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Autore: Lady Moonlight    30/11/2020    2 recensioni
C’era una volta una ragazza impossibile.
Visse milioni e milioni di vite: un volto per mille storie. La ragazza, che talvolta si chiamava Clara, correva e correva e correva con un unico scopo: salvare il Dottore.
Il ciclo sembrava ripetersi all’infinito, tanto che perfino l’originale credeva di aver smarrito la sua unicità. Ma un giorno un monaco pazzo si presentò alla porta della sua casa e la invitò a seguirlo nell’avventura più grande dell’universo.
Centinaia di mondi, migliaia di specie aliene e secoli successivi dopo, la ragazza impossibile dovette affrontare il Corvo. Sarebbe dovuta essere la fine di quella storia, eppure così non fu.
La ragazza che era morta, ma viva, rubò un Tardis e tornò a viaggiare nell’universo. Per decenni attese il momento giusto per dire addio e quando credette che fosse giunta l’ora…
Scoprì che la sua storia non sarebbe finita lì.
Trenzalore era un luogo freddo e buio, e lo sarebbe rimasto per novecento anni, ma la ragazza impossibile non aveva paura. Perché c’era un uomo lì. Alcuni lo chiamavano il Dottore, altri la Tempesta in Arrivo, altri ancora il Valeyard. [...]
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashildr/Lady Me, Clara Oswin Oswald, Doctor - 11, Doctor - 12, Madame Vastra
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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[Sono un Signore del Tempo; l'ultimo dei Signori del Tempo. Sono tutti morti, sono l'unico sopravvissuto.
Mi ritrovo a viaggiare da solo perché non mi è rimasto più nessuno.]Nono Dottore

 



CAPITOLO 01: Ricordi perduti

 

 

Clara poté avvertire il sorriso lasciarle il volto non appena lei e Ashildr tornarono nel Diner. Il Tardis, il loro Tardis, le accolse con l’inconfondibile odore del caffè appena preparato e una musica country in sottofondo.

“Come facevi a sapere che sarebbe stato lì?” le chiese Ashildr. Non si era riferita esplicitamente al Dottore, ma entrambe sapevano che riguardava lui.

Clara sentì una fitta stringerle il petto, pur sapendo che il suo cuore non era altro che un muscolo morto e immobile. La nostalgia era una cosa potente, un sentimento, aveva capito, che portava spesso all’autodistruzione. Consumava le difese lentamente e andava di pari passo con il rimpianto.

Da quel giorno su Gallifrey erano passati numerosi anni e il dolore non aveva fatto altro che intensificarsi. Strato, dopo strato, dopo strato… una lenta agonia che talvolta non aveva il desiderio di combattere. In quei momenti pensava al Dottore. Duemila anni di gioia, solitudine, morte, avventura…

Pensava di capirlo ora, molto più che in passato. E tuttavia quello stesso pensiero era inutile e doloroso, perché Clara Oswald era morta e la sua vita con il Dottore conclusa.

Afferrò una ciambella dal piano bar del Diner e si voltò verso Ashildr. “Ho ricordato” le rispose con semplicità. “I miei echi” proseguì, trovando la perplessità dipinta sui lineamenti della compagna.

Le aveva raccontato di Trenzalore, della sua storia, ma aveva omesso i dettagli. E in quel momento nulla aveva importanza perché…

I ricordi.

“Dopo Trenzalore…” Clare deglutì e chiuse gli occhi. Le risultava difficile formulare un discorso coerente, consumata dal dolore che quel nome inevitabilmente le procurava. “Quando sono entrata nella timeline del Dottore la mia esistenza è stata divisa in milioni di frammenti e questi frammenti sono vissuti con l’unico scopo di salvare il Dottore. Erano echi, erano Clara Oswald, ma al contempo non lo erano affatto. Ho vissuto più di mille vite e la conoscenza di ciò ha portato il mio corpo sul punto di un collasso. Riesci a immaginare, Ashildr?” La sua voce si era fatta distante, le sue mani intrecciate sul grembo nel tentativo di darsi coraggio. Escludendo il Dottore, non aveva mai parlato a nessuno di quel particolare evento o di come si fosse sentita. Ma il punto, a conti fatti, era che ogni cosa era mutata dopo che il suo corpo era stato messo in una perpetua stasi temporale. Milioni di ricordi e una mente bloccata tra un battito del cuore e l’ultimo...

