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Autore: Amber    28/11/2020    3 recensioni
Post 15x18 Dean!centric
[...]“Mi sono chiesto che aspetto avesse la mia vera felicità”
Lui sapeva che aspetto avesse la sua felicità: era andare in cucina e vedere Sam preparare la colazione, vedergli la schiena e i capelli ridicolmente lunghi ancora umidi dalla doccia; era vedere Jack seduto composto ed impettito davanti al tavolo apparecchiato, il bicchiere di latte davanti a se in attesa dei pancake, l’espressione curiosa mentre domandava perché nel mondo ci fossero così tanti tipi di diverse colazioni quando anche solo l’idea di mangiare i pancake rendeva la giornata più felice; era cercare Castiel con lo sguardo e trovarlo a pochi passi da lui che lo osservava come se sul suo viso ci fossero tutte le risposte dell’universo.[...]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Un giorno supereremo l’episodio 18 e la fine di Supernatural, ma quel giorno non è oggi.
Vi lascio questo che si colloca nel secondi finali dell’episodio 18 e prima del 19 perché noi tutti sappiamo che al mondo di giustizia non ce né, e siamo noi a dover riempire i vuoti e gli spazi che ci hanno volutamente lasciato.
Dopo la centesima volta che l’ho visto (si, l’ho visto e rivisto perché non potevo crederci, non sul serio almeno) mi sono resa conto che la reazione di Dean è quella che avrei avuto anche io. Castiel ha sganciato una bomba nucleare in un momento di totale pressione e Dean non avrebbe avuto il tempo di rispondergli nemmeno se avesse voluto, e di tempo non ce n’era proprio.
Quindi quello che posso dire e su cui un po’ si concentra questa Dean!centric è parlate, parlate sempre, anche se vi vergognate, anche se credete non sia il momento, anche se credete di avere davanti a voi un sacco di tempo. Fottetevene, davvero, createvi da soli il vostro momento e afferratelo prima che sia tardi.
È un insegnamento che vorrei fare mio visto che, obbiettivamente, sono la prima che tace per vergogna e orgoglio.
 
Buona Destiel perché, maledizione, abbiamo la Destiel canon, quindi questa è una Destiel.
 
Amber
***
 
MEMENTO HOMO
 
Dean sente la schiena fredda e il culo ormai è congelato. Si rende conto, in un angolo lontano della sua mente, che se non fosse seduto non riuscirebbe a stare in piedi.
Sente un freddo glaciale, lo pervade e paralizza e sa per certo che non è colpa della parete o del pavimento. Il gelo è letteralmente dentro di lui in un posto ben definito tra lo stomaco e la testa.
Crede, come uno sciocco, che se non muoverà un muscolo e se respirerà piano, se respirerà pianissimo, il tempo si fermerà senza scorrere e lui ha un bisogno disperato che il tempo si congeli. Ne ha bisogno perché se si concentra, se si concentra per bene, può ancora sentire la presenza di Cas nella stanza e Billie dietro la porta che tenta di entrare.
C’è ancora tempo, pensa. Può ancora pensare a qualcosa per salvare la situazione, per fare in modo che ne vengano fuori vivi. Tutti e due.
Perché può accettare tutto, può gestire ogni cosa ma non quello.
 
Non quello.
 
E soprattutto non così.
 
Ha ancora nelle orecchie i colpi di Billie alla porta che scandiscono il tempo, inesorabile, continuo. Il rumore di una condanna a morte.
 
Bang
 
Bang
 
Bang
 
Sente ancora le sue parole nell’aria
“Sei tu Dean. Sei sempre stato tu. Tu che sfidi la morte, che infrangi le regole. Tu sei tutto quello che ho voluto sistemare in vita mia. Da schiacciare. Da ammansire. Tu sei l’incarnazione del disordine umano”
Avvertiva ancora il cuore stretto nella sua morsa anche se sapeva che non era possibile. Billie se ne era andata, era morta, eppure la stretta che credeva essersi allentata quando la porta era stata chiusa e il sigillo impresso ora era più dolorosa che mai.
 
Bang
 
Bang
 
Bang
 
Era il suono della porta, o il suono del suo cuore che scandiva la perdita ad ogni futtuto battito?
Billie aveva ragione: era tutta colpa sua. Lui aveva dato origine a tutto.
 
Abbandonò il telefono a fianco a se quando Sam provò a chiamarlo perché no, non poteva dirlo ad alta voce quando persino la sua mente si rifiutava di capire.
Si portò le mani al viso e si stupì nel trovarlo umido di pianto. Rendendosene conto gli uscì un singhiozzo dalle profondità della gola e immettere aria nei polmoni diventò difficile, quasi impossibile.
“Ci ho spinto verso un’altra trappola”
 
Spinse la testa contro la parete e premette i palmi contro gli occhi.
 
