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Autore: ShanaStoryteller    28/11/2020    5 recensioni
Durante il loro secondo anno, Harry e Draco scoprono di essere anime gemelle e fanno del loro meglio per tenere la cosa segreta.
Il loro meglio non è abbastanza.
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“Stai cercando di farti uccidere, Potter?” disse strascicato Malfoy, camminando altero con grandi falcate. Veloce lui stesso come una serpe, allungò il braccio e afferrò l’animale appena sotto la testa. Questi si dimenò nella sua presa, ma non poteva più mordere nessuno. “Questo è un serpente velenoso e dubito che qualcuno abbia un bezoar con sé.”
Harry lo fulminò con gli occhi. Aprì la bocca e sentì l’inizio di una frase nella lingua dei serpenti scivolargli dalle labbra, e non era ciò che voleva, che senso aveva insultare Malfoy se non poteva capire quello che stava dicendo-
Malfoy sgranò gli occhi e schiaffò una mano sulla bocca di Harry. “Potter, che diavolo-“
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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IL TORNEO TREMAGHI – PARTE TRE
 





Draco si sarebbe risparmiato gli infarti e avrebbe direttamente ammazzato la sua anima gemella. Harry era raggiante mentre i giudici lo fulminavano con lo sguardo. Draco gli avrebbe fatto sparire quel sorriso con le proprie mani. Sulla sua gola.

Tecnicamente Harry aveva preso l’uovo, ma gli vennero detratti punti visto che ci aveva messo cinque volte tanto il tempo degli altri campioni.

“Draco, tesoro.” Disse Pansy, premendosi addosso a lui per potergli bisbigliare nell’orecchio. “Gli romperai qualche osso se non molli la presa.”

Sbatté le palpebre, non capendo a cosa si riferisse, e gli occhi di Pansy puntarono il suo fianco opposto. Seguì il suo sguardo e vide che aveva afferrato la mano di Blaise con la propria. Stava stritolando la mano dell’amico nella sua presa e vide delle ferite dove gli aveva conficcato le unghie nella pelle. “Merlino!” Lo lasciò andare, alzando colpevolmente gli occhi verso Blaise che si limitò a inarcare un sopracciglio. “Scusa. Io- Scusami.” Tirò fuori la bacchetta e mormorò un incantesimo guaritore sottovoce, per poi strofinare via il sangue secco con il pollice.

“Non fa niente.” Disse Blaise, sfilando la mano e dandogli un buffetto all’orecchio. “Sopravvivrò.”

“Scusa.” Ripeté, testardamente, facendo guizzare lo sguardo verso Harry. “Solo, io-“

“Se mi costringi a ripetermi, ti picchio.” Lo minacciò Blaise.

Le spalle di Draco si rilassarono e lui sorrise. “Ci puoi provare.”

Blaise era più forte e veloce di lui, ma era a quello che serviva la magia. Non potevano colpirlo se non lo prendevano.
 
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Silente gli aveva conferito un punteggio alto per “Audacia e ingegno”, ma il resto dei giudici era su tutte le furie, quindi ricevette il punteggio combinato più basso tra tutti i campioni. Bene. Fu incredibilmente sollevato nel sentire che avrebbe avuto tre mesi di tempo prima della prova successiva. Si chiese se avrebbe potuto affrontare anche quella a cavallo di un drago. Sarebbe stato bello.

Quando ritornò alla tenda per restituire la divisa da battaglia, tutti gli altri se n’erano già andati e Harry non poté non sentirsi deluso. Avevano visto tutti la sua prova, ma lui non aveva visto le loro, e voleva sapere come l’avevano affrontata. Sapeva che Cedric aveva volato, ma non sapeva cosa si erano inventati Fleur e Viktor.

Si lavò nello spogliatoio di Quidditch prima di dirigersi verso il castello, più per evitare la folla e i paparazzi che altro. Con un veloce Gratta-E-Netta scrostò i suoi vestiti da sudore e polvere, quindi poi si limitò a indossarli nuovamente e sgattaiolò via facendo il giro largo per non dover usare l’entrata principale del castello.

Pensò di essere stato abbastanza furbo; almeno finché qualcuno non lo afferrò per il retro della maglietta e lo trascinò in un- un capanno da giardino, forse? C’erano molte vanghe ed era pieno di polvere. Starnutì. “Sei sicuro di non voler aspettare per affrontare questa conversazione? Forse dovresti calmarti un po’, prima. E poi, stavi semplicemente… aspettando che passassi? Come facevi a sapere che sarei venuto per di qua?”

Draco praticamente gli ringhiò contro, afferrandogli a piene mani la camicia e sbattendolo di nuovo contro la porta. Non era la sua rabbia fredda e spaventosa, ma la sua furia, e Harry non era particolarmente impensierito da quella. Era ancora emozionato per il giro che aveva fatto sul drago, ma si morse le labbra per non sorridere. Non era il momento di buttarla in allegria.

“Che cazzo pensavi di fare?” Sibilò Draco. “Non sono riuscito a vederti per quasi un’ora! I domatori hanno lanciato degli incantesimi di tracciamento, quindi sapevano che eri vicino, ma non sapevano se eri ferito o se stavi cadendo o se quell’enorme bestia ti avesse semplicemente inghiottito in un sol boccone-“

“Draco!” Harry voleva stringergli le spalle, ma non riusciva ad arrivarci con le mani di Draco premute contro il petto. Optò per afferrarlo per il bacino strattonandolo più vicino a sé, finché le braccia si piegarono ai gomiti e finirono l’uno stretto all’altro. Ebbe l’effetto desiderato di zittirlo, ma ora si sentiva la bocca arida e si era dimenticato tutte le ottime ragioni che lo avevano spinto ad aiutare un drago a liberarsi temporaneamente per poi cavalcarla nel cielo.

Gli occhi della sua anima gemella erano veramente azzurrisimi.

Draco sospirò e lasciò cadere la testa per lasciarla riposare sulla spalla di Harry. “Avevo detto nessuno stupido, avventato atto eroico da Grifondoro, Harry. Era davvero troppo da chiedere?”

Oh, fantastico. Ora si sentiva in colpa. “Non era un atto eroico. Payne poteva parlarle e lei voleva solo fare scena. Non ero in pericolo.”

“E se fossi caduto? Le buone intenzioni non contano quando hai il collo spezzato!”

“Uno di loro mi avrebbe preso, se fosse successo.” Disse, con più sicurezza di quella che realmente aveva. Era sicuro che ci avrebbero almeno provato, ma quando aveva saltato dalla schiena di Payne si trovava decisamente troppo vicino al terreno perché quell’acrobazia fosse anche lontanamente considerabile come sicura. “Non era mia intenzione farti preoccupare.”

“Non è mai tua intenzione farlo.” Disse Draco, alzando finalmente la testa. “Non- Non fare più roba del genere. Per favore. Non per il torneo, almeno. Non per qualcosa di stupido.”

“Okay.” Disse, perché Draco sembrava genuinamente turbato, ed era l’ultima cosa che voleva. Spinse il piede contro quello di Draco e disse: “Però è stato figo, vero?”

Draco alzò gli occhi al cielo e si allontanò. Harry lasciò che le sue bracca gli cadessero lungo i fianchi, ma gli mancò subito il calore di Draco sulle mani. “Torno al castello. Aspetta almeno cinque minuti prima di seguirmi. Per la cronaca, sono ancora arrabbiato con te.”

Spinse via Harry e uscì dal capanno, con il naso alzato. Forse Harry avrebbe dovuto preoccuparsi di quanto l’arroganza donasse alla sua anima gemella.

 
-
 


Fleur lo trovò mentre stava camminando nel castello e gli lanciò le braccia al collo. “Draco! Ti stavo cercando!”

Lui l’abbracciò di rimando, compiaciuto. Era arrivata seconda nella prima prova, subito dopo Cedric. “Scusa, avevo da fare. Perché mi stai cercando? Dovresti essere a festeggiare!”

“Lo sto facendo!” Gli prese la mano. “Lo stiamo facendo, nella nostra carrozza. Voglio che tu venga! E anche i tuoi amici, Blaise e Pansy.” Un po’ del suo entusiasmo la lasciò e lei sfiorì. “Viktor sta festeggiando sulla sua nave. Mi dispiace che non ci sia un posto dove festeggiare insieme. Abbiamo vinto tutti, oggi!”

La fissò; e gli venne un’idea fantastica. “Winky.” Disse e Fleur si spaventò quando l’elfa domestica apparve al suo fianco. “Riesci a pulire la Stamberga Strillante per stasera?”

“Sì, padron Draco.” Disse prontamente lei. “Winky è un’elfa veloce.”

“Eccellente. Mettiti al lavoro.” Sparì prima ancora di aver finito di parlare. Draco tornò a guardare una Fleur evidentemente confusa. “Come te la cavi con gli incantesimi di disillusione?”

“Benissimo. Perché?”

Poco ma sicuro, non meritava quel suo sguardo sospettoso; non aveva fatto nulla per guadagnarselo. “Mia cara Fleur, ora celebreremo tra di noi. Ma stanotte? Faremo una festa. E tutti sono invitati.”
 
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La sua mossa successiva fu rintracciare Blaise; il che si rivelò relativamente semplice, visto che stava studiando Erbologia nella loro stanza. il ragazzo alzò lo sguardo quando lo sentì entrare e il suo viso si torse in una smorfia. “Odio quella faccia, non finisce mai bene per me. Qualunque cosa tu voglia, la risposta è no.”

“Non fare così, è ora che tu metta a frutto gli insegnamenti di tua madre!” Esclamò allegramente.

Quello catturò il suo interesse. “Vuoi che scriva qualcosa?”

“No.”

“… Vuoi che sposi un uomo per i suoi soldi, lo uccida e lo faccia sembrare un incidente?”

“Blaise!” Draco si mise una mano sul cuore. “La signora Zabini non lo farebbe mai! Come puoi dire una cosa del genere della tua stessa madre?”

“L’ho conosciuta.” Disse lui, secco. “Beh, queste sono le abilità che ho sempre notato, quindi non sono sicuro di cos’altro tu voglia da me.”

“Stiamo organizzando una festa alla Stamberga Strillante. Durmstrang, Beauxbatons e Hogwarts, dal quarto anno in su.” Fece una pausa, riflettendo, poi aggiunse: “E Luna.”

Chissà perché, ma Blaise sembrava ancora meno divertito. “Vuoi che faccia da ospite?”

“Sei bravo.” Disse, con sincerità. “E poi, non posso farlo io; ho una reputazione da mantenere.”

Lui sospirò a quella richiesta, più pesantemente di quello che Draco pensava di meritarsi. “Mantenere la tua reputazione è una vera rottura di coglioni. Certo, come ti pare. Ospitare un rave per tre scuole e la maggior parte dei ragazzi del settimo anno sembra davvero divertente e per niente stressante.”

“Blaise.” Disse, rimproverandolo. “Non sarà un rave. Sarà un evento ristretto e sofisticato.”

Blaise allungò la mano verso la sua bacchetta e Draco scappò dalla stanza prima che potesse usarla. Ora aveva bisogno di Luna. Era sua cugina e l’avrebbe invitata comunque. Ma. Suo padre aveva un’intera cantina piena di alcol di cui non si curava di tenere un inventario e lei era abbastanza brava con gli incantesimi di appello da poterla decisamente usare per il suo tornaconto.

Anche se, se arrivava in anticipo, poteva semplicemente fare una visita ai Tre Manici di Scopa. Madame Rosmerta non se la prendeva molto con i minorenni che bevevano e gli avrebbe tranquillamente venduto tutto quello che gli serviva, fin tanto che l’avesse comprato al triplo del prezzo.

Era così tonificante poter pianificare qualcosa che non prevedesse una latente possibilità di morte o incarcerazione.
 
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Tutti quelli del quarto anno erano nel dormitorio dei ragazzi, visto che non potevano salire a quello delle ragazze. Fu Ron a ricevere il messaggio di Blaise. Si trattava di un orario e un luogo e, sotto di essi, vergato nel suo perfetto corsivo, c’era scritto: Un evento per celebrare i tre Campioni Tremaghi. E quel bastardo di Harry Potter.

Harry rise ad alta voce quando lo vide, ma non aveva idea di cosa avesse in mente Blaise. Scoprirono che tutti quelli dal loro anno in su ne avevano ricevuto uno: un piccolo pezzo di carta che sembrava essersi semplicemente materializzato nelle loro mani. Ron dovette notare la sua confusione, perché gli diede una pacca sulla spalla e disse: “Elfi domestici. Devono aver reclutarne un paio del castello.”

“Ci andiamo?” Chiese Neville, titubante. “È da parte di un Serpeverde. E se fosse una trappola?”

Lavanda si alzò in piedi. “Sembra divertente! Dov’è il tuo senso dell’avventura, Neville?”

“Mia nonna lo tiene nella sua borsetta.” Disse. “Sotto chiave insieme alla minaccia di un perenne castigo.”

Lei fece una risata nasale, ma gli tese una mano. “Andiamo. Se arriverà tua nonna per picchiarti, ti proteggerò io.” Neville non sembrava per niente convinto.

“Andiamo.” Disse Harry, alzandosi in piedi. “Non può essere peggio della prima prova, no?”

Sgattaiolarono giù in gruppo e, grazie al cielo, la Sala Comune era vuota. Il posto dove gli era stato incaricato di andare era una delle uscite secondarie del castello. Era vicina all’aula di Erbologia e portava alla serra.

Lì trovarono Draco e Cho e tutti si fermarono, confusi. C’era un gruppo di Corvonero del quinto anno davanti a loro e i due toccarono ognuno di loro con la bacchetta, mormorando un incantesimo che non riuscirono a sentire, e un secondo dopo il gruppo era sparito. Aspetta… No, non erano spariti, ma si erano mimetizzati con il paesaggio, visibili a malapena solo grazie ai loro movimenti. Sgusciarono via fuori dalla porta, niente più che vaghe sagome.

“Che diavolo?” Mormorò Ron.

“È un incantesimo di disillusione.” Disse Parvati. “È una magia del settimo anno.” 

“Corretto.” La voce di Draco li raggiunse. “Abbiamo ancora altre persone da far passare stanotte, quindi muovetevi. Più ci mettete ad arrivare e più dovremo aspettare prima di poterci unire a voi.”

Cho li chiamò con un cenno della mano, sorridendo. “Va tutto bene! Voi siete praticamente gli ultimi, ci siamo occupati dei più grandi per primi.”

“Che sta succedendo?” Chiese Seamus, la mano stretta in quella di Dean. “Dove stiamo andando?”

“Andate al Salice Schiaffeggiante, prendete il bastone lungo e spingete il nodo sulla radice. Seguite il suono della musica.” Disse Draco.

Neville strinse gli occhi. “Stai parlando in codice?”

Muovetevi. Oppure potete correre fino a lì senza nessuna copertura e sperare che non ci siano professori a guardare fuori dalle loro finestre.” Draco lo fulminò con lo sguardo.

Cho tossì per nascondere la sua risata. Non ci riuscì molto bene. Harry non voleva che finisse tutto in un litigio, quindi si avvicinò a lei spalancando le braccia, usando la voce più teatrale che riuscì a fare per dire: “Fai del tuo peggio!” Lei rise, ad alta voce stavolta, e in qualche modo ridusse la tensione. Ron si avvicinò a Draco e il resto del loro gruppo sembrò molto meno sospettoso.

