Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Black_in_Pain    27/11/2020    0 recensioni
Erin non si lascia mai trasportare, soprattutto dai sentimenti, che reprime costantemente dietro la maschera di meticolosa studentessa e figlia perfetta. Ma un giorno, quella che le pare una condanna, potrebbe diventare il suo lascia passare ad un mondo in bilico tra passione e ossessione.
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quando mi sveglio, gli occhi faticano ad aprirsi. Sono gonfi e bruciano da impazzire, come se durante la notte, invece della sabbia dell'omino del sonno, mi si fosse stato versato addosso acido bollente.
Vorrei dare la colpa ai raggi del sole che penetrano nella mia camera, ma guardando fuori dalla finestra noto che sta piovendo a dirotto.
La verità è che ho passato una notte pressoché insonne, intrappolata da incubi travestiti da sogni.
Mi alzo prima che la sveglia suoni e sfilo dall'appendiabiti la divisa scolastica: una gonna blu scuro, con giacca abbinata. La camicia bianca, decorata solo dallo stemma del nostro istituto, che risalta appena sotto il colletto.
Indosso le solite calze nere pesanti, leggermente velate, finisco di vestirmi e con svogliatezza pettino i capelli e mi lavo il viso.
Ho davvero un aspetto terribile.
Sono più pallida del solito e le nere ciocche dei capelli non fanno altro che incupire ancor di più il mio volto già lugubre.
Spruzzo un po' del profumo alla cannella che Camille mi ha regalato per il compleanno e mi pizzico le guance per donarmi un leggero colorito rosato. Il risultato è uno dei più scarsi mai ottenuti. 
Scendo le scale, dirigendomi in soggiorno. Mia madre, nella sua vestaglia di flanella rossa, sta già sorseggiando il suo caffè americano, mentre scrive velocemente al pc, comodamente seduta sul divano. E' truccata e pettinata in maniera perfetta. Uno chignon stretto a raccogliere la sua chioma fiammante, fresca di tinta e l'ombretto dalle molteplici sfumature verde smeraldo.
Alza appena lo sguardo, accorgendosi della mia presenza «Buongiorno, tesoro.»
Fingo un sorriso «Buongiorno.»
La conversazione inizia e finisce lì.
Sulla penisola, la macchina del caffè è mezza vuota, ma ancora calda. Perciò, verso quel che rimane del liquido scuro e fumante nella mia tazza verde preferita e bevo a piccoli sorsi, gustando a pieno quel gusto forte e intenso. Amo il caffè. Ritengo sia uno dei massimi piaceri della vita. Anche se preferirei che i miei genitori non se lo sbaffassero tutto ancoral prima che io possa mettere piede in soggiorno.
Mangio dei biscotti integrali, accompagnati da uno yogurt alla frutta - la mia colazione preferita. Alterno il caldo al freddo e le mie papille gustative si risvegliano ogni volta.
Non so se sia merito del caffè - cosa assai probabile - ma la pesantezza agli occhi pare alleviarsi un poco e me ne rassereno.
Finisco il mio pasto e ripongo la tazza nel lavello, guardo l'orologio attaccato alla parete e il mio battito cardiaco inizia ad accelerare.
Parto sempre una decina di minuti prima del necessario, per arrivare a casa di Simon in tempo e percorrere la strada insieme, arrivando così puntuali a scuola.
Questo quando decide di non addormentarsi, ovviamente.
Prendo gli stivali alti dalla scarpiera, quelli con la suola spessa e il tessuto lucido. Osservo con la coda dell'occhio le mie amate Converse rosse, che se ne stanno lì, a supplicarmi di indossarle, ma ascoltando la pioggia borbottare sul tetto, decidere di lasciarle dove sono è sicuramente la scelta più giusta per entrambe.
Afferro la borsa, do un occhiata veloce al suo interno, assicurandomi che il contenuto sia ben organizzato e senza dimenticanze.
Mi avvicino al divano, sporgo il mento vicino al viso di mia madre, lei mi da un bacio in tutta risposta. «Passa una buona giornata, tesoro» mi augura apatica. «Stasera, sia io che tuo padre, rincaseremo prima di cena, perciò, mi raccomando, non fare troppo tardi.»
Fantastico cenetta di famiglia.
