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Autore: Asmodeus    28/11/2020    10 recensioni
Un piccolo omaggio per un amico in seguito a una recente perdita. Ti abbraccio forte forte. ♥
[Dal testo:] «È successo».
Sento mamma singhiozzare dall’altro capo del telefono.
Grazie ma’, proprio quello che mi serviva adesso… Vorrei scoppiare a piangere anche io, ma non posso farlo, non ancora.
Per fortuna interviene papà: «È andato tutto come doveva? Era agitato?»
Lui è freddo, come sempre, ma sento un brivido anche nella sua voce: ha paura che abbia sofferto.
«Tutto come da programma. E no, era tranquillo come sempre. È stato bravo anche quest’ultima volta».

- Questa storia partecipa al contest “Wr-Ink-Tober” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Last Goodbye



«È successo».
Sento mamma singhiozzare dall’altro capo del telefono.
Grazie ma’, proprio quello che mi serviva adesso… Vorrei scoppiare a piangere anche io, ma non posso farlo, non ancora.
Per fortuna interviene papà: «È andato tutto come doveva? Era agitato?»
Lui è freddo, come sempre, ma sento un brivido anche nella sua voce: ha paura che abbia sofferto.
«Tutto come da programma. E no, era tranquillo come sempre. È stato bravo anche quest’ultima volta».
Non riesco a trattenere le lacrime, stavolta, ma almeno nascondo i singhiozzi a papà: non voglio che stia male anche per me, quando ha mamma a cui badare.
«Ora dove lo porti?», chiede, ruvido.
«Franci dice di portarlo da lui. Ha tanto posto in giardino, possiamo seppellirlo in un angolino lì. Così se vogliamo, possiamo andarlo a trovare…»
«Molto bene. Ringrazialo da parte nostra. Vuol dire molto, soprattutto per mamma…»
Mio fratello si avvicina al microfono del telefono – sono in vivavoce, per cui ha sentito tutto.
«Niente da ringraziare, Pa’. Era parte della famiglia anche lui, no?»
Un grugnito dall’altra parte della cornetta, e i singhiozzi di mia madre a riempire il silenzio. Nessuno sa bene cosa dire, dopotutto.
«Vi aspetto presto allora» interviene ancora mio fratello. «Fatemi sapere quando venite, così Elena cucina anche per voi. Salutami mamma!»
Papà annuisce in risposta, brusco come sempre.
«Ci sentiamo più tardi allora. Non aspettatemi per mangiare, mi arrangio poi» aggiungo io, in fretta.
Chiudo la chiamata. Mio fratello mi sta fissando: anche lui ha le guance rigate di lacrime, e la morte nel cuore per quello che abbiamo fatto.
«Abbiamo fatto la cosa giusta?» gli chiedo.
Sono giorni che mi interrogo su quella scelta, ma fatico ancora a venirne a capo.
Solo che stavolta il fatto è compiuto, e non si può nemmeno tornare indietro.
«Secondo me, sì» approva Franci, sicuro.
È sempre stato il più razionale tra di noi, e anche in questi momenti è il più lucido di tutti.
«Soffriva troppo, da troppo. Non avrebbe retto ancora molto a lungo. Gli abbiamo solo evitato ulteriore dolore, lo sai anche tu».
Annuisco in silenzio, mentre le lacrime riprendono a scorrere senza sosta.
Franci mi abbraccia, per consolarmi come quando ero piccolo e andavo a sfogarmi da lui.
Restiamo così per un po’, poi mi faccio coraggio, mi asciugo in volto e mi preparo a rientrare dal veterinario per l’ultima parte di quel difficile compito.
«Andiamo. Abbiamo ancora un ultimo viaggio da fare insieme, no?»