Cho gli toccò la testa con la bacchetta e Harry sentì la sensazione di un uovo freddo che gli colava addosso. “Grazie per quello che hai fatto.” Gli sussurrò, allungando la mano per stringergli il braccio. “Non so come avrebbe fatto Cedric, altrimenti.”

Harry avvampò e abbassò la testa, tranquillizzato solo in parte dalla sicurezza che non potesse vederlo arrossire. “Figurati.” Disse, per poi uscire prima che lei potesse dirgli qualcos’altro di imbarazzante. Si avvicinò al Salice Schiaffeggiante e aspettò che i rimanenti del quarto anno di Grifondoro lo raggiungessero; poi toccò il nodo legnoso, paralizzando temporaneamente l’albero. Lanciò un’occhiata alle sue spalle e vide che Ron aveva preso la posizione di retroguardia, occhieggiando sospettosamente l’albero. Bene. Se avesse cominciato a muoversi prima che tutti fossero scesi, avrebbe saputo cosa fare.

Riuscirono tutti ad attraversare e lui e Hermione fecero strada, visto che erano già stati lì prima, mentre Ron rimase nelle retrovie per sicurezza.

Erano a circa metà del tunnel quando udirono la musica. Iniziò bassa, solo un ritmo palpitante, ma si fece più alta quanto più avanzavano. Quando arrivarono all’entrata della Stamberga Strillante, era assordante. Cercò di aprire la porta, ma era chiusa. Harry e Hermione si scambiarono delle occhiate confuse; poi lei bussò alla porta.

La porta si aprì e, improvvisamente, ogni tipo di suono si interruppe. Il silenzio assoluto dopo la musica ad alto volume fu scombussolante. Blaise era sull’uscio, vestito di tutto punto, con una stanza completamente in ordine dietro di lui e assolutamente vuota. “Password?” Chiese, guardandoli dall’alto in basso.

“Non ci è stata detta una password!” Protestò Lavanda.

“Niente password, niente festa.” Li informò.

Sembrava che Hermione stesse considerando l’idea di entrare facendo esplodere la porta e Blaise fece un discreto passo indietro per allontanarsi. “Possiamo avere un indizio?” Chiese lei.

“No.” Rispose. Chiaramente, la paura di Hermione non batteva il suo amore per la teatralità. Beh, c’era un motivo per cui Serpeverde non era conosciuta per essere la casa dei furbi.

Ron fece una risata nasale e tutti si girarono verso di lui. Incrociò le braccia e disse: “Potter puzza.”

Blaise quasi sorrise e disse “Corretto.”, prima di sbattergli la porta in faccia. Hermione cercò la sua bacchetta, ma prima che potesse afferrarla, la porta si aprì di nuovo. La musica era sparata a mille, anche se Harry non riusciva a vedere da dove, e la Stamberga era illuminata con incantesimi Lumos che sfrecciavano e fungevano da luci stroboscopiche. Era strapiena di studenti di tutte e tre le scuole e sul muro in fondo alla stanza sembrava esserci abbastanza alcol da far ubriacare tutta Hogsmeade, per non parlare di un paio di centinaia di adolescenti.

“È… più grande?” Chiese Hermione entrando, incantata. Parvati e Lavanda li abbandonarono per correre al bar con Seamus e Dean alle loro calcagna.

“Sono stati Fleur e Draco.” Harry si girò per vedere Cassius poco lontano, un vassoio di shot fumanti che fluttuavano dietro di lui. “Benvenuti al non-rave per celebrare i tre campioni, più Potter.” Afferrò uno degli shot e fece un brindisi alla volta di Harry. “Cavalcare quel drago è stato originale.”

“Grazie.” Rispose, divertito. “Allora, i Serpeverde stanno ospitando un non-rave perché…?”

Cassius buttò giù lo shot, apparentemente inalterato anche mentre gli usciva del fumo dalle orecchie. “Tecnicamente, Blaise sta facendo da ospite; ma è Draco la mente dietro tutto questo e ha coinvolto anche noi perché è quello che fa sempre, quel moccioso rompipalle. Lui e Fleur hanno escogitato tutta la faccenda, dovresti chiedere a loro.” Fece una pausa, riflettendo, poi disse: “Ripensandoci, non farlo. Stiamo cercando di fare un rave tranquillo nel cuore della notte, contornato da consumo di alcol da parte di minorenni. Ci manca solo che qualcuno istighi un duello.”

Due braccia si posarono sulle sue spalle prima che avesse la possibilità di rispondere e Fred e George lo affiancarono da entrambi i lati. “Cassius, mio buon uomo.” Disse allegramente George. “Come sta andando quel saggio di trasfigurazione? Beh? Sai che sono sempre lieto di aiutare, se ne hai bisogno.”

Cassius buttò giù un altro shot, lanciò il bicchiere verso la fronte di George e se ne andò. George non fece nulla per impedire che il bicchiere lo colpisse, ma lo acchiappò prima che cadesse per terra. Sembrava stranamente deluso.

Ron prese il proprio shot, alzando gli occhi al cielo. “Flirti da schifo.”

Harry pensò che Ron avesse completamente mancato il bersaglio, prima che Fred scoppiasse a ridere e George avvampasse, rosso come i suoi capelli. “Ti ucciderò nel sonno.” Minacciò, ma marciò via ancora imbarazzato.

Fred afferrò lo shot di Hermione e lo bevve. Hermione sembrava non riuscire a decidere se sentirsi offesa o meno. “Quando hai imparato a bere alcol, piccolo Ronnie?”

“Grazie a voi, che mi avete sciolto la lingua con un Pallino Acido quando avevo cinque anni, sono praticamente immune al bruciore di un po’ di alcol. Quindi grazie, immagino.” Come per dimostrarlo, prese lo shot di Harry e buttò giù anche quello. Sembrava turbato tanto quanto Cassius – quindi, per niente.

Fred sembrava deliziato. Allacciò il braccio a quello di Ron e lo trascinò via. “È ora della tua prima gara di bevute, caro fratello!”

Hermione sospirò. “È meglio che li segua. Vieni con me?”

“Viktor è qui, da qualche parte.” Disse Harry, scrutando la folla. “Non lo vuoi vedere?”

Lei si bloccò per un secondo e Harry si chiese se avesse detto qualcosa di sbagliato, se qualcosa fosse cambiato tra loro e non lo avesse notato. Era decisamente possibile. Il viso di Hermione diventò rosso pomodoro. “Sono sicura che mi troverà, non ti preoccupare. Nel frattempo, dovrei assicurarmi che Fred non uccida Ron. Ci vediamo dopo.” Sparì nella folla prima che potesse pensare a come risponderle. Si ritrovò seduto in un angolino da solo, senza alcol. Persino lui sapeva di sembrare uno sfigato. Dov’erano andati Dean e Seamus Aspetta, forse non voleva veramente stare con loro – finivano sempre per pomiciare e Harry non voleva reggergli il moccolo in una situazione del genere.

“Ehi, Harry.” Qualcuno gli premette una bottiglia di Burrobirra nella mano e alzò gli occhi per vedere Ginny davanti a lui, con Luna al suo fianco. Entrambe tenevano in mano un drink rosso acceso e fumante.

“Non dovreste essere qui! Nessuna di voi due!” Protestò, guardandosi intorno. Sperò che nessuno dei ragazzi più piccoli fosse presente. Che senso aveva avere un’entrata segreta e una password se Blaise faceva passare tutti?

Ginny alzò gli occhi al cielo. “Rilassati. Draco ha invitato Luna e lei ha invitato me. Draco era molto scocciato.”

“Sarebbe più gentile con te se non fossi così cattiva con lui tutto il tempo.” Disse Luna con disapprovazione.

“Non sono cattiva con lui! Fidati, lo saprebbe se fossi cattiva con lui.” Insistette lei.

La cosa era che Harry sapeva che aveva ragione. La sua fattura Orcovolante era leggendaria. La porta si aprì di botto, la musica si arrestò e lei sospirò. “Parli del diavolo…”

Draco e Fleur erano lì, pallidi e pieni di brillantini al punto di sembrare una coppia di fate. Cho si stava facendo strada tra la folla, in volto l’espressione esasperata che la gente spesso aveva intorno a Draco. Fleur indossava un vestito celeste – e faceva fin troppo freddo per quelllo– e Draco aveva dei pantaloni che sembrava gli fossero stati colati addosso. “Benvenuti!” Disse Fleur mentre avanzava, adorabile e affascinante con il suo pesante accento francese. “Grazie a tutti per essere venuti. Come sapete, questa è una festa per celebrare il completamento della prima prova da parte dei tre campioni.”

Tutti esultarono, Harry più forte che poteva. Era contento che lo stessero lasciando fuori da quella faccenda – loro se l’erano guadagnato. Lui era incastrato in quella gara.

“Ma non è solo per noi.” Disse lei quando si furono acquietati, qualcosa di mefistofelico nell’angolo del suo ghigno. “Prego, un applauso per Harry Potter, il nostro cavalcadraghi!”

“Oh no.” Disse a bassa voce, il viso in fiamme. Le sue spalle si alzarono fino alle orecchie mentre le persone si giravano verso di lui, ma poi sentì delle mani attorno alla vita e lo issarono in aria. Guardò in basso e Cedric e Viktor lo avevano issato sulle loro spalle. “Ragazzi! Smettetela!”

“Cavalcadraghi!” Gridò Cedric, facendogli l’occhiolino. “Ca-va-lca-dra-ghi! Ca-va-lca-dra-ghi!”

Viktor si unì a lui e presto tutti seguirono il suo esempio, cantilenando il suo nuovo titolo in una cacofonia di suoni. Harry sperò ardentemente che qualcuno avesse lanciato un qualche tipo di incanto silenziante, altrimenti gli abitanti di Hogsmeade avrebbero sentito cose parecchio bislacche.

Voleva rimanere arrabbiato per principio, ma gli era praticamente impossibile visto che Cedric e Viktor lo avevano issato sopra alla folla e tutti lo stavano acclamando, applaudendo. Draco era appoggiato contro il muro e non stava cantando il suo nome, non poteva, non quando dovevano fare ancora finta di essere nemici. Ma sembrava divertito; e dolce in un modo che probabilmente non si sarebbe permesso, se l’attenzione di tutti non fosse stata fermamente catalizzata da Harry.

Draco alzò gli occhi al cielo e fece un cenno con la testa, dicendogli chiaramente di lasciarsi andare, e l’ultimo rimasuglio di contegno che Harry aveva si sciolse. Alzò le braccia in aria, sorridendo, e i canti e il tifo si intensificarono.

Quando avrebbe dovuto creare nuovamente un Patronus, avrebbe pensato a quel momento.
 
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Hermione se la sarebbe presa con lui quando le avrebbe detto che c’era bisogno di distillare un doppio rifornimento di Pozione Pepata, ma la mattina dopo la festa Draco distribuì quella che già avevano al resto del loro anno – e anche alla squadra di Quidditch, visto che avevano aiutato a preparare e a pulire, una volta finito.

Chiunque altro fosse sbronzo ed esausto dovette rassegnarsi a soffrire.

Era stato un successo su tutta la linea. Hogwarts era sembrata davvero unita per la prima volta, tutte e tre le scuole si erano sentite veramente unite. Era stato divertente e non c’era stata nessuna rissa, nessuno aveva istigato nulla. Si pensava che qualcuno si sarebbe ubriacato diventano un po’ troppo baldanzoso e rovinando il tutto, ma non era successo.

Millie si era ubriacata marcia e aveva trascinato Neville sulla pista da ballo e lui era troppo agitato per rifiutare. Susan aveva tenuto d’occhio Luna e Ginny per tutta la serata e, per quello, avrebbe dovuto sdebitarsi con lei prendendole qualcosa di carino. Se qualcuno avesse cercato di infastidirle, sarebbe stato lui a far partire una rissa; ma fortunatamente non ne aveva avuto bisogno.

Il momento saliente della serata era stata, senza ombra di dubbio, la gara di bevute finita tra Krum e Ron, circondati da un branco di persone svenute e nauseate, mentre si fissavano con aria di sfida. Draco era rimasto parecchio impressionato da quanto era durata Cho – era diventata completamente rossa in viso dopo circa tre shot, ma non era sembrata altrimenti influenzata; almeno finché, dopo tre quarti della gara, era andata da Cedric, arrampicandosi sulla sua schiena e perdendo i sensi.

Né Ron né Krum avevano vomitato, né si erano addormentati o avevano smesso di bere quando fu ora per tutti di tornare ai loro dormitori; quindi avevano decretato un pareggio, si erano stretti la mano e avevano giurato di battersi la volta successiva.

Draco e Fleur avevano lanciato l’incantesimo di disillusione su tutti, visto che Cedric aveva insistito perché lasciassero dormire Cho, piuttosto che svegliarla e obbligarla ad aiutarli. Cedric aveva cercato di aiutare, ma faceva pena a usare quell’incantesimo, quindi lo avevano semplicemente rispedito indietro verso il castello.

Draco e Blaise gli ultimi e crollarono a letto giusto quando il sole stava sorgendo, quindi avrebbero dovuto affrontare la giornata con solo tre ore di sonno in corpo.
Ne era valsa la pena.
 
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Tutti si aspettavano che Ron fosse troppo sbronzo per andare a lezione. Harry si aspettava che fosse troppo sbronzo per andare a lezione.

Invece, si alzò come se fosse un giorno qualsiasi, sbadigliando e stiracchiandosi la schiena. “Wow, sto morendo di fame. Muovetevi, voglio mangiare, tipo… tutto il castello.”

Harry non aveva bevuto molto, quindi stava bene. Neville era raggomitolato nel suo letto in posizione fetale. Seamus stava bene, mentre a Dean mancavano due secondi per rovinare a terra. “Che cazzo.” Disse seccamente. “Ma sei umano?”

“Un umano affamato!” Confermò Ron, indossando la divisa. Harry non sapeva se fosse genuinamente inconsapevole o se stesse facendo lo stronzo apposta. “Se non vi sbrigate vi abbandonerò per correre verso uova, bacon, toast e salsicce. Non pensate che non lo farò.”

Dean sembrava sul punto dis vomitare. Ora era palese che stestavase facendo lo stronzo apposta.

Quando arrivarono alla Sala Grande, Viktor era seduto al loro tavolo assieme a Hermione, l’uno di fianco all’altra. Tipo, letteralmente vicini. Che fosse successo qualcosa la notte precedente, quando non stava guardando? Probabilmente.

Ron si rabbuiò. Harry gli diede una gomitata e il suo viso si rilassò. “Ehi.” Salutò Harry, forse un po’ troppo ad alta voce, mentre si sedeva davanti a Viktor. Ron si sedette di fianco a lui e iniziò a impilare cibo sul piatto, deciso a non guardare nessuno di loro due. “Uh, allora. La scorsa notte è stata divertente.”

Viktor aveva le occhiaie ed era incurvato sopra alla sua tazza di caffè come se temesse che qualcuno arrivasse per strappargliela via. Non c’era nulla sul suo piatto al di fuori di una pila di pane tostato che non sembrava essere stata toccata. Lo guardò con gli occhi sgranati, mentre Ron mordeva una salsiccia con una mano e mischiava bacon e uova con l’altra. “Ron, sei molto ammirabile. Penso davvero che non avrei vinto se avessimo continuato.”

Ron si bloccò e alzò lo sguardo. Ci fu un momento in cui Harry pensò che Ron sarebbe scoppiato, o peggio; ma poi le sue spalle si rilassarono e lui sorrise. “Grazie. Abbiamo tutti le nostre abilità. Bere quantità esorbitanti di alcol è la mia.”

“Andresti molto d’accordo con mia nonna.” Disse Viktor, serio.