«Va bene, io vado. Salutami papà.»
Mi fa cenno di sì con la testa e per me è abbastanza.
Infilo il cappotto autunnale beige chiaro e mi preparo all'impatto con l'aria gelida del mattino.
Non faccio nemmeno in tempo ad aprire l'ombrello, che ne vedo uno celeste spuntare da dietro al cancello.
Simon mi saluta con la mano, un po' impacciato.
«Ma che... » borbotto confusa.
Lui sorride e alza le spalle «Puntualità volevi e puntualità avrai.»
Rivolgo gli occhi al cielo.
«Tu non hai mezze misure, vero?» esclamo, scuotendo il capo.
Ammicca e mi fa segno di aprire il cancello. Non me lo faccio ripetere due volte e faccio un passo verso la sua direzione, ma in men che non si dica, lui mi raggiunge, proteggendomi dalla pioggia con quel enorme ombrello celestino.
«Non ci pensare neanche» dico ritraendomi. «Posso usare benissimo il mio.»
Finge un'espressione offesa «Quando eravamo piccoli, andavamo sempre in due con un ombrello solo.»
«Da bambini, appunto» puntualizzo. «Vorrei ricordarti che siamo al liceo.»
Sbuffa.
Sembra proprio un bambino quando è contrariato. E io penso sia adorabile, ma ovviamente non lo ammetterò mai.
Iniziamo a camminare, ognuno con il proprio parapioggia, lontani ma vicini. Il cielo è grigio, spento, il vento spinge i rami degli alberi, facendoli danzare. Mi perdo ad osservare questa esibizione della natura e il cuore mi si stringe. 
«Vorresti scattare una foto, vero?»  mi domanda Simon, accorgendosi del mio comportamento.
Mi chiudo nelle spalle. Sono stata colta in flagrante.
«Il club di fotografia ha ancora posti disponibili» mi rammenta. «Sarebbero felici di avere un membro con le tue capacità artistiche.»
Simon conosce le sfaccettature più segrete del mio essere interiore. Al contrario di me, vorrebbe farle emergere e sfruttarne il potenziale. Ma sa anche quanto io sia riluttante a questo proposito.
«Non ho tempo per una cosa simile» svio il discorso. «E saper usare la macchina fotografica non significa avere talento.»
«Lo sai che non è di questo che parlo » incalza lui, caparbio a tornare sull'argomento.
Inchiodo in mezzo alla strada e abbasso lo sguardo al suolo «Devo studiare e ho promesso a Camille di aiutarla con il suo copione e poi..» mi blocco.
Simon mi congela con i suoi occhi cristallini «Le ripetizioni a quel ragazzo, giusto?»
Annuisco a fatica. Non so perché mi sento così agitata ed in imbarazzo, eppure non posso farne a meno.
Mi sento sporca, colpevole, stanca.
«Non hai dormito stanotte» e la sua non è una domanda. Sono un libro aperto per lui.
«Non devi preoccuparti » lo rassicuro, prendendogli la mancia della giacca. «Ho promesso che non supererò il limite. Non mi sforzerò. Ho un piano d'azione. Posso farcela.»
Il suo viso si colora di un'espressione tragicomica. «Un piano d'azione, eh?» sorride.
Lascio la sua giacca e stringo la mano a pugno, in segno di sfida «Puoi dirlo forte!»
Il suo sguardo cambia, diventando malinconico e serio contemporaneamente.
«Anch' io ho fatto una promessa» ricorda. «Se noto che qualcosa non va, non ti permetterò di continuare.»
Il suo viso è talmente autorevole, che non trovo il coraggio di controbattere. Ricordo di rado l'ultima volta che ho visto Simon così rigido e irremovibile.
Mi fa quasi paura...
Capisce di avermi turbato e, con nonchalance, tira fuori il cellulare munito di cuffiette dalla tasca, passandomene una.
«Cammina, o arriveremo in ritardo» dice, facendo partire la nostra canzone preferita.
Mi calmo e Il vento fa lo stesso. La pioggia ora è solo una leggera manciata di gocce che solletica la pelle.

Arriviamo a scuola in anticipo, e sulle scale ci salutiamo.
La sua aula è al terzo piano, la mia al secondo. Due anni diversi, due classi diverse.