“Prima o poi muoiono tutti Cas. Tutti quanti. Non posso impedirlo”
Ma almeno una singola morte avrebbe dovuto impedirla. Sarebbe bastata solo quella singola vita salvata.
Lo avrebbe potuto fermare, se ne rese conto con limpida chiarezza. Avrebbe potuto dire qualcosa. Avrebbe potuto mettersi in mezzo, barattare la sopravvivenza di Cas addirittura. Avrebbe potuto… parlare. Avrebbe dovuto rispondergli. E non bloccarsi come l’idiota compassato che era, con i propri sentimenti spinti talmente giù in profondità da non riuscire a tirarli fuori quando era il momento.
Perché il momento era quello.
E lui non era riuscito a spiaccicare parola.
E la cosa peggiore, la cosa più terribile di tutte, era che non ci sarebbe stato mai più alcun altro momento. Gli correvano davanti agli occhi tutti i momenti in cui Cas aveva parlato anche solo con uno sguardo, anche solo con un gesto e lui… lui lo aveva ignorato bellamente.
Perché c’era sempre qualcosa che veniva prima, come una crisi con qualcosa di più grande di loro, una catastrofe da risolvere, una caccia da portare a termine e nella sua testa, appena il momento tornava, perché tornava sempre, sapeva che ce ne sarebbe stato presto un altro ed era confortante sapere di avere tempo.
Tempo per trovare le parole giuste, tempo per mettere ordine dentro di se, tempo per ammettere a se stesso la verità.
Ma ora quel tempo si era esaurito, e per quanto lui stesse immobile, fermo e congelato, il tempo non si fermava e non sarebbe più tornato.
Sentiva già la sua presenza sparire, le parole nell’aria dissolversi, il momento svanire. Sentiva… non sentiva più niente. E no, non voleva permetterlo.
“Mi dispiace”
Non era abbastanza. Non era assolutamente nemmeno un centesimo di quello che sentiva, non era nemmeno sufficiente. Non c’erano parole per descrivere la miseria che sentiva nella sua testa, nella sua maledetta anima e nel suo fottuto cuore, stupido e lento.
Perché non era un po’ più come Sam? Che parlava e affrontava i propri sentimenti di petto al momento giusto e con le persone che amava?
 
Bang
 
Bang
 
Bang
 
Quel maledetto bastardo aveva fatto un patto con il Vuoto per salvare la vita a Jack ed era stato zitto, aveva taciuto per tutto il tempo. Aveva avuto mille e più occasioni in cui avrebbe potuto dire loro che cosa avesse fatto e semplicemente aveva ignorato la cosa e aveva continuato la loro vita di tutti i giorni come niente fosse perché non capiva come poter essere felice visto che non avrebbe mai avuto ciò che più desiderava al mondo.
 
Sbatté la nuca contro la parete, ma il dolore che provava non si placava.
 
Avevano fatto colazione insieme mille volte, avevano cacciato insieme ed erano stati nella stessa macchina un’infinità di volte, avevano condiviso lo stesso maledetto spazio per mesi eppure non aveva detto niente. E avrebbero potuto risolverla quella cosa in un modo o nell’altro perché loro… loro combattevano, loro lottavano, loro non si arrendevano
-Maledetto- gli sussurrò alla stanza vuota e sperò che lo sentisse ovunque fosse, desiderò che sentisse tutto il dolore che provava in quella parola.
 
Singhiozzò forte.
 
E maledetto se stesso che non riusciva mai a salvare nessuno e che non riusciva a esprimere a parole niente di quello che sentiva
“Mi sono chiesto che aspetto avesse la mia vera felicità”
Lui sapeva che aspetto avesse la sua felicità: era andare in cucina e vedere Sam preparare la colazione, vedergli la schiena e i capelli ridicolmente lunghi ancora umidi dalla doccia; era vedere Jack seduto composto ed impettito davanti al tavolo apparecchiato, il bicchiere di latte davanti a se in attesa dei pancake, l’espressione curiosa mentre domandava perché nel mondo ci fossero così tanti tipi di diverse colazioni quando anche solo l’idea di mangiare i pancake rendeva la giornata più felice; era cercare Castiel con lo sguardo e trovarlo a pochi passi da lui che lo osservava come se sul suo viso ci fossero tutte le risposte dell’universo.
Quella era la sua felicità.
Perché l’unica cosa che voglio davvero… è qualcosa che so di non poter avere”
 