Ron scoppiò a ridere a quell’affermazione, ma si interruppe quando suo fratello si sedette di fianco a lui. “Ehi, George.” Lo salutò, per poi fermarsi e girarsi completamente verso suo fratello. “Fred, che stai facendo?”

Harry sbatté gli occhi e Hermione si chinò in avanti, curiosa.

“Di che stai parlando? Io sono George.” Disse, scompigliandogli i capelli.

“Distinguervi è già abbastanza difficile senza che lo rendiate ancora più complicato.” Si lamentò, ricambiando il gesto. “C’è un motivo per cui stai fingendo di essere George o semplicemente vi piace godervi il caos che create?”

Fred stava palesemente soppesando se continuare a mentire o meno, ma alla fine sospirò. Harry non l’avrebbe mai notato se non stesse attivamente cercando quel particolare. L’atteggiamento di Fred cambiò impercettibilmente, diventando più controllato, più teso. Non aveva mai nemmeno realizzato prima di quel momento che aveva notato il diverso modo di comportarsi dei gemelli. “Ha bisogno di un alibi. Non fate saltare la sua copertura. E poi, da quand’è che riesci a distinguerci?”

“Da quando avete sviluppato differenti personalità. Ce ne avete messo di tempo.” Rispose Ron, ficcandosi un boccone enorme di uova in bocca. “E poi, sei un alibi di merda. Lo sanno tutti che vi scambiate di posto e che mentite per coprirvi a vicenda. Se volevate davvero che fosse efficace, avreste dovuto far bere a Lee una Polisucco, così da farvi vedere insieme nello stesso momento. Fate pena.”

Fred lo fulminò, ma era palesemente diviso tra il disgusto per le abitudini alimentari di suo fratello e l’ammirazione per la sua idea.

Harry era continuamente sorpreso da quante persone sapessero quanto Ron fosse bravo a scacchi e comunque pensassero che avesse solo un bel faccino. Era solo che di solito non gli interessava dimostrare loro il contrario.
 
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Blaise dovette andare presto alla serra per controllare il suo progetto di fine anno -  qualche sorta di strana pianta ibrida da incubo. Draco, invece, saltò la colazione e dormì. Vi porse rimedio facendosi portare da Winky un cornetto che si ficcò in bocca mentre si dirigeva verso l’aula di Trasfigurazione.

Stavano studiando una trasfigurazione animale – stavolta era da un colibrì in un boccale d’acqua. Pansy ci riuscì al primo colpo, ma lui era troppo distratto per applicarsi decentemente; così il suo boccale finì per essere completamente bianco, senza nessun tipo di motivo, il che non era da lui. Solitamente lui e Pansy avrebbero fatto a gara per vedere chi riusciva a creare l’oggetto più elaborato. Vinceva quasi sempre lei, visto che era semplicemente più brava di lui a trasfigurazioni, ma quel giorno non riusciva nemmeno a concentrarsi abbastanza per giocare.

Si riprese un po’ durante Incantesimi, ma non per molto. Harry era riuscito a non farsi ammazzare durante la prima prova – a malapena – quindi Draco aveva avuto un’idea per il prossimo passo della campagna “Potter Puzza!”. Finì per rimanere indietro a parlare del suo articolo accademico e dei crediti extra con Flitwick; ma si diresse verso la loro stanza abbandonata subito dopo.

Erano tutti esausti, quindi, se qualcuno di loro fosse stato intelligente o avesse avuto un qualsiasi tipo di istinto di autoconservazione, avrebbero usato il loro tempo libero per dormire, non per incontrarsi. Entrò nella stanza e fu subito divertito dal vedere che almeno alcuni di loro avevano avuto l’idea giusta.

Hermione e Pansy erano acciambellate sopra una piccola montagnola di cuscini al centro della stanza, profondamente addormentate. “Non hanno dei letti?” Chiese, tenendo la voce bassa per non svegliarle.

Blaise fece una risata nasale e Ron si limitò ad alzare gli occhi al cielo. “Quando siamo arrivati, Pansy era già così. Hermione si è unita e basta.”

“Per favore, dimmi qual è il tuo grande piano, così posso andare a dormire.” Lo pregò Blaise. “Sono stanchissimo, Draco. Morirò se continuo così. Il mio corpo collasserà e si trasformerà in polvere.”

“Improbabile.” Lo liquidò. “Penso che sia ora di prendere esempio dalla Skeeter.”

“Estorcere?” Chiese Ron.

“Mentire?” Aggiunse Harry.

“Avere un terribile senso della moda?” Intervenne Pansy, a quanto pare sveglia. Hermione si era mezza rotolata sopra di lei, nascondendo il viso nella sua spalla, quindi Pansy stava cercando di non fare movimenti bruschi per non svegliarla.

Li odiava tutti. “No. Scriveremo un articolo. Beh, tecnicamente lo faremo fare a Luna.”

I Grifondoro sembravano delusi. Ron disse: “Tutto qui?”

“Affrontare un incendio con degli esplosivi ti fa solo sembrare uno stronzo troppo sensibile che non riesce ad ascoltare le critiche.” Disse. “Combattere il fuoco col fuoco e vincere è molto più notevole, quindi è quello che faremo.”

Blaise sbadigliò, poi aggiunse: “Per noi è più importante far vedere la Skeeter come una pennivendola, piuttosto che distruggerla. Sei sicuro che vuoi farlo a scrivere a Luna, però? Non è una fonte credibile.”

“Revisiona la roba di suo padre da quando aveva nove anni. Nessuno di noi è più adatto di lei per questo lavoro. Ma,” concesse, “non possiamo farglielo pubblicare con il suo nome. Nessuno lo prenderebbe seriamente e Xeno la ucciderebbe. O, non lo so, parlerà in modo vagamente scocciato con un bollitore; il che è più o meno la stessa cosa per Luna.”

“Riusciremo davvero a tenere la sua identità un segreto?” Chiese Harry. Fino a quel momento, l’unico modo affidabile che avevano per mantenere un segreto era dirlo solo alle persone in quella stanza; e se avessero chiesto a Luna di scrivere e pubblicare un articolo… Ci sarebbero volute più persone che loro sei e basta.

Pansy si strinse nelle spalle. “Probabilmente no, ma per noi è meglio così. Mettiamo caso che la Skeeter prenda sul serio lo scoprire l’identità del giornalista e poi salta fuori che è una ragazzina di tredici anni. Fantastico. Suo padre si incazzerebbe comunque, il che è meno fantastico.”

Draco si girò verso Harry. “Dobbiamo reclutare anche Cedric, ovviamente. Puoi farlo tu? Lo conosci meglio di noi.” Cho si era offerta di aiutare Draco con l’incantesimo di disillusione e gli stava generalmente simpatica, ma non erano neanche lontanamente abbastanza in confidenza da poterle chiedere un favore.

“Certo.” Disse Harry. Aveva le occhiaie. Non sembrava stanco come il resto di loro, ma Draco sapeva che Harry spesso aveva problemi a dormire; e pensò che quella era la prima volta che aveva visto i segni della sua carenza di sonno, il che difficilmente era una buona cosa. “In ogni caso, devo ancora riprendermi la scopa che gli ho prestato.”

Draco resistette all’impulso di fare qualcosa di ridicolo, come incorniciare la faccia di Harry e premere i pollici sui lividi viola scuro sotto i suoi occhi. Doveva essere ancora arrabbiato con lui, comunque. “Magari cerca di dormire un po’, prima. Hai una faccia orribile.”

Harry abbozzò un sorriso. “Mi dici sempre le cose più carine.”

“Sei un disastro, ripigliati.” Rispose lui, ma stava sorridendo. Gli occhi di Harry si incresparono agli angoli e fece un passo verso di lui, quasi senza pensarci nemmeno.

“Ci sto lavorando.” Disse e la sua voce suonava… differente, più profonda del solito; e in quel momento Draco aveva girato tutto il suo corpo verso di lui e non sapeva bene perché, solo che voleva essere… più vicino.

Aspetta.

Doveva essere arrabbiato con lui, dannazione!

Draco sbuffò e si girò, incrociando le braccia e alzando il naso. “Vado a parlare con Luna.” Dichiarò, uscendo dall’aula, anche se era praticamente appena arrivato.

Aveva le guance arrossate e non riusciva a capirne il motivo. Avevano solo parlato, per Merlino!

Essere un adolescente era un incubo.
 
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Harry chiese a Cedric di incontrarlo al Lago Nero poco dopo il tramonto per farsi ridare la scopa. Se anche Cedric avesse avuto qualcosa da ridire sull’orario e il luogo incredibilmente strano per una cosa così banale, se la tenne per sé. Luna aveva già accettato di aiutare e Harry pensava che fosse adorabile quanto ammirasse Draco e come fosse disposta a dare retta a tutte le loro strane idee solo perché glielo aveva chiesto lui. Era abbastanza ovvio per chiunque li conoscesse che Luna fosse la sorellina che Draco non aveva mai avuto.

Voleva aprire la conversazione chiedendo a Cedric se era disposto a farsi interrogare da Luna, per andare dritto al punto.

Ma Cedric lo salutò, sbadigliando un “Ehi, Harry,” mentre gli porgeva la Firebolt, e Harry l’afferrò con dita intorpidite.

Cedric aveva sempre la camicia abbottonata e, ora che ci pensava, indossava sempre una canotta a collo alto con la sua divisa da Quidditch, ma non aveva mai pensato che ci fosse una motivo dietro.

Era presto, Cedric era stanco e la sua cravatta era annodata alla meno peggio e allentata e la borsa sulla sua spalla tirava la camicia di lato. Non di molto, ma abbastanza perché Harry lo vedesse e realizzò immediatamente che forse non era qualcosa che avrebbe dovuto vedere.

“La tua camicia.” Disse, a bassa voce.

Cedric aggrottò la fronte, poi si portò una mano al petto e sospirò. Si sistemò la camicia, in modo da nascondere nuovamente il suo marchio.

Non era un cerchio nero. Era un qualche tipo di lucertola.

Cho non indossava magliette a collo alto. Sapeva per certo che non c’era nessun marchio sulla sua clavicola.

“Non lo dirò a nessuno.” Gli promise immediatamente.

Cedric gli lanciò un sorriso mesto e si passò una mano tra i capelli. “Apprezzo il pensiero, ma non è un segreto. È solo che non mi piace sbandierarlo, scatena sempre troppe domande fastidiose a cui rispondere.”

“Oh.” Disse Harry. Stava letteralmente ribollendo dalla curiosità, ma se Cedric non ne voleva parlare allora non avrebbe fatto domande.

Cedric ghignò, come se sapesse esattamente a cosa stesse pensando. “Va bene, se sei tu non mi dà fastidio. Ho incontrato la mia anima gemella e non è Eun-hae. La mia anima gemella è… simpatica. È un’auror di antica famiglia e mio padre era elettrizzato al riguardo. Ma non stiamo insieme e non ne abbiamo affatto l’intenzione.”

Harry sbatté gli occhi, aprì la bocca, poi la richiuse. Fortunatamente, Cedric sembrava divertito piuttosto che offeso. “Non capisco.” Disse, infine. “Chiunque lei sia, è la tua anima gemella.”

Quello contava. No?

“Ah.” Lui distolse lo sguardo e si strofinò il collo e Harry volle rimangiarselo. Non erano affari suoi e Cedric era un bravo ragazzo. Non avrebbe dovuto impicciarsi. “Io- Senti, so che sono solo un paio di anni più grande di te, quindi suonerà presuntuoso e come una predica, e mi farà sembrare un rompipalle. Ma posso dirti una cosa? Qualcosa che vorrei qualcuno avesse detto a me?”

“Certo.” Disse, confuso. Era ancora troppo presto perché qualcuno – a parte Hagrid e gli elfi domestici – fosse in piedi, quindi c’erano solo loro due sulle sponde del Lago Nero appena dopo l’alba, con l’aria ancora fresca e pesante.

Cedric incontrò il suo sguardo e disse: “L’amore non è qualcosa che succede. Devi sceglierlo, devi guadagnartelo. Anche quando è difficile. Specialmente quando è difficile. Non so se sei marchiato, ma se lo sei voglio che tu sappia che avere un’anima gemella, e anche incontrarla, non è garanzia di amore e felicità. Penso che, al massimo, un’anima gemella sia una possibilità. È un possibile lieto fine e, se vuoi provarci, se ci vuoi lavorare, allora dovresti. Ma io ho già trovato il mio lieto fine ed è con Eun-hae. La amo. La scelgo ogni giorno e faccio del mio meglio perché lei scelga me. Questo è amore. Non dei marchi sulla nostra pelle, ma duro lavoro.”

Sembrava il contrario di tutto quello che gli era stato detto, di tutto quello su cui contava per il suo futuro. Ma… non lo era, non davvero. Quello che provava per Draco, quello che sperava sarebbero diventati un giorno loro due, non era semplicemente successo. Draco era cambiato e anche lui lo aveva fatto e si erano impegnati per cambiare insieme. Harry non pensava di potersi innamorare del Draco che aveva conosciuto al primo anno, dell’uomo che Draco sembrava sarebbe diventato. Ma quel Draco? Quello che dava sempre tutto sé stesso per i loro amici, per lui; che lo aveva costantemente incontrato a metà strada anche quando non voleva, quando non era d’accordo o non capiva?

Certo. La loro relazione sembrava semplice adesso, ma solo perché si erano impegnati per diventare il tipo di persona con cui avrebbero potuto fare amicizia. Se nessuno di loro fosse cambiato, allora Harry non sarebbe stato interessato a Draco, nonostante le iris sul suo fianco.

Cedric gli mise una mano sulla spalla, corrucciato. “Harry? Stai bene?”

C’era un che di intesa nel suo sguardo, ma non avrebbe fatto domande; il che era un bene, perché Harry non sapeva cosa gli avrebbe risposto. “Sì, scusa. Se posso chiedere, Cho è d’accordo con… tutto?”

“Avevo incontrato la mia anima gemella prima che iniziassimo a frequentarci, quindi ha sempre saputo. Avevo dodici anni al tempo, mentre la mia anima gemella ne aveva sedici, quindi ovviamente non sarebbe successo niente. Ma lei aveva un ragazzo e io avevo Eun-hae; poi si è diplomata e ora sta cercando di convincere questo tipo serioso che ha cominciato a lavorare con lei a uscire. Siamo buoni amici, lei è fantastica, solo che non voglio stare con lei. E lei non vuole stare con me.” Cedric sorrise e gli scompigliò i capelli. “Un’anima gemella non è un ergastolo. È solo… un’opportunità. La puoi prendere come no. Sta a te decidere.”

“Non pensi che sia destino?” Chiese, anche se sapeva già la risposta.

Cedric alzò gli occhi al cielo. “Sono un Tassofrasso, non credo nel destino. Credo nel creare il futuro che voglio e il mio futuro è con Eun-hae. Penso che Cedric Chang suoni bene.”

“Anche io.” Disse Harry, sorridendo. “A proposito, la ragione per cui ti ho chiesto di vederci qui all’alba era perché dovevo chiederti una cosa: sei disposto a farti intervistare per un articolo a cui Luna Lovegood farà da ghostwriter?”

Quella era palesemente l’ultima cosa che Cedric si sarebbe aspettato di sentire e Harry dovette mordersi il labbro per non ridere. “Oh, uh, certo. Lovegood? Davvero?”

“Diventerà una grande giornalista un giorno, a quanto pare.” Disse. “Sarà divertente.”

