avrebbe mai più potuto ritrovare la spensieratezza e l’innocenza di un tempo. La sua anima, come quella di tutti i soldati, sarebbe rimasta per sempre segnata dalla guerra.
Non ci sarebbe stato alcun futuro per una generazione perduta.
Questo sarebbe stato il prezzo della Pace.
 
***

Finn si era addormentato accanto al letto del tenente, inizialmente sentì qualcosa di quasi impercettibile, poi quella percezione divenne sempre più nitida. Il ragazzo si risvegliò, non stava sognando, con un leggero tremore le dita del tenente avevano iniziato a muoversi.
Finn prese la sua mano, lentamente il ferito ricambiò la sua stretta. Il giovane attese pazientemente, avvertì un’intensa emozione quando Richard riaprì finalmente gli occhi.
Il tenente era ancora debole e confuso, ma riconobbe il suo compagno senza alcuna esitazione.
«Finn…»
Il ragazzo si chinò su di lui mostrando il suo sguardo colmo di commozione.
«Oh, Richard…ho temuto davvero di averti perso per sempre»
Il tenente strinse con più forza la sua mano, come per rassicurarlo che fosse realmente al suo fianco.
«Devo dirti una cosa importante»
Finn si avvicinò per udire la flebile voce del suo comandante.
«Voglio che tu sappia che sono davvero orgoglioso di te e del soldato che sei diventato. Sono sicuro che in fondo tu sia già a conoscenza di tutto questo, ma sento di doverti dire la verità. I miei sentimenti nei tuoi confronti sono sempre stati sinceri»
Il giovane sorrise: «sì, lo so Richard. Non ho mai avuto dubbi a riguardo»
Il tenente si rassicurò nel sentire quelle parole, prima di cedere nuovamente alla stanchezza guardò il suo amato negli occhi. In quel momento, per la prima volta dopo tanto tempo, avvertì una confortante sensazione di pace.
 
 
 
 

 
Note dell’autrice
Ringrazio di cuore tutti coloro che sono giunti fino a qui^^
Il racconto è ormai concluso, mancano solo gli ultimi due capitoli.
Sono davvero contenta di essere riuscita a portare avanti questo progetto per quasi un anno. Spero di non avervi annoiato e mi auguro che la storia abbia potuto appassionarvi e intrattenervi.
Come sempre ringrazio i cari recensori per il prezioso supporto^^
Grazie ancora a tutti, alla prossima! :)
   
 
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