*

Finiamo di compattare la terra con la pala, appiattendola bene.
È ormai quasi sera, e la luce della luna splende già su di noi, accerchiata dai primi accenni di nebbia.
«Fa buio troppo presto ora» brontola mio fratello.
«È ottobre. Che altro ti aspetti, il sole a mezzanotte?» ribatto.
Mi allontano da mio fratello, inoltrandomi nel giardino e puntando verso la campagna in cerca di qualcosa da porre sopra la tomba di Billy.
Franci non ha mai sopportato l’autunno e le giornate così corte.
Ma a me piace come stagione.
Sarà che sono nato proprio quando lei inizia, ma poi… ottobre è un mese meraviglioso.
Piaceva anche a Billy: non solo perché l’avevamo preso proprio in quel mese, tanti anni fa, e quindi festeggiavo insieme a lui il nostro compleanno.
Ma anche perché là dove tutti vedevano solo decadenza, tristezza, morte e il preludio dell’inverno, noi vedevamo insieme solo tantissima gioia.
Billy adorava giocare con le foglie multicolori che tappezzano il nostro vialetto in questo periodo, così come l’odore dei cachi e delle castagne e degli altri frutti autunnali.  Si rotolava nei mucchi di foglie raccolte al bordo della strada, o lanciarsi in corse infinite nel mezzo della nebbia o della fredda pioggia autunnale. Tornavamo a casa sempre fradici, sporchi e infreddoliti, ma quei sorrisi non ce li toglieva nessuno.
Gli piaceva anche accompagnarmi da Franci e aiutarci a raccogliere gli ultimi prodotti della campagna, e giocare in mezzo al campo di zucche mentre sceglievamo insieme quale prendere da intagliare per Halloween.
Billy adorava anche addobbare casa insieme, rendendola una piccola Salem per poter guardare i film horror con la giusta atmosfera. Non so quante notti abbiamo passato insieme sul divano a tremare davanti all’ennesimo demone – o meglio, io tremavo, mentre lui invece si avventava contro la televisione per difendermi.
Il mio piccolo guerriero…
Riprendo a piangere, e le lacrime scavano rivoli caldi sulle mie guance.
So di aver fatto la cosa giusta, di avergli dato finalmente pace dopo tutte quelle sofferenze.
Eppure, questo non diminuisce il dolore che provo per la sua perdita.
Scalcio col piede mentre mi inoltro nel giardino, rimuovendo gran parte delle foglie morte dal mio passaggio.
Intorno a me la nebbia ha cominciato a salire prepotente, e tra non molto avvolgerà ogni cosa nel suo umido e freddo abbraccio. L’ho sempre trovata poetica, in qualche modo, e mi lascio circondare dalle sue spire filamentose come se fosse fumo d’incenso bruciato in onore di Billy.
Poi, in mezzo a tutta quella nebbia che nasconde la desolazione di un giardino autunnale, finalmente la vedo.
È una grossa ghianda, che svetta dal manto multicolore di vegetazione morta per le belle foglie verdi a cui è ancora attaccata.
È una specie di ossimoro: il frutto che porta in sé la vita nuova, ancora attaccato al rametto con le foglie vigorose, che risalta in mezzo a tutta quella marcescente decadenza.
Lo prendo come un segno, e raccolgo la ghianda.
Torno indietro sui miei passi, da mio fratello e da ciò che resta di Billy.
Franci ha incrociato due rametti insieme a mo’ di croce, e li ha legati con un filo di lana rosso che ha recuperato chissà dove.
Appoggio delicatamente la ghianda sotto quella croce improvvisata, disponendola insieme alle foglie in modo da comporre una specie di ghirlanda che rassomiglia anche a un cuoricino con la foglia al centro.
Restiamo qualche altro minuto davanti alla tomba del mio compagno di vita, finché la nebbia che sale non si confonde con la notte che scende ed intorno a noi è quasi completamente buio, freddo ed umido.
«È ora di andare, Liam. E stasera ceni con noi. Non accetto un no, sappilo».
Franci mi dà una pacca sulla spalla, poi si allontana ritornando verso casa lasciandomi un po’ indietro.
Tiro fuori un fazzoletto e mi asciugo le lacrime, soffiandomi il naso e preparandomi a dare davvero l’ultimo saluto al mio caro amico, inginocchiandomi a lato della sua tomba.
Do un’ultima carezza alla terra ben pressata, strofinandola come ho fatto per quindici anni col pelo di Billy. Poi mi alzo, e mi avventuro nella nebbia per raggiungere mio fratello.