Cedric non sembrava troppo convinto, ma era troppo gentile per dire qualcosa e sempre troppo gentile per rimangiarsi la promessa di fare l’intervista a cui aveva appena acconsentito. Quindi, per quanto lo riguardava, quella era stata una mattinata tutto sommato produttiva.
 
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Draco voleva trovare Rita Skeeter, spellarla viva e arrostirla sopra un falò. L’articolo schiaffato in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta parlava solo delle abilità da Rettilofono di Harry e di come fossero chiaramente un marchio delle sue influenze oscure. L’articolo in generale era schifosamente assortito e il succo era che le abilità da Rettilofono fossero un chiaro segno che Harry fosse influenzato dalle forze del male, ma che stesse combattendo valorosamente contro il suo lato oscuro per il bene del mondo magico.

Chissà perché ma gli sarebbe sembrato molto meno offensivo se lo avesse semplicemente etichettato come un malvagio mago oscuro e l’avesse finita lì.

Pansy gli poggiò il braccio sulle spalle e si chinò verso di lui per sussurrargli: “Respira, tesoro, prima di attirare attenzioni indesiderate.”

Si obbligò ad ascoltarla, forzandosi a rilassarsi. Aveva un pigro sorriso sul volto quando girò la testa per premerle un veloce bacio sulla guancia. “Grazie.”

“Signor Malfoy.” Disse improvvisamente il suo Capo della Casa, torreggiando sopra di loro. Se non fosse stato per gli anni di esperienza passati ad essere colto di sorpresa da Piton, Draco ora sarebbe nel bel mezzo di un infarto. L’uomo doveva avere una qualche sorta di incantesimo di dissimulazione su se stesso, era l’unica spiegazione. “Se riesce a staccarsi dalla signorina Parkinson, la sua presenza sarebbe richiesta nelle cucine.”

“Perché?” Chiese, ma si stava già alzando e spazzando via la polvere immaginaria dal mantello. Tanto era andato lì così presto perché voleva sapere se Cedric avesse acconsentito all’articolo, ma glielo avrebbe detto Pansy.

Piton si girò sui tacchi e si incamminò, il che era più o meno quello che si era aspettato. Era una rottura tenere il suo passo senza sembrare di arrancargli dietro; e Draco era abbastanza sicuro che lo stesse facendo apposta. Che stronzo.

Entrarono nelle cucine e Draco era abbastanza sicuro che non avrebbe dovuto conoscerne l’ingresso, quindi non aveva idea del perché fosse stato portato lì. Ovviamente lo conosceva già, ma non avrebbe dovuto.

Sentì per prima cosa le urla e furono così scioccanti che si bloccò. Non… non erano persone, ma elfi domestici. Perché avrebbero dovuto urlare? Qualcuno aveva bruciato la cena?

Poi ci fu un grido e lo riconobbe: era Winky. Corse avanti, spingendo via Piton e facendo irruzione. Era una delle cose più strane che avesse mai visto. Quella che sembrava essere la totalità degli elfi del castello era raggruppata, urlando, e nel mezzo c’era Silente che si ergeva, sereno come suo solito, la McGonagall che teneva fermo Dobby, tra tutti gli elfi, e Filch, che teneva indietro Winky tirandole le orecchie.

“Levale le mani di dosso!” Tuonò Draco, marciando in avanti.

“Signor Malfoy,” Iniziò la McGonagall, ma lui la ignorò.

Afferrò il polso di Filch, affondando l’unghia del pollice tra i tendini finché il custode non urlò e la lasciò andare. Winky, singhiozzando, corse a nascondersi dietro di lui e premette il viso nelle sue vesti. “Tu, moccioso-“ Ringhiò Filch, torreggiando su di lui con un verso gutturale.

Draco si rifiutò di farsi intimidire da un Magonò che non sapeva usare uno spazzolino da denti. “Non toccare mai più la mia elfa senza il mio permesso. Non sarò così cortese, la prossima volta.”

Filch strinse gli occhi, ma prima che la situazione potesse svilupparsi ulteriormente, Silente disse: “Ora, perché non ci calmiamo tutti? Penso proprio che dovremmo contattare il padre del signor Malfoy prima di proseguire-“

Draco lo interruppe. “Winky è la mia elfa, quindi è una mia responsabilità. È legata alla mia magia, non a quella di mio padre. Che significa tutto questo?”

“Ha iniziato un alterco fisico con un elfo di Hogwarts.” Disse la McGonagall e a Draco non piacque per niente come lo stava guardando. Era un po’ troppo contemplativa e non abbastanza critica. “Questo, a tal proposito.” La sua mano era ancora stretta intorno al retro della ridicola t-shirt di Dobby.

Sbatté le palpebre. Non era per niente ciò che si era aspettato. “Perché lo avrebbe fatto?”

Winky si fece avanti, ancora aggrappata alle sue vesti. I suoi occhi lucidi di lacrime erano assottigliati per la rabbia. “Dice cose orribili su padron Draco! Sul mio padrone! Non va bene!”

“Dobby sta solo dicendo cose vere!” Insistette l’ex-elfo domestico della sua famiglia. “Dobby conosce la verità! I Malfoy sono terribili, viscidi, bugiardi e marci! Cattivo! Il padrone di Winky è cattivo!” Ora che Draco lo stava guardando, poteva vedere l’inizio di un livido che si stava formando intorno all’occhio di Dobby.

Santo Merlino. Winky gli aveva tirato un pugno in faccia.

“Rimangiatelo!” Pianse Winky. “Padron Draco è bravo! Mi ha salvata! Non è cattivo, è bravo!”

“Basta.” Disse Draco e la sua bocca si chiuse di scatto. Si strinse la radice del naso. “Winky, dimmi la verità. Hai iniziato una rissa con questo elfo del castello?”

“Ha detto cose cattive!” Disse lei.

Abbassò lo sguardo verso di lei, corrugando la fronte, e lei si strinse nelle spalle. “Non è quello che ho chiesto.”

“Ho iniziato io la rissa.” Sussurrò lei, abbassando la testa.

“Capisco.” Disse. Che casino. “Non lo fare mai più, mi hai capito? È un ordine. Puoi far finire una rissa. Non ne puoi iniziare una. Non mi interessa quello che dicono di me, la mia reputazione è una mia preoccupazione. Non tua.”

Lei tirò su col naso e lasciò la presa delle sue vesti per allacciare le mani dietro la schiena. “Sì, padron Draco. Mi dispiace, padron Draco.”

Si girò verso Silente. “In ogni caso, è decisamente inappropriato per un elfo parlare male del padrone di un altro elfo. Sono personalmente a conoscenza dei problemi comportamentali di Dobby, magari potremo affrontare il caso più avanti?”

Il resto degli elfi intorno a loro erano silenziosi come quando era arrivato. Era disagevole, con tutte quelle dozzine e dozzine di occhi che fissavano la scena in silenzio.

Dobby scosse la testa. “Malfoy è cattivo! Tu essere cattivo e tu fare male a Winky!”

Draco lo ignorò, scegliendo invece di abbassare lo sguardo verso Winky. Le sue piccole mani erano strette in pugno ed era talmente infuriata da poter quasi dare fuoco a Dobby solo con gli occhi. Ma rimase zitta e ferma. Bene.

“Basta così.” Disse McGonagall, scuotendo Dobby dal retro della maglietta. “Grazie, signor Malfoy, lo prenderemo in considerazione. Credo che qui abbiamo finito.”

“Non proprio.” Disse Silente, calmo. “C’è il problema della punizione di Winky.”

Tutti gli elfi domestici sembrarono arretrare senza nemmeno muoversi. Cosa non avrebbe dato Draco per lanciare una bella fattura agli stupidi occhi scintillanti di Silente.

“Albus.” Disse McGonagall, sconvolta. “Non è necessario, non credi? È stata provocata e il signor Malfoy ha assicurato che non accadrà di nuovo.”

“Non tolleriamo la violenza a Hogwarts.” Disse. “Ha infranto le regole e ferito qualcuno, deve essere punita per questo.”

Che pezzo di merda. Non era una punizione per Winky. Era una lezione per Draco.

“Le mani sulla piastra dovrebbero andare bene.” Disse Filch, gongolando.

“Penso che qualche pasto ristretto sia più che sufficiente.” Disse McGonagall, ma sembrava a disagio. “Sono sicura che al signor Malfoy gioverebbe una pausa della sua magia.”

Finire con le mani bruciate oppure parzialmente separata dalla sua magia, l’unico modo che Winky aveva di sopravvivere. Forse Hermione aveva ragione. Anche se non potevano disfarsi del sistema degli elfi domestici, doveva esserci qualcosa di meglio di… quello. Winky non avrebbe dovuto essere punita per la sua lealtà.

Gli occhi di Dobby erano larghi e pieni di pentimento – almeno quello – e Winky appariva semplicemente rassegnata. Non era giusto e, oltretutto, non gli andava bene. Non gliene fregava un cazzo che Silente fosse il preside, della sua lunga lista di onorificenze e titoli, di tutta quella roba. Se pensava di poter manipolare e maltrattarlo, si sbagliava di grosso.

Era un Malfoy. Non avrebbe subito quel merdoso tentativo di fargli la morale da Silente, tra tutti.

“Mani sulla piastra, ha detto?” Disse Draco, ormai deciso. “Dieci secondi è la norma nella mia casa. Immagino sarà sufficiente.”

“È accettabile, signor Malfoy. Sono davvero spiacente.” Disse Silente. Non suonava dispiaciuto.

Winky fece per avanzare, ma le mise una mano sulla spalla. “Winky non è un’elfa del castello. È mia, quindi le sue azioni sono una mia responsabilità. Sicuramente mi comprende.”

Draco si fece avanti, la testa alta mentre si rimboccava le maniche con movimenti precisi.

Gli elfi si fecero da parte per lui e Draco toccò appena la bacchetta nella sua tasca per lanciare un incantesimo di levitazione per sollevare dalla piastra una pentola ribollente di qualcosa.

“Signor Malfoy, si fermi immediatamente!” Esclamò McGonagall. Sembrava nel panico. Bene.

Il fornello era incandescente e circondato da un piccolo anello di fiamme. Schiaffò le mani contro la piastra e lo sfrigolare delle carni fu istantaneo. Si morse la lingua per non gridare e la bocca gli si riempì di sangue che dovette deglutire. Le fiamme gli lambirono i lati e il dorso delle mani, bruciando più che solo le parti premute sulla superficie. Era straziante e tenere le mani contro la piastra fu la cosa più difficile che avesse mai fatto, mentre guardava la sua pelle riempirsi di bolle e bruciare per il calore.

“Sono passati dieci secondi.” Disse Piton, piano.

Alzò le mani dalla piastra, facendo un respiro profondo prima di far calare cautamente la pentola sopra il fornello. Faceva così male che voleva svenire sul posto. Era come se le sue mani fossero continuamente infilzate da spilli a con ogni fitta di dolore. Si girò e tutti lo stavano fissando, gli elfi domestici con occhi larghi come piatti. La McGonagall aveva la mano premuta sulla bocca e Filch era disgustato. Le facce di Piton e Silente erano completamente vacue.

“Abbiamo finito qui?” Chiese, sperando di non avere sangue sui denti.

“Sì.” Rispose Silente, senza dare nemmeno un indizio su cosa stesse pensando. “Credo di sì.”

“Deve andare in infermeria!” Insistette McGonagall. “Venga, l’accompagno.”

La schernì, anche se era difficile sembrare altezzoso quando stava così male. “Non è necessario, professoressa. Vogliate scusarmi.”

Girò sui tacchi e si allontanò, e gli elfi si spostarono nuovamente per farlo passare. Sentì la McGonagall che lo chiamava, ma si limitò ad aumentare il passo.

Se fosse andato in ospedale, avrebbe contattato i suoi genitori. Era praticamente l’ultima cosa che voleva, quindi avrebbe dovuto inventarsi qualcos’altro.
 
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Harry andò in Sala Grande per chiacchierare con Cedric e fu un po’ deluso quando la trovò perlopiù vuota. Pansy era seduta al tavolo Serpeverde senza Blaise o Draco, il che lo sorprese un po’. Aveva immaginato che Draco volesse sapere cosa aveva detto Cedric ed era quasi sicuro di trovarlo lì sveglio ad aspettarlo.

Si girò verso il tavolo Grifondoro, di cui Angelina aveva colonizzato una vasta sezione con quelle che sembravano tabelle di allenamento sparpagliate un po’ dappertutto. Era praticamente pazza tanto quanto Wood e lui si era perso l’ultimo allenamento perché stava studiando per la prima prova. Lei aveva capito, ovviamente, ma non ne era stata contenta. Esaminare con lei la tabella di marcia degli allenamenti sembrava un buon modo per farsi perdonare.

Se non che, quando era a metà strada dal tavolo, due ragazze gli bloccarono la strada e quasi gli andò addosso. “Padma, Parvati.” Le salutò, facendo un passo indietro per non invadere il loro spazio personale. “Uh, posso aiutarvi?” Non le conosceva neanche lontanamente bene quanto Fred e George, quindi era sollevato che fossero in Case differenti, altrimenti non sarebbe stato mai in grado di distinguerle.

Loro si scambiarono un’occhiata e Padma disse: “La nostra nonna era una Rettilofona.”

Non era quello che si era aspettato. “Oh! Uh, bello. Una di voi lo è?”

“No. E anche se lo fossimo, non lo diremmo a nessuno. Proprio come nostra nonna lo ha tenuto segreto per tutta la vita, come aveva fatto suo padre e la sua bisnonna prima di lui. Abbiamo dei trascorsi nella nostra famiglia, anche se al momento nessuno possiede quell’abilità.”

Quella sembrava una conversazione per cui non era abbastanza qualificato. “Uh. Mi dispiace?”

Parvati non rispose e continuò: “È considerata un’abilità oscura. Sin da Salazar Serpeverde, sin da Tu-Sai-Chi, non è stato qualcosa che le persone potevano semplicemente praticare. Era marchiato con uno stigma.”

“Tutti sembrano tranquilli, per adesso?” Disse lui. “Un paio di articoli non sono così male. Mi sono beccato di peggio per meno. E poi, che si fottano. Siamo stati noi ad avercela per primi, giusto? Appartiene a noi.” E poi – e questo non lo avrebbe detto – Serpeverde e Voldemort erano solo due persone. A quanto pareva, c’erano più Rettilofoni buoni solo nella famiglia Patil che quelli che avevano rovinato la nomea per tutti gli altri.

“Peggiorerà.” Disse Padma, sinistramente. Stava passando troppo tempo con la Trelawney. “Ma non è quello che vogliamo dire. Tu sei Harry Potter, il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto. Puoi cavartela facendo quello che il resto di noi non può fare. Quindi, quello che stiamo cercando di dire è: grazie. Per non esserti nascosto, per aver detto a tutti quello che sei e cosa puoi fare. Forse uno dei nostri figli avrà quell’abilità e, magari, non si dovrà nascondere. Forse le persone inizieranno ad associare i Rettilofoni a te, invece che ai signori oscuri.”

Parvati aggiunse sottovoce: “Era un segno di essere benedetti dal cielo, prima. Significava che eri toccato dagli déi. La nostra famiglia era orgogliosa di quanti Rettilofoni vantava. Quindi, grazie.”

Già, quella era decisamente una conversazione che non era preparato a sostenere. Sentiva di star camminando in un campo minato. “Ehm, certo. Di nulla.”