Bang
 
Bang
 
Bang
 
-Maledetto- ripeté. E non era sicuro se stesse maledicendo di nuovo Cas o se stesso.
Perché di tutti i momenti proprio quello? Perché aveva scelto di confessarsi in un momento simile quando lui era stupido e lento, sempre e troppo lento, che per cavargli fuori qualcosa Sam di norma ci metteva mesi? Come avrebbe potuto tirare fuori una risposta in meno di un minuto dopo quella bombardata di informazioni mentre avevano letteralmente la Morte a pochi passi da loro?
Mentre lo guardava in viso cercando di tenere il passo tra il suo sorriso e le sue lacrime?
“Che cosa stai dicendo amico?”
Qualcosa che so di non poter avere, aveva detto. Ma come poteva saperlo? Come poteva credere di sapere cosa provava lui?
 
La mano corse a stringere l’impronta insanguinata di Castiel sulla sua giacca e affondò il viso contro le ginocchia mentre le lacrime si infrangevano inarrestabili una dopo l’altra sul pavimento.
 
Castiel lo aveva afferrato e portato fuori dall’Inferno ed era inesorabilmente diventato parte della loro famiglia, anche dopo tutti gli errori e le decisioni sbagliate, ma lui se ne fotteva grandemente di tutta quella merda. Perché bastava che a fine giornata lui fosse lì con loro, insieme a lui, a proteggere ciò che avevano di più prezioso al mondo.
E Jack, lui… lui era il loro ragazzino, il loro piccolo e incredibile ragazzo che… come avrebbe fatto a dirglielo dopo le parole orribili che gli aveva rivolto solo pochi giorni prima per la quale non si era nemmeno scusato nel modo giusto? Come poteva guardarlo in faccia e dirgli che suo padre, il loro Castiel, non c’era più a causa sua?
“Tutto quello che hai fatto nel bene e nel male, lo hai fatto per amore. Tu sei l’uomo più premuroso del mondo. Sei il più altruista e amorevole essere umano che abbia mai conosciuto”
No, non era vero. Castiel era il più altruista, il più amorevole, il più premuroso.
Gli faceva trovare il caffè pronto tutte le mattine, lo osservava mentre faceva sempre una ricerca in più del necessario per essere certo che fossero al sicuro e parlava con Jack soddisfacendo ogni sua curiosità, anche la più piccola e insignificante.
Lui al massimo borbottava, parlando a gesti e dicendo cazzate a non finire senza dire mai niente di veramente importante limitandosi ad osservare da un angolo della stanza quella famiglia che tanto amava e che non voleva cambiasse mai, perché c’era un equilibrio perfetto tra tutti loro.
C’era equilibrio anche nel tenere gli occhi chiusi ignorando i momenti, ignorando gli sguardi e facendo finta che certe cose, certi sentimenti non esistessero.
 
Bang
 
Bang
 
Bang
 
Come avrebbe fatto senza di lui? Senza le sue battute che cercava di far passare per divertenti, la sua ironia inesistente, la sua serietà, la sua presenza rassicurante, solida, viva.
 
Ributtò la testa indietro contro la parete perché voleva sentire dolore fisico, voleva disperatamente allentare la stretta al cuore che lo stava soffocando.
 
“Sapevo che mi avevi cambiato. Perché a te importava e a me importava”
E lui? Lui non era forse cambiato insieme a Cas? Davvero pensava che la sua presenza non lo avesse cambiato? Nel modo di vedere le cose, nel modo di vivere e di sentire? Se non lo avesse cambiato ora non avrebbe sentito quella morsa soffocante nel petto.
“Ti amo”
 
Non farlo. Ti prego, non farlo. Fermati non farlo, non prima di aver sentito la mia risposta e quando l’avrai sentita a maggior ragione non farlo.
 
Portò la mano libera al viso per non vedere più niente. Sperò di non sentire mai più.
 
Addio Dean”
Aveva sospirato appena, sollevato, sorridendo, come se confessando si fosse tolto un macigno dalle spalle, felice.
E in un misero secondo… il nulla.
 
Doveva dirlo a Sam e a Jack, doveva trovare il modo di dir loro che Cas era morto salvandogli la vita e che era stato inghiottito dal vuoto per sempre.
 
La consapevolezza che non lo avrebbe rivisto mai più da nessuna parte, né da vivo e nemmeno da morto lo soffocò.
 
Gridò. Tanto non c’era nessuno nel bunker ad ascoltarlo.
 
Bang
 
Bang
 
Bang
 
 
FINE.
  
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