“Infinite versioni di te stessa che nascono e muoiono, che sgomitano nel tuo cervello per prendere il predominio l’una sull’altra… Mi avrebbero fatto impazzire.”

 Ashildr la stava ascoltando con attenzione, chiaramente in attesa di capire il nocciolo della questione. “Clara Oswald, la ragazza impossibile. Capisco perché ti chiamasse così” affermò la sua compagna, appoggiandosi alla consolle di comando del Diner.

Clara si concesse un sorriso. “È passato molto, molto tempo, da quando qualcuno si è rivolto a me così.”

“Scommetto che ti piaceva” intervenne Ashildr, con un’allegra risata.

“Oh, puoi scommetterci!” confermò lei, scuotendo la testa, ora più rilassata.

“Un lavoro a tempo pieno con il Dottore… esiste qualcuno più spericolato di lui nell’universo? Mille vite… e l’hai salvato ogni volta.”

Clara si morse il labbro inferiore. “Già… comunque non è bastato.”

Il silenzio che calò all’interno del Diner era palpabile come se fosse stato vivo.  Perfino il Tardis era di umore cupo, i suoni del motore stridenti.

 

 
 

Ashildr sospirò e si mosse in direzione di Clara. Aveva bisogno di conforto, quello era chiaro, ma non sapeva se dovesse essere lei a fornirlo. Avevano saputo della morte del Dodicesimo e appreso della sua nuova rigenerazione meno di ventiquattro ore prima e da allora Clara era stata più instabile di uno stabilizzatore quantico.

Era sul punto di chinarsi verso di lei nel tentativo di fornire un abbraccio consolatorio, ma Clara si mise in piedi, irrequieta come lo era stata poche volte negli ultimi cento anni che avevano viaggiato insieme.

“L’ironia dell’universo non smette mai di sorprendermi” affermò, scagliando una tazza di caffè verso le pareti del Diner. Il Tardis emise un ronzio di protesta a cui nessuno delle due badò più di tanto.

Ashildr aveva la sensazione che il discorso cominciato in precedenza e quello attuale fossero in qualche modo collegati, ma sapeva di dover fornire a Clara il tempo di cui aveva bisogno per metabolizzare gli eventi del destino.

“Stai affrontando il lutto in modo piuttosto anomalo” le fece notare, perché non poteva scordare il macabro brindisi che avevano fatto mentre assistevano all’estinzione di un’intera specie dalla superficie lunare.

“Ma io non sono in lutto!” esclamò Clara, gli occhi lucidi e l’acconciatura rovinata. “Lui non è morto, no? Con il Dottore è sempre una questione di semantica… Rigenerazione, è il termine più appropriato, o sbaglio?”

Erano arrivati alla fase della negazione, osservò  Ashildr, non particolarmente turbata dal tipo di sfogo che si sarebbe adattato meglio a una vedova.

“Se n’è andato… di nuovo, ma questa volta, lui… Un nuovo volto e non ricorderà nulla.” La voce di Clara era appena un sussurro, il viso chino in avanti in modo che i capelli le nascondessero il volto.

“Prima o poi sarebbe accaduto, lo sai bene quanto me” le fece notare Ashildr, con meno delicatezza di quanto avrebbe voluto.

“Fa così male” bisbigliò Clara, ignorando il commento. “Il mio cuore è morto da cento anni. Credi che un cuore morto possa comunque venire spezzato?”

Ashildr deglutì. Vedere la sua amica in quel modo non le piaceva affatto ed ebbe voglia di maledire il Dottore per l’influenza che aveva ancora su quella donna. Un secolo e la mente di Clara era perennemente votata ancora a lui, l’uomo che aveva salvato migliaia di volte.

“Sono diventata un fantasma, la compagna dimenticata. E, come dicevo, ironico…” Clara singhiozzò, ma mascherò il fatto accarezzando con devozione alcune manopole del Diner.

“Non ho mai ricordato molto dei miei echi prima, solo vaghi accenni di vita qua e là nei miei sogni. È stato il Dottore a impedirlo. Dopo Trenzalore la mia testa era una bomba a orologeria e così… li ha sigillati. Perché tanti ricordi e tante vite non potevano essere sopportate da una semplice mente umana.”

 Ashildr non conosceva quella parte della storia. Clara parlava raramente delle sue avventure con il Dottore perché il semplice menzionarle la faceva soffrire e lei non aveva mai fatto pressione. E in ogni caso, c’erano sempre nuovi mondi, nuove avventure, nuove persone da salvare senza preoccuparsi del passato.