Sembrarono esasperate da lui, cosa a cui era abituato, ma non alzarono gli occhi al cielo, il che era una novità. “Ci vediamo, Harry.” Dissero all’unisono, la loro aria austera che si staccava da loro come il primo strato di una cipolla. Uscirono dalla Sala Grande, le teste scure piegate l’una verso l’altra.

Visto che erano letteralmente le uniche altre studentesse indiane, avrebbe potuto probabilmente rivolgersi a loro per un aiuto, o almeno per un consiglio sui libri. Ma era anche vero che le gemelle Patil lo mettevano in soggezione e l’unica cosa che si sentiva in grado di chiedere loro era un consiglio di moda, ma aveva Pansy per quello. Qualsiasi altra cosa sarebbe stata troppo umiliante.

Forse avrebbe dovuto semplicemente chiedere aiuto a Draco. Avrebbe saputo almeno dov’erano i libri di storia e lo avrebbe preso in giro solo un pochino. Forse.
 
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Draco era diretto verso la Sala Comune Serpeverde, maledicendo il fatto che conosceva solo una persona che era abbastanza brava negli incantesimi di guarigione. Lui se la cavava e probabilmente avrebbe potuto guarirsi le bruciature da solo, se solo avesse potuto tenere in mano la sua bacchetta. Gli incantesimi di guarigione erano già complicati e c’era una grande differenza tra lanciare un incantesimo di levitazione del primo anno senza i giusti movimenti di bacchetta e fare lo stesso con qualcosa che avrebbe dovuto ricucirgli insieme le carni.

“Draco! Cos’è successo?” Draco imprecò, ma alzò lo sguardo. Era solo sua cugina, la piattola demoniaca dai capelli rossi non era in vista. Gli occhi di Luna erano sgranati e lei allungò le mani fino a stazionarle sopra le sue, volendo chiaramente aiutarlo ma sapendo che era meglio non toccare.

Non preoccuparti.” Disse, passando al giapponese perché se le abilità di Luna nella lingua di sua madre si fossero arrugginite, sua madre l’avrebbe resa in qualche modo colpa sua. Se Zeno le avesse parlato in qualsiasi lingua che non fosse inglese o latino, non avrebbero avuto quel problema. “E comunque, cosa ci fai qui?

I suoi occhi si strinsero. “Le tue mani sono un disastro. Sono bruciate e sanguinano.”

Ne sono ben cosciente, grazie. Che ci fai quaggiù? Cosa vuoi?

Lei su morse la lingua, poi mise la mano nella borsa e ne tirò fuori un rotolo di pergamena. Gli ci vollero due secondi per riconoscere il saggio di incantesimi sugli effetti che lo stato della materia aveva sull’esilio che Flitwick aveva assegnato a quelli del terzo anno. “Sono abbastanza sicuro che il mio aiuto conti come barare.

Non sei ufficialmente l’assistente del professor Flitwick, quindi non è ufficialmente barare.” Disse. Stava senz’altro passando troppo tempo intorno a Ginny. Desiderò poter pensare ad un modo per dissuaderla.

Mettimelo nella borsa, ci darò un’occhiata stanotte e te lo ridarò domani.” Disse, cedendo. Avrebbe scritto un articolo su Cedric per loro, poteva aiutarla con il suo saggio. E comunque, era molto più severo con i voti rispetto a Flitwick.

Luna fece quanto detto, spingendolo per bene contro la cucitura. “Davvero non mi dirai cosa ti è successo?

“Pussa via.” Disse, tornando all’inglese. “Va tutto bene. Sto bene. Non fare tardi a lezione.”

Lei gli lanciò un’occhiata fredda che doveva aver imparato da Ginny, per poi andarsene. Non gli piaceva per niente l’influenza che quella ragazza aveva su sua cugina.

Quando finalmente arrivò alla Sala Comune Serpeverde, era praticamente deserta. Persino Millie se n’era già andata, mentre lui avrebbe fatto tardi a Pozioni. Almeno Piton avrebbe saputo il motivo. Riusciva a pensare solo a una persona utile che sarebbe potuta essere ancora lì.

Andò verso le stanze del sesto anno, raggiunse quella più in fondo e calciò la porta perché non poteva bussare. Ci vollero circa quarantacinque secondi di continuo calciare prima che Cassius aprisse la porta e Cassius ringhiasse: “CHE C’È?!” I suoi capelli erano sparati in tutte le direzioni e aveva dei marcati lividi viola scuro sotto gli occhi. Stava anche tenendo la sua porta socchiusa, cercando di celare qualsiasi cosa ci fosse dietro; e Draco non aveva le parole per descrivere quanto poco gli fregasse di qualunque segreto Cassius stesse cercando di nascondere. Alzò le mani e tutta la rabbia scivolò via da Cassius. “Merda. Che ti è successo? Perché non sei in infermeria?”

“Come te la cavi con gli incantesimi di guarigione?” Chiese, ignorando entrambe le domande.

Cassius era guardingo, il che non era un buon segno. “Bene. Non abbastanza per aggiustare le tue mani.”

“Non serve. Basta che le guarisci abbastanza per poter sollevare la mia dannatissima bacchetta, il resto lo farò da solo.” Gli porse la mano destra. “Ecco, non devi nemmeno lanciarlo su entrambe le mani, basta la mia mano dominante.”

“Draco. Vai in infermeria.” Disse Cassius. “Tutto questo è stupido.”

“Se non mi aiuti, troverò qualcun altro che lo farà.” Disse. “E quando qualcuno che non è bravo come te farà un casino, dovrai trovare un altro Cacciatore per la squadra di Quidditch. Uno che ha le mani. Oppure, cercherò di lanciare l’incantesimo con le mani rovinate, sbaglierò qualcosa e dovrò farmele amputare. Oppure, potresti smetterla di frignare per due secondi e lanciare un incantesimo di guarigione di primo livello.”

Si fissarono per un lungo momento, poi Cassius sospirò e disse: “Sei un po’ uno stronzo, lo sai questo?”

“Persone che mi piacciono più di te mi hanno detto di peggio.” Disse Draco. “Ora, se potresti cortesemente renderti utile…?”

Lui sospirò, ma tirò fuori la sua bacchetta e la puntò alla mano destra di Draco. Fece un respiro profondo, raddrizzandosi; poi mormorò lentamente e con cautela: “Epismendo.”

Era debole, ma funzionò e la ferita guarì abbastanza da far pensare a Draco di aver ripreso abbastanza controllo motorio nella mano da riuscire a lanciare incantesimi. Sembrò più smorzare il dolore, piuttosto che guarire effettivamente qualcosa, ma non ne era sorpreso. Epismendo era largamente guidato dalla volontà di chi lo lanciava ed era ovvio che Cassius fosse troppo preoccupato di sbagliare l’incantesimo per fare qualcosa di veramente utile. “Grazie.” Disse, invece di farglielo notare.

Estrasse la bacchetta dal mantello e la puntò alla sua mano sinistra. Si assicurò che i movimenti di bacchetta fossero precisi, ma non si scomodò a farli lentamente. “Tergeo.” Lanciò, facendo svanire i tessuti morti che erano stati bruciati. Cassius ebbe un conato di vomito e fu abbastanza divertente da fargli ignorare la maggior parte del dolore. “Epismendo.” Disse, ma non aveva paura, non esitò. Sapeva cosa stava facendo. La ferite non sparirono, ma ora sembravano vecchie di una settimana e grazie alla magia non si sarebbero cicatrizzate. Non era perfetto, qualsiasi studente guaritore gli avrebbe riso in faccia, ma sarebbe andato bene. Cambiò mano, stando più attento a lanciare correttamente con la sua mano sinistra, e ripeté il processo.

Le sue mani non erano completamente guarite, ma non erano più bruciate e sanguinolente e poteva usare correttamente la sua bacchetta. Era sufficiente. Era tentato di lanciarlo di nuovo, ma stratificare troppi incantesimi di guarigione in poco tempo era pericoloso. Era meglio se aspettava e guariva giorno dopo giorno invece di rischiare una ritorsione magica.

“Sai.” Disse Cassius. “Fai abbastanza spavento.”

Draco sbatté le palpebre, non capendo. “Tu fai spavento. Pettinati.” Disse, poi se ne andò. Se avesse corso, avrebbe ritardato solo di un poco a lezione.
 
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Harry notò le mani di Draco durante Pozioni, notò come praticamente ogni Serpeverde nella stanza pretese una spiegazione, e come Draco fece finta di nulla. Piton sembrava quasi… colpito, quando Draco si era presentato a lezione, il che non significava nulla di buono.

Ovviamente, non ebbe modo di fargli domande fino a quella notte, quando si incontrarono tutti nella loro classe.

“Finalmente!” Esclamò Blaise non appena Harry entrò. “Non ci vuole dire niente, ma forse con te parlerà!”

“Non c’è nulla da dire.” Disse Draco, testardamente. “State ingigantendo la cosa. Non dovremmo concentrarci sul capire cosa significa l’uovo urlante di Harry, piuttosto?”

Ron aveva gambe più lunghe, quindi raggiunse Draco per primo. Gli afferrò i polsi e li sollevo, così che tutti potessero vedere le ferite rosse e mezze guarite sulle sue mani. “Cos’è successo? Com’è potuto succedere? Sembrano vecchie, ma non ce le avevi questa mattina, da quanto dice Pansy. È stato Piton?”

Draco cercò inutilmente di sgusciare via, poi si arrese. “Non è che ogni cosa è colpa di Piton, sai. Non sono un maestro con gli incantesimi di guarigione, questo è il meglio che sono riuscito a fare.”

“Hai lanciato un incantesimo di guarigione su te stesso? È pericoloso! La magia curativa è estremamente volatile, chissà cosa sarebbe potuto succedere!” Esclamò Hermione.

“Oh, chiedo scusa, sarei dovuto andare… da chi, esattamente, per guarirmi? Se fossi andato in infermeria o da Flitwick avrebbero avvertito i miei genitori, il che non succederà. Stiamo ancora litigando.”

“Come ti sei fatto male, prima di tutto?” Chiese Harry. “Non può essere stato un semplice incidente. Se lo fosse stato, non staresti sprecando tempo cercando di mentirci.”

Lui incrociò le braccia. “Non sto mentendo!”

“Non ci stai nemmeno dicendo la verità.” Disse Blaise, incupito.

Harry avanzò finché non fu vicino, forse anche troppo vicino. Draco deglutì. Gli porse le mani e disse: “Io ti dico tutto. Sempre. Cosa stai cercando di nascondermi?”

La sua anima gemella non disse niente, fissandolo in silenzio per un lungo momento. Poi sospirò e mise le mani nelle sue. “Non è così importante. Era solo che non volevo che reagiste male.”

Harry massaggiò il dorso delle mani di Draco con il pollice, stando attento a non fargli male. Il gonfiore scarlatto sembrava particolarmente grottesco sulla pelle pallida di Draco. Continuò a tenergli le mani mentre Draco gli raccontava cos’era successo, cos’aveva fatto. Cosa Silente lo aveva obbligato a fare.

Quando finì, erano tutti in silenzio. Draco aveva la testa chinata, non guardando nessuno di loro, un rossore imbarazzato sulle guance. “Perché lo hai fatto?” Chiese Blaise. “È solo un’elfa domestica.”

Hermione si rabbuiò, ma Ron la sgomitò nel fianco prima che potesse dire qualcosa.

Draco alzò le spalle. “Se le mie opzioni sono piegarmi al volere di Silente o bruciarmi le mani, beh.” Un po’ della sua nonchalance si dissipò e aggiunse, a voce più bassa: “Winky non meritava di essere punita. È un’elfa fedele. Una buona elfa. Se puniamo elfi leali e buoni, allora… Allora la linea tra quello che stiamo facendo ora e quello che per noi sarebbe inaccettabile fare si assottiglia troppo.”

“Oh.” Disse Hermione, così piano che forse non era sua intenzione dire nulla.

Draco tossì e ritirò le mani, incrociando le braccia. Le mani di Harry erano stranamente fredde, ora che non stavano tenendo le sue. “Comunque, vabbè, non fa niente. Continuerò a guarirle ed entro qualche giorno saranno tornate normali e sarà come se nulla fosse successo. Okay? Abbiamo veri problemi a cui pensare.”

“Tipo?” Chiese Pansy, forzando un sorriso che sembrava quasi naturale.

“Tipo il fatto che dobbiamo far pubblicare l’articolo di Luna nel Profeta, altrimenti non avrà senso, e io non ho idea di come farlo. Tutti i contatti che ho al Profeta sono tramite mia madre; e normalmente non avrei problemi a chiedere un favore in suo nome, ma-“

“State litigando.” Finì Ron.

Pansy si girò verso Blaise. “Tua madre non stava uscendo con qualcuno del Profeta?”

“Non essere ridicola.” Rispose lui seccamente. “Mia madre non scenderebbe mai così in basso da avere a che fare con qualcuno in quella fascia di reddito. Vanno solo a letto insieme.”

“Bisogna pur guadagnarsi da vivere.” Disse Pansy e Harry fece una risata nasale. “Beh, io ho una prozia pazza che è tra i donatori principali, ma farla acconsentire sarà una rottura.”

“Longbottom potrebbe conoscere qualcuno.” Disse Blaise. “La sua famiglia è grande abbastanza da avere le mani in pasta dappertutto. Oppure i Brown. Potrei chiedere a Lavanda.”

“Potrei chiedere a Susan.” Suggerì Draco e Harry alzò entrambe le sopracciglia. Stava parlando della Tassofrasso con i capelli rossi?

I Serpeverde iniziarono a esclamare cognomi e menzionare persone specifiche che Harry non aveva mai sentito prima. Guardò verso Ron e lui alzò gli occhi al cielo. “Baggianate da borghesi.” Sussurrò, così che solo Harry e Hermione potessero sentirlo. “Potremmo semplicemente spedirlo in anonimo e probabilmente lo pubblicheranno. È un affronto talmente palese che il Profeta non sarà in grado di resistere. Loro ci mangiano con questa merda e adorerebbero se tu e Cedric aveste una rivalità.”

“Lo dirai anche a loro?” Chiese Hermione.

Lui scosse la testa. “No. Sarebbe meglio se riuscissimo a farlo pubblicare ufficialmente; e poi, loro si divertono con queste cose.” Tirò un mazzo di carte fuori dalla tasca. “Spara-schiocco?”

Lei rise e loro tre fecero una partita mentre i Serpeverde discutevano tra di loro. Il giorno dopo Harry avrebbe dovuto alzarsi presto per dirigersi a Hogsmeade, ma passare del tempo con tutti loro valeva la pena di perdere il sonno.

Non poté impedirsi di lanciare occhiate alle mani di Draco. Dovette reprimere uno scatto di rabbia ogni volta che lo fece.
 
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Era quasi l’alba quando Draco, Blaise e Pansy caracollarono nella loro Sala Comune. Si bloccarono tutti all’entrata.

“Uh…” Disse Blaise. “Ci siamo persi qualcosa?”

La Sala Comune era sempre pulita, ovviamente, ma ora…. Era praticamente tirata a lucido. Le tende, prima di un velluto verde generico, erano state ricamate con una fantasia di serpenti argentati. E le poltrone di pelle nera erano come nuove, senza graffi o punti visibilmente rappezzati con la magia. I muri erano… grigi? Aveva sempre pensato che la pietra fosse nera, ma a quanto pareva era il risultato di qualche secolo di fumo e polvere. I tavoli e le sedie erano stati lucidati e le sedie cuscinate erano state rimpiazzate. Arazzi che Draco non aveva mai visto erano ora appesi lungo il muro, così come svariati nuovi ritratti, i cui abitanti sembravano tanto affascinati di essere lì quanto lo erano loro di vederli.