*
Sto guidando verso casa, Spotify acceso che mi tiene compagnia mentre mi avventuro in mezzo alla nebbia.
Sì, sicuramente la nebbia è poetica da vedere, ma guidarci in mezzo… non è la migliore delle esperienze, ecco, soprattutto se ci pensa già il dolore ad annebbiarti la vista.
Il fatto poi che l’app, in modalità randomica, abbia deciso di passare solo canzoni tristi certamente non migliora la situazione.
La nebbia e le lacrime sono così fitte che per un attimo debbo fermarmi a lato della strada per asciugarmi gli occhi e cercare di riprendermi. E magari anche per cambiare playlist sul telefono.
Faccio un respiro profondo mentre mi asciugo gli occhi con le maniche del giubbotto, poi agguanto il cellulare per cercare musiche allegre.
Lo schermo, beffardo, si accende salutandomi con “The Last Goodbye” di Billy Boyd.
Un sorriso amaro si apre sul mio volto: è una canzone che fonde insieme la mia passione per il fantasy e l’amore smisurato per il mondo di Tolkien con il momento tragico che sto vivendo. L’ironia vuole anche che questa canzone di addio ai propri compagni sia cantata proprio dall’interprete di Pipino, uno dei personaggi più demenziali dell’universo tolkieniano e che mi ha sempre ricordato il mio cane, per il suo nome e per i suoi disastri.
Mentre la mia auto si riempie degli accordi di chitarra di questa melodia, noto con la coda dell’occhio un movimento alla mia destra.
Per un attimo, in mezzo alla nebbia, mi pare di scorgere la figura di Billy.
Sta correndo lungo il fosso che separa la strada dal campo arato e brullo, come faceva quando era piccolo, felice e spensierato e insieme facevamo lunghe camminate per le stradine di campagna vicino a casa di mio fratello.
Sento anche il suo abbaiare gioioso, e il tintinnio del campanellino che portava al collare e annunciava la sua presenza: glielo avevamo preso appositamente per permettergli di girare libero per la campagna, certi di poterlo comunque rintracciare anche qualora fosse scappato lontano inseguendo un qualche animaletto selvatico.
Per un attimo, ho la tentazione di abbassare il finestrino e di chiamarlo, o di scendere dalla macchina per rincorrere quell’ombra nella nebbia.
Poi mi ricordo che non è la realtà, e che quello là fuori non è Billy.
Nelle ultime settimane lui quasi non camminava più; da un sacco di tempo non lo sentivo più nemmeno abbaiare, e ultimamente aveva praticamente anche smesso di mangiare, mettendo su un musetto triste e pieno di sofferenza.
Ciò che i miei occhi vedevano nella nebbia non era che un ricordo del mio amico, proveniente direttamente da un lontano passato.
Rivederlo così, giovane e forte e felice, è un colpo al cuore molto forte.
Ma in qualche modo questa visione nella nebbia distrugge un blocco che mi porto dietro da giorni.
Dal momento in cui abbiamo deciso di porre fine alle sue sofferenze e regalargli una morte serena, ho quasi smesso di dormire e mangiare anch’io, attanagliato dal senso di colpa.
Mi sono sentito un traditore, nel portarlo dal veterinario ma non più per curarlo, stavolta.
Eppure, vedendo la sua versione più giovane ed estasiata in mezzo a questa nebbia fitta, finalmente sento questi artigli intorno al cuore farsi meno stretti.
La voce di Boyd continua a cantare, e le parole della canzone sono anch’esse un colpo al cuore che in qualche modo mi sblocca.
La notte sta scendendo/e così finisce questo giorno” traduco nella mia testa, come se quelle note fossero un messaggio diretto del mio Billy: “la strada mi sta chiamando/e io devo andare [1].
Le lacrime riempiono di nuovo i miei occhi, mentre capisco il significato di questa canzone appieno.
Mi torna in mente ciò che ho pensato qualche ora fa, di fronte al rammarico di mio fratello per l’autunno e l’anno che pian piano muore.
Lui vorrebbe sempre l’estate, ma non può esistere per sempre e deve accettarlo.
Ed è tempo che anch’io impari ad accettare di lasciare andare chi deve ormai farlo.
Non può essere sempre estate nella nostra vita, con solo giorni lunghi e felici e luminosi. È giusto che esistano anche i momenti in cui le cose cominciano a spegnersi man mano, e a lasciarci per far spazio ad un inverno di riposo e a una primavera di rifioritura.
Mentre realizzo questo pensiero, ecco il fantasma del passato di Billy riemergere dalla nebbia e correre verso di me un’ultima volta.
Lo vedo saltare il fosso, proprio come se fosse vero, e avvicinarsi alla mia macchina fermandosi a pochi passi di distanza.
Billy Boyd continua a cantare, e mi permette di capire cosa vuole davvero dirmi il mio vecchio amico.
Conserverò questi ricordi/e con la tua benedizione me ne andrò/per raggiungere infine la strada che mi porta a casa [2].
Con la voce rotta dall’emozione, concludo l’ultima strofa della canzone donandola come un ultimo saluto al mio Billy del passato: «We came all this way/But now comes the day/To bid you farewell» [3].
È ovviamente ancora tutto frutto della mia immaginazione, ma vedo la figura nebbiosa di Billy piegare la testa e abbaiare felice.
L’ultima strofa della canzone è lenta all’inverosimile, ed io la sento abbracciarmi ed entrarmi dentro al cuore. Non è più Boyd a cantarla, bensì una voce che non ho mai sentito prima ma che mi pare estremamente famigliare.
«I bid you all a very fond farewell»
[4].
Chiudo gli occhi, invasi dalle lacrime, mentre sento il mio cuore sollevarsi, finalmente leggero.
Quando riapro le palpebre, davanti a me non c’è più nulla; anche Spotify si è improvvisamente spento, lasciandomi nel silenzio e nella pace.
Per la prima volta da giorni, torno a sorridere con un cuore differente, triste e felice al tempo stesso.
«Riposa tranquillo, Billy, mio piccolo guerriero. Te lo sei meritato» sussurro, voltandomi verso il campo nebbioso e anonimo per un’ultima volta.
Faccio un respiro profondo, poi riaccendo la mia auto e riparto verso casa.

