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Autore: alessandroago_94    29/11/2020    9 recensioni
Altra raccolta di componimenti poetici molto semplici.
Genere: Generale, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I buoi

Piccola premessa;

il testo tratta tematiche delicate, come quelle del macello. Riporta a parole delle immagini che potrebbero infastidire o impressionare. Mi scuso per tutto; purtroppo questa volta non potevo omettere una triste verità, in modo particolare proprio perché questo è un tributo a un animale fiero, maestoso, che per millenni ha accompagnato attivamente l’umanità durante la sua evoluzione.

 

 

 

 

 

 

 

I BUOI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I buoi pascolano

nel verde del monte;

alta quota,

il rumore dei campanacci;

come vi siete ridotti,

perché ora siete carne da macello?

Voi, vittime inermi

della nuova società

basata sul consumo,

sul dispendio di energie,

sul bruciare combustibili fossili

senza futuro;

voi, vittime

quanto chi è perito

nelle guerre per il petrolio;

 

voi, che nei pascoli ruminate

ancora per qualche giorno,

avete già raggiunto il peso giusto;

presto vi porteranno via,

farete un lunghissimo viaggio

che vi porterà in pianura,

gli occhi sgranati,

i vostri muggiti di terrore,

pianti di un figlio innocente;

immersi nei vostri escrementi

che nel panico vi fate addosso,

poi il colpo della testa,

che chiamano pietoso;

 

ora, creature maestose e fiere,

siete la bistecca sulla tavola di tutti,

valete solo per quel trancio di carne

che potete offrire;

l’Uomo vi ha tolto tutto,

l’Uomo vi ha distrutto;

 

vedo gli occhi grandi

un attimo prima dello sparo,

dello sparo che stordisce;

sono occhi consapevoli,

gli occhi di un animale che ha accompagnato

l’evoluzione umana

e adesso vale tot monete al chilo;

siete solo il tintinnio metallico in una cassa,

mentre il vostro sangue inonda

il pavimento del macello.

 

E li vedo, gli Uomini

che strattonano le vostre lunghe corde,

in realtà sempre più corte,

 vi spingono in spazi angusti

a uno a uno,

avvertendo l’odore ferigno

della morte del vostro fratello

che vi ha preceduto,

a piangere in silenzio,

gli occhi spalancati, dilatati,

fissi verso la mano che vi cancellerà

in un solo istante;

 

vi ho visto,

nella vostra impotenza assoluta;

 

infine vi ho visto nelle fiere,

a diventare fenomeni da baraccone

per bambini disadattati,

nati in città di cemento

dove i muggiti liberi non giungono,

ma regnano i rombi dei motori;

 

ho visto tutto questo

 e ne piango, fratelli,

piango assieme a voi

per il tempo perduto

per un ricordo che sbiadisce

in un mondo triste,

dove regna il grigio

e il vostro impegno per l’Umanità

è stato dimenticato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

 

Correva l’anno 1968 quando Tonino Guerra dedicava per la prima volta una poesia ai buoi. Probabilmente attonito dal rapidissimo cambiamento dell’Italia, con le campagne che ormai brulicavano di trattori, e le preziose bestie da soma diventavano tutto a un tratto carne da macello. Tanta, tantissima carne destinata a riempire le tavole di un popolo ormai in preda al suo più grande boom economico.

Ecco, leggendo quella poesia sono rimasto così tanto colpito da voler scrivere anche io qualcosa a riguardo, ma con uno sguardo attuale… purtroppo.

Spero di non aver ferito nessuno.

Vi propongo qui sotto la poesia (naturalmente nella sua forma originale, in dialetto, ma a seguito è disponibile anche la traduzione in italiano).

 

 

 

 

 

 I BU (I BUOI)

 

Andé a di acsè mi bu ch’i vaga véa,
che quèl chi à fat i à fatt,
che adèss u s’èra préima se tratour.
E’ pianz e’ còr ma tòtt, ènca mu mè,
avdai ch’i à lavurè dal mièri d’ann
e adèss i à d’andè véa a tèsta basa
dri ma la còrda lònga de’ mazèll.

 

Ditelo ai miei buoi che è finita
che il loro lavoro non ci serve più
che oggi si fa prima col trattore.
E poi commoviamoci pure
a pensare alla fatica che hanno fatto per migliaia di anni
mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa
dietro la corda lunga del macello.

 

 

 

Oggi è giunta anche la tristissima notizia della scomparsa di Mario Bertozzi, uno dei più grandi artisti romagnoli di sempre. Nella sua genialità, nella sua infinita abilità artistica, ha modellato, disegnato, dipinto tantissimi tori. Che questa umile e inutile poesia sia anche un ricordo nel nome di questo immortale artista. Con immenso dolore.

Riposa in pace, Ultimo romagnolo.

   
 
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