Piccola premessa;
il testo tratta
tematiche delicate, come quelle del macello. Riporta a parole delle immagini
che potrebbero infastidire o impressionare. Mi scuso per tutto; purtroppo
questa volta non potevo omettere una triste verità, in modo particolare proprio
perché questo è un tributo a un animale fiero, maestoso, che per millenni ha
accompagnato attivamente l’umanità durante la sua evoluzione.
I BUOI
I buoi pascolano
nel verde del monte;
alta quota,
il rumore dei campanacci;
come vi siete ridotti,
perché ora siete carne da macello?
Voi, vittime inermi
della nuova società
basata sul consumo,
sul dispendio di energie,
sul bruciare combustibili fossili
senza futuro;
voi, vittime
quanto chi è perito
nelle guerre per il petrolio;
voi, che nei pascoli ruminate
ancora per qualche giorno,
avete già raggiunto il peso giusto;
presto vi porteranno via,
farete un lunghissimo viaggio
che vi porterà in pianura,
gli occhi sgranati,
i vostri muggiti di terrore,
pianti di un figlio innocente;
immersi nei vostri escrementi
che nel panico vi fate addosso,
poi il colpo della testa,
che chiamano pietoso;
ora, creature maestose e fiere,
siete la bistecca sulla tavola di
tutti,
valete solo per quel trancio di carne
che potete offrire;
l’Uomo vi ha tolto tutto,
l’Uomo vi ha distrutto;
vedo gli occhi grandi
un attimo prima dello sparo,
dello sparo che stordisce;
sono occhi consapevoli,
gli occhi di un animale che ha
accompagnato
l’evoluzione umana
e adesso vale tot monete al chilo;
siete solo il tintinnio metallico in
una cassa,
mentre il vostro sangue inonda
il pavimento del macello.
E li vedo, gli Uomini
che strattonano le vostre lunghe
corde,
in realtà sempre più corte,
vi spingono in spazi angusti
a uno a uno,
avvertendo l’odore ferigno
della morte del vostro fratello
che vi ha preceduto,
a piangere in silenzio,
gli occhi spalancati, dilatati,
fissi verso la mano che vi cancellerà
in un solo istante;
vi ho visto,
nella vostra impotenza assoluta;
infine vi ho visto nelle fiere,
a diventare fenomeni da baraccone
per bambini disadattati,
nati in città di cemento
dove i muggiti liberi non giungono,
ma regnano i rombi dei motori;
ho visto tutto questo
e ne piango, fratelli,
piango assieme a voi
per il tempo perduto
per un ricordo che sbiadisce
in un mondo triste,
dove regna il grigio
e il vostro impegno per l’Umanità
è stato dimenticato.
NOTA DELL’AUTORE
Correva l’anno 1968 quando Tonino Guerra dedicava per la
prima volta una poesia ai buoi. Probabilmente attonito dal rapidissimo
cambiamento dell’Italia, con le campagne che ormai brulicavano di trattori, e
le preziose bestie da soma diventavano tutto a un tratto carne da macello.
Tanta, tantissima carne destinata a riempire le tavole di un popolo ormai in
preda al suo più grande boom economico.
Ecco, leggendo quella poesia sono rimasto così tanto colpito
da voler scrivere anche io qualcosa a riguardo, ma con uno sguardo attuale…
purtroppo.
Spero di non aver ferito nessuno.
Vi propongo qui sotto la poesia (naturalmente nella sua forma
originale, in dialetto, ma a seguito è disponibile anche la traduzione in
italiano).
I BU (I BUOI)
Andé a di acsè mi bu ch’i vaga véa,
che quèl chi à fat i à fatt,
che adèss u s’èra préima se tratour.
E’ pianz e’ còr ma tòtt, ènca mu mè,
avdai ch’i à lavurè dal mièri d’ann
e adèss i à d’andè véa a tèsta basa
dri ma la còrda lònga de’ mazèll.
Ditelo ai miei buoi che è finita
che il loro lavoro non ci serve più
che oggi si fa prima col trattore.
E poi commoviamoci pure
a pensare alla fatica che hanno fatto per migliaia di anni
mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa
dietro la corda lunga del macello.
Oggi
è giunta anche la tristissima notizia della scomparsa di Mario Bertozzi, uno
dei più grandi artisti romagnoli di sempre. Nella sua genialità, nella sua
infinita abilità artistica, ha modellato, disegnato, dipinto tantissimi tori. Che
questa umile e inutile poesia sia anche un ricordo nel nome di questo immortale
artista. Con immenso dolore.
Riposa
in pace, Ultimo romagnolo.