Osservo la sua schiena allontanarsi. E' ampia e slanciata, come ci si aspetta da un membro del club di atletica.
E' uno dei migliori del suo corso ed eccelle in quasi tutti gli sport. Per quanto io sia brava, lui è sempre un passo avanti a me. Il bello è che questo non mi infastidisce affatto, anzi ci permette di studiare e fare i compiti insieme, di conseguenza passiamo più tempo l'uno con l'altra.
Essere aiutata da lui non mi dispiace per niente ed è per questo che non provo alcun tipo di gelosia nei suoi confronti.
In realtà, lo ammiro. Ma principalmente, lo invidio.
Ogni sua decisione è autonoma e chiara. Sceglie il suo percorso con serenità. Se qualcosa non è di suo gradimento, lo esclude e trova il modo di passare oltre, ottenendo lo stesso risultato, se non migliore. Studiare non è uno sforzo per lui, gli viene istintivo, come respirare. E' naturalmente intelligente, una spugna che assorbe tutto ciò che ascolta e vede.
Brilla di luce propria. Mentre io vivo nell'ombra dei miei genitori.
Raggiungo l'aula e noto che il banco di Camille è vuoto. Arrivare prima che suoni l'ultima campana è uno dei suoi tanti talenti.
Sarà nella classe di Oliver, ad amoreggiare, come al solito.
Sono due calamite, attratte morbosamente l'uno al polo dell'altra. Preferirebbero una nota di ritardo, piuttosto che sprecare anche solo un secondo del loro tempo insieme.
Ed ecco che mi ritrovo ad invidiare pure lei.
Al contrario di Simon, non ha alcun interesse negli studi e passa i test per il rotto della cuffia, ma possiede un animo estroverso, ricco di creatività, puro e gioioso. Nessuno sa resisterle, compresa io.
E' dolce, sprovveduta, maldestra. Eppure, non mi ha mai giudicata ne abbandonata, nonostante il mio carattere sia nettamente opposto al suo.
A lei piacciono le serie tv, i drammi romantici, i magazine di moda e le tecniche di make-up.
Non sarà di certo una cima a scuola, ma è imbattibile nella recitazione. Per due anni di fila si è aggiudicata il ruolo di protagonista nello spettacolo di fine trimestre e, ogni volta che la ammiro danzare e pronunciare le sue battute, rimango ammaliata dalla sua bellezza.
Per questo motivo so di non essere carina...
La campana suona e l'aula inizia a riempirsi. Piano piano, ogni alunno occupa il suo posto. Anche la mia migliore amica, con un balzo da primato, finalmente entra in classe e, dopo avermi stampato un veloce, ma affettuoso, bacio alla fragola sulla guancia, corre a sedersi , prendendo dalla cartella a fiori i quaderni per l'ora di matematica. Si sistema gli occhiali un po' storti e si passa le mani nella chioma dorata, che s'è tutta arruffata per colpa della foga – o meglio, di Oliver – preparandosi, riluttante, a subire la lezione che più odia in assoluto.
Non manca nessuno, solo il professor Briston.
Anzi, No, mi sto sbagliando.
Lui non c'è.
Lancio un'occhiata al suo banco vuoto, infondo all'aula. 
Ci penso su mille volte, dimenandomi tra sentimenti e orgoglio. 
Alla fine, insicura, decido e mi alzo diretta verso la porta.
Sento gli occhi di tutti puntati su di me. Non avevo mai lasciato la classe dopo il suono della campanella. Ma il mio piano d'azione inizia proprio da qui.
Mi sento male, ma devo avere la forza di andare avanti.
Chiederò scusa e darò spiegazioni al professore più tardi. Sono sicura che, data la situazione delicata, chiuderà un occhio sul mio comportamento indisciplinato. Il primo che abbia mai commesso in tutta la mia vita, a dire il vero.
Percorro il corridoio, controllo vicino alle macchinette, nell'anticamera dei bagni, infondo alle scale.
Nulla. Non c'è ombra di lui.
Forse non è venuto. Forse cercarlo è inutile. Forse sono proprio una cretina.
Sto per tornare indietro quando, un lampo nella mia mente, accende una lampadina.
Il tetto della scuola.