Era un tacito accordo che avevano fatto l’una con l’altra: non avrebbero parlato del passato e si sarebbero lanciate con entusiasmo verso nuovi orizzonti. E quell’intesa aveva funzionato meravigliosamente bene per un secolo. Non ora, non con la caduta del Dodicesimo e tutto ciò che ne conseguiva.

Notò che Clara si era spostata verso la porta del Diner e davanti a lei c’erano stelle a perdita d’occhio.

“Cosa stai cercando di dirmi, Clara?” la chiamò, quasi a volerla ancorare nuovamente alla realtà.

La ragazza impossibile si portò l’indice alle tempia e la picchiettò con un triste sorriso incollato alle labbra. “Cento anni sono lunghi, soprattutto per chi un tempo è stato umano, vero Ashildr?”

Lei non poté far altro che annuire, le mani contratte in un gesto carico di frustrazione. “E cento anni per un cervello morto sono sufficienti per permetterti di ricordare mille echi di te stessa. Non c’è motivo di impazzire se il tuo corpo è bloccato a un secondo dalla morte. “

“Clara…” sussurrò, perché all’improvviso capiva. Capiva e aveva pietà della sua compagna. Dolore, il dolore doveva essere così insopportabile… “Perché non hai mai detto nulla?”

“E cosa?” fece lei, quasi sfrontata. “Avrei dovuto invitarti per un tea party e raccontarti che mentre salvavamo la regina Cleopatra in Egitto la mia mente riviveva il giorno in cui ho salvato il Dottore da una pattuglia di Dalek? O avresti preferito sentire di quando mi sono gettata tra le fiamme del pianeta Vega per impedire che un’incarnazione della Grande Intelligenza facesse esplodere il TARDIS?”

“Non avresti dovuto affrontare questo da sola!” gridò Ashildr, affrettandosi a raggiungerla. La strattonò per un braccio, obbligandola a voltarsi.

Il viso di Clara era rigato di lacrime e gli occhi, pieni di cose che non avrebbe dovuto conoscere, erano espressione di un dolore troppo forte per essere descritto a parole.

“Se tu me ne avessi parlato-“

“Non avrebbe fatto differenza” tagliò corto. “C’è un solo modo per liberarsi di questa sofferenza.”

 Ashildr lasciò andare la presa su di lei, ma continuò a fissarla. Clara si morse il labbro e per un istante, per un breve, minuscolo, istante ad Ashildr sembrò quasi che fosse viva, non bloccata in una non-morte perenne.

“Ah, capisco” commentò la ragazza vichinga, chinando a sua volta il volto. “Hai perso la speranza e così hai deciso.”

“Prima o poi sarebbe dovuto accadere, Ashildr” le disse Clara, con la voce più morbida e tranquilla.

Non così presto, avrebbe voluto urlare. Perché si era abituata alla costante presenza di Clara Oswald nella sua infinita esistenza e non desiderava che quelle avventure insieme a lei avessero fine. E se quello era un pensiero egoista poca le importava.

“Ogni cosa finisce.” 

E poi, all’improvviso, Clara ridacchiò. Era una risata spensierata, quasi divertita. I lineamenti del viso si distesero e ad Ashildr ricordò la ragazza che aveva incontrato per la prima volta nel suo villaggio, in un’altra vita.

“Ah, i finali… credo che sarò coraggiosa e leggerò l’ultima pagina di questa storia.”

“Clara, io-“ Ashildr si sentiva in colpa, incapace di esprimere quello che sentiva.

Ma Clara era improvvisamente tornata di buon umore, come se gli ultimi eventi della giornata non fossero mai avvenuti. “Devo organizzare ogni cosa. Non ci saranno feste o cose così” proseguì come se non l’avesse sentita. “Ma ci sono persone che voglio salutare. Un ultimo addio, un ultimo saluto e poi… poi sarò pronta.”

Ashildr chiuse gli occhi. Era così quindi, il tempo era giunto.

Clara alzò lo sguardo. “Guardami correre, Dottore.”

 

 

 

 


 

Note: è quindi eccoci. Clara non sembra aver preso bene la rigenerazione del Dodicesimo e il suo obiettivo ora è tornare a Gallifrey… Ashildr non condivide la sua idea, ma per ora sembra assecondarla.



 

   
 
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