“Winky.” Disse Draco e lei apparve con uno schiocco, la testa china. Indossava un vestito di seta grigia, con un colletto complicato e a vita alta. Le sue abilità di sarta stavano migliorando. “L’hai fatto tu?”

“Mip ha aiutato.” Disse, torcendosi insieme le mani.

“Perché?” Chiese, sconcertato.

Lei si incurvò. “Io- Io volevo chiedere scusa a padron Draco, di- di- perché- perché.”

“È notevole.” Disse onestamente e non poté impedirsi di sentirsi commosso per il suo sforzo. “Ma non era necessario. Tu sei la mia elfa e quindi una mia responsabilità.”

Winky alzò finalmente lo sguardo verso di lui, gli occhi che lampeggiavano, e disse a gran voce: “Padron Draco è il mio padrone, indi per cui è una mia responsabilità!”

Poi sparì con uno schiocco. Draco sbatté le palpebre. Non se l’era aspettato e non aveva idea di come reagire. Blaise sbadigliò e disse: “Non posso credere di aver appena sentito un elfo dire indi per cui.”

“Andiamo a dormire.” Dichiarò Draco. “Prima che questa giornata diventi ancora più strana.”

Pansy li baciò entrambi sulla guancia prima di incespicare verso la propria camera e Draco e Blaise si diressero nella direzione opposta. Si addormentò prima ancora di poggiare la testa sul cuscino.
 
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Harry era di nuovo in piedi prima dell’alba. Era andato a letto prima degli altri, ma non di molto, e avrebbe voluto dormire per tutto il giorno. Perché continuavano a farlo? Cos’avevano loro sei contro una notte di sonno decente?

Se non avesse dovuto farlo per Sirius e Remus, avrebbe sicuramente continuato a dormire. Ma siccome si trattava di loro, si trascinò fuori dal letto, si vestì al buio per evitare di svegliare qualcuno e s’incamminò verso Hogsmeade. Era un finesettimana di visite, quindi non dovette usare i passaggi segreti, ma era talmente presto che era l’unico in giro.

Il che poneva la domanda che non aveva pensato di chiedere fino a quel momento: come si sarebbero incontrati? I Tre Manici di Scopa avrebbe aperto per la colazione, cioè tra un altro paio di ore. Rimase in piedi di fronte alla porta, confuso. Era un po’ inquietante essere a Hogsmeade così presto la mattina. C’erano alcune persone sveglie che girovagavano, ma non molte, ed era strano vedere il villaggio, normalmente così affollato e pieno di vita, così vuoto.

Stava ancora cercando di capire se bussare o meno, quando udì un quieto abbaiare. Si girò e vide un gigantesco cane nero fare capolino dalla fiancata dell’edificio. “Felpato!”

Il cane iniziò a scodinzolare, per poi sparire dietro l’angolo. Harry si affrettò a seguirlo e arrivò all’entrata del pub. Felpato graffiò la porta ed emise un altro lamento. La porta si aprì e lui scivolò all’interno, seguito a ruota da Harry. Sembrava una stanza usata per banchetti o feste ed Harry ebbe solo un momento per guardarsi intorno prima che i suoi occhi si posassero sul suo ex professore. “Remus!” Disse, smagliante. “Ti vedo in forma!”

Lo era davvero. Indossava vestiti nuovi e, per una volta, non sembrava stanco. Stava più dritto con la schiena, più sicuro di sé, e c’era qualcosa in lui che non si poteva attribuire solo a vestiti nuovi e notti di buon sonno. Era come se si sentisse finalmente a suo agio nella sua pelle.

“Vero? Dice che questi nuovi vestiti lo fanno sembrare pomposo. Io invece dico che lo rendono affascinante.” Disse una voce roca e Harry si girò di scatto. Sirius era tornato nella sua forma umana e anche lui sembrava stare meglio. Era ancora un po’ troppo magro, un po’ troppo pallido, ma i suoi occhi erano vivaci e il sorriso sulle sue labbra sembrava genuino.

Harry si lanciò verso il suo padrino, circondandogli i fianchi con le braccia e affondando il viso nel suo petto. Poi si bloccò, chiedendosi se non avesse dovuto farlo. Si erano scambiati lettere per mesi, ma quella era solo la seconda volta che si incontravano di persona. Forse era strano e non avrebbe dovuto essere così felice di vederlo.

Non ebbe molto tempo per dubitare di sé prima Sirius lo strinse in una morsa schiacciante, una mano sulla sua schiena e una sulla nuca. Era strano, aveva ricevuto abbracci prima di quel momento – dai suoi amici e anche da qualche adulto – ma quando Sirius lo abbracciava sembrava…. paterno, quasi. Anche se non lo poteva sapere in prima persona. Ma non credeva di sbagliarsi.

“Eravamo così preoccupati!” Sussurrò Sirius, stringendolo a sé con intenso trasporto. “Draghi, come hanno potuto pensare di mandarti a combattere dei draghi? Ma sei andato alla grande, sei stato incredibile- hai cavalcato un drago! E puoi parlare Serpentese- “

“Giusto.” Disse Harry, cercando di inghiottire la sua paura.

Sirius si tirò indietro, ma tenne le mani sulle spalle di Harry. Il suo viso si fece serio e disse: “Tuo padre sarebbe molto orgoglioso di te, Harry. Anche più orgoglioso di quanto non lo sia io.”

“Davvero?” Chiese, illuminandosi.

Remus si avvicinò, mettendo una mano sulla schiena di Sirius e scompigliando i capelli a Harry con l’altra. “Sì. La tua prozia era una Rettilofona e l’aveva sempre ammirata. Sarebbe felicissimo di sapere che hai ereditato la sua abilità.” Sorrise, e il suo sguardo era pieno di ammirazione e orgoglio fece stare Harry un po’ più dritto con la schiena. “Sarebbe ancora più orgoglioso per averlo detto a tutti, per non aver nascosto chi sei. La tua prozia non l’aveva mai detto a nessun al di fuori della famiglia, perché aveva paura di quello che avrebbe detto la gente.”

Voleva limitarsi ad accettare il complimento, ma pensò a quello che gli avevano detto le sorelle Patil e… Avevano ragione. “È più facile per me. Posso cavarmela in modi che altri non possono permettersi. So che la stampa si annoierà di corteggiarmi prima o poi, va sempre a finire così, ma anche quando succede… Non penso che riceverei lo stesso tipo di sospetto e derisione che rivolgerebbero a chi non è me.”

Remus sbatté gli occhi per la sorpresa, poi il suo sorriso si allargò. “Non è mai facile andare contro i pregiudizi della gente e dire chi e cosa sei, anche contando i dubbiosi privilegi della tua fama. Stai facendo una buona azione, Harry.”

Harry abbassò la testa, arrossendo, e cambiò argomento. “Vi siete intrufolati qui di nascosto? Avremmo potuto incontrarci da qualche altra parte. Draco ha detto a Winky di sistemare la Stamberga Strillante, è abbastanza pulita ora. Beh, relativamente.”

“Abbiamo affittato una stanza da Rosmerta.” Disse Remus.

“Adoro quella donna.” Disse Sirius. “Così disposta a svendere la propria morale. Lo apprezzo molto in una persona.”

Sembrava serissimo. Harry sapeva che la maggior parte del consumo di alcol minorile della zona si doveva a Madama Rosmerta e alle sue fiacche regole sulla vendita di alcolici. Più soldi le venivano offerti, meno domande faceva. A quanto pareva, era il suo motto in generale. Beh, doveva pur guadagnarsi da vivere, come avrebbe detto Pansy.

“Andiamo.” Guidò Harry verso una sedia, per poi tirarne fuori una per accomodarsi davanti a lui. Ne calciò fuori una anche per Remus. “Abbiamo letto i giornali, ovviamente, ma raccontaci tutto. Come sapevi che ci sarebbe stata una viverna nella foresta ad ascoltarti?”

“Oh, l’ha evocata Draco.” Disse. “È la stessa che aveva evocato per combattere il basilisco, quando eravamo al secondo anno.”

La bocca di Sirius si spalancò. “Il che cosa?” 

“Oh santo Merlino.” Disse Remus. “Minerva non scherzava? È successo davvero?”

Harry li fissò. “Perché avrebbe dovuto inventarsi una cosa simile?”

“Dove e perché hai combattuto un basilisco?” Gli chiese Sirius. “Sono pericolosi quegli affari! E a dodici anni?”

Okay, wow, ci sarebbe voluto un po’ di tempo per raccontargli tutto. Harry cercò di riassumere velocemente gli eventi del secondo anno, ma finì per portargli via molto più tempo perché entrambi continuavano a interromperlo per chiedergli chiarimenti. Sì, Hermione aveva davvero distillato una pozione Polisucco nel bagno delle ragazze. No, Ginny non era davvero l’erede Serpeverde. Sì, Draco era riuscito a evocare una viverna selvaggia e un ashwinder gigante. No, Harry non si era tagliato con la zanna quando aveva pugnalato il diario. Sì, ingannare i Malfoy per fargli liberare il proprio elfo è stato fantastico come gli aveva raccontato. Quando arrivò alla prima prova erano passate quasi due ore e gli ci volle un’altra mezz’ora per concludere.

Stava descrivendo le facce dei giudici e Remus si stava mordendo le labbra per impedirsi di ridere, mentre Sirius non ci stava neanche provando. Stava ridendo così forte che da tenersi lo stomaco, piegato a metà sulla sedia. Era davvero bello vederlo ridere, lo faceva assomigliare alla sua figura nella foto del matrimonio dei suoi genitori.

La sua risata si stava spegnendo e Harry chiese: “Ehi, posso uh, posso farti una domanda strana? O meglio, un paio?”

“Certo.” Disse Sirius, asciugandosi gli occhi. “Siamo qui apposta.”

“Il mio nome è Harry? Cioè, solo Harry? Non è… Harold?”

Il divertimento scivolò via dai loro visi e si pentì di averlo chiesto. Gli piaceva di più quando sorridevano.

Remus parlò a bassa voce. “Non è Harold. Sul certificato di nascita il tuo nome è Harry.”

“James è sempre stato tormentato dall’avere un nome inglese.” Disse Sirius, le labbra incurvate in una pallida imitazione del suo sorriso di un minuto prima. “Alcuni giorni gli piaceva, altre volte gli dava fastidio essere una delle poche persone nella sua famiglia a non avere un nome tradizionale. Quindi, Lily pensò ad Harry. Doveva essere… beh, non volevano essere costretti a scegliere. Non volevano che tu fossi costretto a scegliere. Quindi Harry, un buon nome inglese. E Hari, un buon nome indiano. È scritto con la pronuncia inglese sul tuo certificato di nascita, ma… Avresti dovuto averli entrambi.” Si incurvò e quella traballante imitazione di un sorriso gli cadde dalla faccia. “Mi dispiace che tu non sia cresciuto con entrambi.”

“Ehi.” Non era sua intenzione rintristirli. “Va tutto bene.” Desiderava essere cresciuto in maniera diversa, con dei genitori che lo amavano, senza essere la persona più scura in qualsiasi stanza capitasse. Ma non poteva cambiarlo, non esisteva una Giratempo abbastanza potente per farlo. “Potete dirmi quello che mi è mancato. Mio papà parlava un’altra lingua? La parlava, vero? È una cosa da maghi e lui era un mago.”

La faccia di Sirius si fece un po’ meno scura. “Sì, certo. Parlava più lingue di tutti noi quando abbiamo iniziato Hogwarts, anche se Lunastorta lo aveva superato quando ci siamo diplomati. Parlava latino e greco, ovviamente, ma anche arabo, hindi, bengalese e sanscrito. Ma la sua prima lingua era tamil.”

“Tamil?” Chiese. Non lo aveva mai sentito prima.

Remus parlò in una lingua che non riconobbe, le parole che scrosciavano l’une sulle altre troppo velocemente perché Harry potesse anche solo cercare di distinguerle; ma gli piacque come suonava, quasi come una melodia. Era la lingua di suo padre. Avrebbe dovuto essere anche la sua lingua.

Harry non poteva passare il resto del giorno nascosto, le persone avrebbero spettegolato; ma lo fece comunque. Rimase con loro fino a mezzogiorno, ascoltando storie sui suoi genitori dai loro due migliori amici.
 
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Il tempo sembrò scorrere più in fretta dopo quel fine settimana a Hogsmeade e tutto sembrò… Più calmo, più facile. Doveva ancora venire a capo dell’uovo urlante, ma le cose non gli sembravano più così disperate e affrettate come lo erano la settimana passata. Le lezioni tornarono alla normalità, Krum era al tavolo Grifondoro quasi ogni giorno, incollato al fianco di Hermione, Draco passava il suo tempo libero con gli studenti di Beauxbatons parlando in francese stretto, la squadra di Quidditch si allenava in una radura che Hagrid aveva trovato per loro e Harry continuava a scrivere lettere a Sirius e Remus.

Non riusciva a togliersi dalla testa il suono del tamil. Anche Sirius lo parlava. Desiderò non dover passare l’estate dai Dursley. Forse, se avesse passato l’estate con il suo padrino e Remus, glielo avrebbero potuto insegnare. Di Sirius non ne era sicuro, ma sapeva che Remus era un insegnante fantastico. Ma… avrebbe dovuto aspettare. Era sempre stato costretto a passare l’estate con i Dursley.

Era finalmente riuscito a tornare nel ritmo dell’anno scolastico, quindi la McGonagall lo colse totalmente impreparato quando ricordò loro che il Ballo del Ceppo si avvicinava, sottolineando non troppo velatamente che i campioni avrebbero aperto il ballo con le prime danze. Era un incubo. Almeno sembrava che Ron concordasse con lui.

Quella notte, Pansy sospirò e si strinse la radice del naso. “Te ne eri dimenticato? Come hai fatto a dimenticartene? È un ballo!”

“Hai bisogno di lezioni.” Disse Draco. Era un’affermazione, non una domanda, e Harry avrebbe potuto indignarsi se non avesse avuto totalmente ragione. Avrebbe dovuto danzare davanti a tutti e non aveva idea di come farlo senza fare casino.

Ron non ne era per nulla impressionato. “Eravamo impegnati. Con chi ci andrete, visto siete così preparati?”

“Viktor me lo ha chiesto settimane fa.” Disse Hermione. “Mi dispiace, avrei dovuto sapere che nessuno di voi due lo aveva chiesto a qualcuno, ma mi sono dimenticata.” Ron fu sul punto di dire qualcosa ma si trattenne e Harry gliene fu grato. Era una discussione da fare in un altro momento, magari quando non c’erano gli altri.

“Io porto Luna.” Disse Draco, senza guardarlo. Harry inghiottì un groppo. Draco poteva anche essere la sua anima gemella, ma non era nemmeno un’opzione. Non avrebbero mai potuto andare insieme ad un evento pubblico come un ballo, non quando fingevano di odiarsi. Non sapeva nemmeno se Draco avrebbe voluto andarci con lui, in ogni caso. “Se non ci va con uno studente più grande non può venire.”

Blaise alzò le spalle. “Lavanda Brown me l’ha chiesto la settimana scorsa.”

“È una Grifondoro.” Gli fece notare Ron.

“È gnocca.” Rispose Blaise, annoiato. “E una purosangue e ricca. In più, i Brown fanno tecnicamente ancora parte della Dinastia dei Severi. Non che importi ancora, ma almeno farà piacere a mia madre.”

“Tua mamma vuole che frequenti qualcuno della famiglia? Scandaloso.” Lo stuzzicò Pansy.