Salgo fino al terzo piano, chiedo scusa mentalmente a Simon ,che si trova in un aula poco distante, e continuo a risalire. L'uscita di sicurezza che da all'esterno ha la porta socchiusa e sento il mio sesto senso vibrare. Mi faccio coraggio e varco titubante la soglia.
Quanto odio avere sempre ragione.
Eccolo lì, seduto a terra, la sigaretta accesa, lo sguardo perso nel vuoto.
Charles Amery.
Le mie gambe si bloccano e l'aria fredda del mattino mi fa venire i brividi lungo la schiena.
Lui si accorge della mia presenza e inizia ad osservarmi. E' identico alla prima volta che l'ho visto, solo che oggi i suoi capelli castani sono sciolti e gli coprono leggermente il volto.
Ha occhi cosi profondi da paralizzarmi. Due pozzi neri e indecifrabili.
Un sogghigno gli nasce sulle labbra e fa un lungo tiro di sigaretta. Poi, goffamente, si alza sistemandosi la camicia stropicciata e inizia a camminare nella mia direzione.
Sono immobilizzata.
Solitamente nessuno riesce ad incutermi timore o suggestione, ma questo ragazzo è terribilmente minaccioso.
Vorrà insultarmi? Aggredirmi? O magari deciderà di ignorare la mia presenza, passandomi accanto come se non ci fossimo mai incontrati.
«Non credevo saresti venuta da me così presto» sussurra, arrivandomi ad un palmo di naso. Espelle il fumo dalla bocca e me lo butta in faccia.
Tossisco e indietreggio, irritata.
«Oh, scusami, ovviamente non fumi» ridacchia, spegnendo la sigaretta sulla parete dove mi sono involontariamente appoggiata. E' alto il doppio di me e mi sovrasta completamente.
«Neanche tu dovresti, è vietato in quest'area» rispondo, la voce tremante.
Charles piega la testa di lato e sorride ancora «E' questa la tua prima lezione per me?»
I suoi occhi tenebrosi mi inchiodano al muro, come un animale in gabbia.
Ora la paura si trasforma in rabbia e il mio corpo si muove in avanti.
Sarò un animale, allora. Ma libero e inarrestabile. 
La paura si trasforma in rabbia e il mio corpo si muove in avanti. Sento i muscoli tendersi, la fronte corrugarsi e lo spirito rinvigorirsi. 
Non ti permetterò di trattarmi in questo modo, brutto stronzo.
Tendo il braccio e appoggio la mano sulla sua spalla, spingendolo all'indietro con tutta la forza che ho.
Lui mi guarda stupito. Anzi no, divertito.
Questo suo atteggiamento mi fa oncazzare ancora di più.
«Stare a debita distanza» esclamo, il tono fermo. «Sarà questa la mia prima lezione.»
Charles alza le sopracciglia e mette le mani in tasca «A questo giro, il corpo inseganti non ha proprio badato a spese, eh?»
Le sue parole sono un chiaro segnale del fatto che sia a conoscenza del mio accordo con i professori.
«Sono pronto a restituire il favore» continua lui, annullando di nuovo la distanza che ci separa.
«E tu sei pronta per me, Erin River 
Improvvisamente, il mio nome assume il suono più sinistro e sgradevole che io abbia mai sentito. Ed  è come se fossi nata una seconda volta e venissi ribattezzata ad una vita completamente diversa.
Qualcosa nella mia coscienza cade, rompendosi in mille pezzi, nell'infinito abisso del mio essere. 
Allora perché questo crollo, nonostante la palese distruzione in atto, assomiglia tanto ad una rinascita?     




*ANGOLO AUTRICE*
E anche questo capitolo è finito. So che potrebbe risultare più corto rispetto agli altri, ma voglio dare un briciolo di suspense e creare una nuvola di mistero attorno a Charles. Per adesso, voglio ampliare il carattere dei personaggi e le ambientazioni in cui si muovono e spero che questa scelta venga apprezzata.
Fatemi sapere se vi è piacuto e se la piega che sta prendendo la trama vi intriga.
Il prossimo capitolo è in stesura, perciò non vedo l'ora di rivederci alla prossima lettura. 
Grazie a chiunque commenterà e recensirà. Significa molto per me <3 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Black_in_Pain