 

 

Pipino: Non credevo sarebbe finita così..
Gandalf: Finita? No. Il viaggio non finisce qui. La morte è solo un'altra via. Dovremo prenderla tutti.
La grande cortina di pioggia di questo mondo si apre e tutto si trasforma in vetro argentato.E poi lo vedi...
Pipino: Cosa, Gandalf? Vedi cosa?
Gandalf: Bianche sponde e, al di là di queste, un verde paesaggio sotto una lesta aurora.
Pipino: Be', non è poi così male!
Gandalf: No... No, non lo è.
[Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re]



 

[1] In originale: “Night is now falling/So ends this day/The road is now calling/And I must away

[2] In originale: “To these memories I will hold/With your blessing I will go/To turn at last to paths that lead home

[3]Siamo giunti fin qui/ ma ora è il momento/ di dirti addio”.

[4]Vi saluto tutti quanti con tanto affetto”.



Note dell'autore:

Questa storia nasce come omaggio per un amico, che ha perso recentemente il suo adorato cagnolino. Ho cercato di trattare tale tematica nella maniera più delicata e rispettosa possibile, e spero di non aver offeso nessuno con le mie parole.

La canzone ripresa più volte nel testo è questa: essa è stata scritta da Billy Boyd per concludere la trilogia cinematografica de "Lo Hobbit", e salutare in qualche modo la Terra di Mezzo. Ho pensato che la sua delicatezza e le sue parole fossero estremamente adatte per un momento di perdita come quello descritto, in quanto purtroppo nella vita ci tocca spesso di dire addio ai nostri cari, ma nonostante il dolore dobbiamo saper andare avanti e capire che anche se le nostre strade si sono divise al momento, ciò non cancella tutto ciò che di bello è stato. La traduzione dei vari versi è di mio pugno ed è relativamente libera, in quanto ho preferito non attenermi a una traduzione letterale per meglio rendere in italiano il significato del testo.

Ringrazio chiunque abbia letto questo piccolo omaggio, e se volete lasciarmi il vostro parere in merito a questa storia come recensione siete i benvenuti. A presto!

 

Questa storia partecipa al contest “Wr-Ink-Tober” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP, con il seguente pacchetto:

Pacchetto 12 – Scythe

   
 
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