Blaise alzò gli occhi al cielo. “I Brown sono arrivati in Inghilterra un millennio prima di noi, non penso di avere di che preoccuparmi. Probabilmente ho più sangue in comune con te che con loro.”

“Aspetta.” Disse Hermione, le sopracciglia corrugate. “Sei… Non intendi mica la Dinastia dei Severi, quella dei discendenti di Settimio Severo?”

“Ce n’è un’altra?” Chiese Blaise. “Credo che ne avrei sentito parlare, se così fosse.”

“Mi dimentico sempre che sei di sangue blu.” Disse Ron.

Hermione sembrava sconvolta. Harry non aveva idea di quello che stavano dicendo, come al solito. “Uh, ragazzi, una spiegazione? Per favore?”

“Un conto è essere un purosangue.” Disse Draco. “Un conto è essere Blaise. Può scorrere indietro sul suo albero genealogico fino a circa tremila anni fa, dall’Africa a Roma all’Inghilterra.”

“Da parte di mia madre.” Puntualizzò Blaise. “Chissà cosa c’è su quello di mio padre.”

“Oh, sono sicuro che sia un purosangue rispettabile, altrimenti tua madre non l’avrebbe scelto, chiunque lui sia.” Disse Pansy.

Harry doveva sembrare ancora confuso, perché Ron disse: “Blaise è il discendente diretto di Settimio Severo, un imperatore di Roma rimasto in carica per cinquant’anni.”

“Dal 145 al 211 dell’era comune.” Disse Hermione. Harry non sapeva come descrivere la sua espressione. Probabilmente non significava nulla di buono.

“Corretto.” Disse Blaise, sorpreso. “Fu anche il capo della setta magica di Roma e, per quanto il suo regno come imperatore dei Babbani fu breve, la mia famiglia ha regnato più a lungo tra maghi e streghe.”

“Circa mille anni più a lungo.” Disse seccamente Ron. Harry rimase a bocca aperta. “La tua famiglia l’ha finalmente resa una democrazia, quando? Nel milletrecento?”

Blaise tirò su col naso. “Anno 1234 dell’era comune.”

“E la tua famiglia è rimasta in posizioni di potere da allora.” Disse Ron. “Dovremmo andare con te in Italia, qualche volta. Scommetto che sarebbe interessante.”

Draco e Pansy sorrisero e Blaise fece un’espressione offesa. “È uno spasso.” Convenne Pansy.

“Non è così terribile come con Harry in pubblico, ma ci si avvicina.” Disse Draco.

“In ogni caso.” Disse Blaise, palesemente cercando di dirottare la conversazione da quell’argomento. “I Brown sono un ramo della famiglia, anche se distante, e mia madre sarà contenta se faccio il carino. E poi, Lavanda è più che attraente e compensa per la sua Casa.”

Pansy si fece impietosire e annunciò: “Io ci vado con Flint.”

Calò un silenzio spettrale. Harry si schiarì la gola. “Posso chiedere il motivo?”

“No.” Rispose lei.

“Oh.” Disse, deluso. “Ok.”

Lei sorrise. “Scherzo. Vado con lui perché i suoi muscoli hanno i muscoli e mi ci arrampicherò come se fosse un albero. Finché non parla troppo, sono convinta che sarà una serata molto piacevole.”

“Ci sono altri ragazzi carini, Pansy.” Disse Draco, in agonia.

Harry sbatté le palpebre. Perché lo diceva? Li stava guardando?

Non appena il pensiero gli attraversò la mente, volle tirarsi un pugno in faccia. Non riusciva stare calmo per due secondi?

“No, Pansy ha ragione.” Disse Hermione, riscuotendosi da qualsiasi cosa l’avesse resa pensierosa poco prima. “Flint è un cavernicolo, ma è un cavernicolo in forma."

“Possiamo smettere di parlarne?” Chiese Ron. “Vi prego. Qualsiasi altra cosa va bene. Qualsiasi altro argomento di conversazione.”

“Avete visto la copertina del Settimanale delle Streghe?” Tentò Blaise. “A quanto sembra, Harry ha un harem. Che comprende l’intera Casa Grifondoro. Hanno citato Finnigan e, tra tutte le persone per cui potevano spacciarsi, non riesco a capire perché abbiano scelto lui.”

“Oh, no, Seamus l’ha detto davvero.” Disse Harry. “Lui e Dean hanno aggiunto molti dettagli, ma fortunatamente non sono stati pubblicati. Mi ha detto che voleva aiutare a far sparire tutti gli articoli che dicevano fossi oscuro o robe del genere solo perché sono un Rettilofono. Non credo che questo abbia aiutato, in verità, ma apprezzo lo sforzo.”

Ron si strofinò una mano sul viso. “Qualcos’altro? Possiamo avere una conversazione normale, per favore?”

“No.” Dissero in coro. Ron lanciò un’occhiataccia a tutti, ma Harry non capiva proprio cos’altro si aspettasse.

 
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Draco aveva quasi finito il suo saggio di Incantesimi - esageratamente lungo. Per farlo aveva saltato le loro sessioni di incontri a tarda notte per lavorare in biblioteca. Fu costretto a sfogliare quasi ogni taccuino di incantesimi che aveva usato, cercando di individuare la ragione comprovata per cui aveva scelto di fare qualcosa, visto che non poteva semplicemente scrivere che l’aveva letto da qualche parte. Fu anche costretto a fare da solo le equazioni, ma quelle le fece ricontrollare a Hermione. Erano tutte giuste, con sua soddisfazione, ma desiderò di essere così preciso in tutti gli aspetti dell’Aritmanzia e non solo nelle parti che riguardavano la costruzione degli incantesimi.

Questo significava che l’ora di andare a dormire era passata da un pezzo quando tornò alla propria stanza, e l’alba era fin troppo vicina. Perché lo stava facendo? Quel saggio non importava neanche. Aveva un voto eccellente in Incantesimi e buona parte del suo tempo libero la passava nell’ufficio di Flitwick, aiutandolo a correggere e a pianificare le sue lezioni per quell’anno. Quel saggio era una sofferenza inutile.

Beh, pazienza. Lo aveva quasi finito, in ogni caso. Sarebbe stato ancora più inutile darsi tutta quella pena per scriverlo e poi non consegnarlo.

Era così preso dai suoi pensieri che si scontrò con qualcuno mentre entrava nella Sala Comune Serpeverde, spedendo entrambi a ruzzolare sul pavimento. “Che diavolo?!” Scattò, prima di intravedere dei capelli rossi. Era uno dei gemelli Weasley, si stava massaggiando la testa e indossava un pigiama un po’ troppo grande per la sua taglia. “Che ci fai tu qui? Chi ti ha fatto entrare?”

“Uh.” Disse, pallido e con gli occhi sgranati.

Fu allora che notò i succhiotti che gli ricoprivano il collo e i pezzi del puzzle andarono al loro posto. “Per le palle di Merlino.” Disse. “Vai a letto con Cassius?” Ecco perché era così contrario a far entrare Draco in camera sua prima.

George, doveva essere George, gli schiaffò una mano sulla bocca. “Ti prego, non dire nulla.” Sussurrò. “Si arrabbierebbe molto se qualcuno lo scoprisse.”

Draco sapeva di essere l’ultima persona al mondo che poteva fare la ramanzina riguardo al nascondere segreti, ma George gli piaceva. Gli scostò la mano. “Sei sicuro che sia una buona idea essere il piccolo sporco segreto del tipo per cui hai una cotta enorme? E comunque, da quanto va avanti questa storia? Pensavo che Cassius continuasse a dirti di no.”

“La notte della festa che hai organizzato. È- noi non- è stato un incidente.” Ammise. “E non è solo- lui è davvero carino, è così, solo che non vuole che nessuno lo sappia. Me l’ha detto sin dall’inizio. Quindi, va bene. Va tutto bene. Non dire nulla, per favore.”

Tu vorresti che la gente lo sapesse?” Chiese Draco e uno sguardo di puro desiderio lampeggiò sul viso di George prima che riprendesse il controllo e indossasse un’espressione neutra. “Oh, wow, ok.”

George gli afferrò le spalle, gli occhi che luccicavano, ed era sbagliato, non aveva mai visto nessuno dei gemelli così vulnerabile. Non gli piaceva. “Draco! Ti prego. Io custodisco i tuoi segreti. Custodisci i miei. So già che finirà male, ok? Non m’interessa.”

“Non dirò nulla.” Promise.

George si rilassò immediatamente. Gli scompigliò i capelli, sussurrando un “Grazie”, prima di sparire nel corridoio, verso la sua Sala Comune.

Beh. Cazzo.
 
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Avevano appena finito un allenamento di gruppo di Quidditch, uno in cui Harry fece del suo meglio per non fissare costantemente Draco. Per la maggior parte c’era riuscito, quando Cedric gli si avvicinò con gli occhi ridenti. Si fece immediatamente sospettoso. “Harry, ehi, sei impegnato adesso? Devi andare da qualche parte?”

“No, direi di no.” Disse, guardingo. “Perché?”

“Krum mi ha chiesto di fare un’amichevole, visto che siamo entrambi Cercatori e, visto che alcune persone palesemente mal informate potrebbero dire che sei il miglior Cercatore di Hogwarts, pensavo che magari volevi unirti?” Chiese. Era chiaramente più coinvolto in quella faccenda di quanto dimostrava. Qualcuno doveva averci scommesso dei soldi.

Tutti i presenti si zittirono, aspettando non troppo velatamente la sua risposta. “Sì, va bene.” Sospirò. “Ora? Viktor sta venendo qui?”

“Pensavamo di farlo sopra al Lago Nero, in verità.” Disse Cedric. C’era qualcosa che non gli stava dicendo.

Scoprì cosa fosse quel qualcosa quando arrivarono a destinazione. Sembrava che la maggior parte delle tre scuole si fosse riversata sui terreni, circondando con foga il Lago Nero. Harry si girò verso Cedric, fulminandolo. “Pensavo fossimo amici!”

“Lo siamo!” Disse lui, passando un braccio intorno alle spalle di Harry. “Sarà divertente! Non ti costringerò se non vuoi, ma ti piace ricevere attenzioni se è per il Quidditch, giusto? Questa è una competizione alla pari, senza vecchi calici difettosi di mezzo.”

Viktor li stava aspettando al limitare del lago e li salutò con un braccio. Hermione era poco più avanti della folla, dietro di lui e di fianco a Cho. “Okay, hai ragione, va bene.” Si arrese, avvicinandosi assieme a lui. Gli era mancato volare davanti a una folla. “Chi farà da arbitro?”

“Al vostro servizio!” Disse Fleur, scivolando fuori dalla folla come se fosse apparsa dal nulla.

“Non riesco ancora a credere che la tua scuola non abbia il Quidditch.” La prese in giro Cedric. “È un’abilità importante!”

Viktor fece dei veementi gesti secchi all’altezza del collo, ma era troppo tardi. Fleur inarcò un sopracciglio. “Oh, sì, beh il nostro curriculum non comprende applicazioni della magia così… banali. Ma sono sicura che la vostra dimostrazione sarà sbalorditiva.”

“Fleur è il capitano della nostra squadra di planata.” Disse uno studente di Beauxbatons che Harry non riconobbe. “Riuscirebbe a prendere un Boccino più velocemente di tutti voi.”

“Clarence!” Lo rimproverò Fleur. “Non rovinare il loro giochino! Non sarebbe corretto se partecipassi io.”

Harry e Cedric si guardarono, chiaramente pensando la stessa cosa. Viktor sembrava rassegnato. “Oh, ma insistiamo.” Disse Cedric. “Detesteremmo escluderti dalla festa.”

“Oh, beh, se insistete.” Disse Fleur, uno scintillio nello sguardo che quasi fece dubitare Harry. La ragazza alzò la propria bacchetta. “Accio Nimbus!” La sua scopa sfrecciò fuori dalla sua carrozza e si fermò davanti a lei. Gli studenti di Beauxbatons si misero a fare il tifo dall’altra sponda del lago. Fleur si toccò con la bacchetta e pronunciò un incantesimo che Harry non riconobbe e i suoi vestiti cambiarono, mutando mentre li indossava ancora. Invece di vestiti semplici e larghi, ora calzava un’uniforme azzurra e attillata che assomigliava più a quello che loro indossavano sotto alle protezioni. Si incantò i capelli perché si annodassero in uno chignon stretto sulla nuca e guardò verso di loro, in attesa. Le sue scarpe scomparvero del tutto, lasciandola infine scalza nella sabbia. “Pronti?”

“Farò io da arbitro.” Si propose Clarence, prima di guardarli. “Se per voi va bene.”

Tutti annuirono. Angelina si fece strada tra la folla e consegnò a Clarence il Boccino, assicurandosi di fare l’occhiolino a Harry prima di unirsi al resto dei giocatori di Quidditch, che si erano spostati più vicino. Harry evitò di guardare la squadra Serpeverde perché era abbastanza sicuro che non sarebbe riuscito a impedirsi di fissare Draco, il che sarebbe stato… terribile.

Clarence lanciò un Sonorus su di sé, prima di rivolgersi alla folla riunita. “Salve a tutti! La competizione iniziale si è ampliata: parteciperanno anche Harry Potter e Fleur Delacour!”

Tutti esultarono. Che la gara tra Viktor e Cedric fosse qualcosa di pianificato in anticipo? Doveva esserlo, visti i presenti. Dovevano davvero iniziare a dirgli le cose.

“Le regole sono semplici. Libereremo il Boccino tredici volte. Chi lo catturerà più volte sarà il vincitore. Chi meno, sarà il perdente.” Si girò verso di loro. “Montate!”

Lui, Cedric e Viktor salirono sulle loro scope. Fleur appoggiò la sua per terra. “Su!” Comandò, il palmo della mano verso il basso, ma mentre la scopa si alzava girò la mano verso l’alto e la sua scopa si sollevò sopra le loro teste.

“Che diavolo?” Mormorò Cedric.

“In volo!” Comandò Clarence.

Fleur sfoderò la bacchetta, la puntò a terra e pronunciò: “Ventlabis!” Lo spazio di fronte a lei luccicò di magia. Lei si infilò la bacchetta nella manica, guardò verso di loro, gli fece un occhiolino e pestò il quadrato ricoperto di magia.

Venne catapultata in aria e salì di un centinaio di metri prima di cominciare a cadere. Harry andò nel panico, ma fu una preoccupazione inutile. Fleur fece una capriola mentre scendeva, per poi atterrare con grazia sulla sua scopa, i piedi piantati saldamente sul manico.

“Porca troia.” Susurrò Harry. “È la cosa più figa che abbia mai visto.” Cedric annuì, concorde.

“Ho detto in volo!” Ripeté Clarence.

Presero quota fino ad arrivare dov’era Fleur. Stava sorridendo.

“Come fai a tenerti in equilibrio?” Chiese Harry, ammirato. “Stai in piedi per tutto il tempo?”

“Certo.” Disse lei. Poi perse un po’ del suo compiacimento e disse: “Posso provare a insegnartelo più tardi, se vuoi.”

“Sì.” Dissero Harry e Cedric, prima ancora che avesse finito di parlare.

“Io ci ho già provato.” Ammise Viktor. “Sono negato, ma non mi dispiacerebbe fare un’altra lezione.”

Si concentrarono tutti sul terreno mentre vedevano una saetta dorata salire nell’aria, sfrecciando intorno a loro. La voce aumentata magicamente di Clarence li raggiunse anche se, ora che Harry ci faceva caso, poteva vedere che non era da solo. Lee era apparso ad offrire il proprio commentario. Fantastico. “Giocatori,” disse Clarence, “iniziate!”

Harry fece fatica a concentrarsi perché continuava a distrarsi guardando Fleur. Cavalcava la sua scopa come se fosse una tavola da surf, muovendosi senza fatica intorno a loro, direzionando la scopa solo con i piedi; e Harry nemmeno sapeva che fosse possibile.

Cedric catturò il Boccino una volta e Harry e Viktor riuscirono a prenderlo un paio di volte.

Fleur lo catturò otto volte.

Harry si chiese che scandalo avrebbe causato se si fosse trasferito a Beauxbatons solo per entrare nella loro squadra di planata.
 

 
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Draco stava uscendo dalla lezione di Aritmanzia, quando qualcuno lo prese sottobraccio e lo tirò via per il corridoio, nella direzione opposta in cui voleva andare. La direzione opposta della Sala Grande, che ospitava la cena. Aveva fame!

“Susan.” Sospirò, cercando inutilmente di liberarsi. “È davvero necessario?”

“Voglio parlare lontano da orecchie indiscrete.” Disse lei, prima di spingerlo in uno sgabuzzino. Era del tutto vuoto e un po’ troppo pulito perché Draco fosse a proprio agio. Se dei posti sperduti erano troppo puliti solitamente era segno che qualcuno li usava per farci sesso. Avrebbe davvero preferito se Susan non lo avesse trascinato in uno sgabuzzino delle sveltine. “Con chi vai al ballo?”

“Mia cugina.” Disse. “Vuole venire e nessun’altro l’avrebbe portata.”

“Trovale un altro accompagnatore e vieni con me, invece.” Disse Susan.

Draco la fissò. “Sono onorato, davvero- “

“Oh, taci. Hai un bel faccino, ma tutto il resto della mercanzia è sbagliata. Non te lo sto chiedendo perché mi piaci, te lo sto chiedendo perché voglio mandare un messaggio. Ti piacciono queste cose, non è così?”

“Che messaggio vuoi mandare?” Chiese, guardingo. Una Tassofrasso non dovrebbe poter sembrare così subdolo. Era tremendamente disagevole.

“Io sono una Bones e tu sei un Malfoy.” Disse lei. “Mia zia sta occhieggiando la poltrona del Ministro della Magia. L’incompetenza di Fudge gli costerà il licenziamento prima o poi e io credo che sia ora di movimentare un po’ le cose.”

“Se stai cercando di usarmi per arrivare a mio padre, apprezzo la tua efferatezza, ma stai parlando con la persona sbagliata.” Le disse. “La mia opinione non influenzerebbe il suo voto.”

“Lo farebbe, in realtà, ma non m’interessa di tuo padre. M’importa di me. Che mia zia riceva la nomina o meno, intendo seguire i suoi passi verso il governo. Non riuscirò a farlo se le persone pensano che io sia solo un’altra delle marionette di Silente. Sarebbe d’aiuto a mia zia se la sua nipote preferita fosse una nota moderata? Sì. Lo sto facendo più per la mia futura carriera che per altro? Di nuovo, sì.”

“E pensi che andare al ballo con me dia questi risultati?” Gli chiese, scettico.

Lei alzò un sopracciglio. “Penso che il ballo pullulerà di giornalisti grazie al Torneo. Non finiremo in prima pagina, ovviamente, quella è riservata a qualsiasi cazzata si inventeranno sul conto di Harry Potter. Ma riceveremo di sicuro una menzione nelle pagine di società e quello sarà il primo passo. Sono una Tassofrasso, Draco. Chi va piano va sano e va lontano, eccetera.”

“Potresti semplicemente truccare la gara.” Si sentì in dovere di far notare. Susan non sembrava impressionata. “Io che ci guadagno?”

“Avrò un debito con te.” Disse lei.

Poteva non sembrare molto, ma i Bones erano una famiglia potente e Susan era chiaramente sulla strada per diventare una donna potente. E poi, andare con lei non sarebbe stato un peso. Era carina e intelligente ed era abbastanza Serpeverde da non risultare noiosa. “Sì, ok, va bene. Andata.”

“Eccellente.” Disse lei, fin troppo compiaciuta. Draco non poté impedirsi di incupirsi. “Assicurati di venirmi a prendere davanti alla mia Sala Comune. Immagino tu sappia dove si trovi.”

Scivolò fuori dallo sgabuzzino prima che potesse formulare una risposta a quell’affermazione, senza nemmeno poterle andare dietro. Doveva passare almeno cinque minuti in quel buco prima di andarsene, se non voleva dei pettegolezzi su lui e Susan Bones in giro per la scuola.

Il suo stomaco brontolò. Fantastico.

 
-
 

I Serpeverde avevano promesso loro delle lezioni, quindi anche se non era un giorno in cui si sarebbero dovuti incontrare di solito, Harry e Ron andarono verso la loro classe dopo aver finito la brutta copia dei loro saggi di Trasfigurazione. Avevano entrambi intenzione di chiedere a Pansy di controllarli. Draco e Hermione erano più bravi a scrivere saggi, ma Pansy riusciva a dare un’occhiata a svariati metri di pergamena in un paio di minuti e poi dirgli tutti gli errori fattuali che avevano compiuto. Era notevole. E terrificante.

Quando scivolarono dentro c’erano tutti tranne Draco. C’era della musica che sembrava venire dal nulla e Blaise stava guidando cautamente Hermione per la stanza con dei passi di danza semplici. “Sei brava.”

Lei arrossì. “Viktor mi ha dato delle lezioni. È… un buon maestro.”

Ron assottigliò lo sguardo. Pansy saltò in piedi ed esclamò, un po’ troppo forte e arzilla: “Harry! Ron! Finalmente siete arrivati. Sapete, se avete bisogno di aiuto per trovare un partner per il ballo, posso aiutarvi.”

“Oh, uh.” Ron si strofinò la nuca. “Ho trovato qualcuno, in verità.”

“Cosa?” Disse Harry. “Come? Quando? Sono passati, tipo, due giorni!”

“Chi?” Chiese Hermione, interessata.

La porta si spalancò, interrompendo qualsiasi risposta Ron stesse pensando di dare. Draco era scuro in volto. “Harry, ho bisogno che tu mi faccia un favore.”

“Certo.” Disse lui, preso in contropiede, scordandosi di colpo qualunque pensiero su Ron e il suo appuntamento. “Cosa c’è?”

Lui calciò la porta per chiuderla. “Porta Luna al ballo.”

Oh. Beh, meglio che cercare di trovare un appuntamento da solo. “Certo. Però pensavo che la portassi tu.”

“Vero. Ma Susan vuole usarmi come stratagemma mediatico e io ho detto di sì. Luna vuole tanto venire e non voglio che vada con chicchessia. La scaricherei a Longbottom, ma porta già Ginny.”

“Lui cosa?” Chiese Ron. “Da quando?”

Draco alzò gli occhi al cielo. “Rilassati, è Longbottom. La tua sorella demoniaca potrebbe masticarlo e sputarlo se le andasse. Sarei più preoccupato per lui che per lei.”

Ron gli lanciò un’occhiataccia, ma alzò le spalle perché, beh, aveva ragione.

“Andrò con Luna, non c’è problema.” Disse Harry. Il pensiero di Draco che andava con Susan gli fece annodare lo stomaco, ma era abbastanza sicuro di star esagerando.

Blaise si schiarì la gola. “Beh, ora che siamo tutti d’accordo… Lezioni di danza? Non starò alzato fino a tardi per questo. Mi farò un’intera notte di sonno per una volta, a costo di morire.”

“Melodrammatico.” Disse Pansy, ma porse la mano a Harry. “Devo andare anch’io da qualche parte, quindi muoviamoci.”

“Dove vai?” Chiese, prendendole la mano. Lei gli mise una mano sul suo fianco e posò la propria sulla sua spalla.

“Mi vedo con Flint nella torre di Astronomia. Per aiutarlo a studiare.” Disse lei, per poi ridere quando tutti emisero versi lamentosi. Nessuno studiava nella torre di Astronomia.

“Bello.” Disse Hermione, mentre Blaise la faceva volteggiare. A Harry piacevano i ragazzi e poteva ammettere che Flint fosse ben piazzato, ma non riusciva a capire cosa ci trovassero. Bleah.

Draco offrì la mano a Ron, che la prese. Aveva un’idea più chiara sul da fare rispetto a Harry, perché gli mise una mano sul fianco senza esitare. Passarono la mezz’ora successiva a quel modo, con Blaise e Hermione che danzavano dolcemente per la stanza e il resto di loro… non altrettanto. Ron riuscì ad afferrare il concetto a metà lezione, ma doveva continuare a guardarsi i piedi per non pestare quelli di Draco che, ogni volta che succedeva, rilasciava un urlo indignato che era più scena che dolore.

Harry era un disastro.

Era un Cercatore, normalmente era abbastanza bravo nelle faccende fisiche, ma non riusciva proprio a concentrarsi. Continuava a sbattere contro Pansy, o muoversi quando non doveva, o inciampare nei propri piedi.

“Harry!” Esclamò Pansy. “Dai, devi capire come fare. Dovrai ballare di fronte a tutti e ci saranno dei giornalisti!”

“Vuoi farmi venire un attacco di panico?” Chiese. “Ci sto provando!”

“Provaci di più.” Gli disse, per niente compassionevole. “Devo andare, Flint mi sta aspettando.”

Blaise si inchinò verso Hermione. “Anche io. Mi manca il mio letto. E poi Hermione non ha bisogno del mio aiuto.”

Harry si mise le mani nei capelli, frustrato, e Draco disse: “Io posso continuare.”

“Cosa?” Alzò lo sguardo, il cuore in gola.

“Se a Ron non dà fastidio posso, uh, aiutarti io a fare pratica.” Disse.

Ron fece un passo indietro. “No, non mi dà per niente fastidio. Ne hai bisogno più te di me, amico.” Gli diede una manata sulla spalla, poi si girò verso Hermione. “Ehi, mi aiuti con il mio saggio di Trasfigurazioni?”         

“Pensavo che lo avessi finito.” Gli disse, confusa. “E poi, Pansy aveva detto che ti avrebbe aiutato.”

“Beh, sai che ami dirmi quanto io sia nel torto, quindi perché non me lo controlli tu?”

Lei sbuffò, ma disse: “Ok.”

“Fantastico!” Le afferrò la mano. “Andiamo.”

“Ora?” Chiese lei, sorpresa. “Ron, è notte fonda- “

“Non è mai troppo tardi per imparare!” Disse lui allegramente, trascinandola fuori dalla stanza. “Buona fortuna, ragazzi!”

La porta sbatté dietro di lui. C’era silenzio, a parte la melodia in sottofondo, e Draco tossì prima di porgergli la mano. “Allora. Balliamo?”

“Giusto.” Disse, poi deglutì due volte perché aveva la bocca secca. Premette una mano sulla curva della schiena di Draco e lui si tenne alla sua spalla, mentre le altre erano premute insieme. “Scusa se faccio pena.”

“Non ti preoccupare.” Disse Draco. Non capiva perché erano molto più vicini di quando ballava con Pansy, ma non riusciva a trovare la forza di allontanarsi. “Solo… Rilassati. Non è difficile. Seguo lezioni di ballo da quando ero bambino.”

“Già, non è difficile per te proprio perché hai ricevuto lezioni di ballo da quando eri bambino.” Rispose.

Draco gli fece un sorriso. “Se ce la facevo io a sette anni, puoi farcela anche tu. Almeno tu vai con Luna, è una ballerina eccellente, molto più brava di me. Ti farà sembrare più bravo di quanto sei.”

“Fantastico.” Disse. “Uh, bene. Eccellente.”

Smisero di parlare dopo quello scambio, eccezion fatta per le istruzioni mormorate di Draco. Forse il suo problema con Pansy era solo che non riusciva concentrarsi, mentre con Draco riusciva a seguire con facilità, non gli pestava i piedi o inciampava nei suoi. Poteva sentire il calore emanato da lui e non faceva freddo lì, il camino scoppiettava, ma non poteva impedirsi di essere comunque attratto da quel calore.

Draco lo guidò per farsi girare, per poi tornare perfettamente tra le sue braccia, sorridendo. “Visto? Ce la farai. Andrai bene.”

“Sì.” Disse, deglutendo. “Io… So che non possiamo, ovviamente, ma io… Voglio solo che tu sappia che, se potessi, avrei voluto chiedere a te di andare al ballo.” 

Draco si bloccò e Harry inciampò, facendo del suo meglio per non far cadere tutti e due. Si morse il labbro, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato, temendo di aver rovinato tutto parlando troppo presto. “Davvero?” Gli chiese Draco a bassa voce, qualcosa di cauto nel suo viso. Qualcosa di speranzoso e incredulo che fece pensare a Harry che forse avrebbe dovuto dire qualcosa prima.

“Vorrei poterci andare con te e ballare con te così davanti a tutti.” Disse, perché era inutile cercare di tornare indietro a quel punto. Il cuore gli batteva così veloce che temeva gli scoppiasse nel petto. “So che siamo anime gemelle, ma non penso che questo renda un “noi” inevitabile. Quindi… Ti voglio. E ti scelgo. Perché sei tu, non per i marchi sui nostri fianchi.”            

Il suo sorriso sbocciò piccolo, ma poi crebbe finché non gli riempì metà del viso e Harry non riuscì a non sorridergli di rimando. “Scemo.” Disse affettuosamente Draco. “Come se dei marchi potessero costringermi a sopportare tutte le pene che mi dai. Mi piaci, ti voglio, perché sei Harry. Solo Harry. È solo questo che mi importa.”

“Ti importa di me?” Chiese, giusto per essere sicuro, perché sembrava troppo bello per essere vero.     

“Ovviamente.” Disse, laconico, e incorniciò la guancia di Harry con la mano. Harry gli circondò la vita con un braccio e se lo tirò vicino finché non furono premuti insieme, ma non riuscì a muoversi di un altro centimetro.

Non dovette farlo. Draco si sporse in avanti, cautamente, lentamente, e poi esitò solo un momento prima di premere le loro labbra insieme. Era il suo primo bacio. Il loro primo bacio.

Era abbastanza sicuro che significava che ora aveva un fidanzato.     
            
 
 

 
Note Autrice: Non sono riuscita ad arrivare dove speravo, quindi spero che il quarto anno vi stia piacendo perché a quanto pare staremo qui per un po’.
Potete seguirmi/infastidirmi a: shanastoryteller.tumblr.com
Posto degli aggiornamenti su quello che scrivo nella mia tag “progress report”, se c’è qualcosa che siete interessati a controllare <3    

Note traduttrice: Chiediamo scusa per il ritardo, purtroppo svariati imprevisti (e la vita) ci hanno rallentato. Come minimo quest'anno siamo riuscite a portare il totale di capitoli da 2 a 3, è comunque un miglioramento! (?) Siete almeno un pochino felici di questa cosa? Essù, siate grati! Oggi in america è anche il giorno del ringraziamento, direi che non c'è giorno migliore per essere grati di avere qualche distrazione da tutte le cose che stanno succedendo in questo periodo storico, no? (Un po' tirata come scusa, lo ammetto).
Vi auguriamo buone feste in anticipo con siat, con shana probabilmente ci vedremo direttamente l'anno prossimo! Seguiteci su tumblr per il resto degli aggiornamenti!

Speriamo che questo nuovo capitolo vi piaccia, fateci sapere che ne pensate! Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su Tumblr !

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