Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Dama_del_Labirinto    01/12/2020    0 recensioni
Alessandro non ha mai dimenticato Lorenzo, il bambino che abitava nella casa accanto alla sua e che, dopo la morte della madre, si è dovuto trasferire a Milano. Sono passati sei anni dalla loro separazione e, quando Lorenzo, ormai sedicenne, ritorna a vivere nel quartiere, Alessandro vuole assolutamente vederlo per recuperare il tempo perduto.
Entrambi sono ormai adolescenti e la riscoperta reciproca porta a galla emozioni nuove e intense. Alessandro desidera essere un sostegno per Lorenzo, in quanto sospetta che l'altro ragazzo soffra ancora per delle ferite emotive mai rimarginate. Forse il suo sentimento d'amicizia è destinato a svilupparsi in qualcosa di più?
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Appostato alla finestra, Alessandro scrutava il camion dei traslochi parcheggiato di fronte al cancello della casa vicina alla sua. Due facchini robusti stavano portando gli scatoloni all’interno della monofamiliare per poi tornare indietro, sotto gli occhi intransigenti del proprietario, che si trovava appena fuori dalla porta di casa.

Egli conosceva l’uomo. Si trattava di Tiziano Orofi. Tiziano non era cambiato affatto dall’ultima volta che Alessandro lo aveva visto sei anni prima, sempre alto, biondo, dai modi di fare eleganti, vestito in modo impeccabile. Accanto a lui c’era un adolescente.

La porta della camera si aprì di scatto e la madre di Alessandro entrò.

«Ale, sei già andato a salutare Lorenzo?» esclamò la donna.

Il ragazzo scosse la testa.

«Che cosa aspetti? Non vi vedete dai sei anni. Non eravate amici per la pelle?»

Dopo che sua madre se ne fu andata, Alessandro si voltò di nuovo verso la finestra, sospirando.

Lorenzo era il figlio di Tiziano. Era passato molto tempo dall’ultima volta che lo aveva visto ed eccolo a pochi metri da lui, pronto a ritornare nella sua vecchia casa. Gli sembrava lo stesso biondino di una volta e contemporaneamente uno sconosciuto. Lorenzo aveva ormai sedici anni, mentre Alessandro ne aveva quindici. Lorenzo si era alzato in altezza, portava i capelli biondi lunghi fino alle spalle, dettaglio che non stonava in lui, avendo ereditato il portamento del padre. Alessandro dovette ammettere che i due cominciavano ad assomigliarsi molto, anche se i tratti del figlio erano meno severi. Non riusciva a staccare gli occhi da lui e vide il ragazzo alzare lo sguardo verso la sua finestra.

“Avrà pensato a me in questi anni di assenza come io ho pensato spesso a lui?” pensò. “Ma soprattutto, come starà?”

Capì che era giunto il momento di scoprirlo e scese le scale, dopodiché uscì dalla porta e si diresse verso l’altra casa.

«Manca uno scatolone e poi abbiamo finito» stava dicendo uno dei facchini.

Tiziano annuì.

Lorenzo fu il primo ad accorgersi di lui. «Alessandro?» esclamò.

«Ciao, Lorenzo» disse l’altro.

Ora che Alessandro lo vedeva da vicino, si rendeva conto che gli era difficile non mostrarsi commosso. Voleva abbracciarlo, ma si sentì improvvisamente impacciato.

Lorenzo gli strinse la mano. «È passato tanto tempo» disse con un sorriso timido.

«Già, è così…sono contento di rivederti» ammise Alessandro.

«Anche io, non puoi immaginare quanto.»

Tiziano si avvicinò a loro.

«Ciao, Alessandro» cominciò l’uomo, posandogli una mano sulla spalla affettuosamente. «Come sei cambiato! Sei un uomo, ormai!»

«Grazie. Il viaggio è stato faticoso?»

«Sono state tre ore lunghe, ma finalmente siamo a casa. Mi sentirò rilassato quando finalmente tutte le cose saranno al loro posto.»

«Posso aiutare in qualche modo?» domandò Alessandro.

Tiziano guardò Lorenzo, poi disse: «Se vuoi aiutare mio figlio a portare gli scatoloni nella sua vecchia camera, ci faresti un favore. È da tanto che non vi vedete, sarebbe bello se iniziaste a recuperare il tempo perduto. Su, andate.»

«Seguimi» disse Lorenzo.

Entrarono nell’ingresso e silenziosamente il ragazzo mostrò ad Alessandro i suoi scatoloni. Ne presero uno a testa e cominciarono a salire le scale.

La camera di Lorenzo era vuota, spoglia, impersonale. Alessandro la ricordava con le pareti dipinte di celeste, su cui erano attaccati i poster con i supereroi preferiti di entrambi. Ci aveva passato infiniti pomeriggi, fino all’età di nove anni, quando si erano dovuti separare.

«È strano entrare qui dentro» ammise Lorenzo. «Mio padre l’ha data in affitto a due famiglie dopo la nostra partenza. Qualcuno ha ridipinto le pareti di bianco. Non mi dispiace, credo che le terrò così come sono ora.»

«Come stai?» domandò Alessandro.

Lorenzo lo guardò in silenzio, poi sorrise.

«Sto bene. Sono contento di essere tornato. Dopo la morte di mia madre, io non volevo neanche andare via, ma sai, mio padre non ce la faceva a stare in questa casa, voleva prendersi una pausa da qui. Oggi, prima di incontrarti, avevo paura…siamo cresciuti insieme e pensavo ti fossi dimenticato di me.»

Alessandro trovò il coraggio di abbracciarlo.

«Mai. Eravamo migliori amici. Puoi contare su di me, Lo!»

«Grazie, Ale. Dobbiamo raccontarci tante cose, voglio sapere tutto quello che ti è successo. Ti ho riconosciuto a stento quando ti sei presentato. Sei cambiato molto, anche se i tuoi occhi verdi rimangono sempre gli stessi.»

Alessandro sorrise. Mentre i due portavano le varie scatole e chiacchieravano, egli fu sollevato dal fatto che non ci fosse più imbarazzo tra loro. Lorenzo gli raccontò della sua vita a Milano, città in cui aveva trascorso il periodo delle medie. Disse che non gli era piaciuto vivere in un appartamento, sebbene fosse lussuoso. Il padre era sempre occupato con il lavoro, così gli aveva comprato una gatta con cui passare il tempo.

«Ecco Petra!» esclamò Lorenzo nel soggiorno, dove il felino bianco e marrone scorrazzava, guardandosi intorno. La gatta gli si avvicinò e si mise a fare le fusa sotto il suo tocco.

Alessandro allungò la mano per accarezzarne il morbido pelo. «Dopo le vacanze estive dove andrai a scuola?» domandò all’amico.

«Voglio fare il liceo scientifico, perciò mi iscriverò al Leonardo da Vinci» rispose Lorenzo.

«Ci vado anche io. Saremo compagni di scuola!»

«Anche se in classi diverse.»

Alessandro guardò distrattamente dalla finestra e, intravedendo il suo stesso giardino confinante con la casa, disse: «La casa sull’albero in cui ci rintanavamo esiste ancora.»

Lorenzo rise.

«Sul serio? Spero non sia a pezzi.»

«Mio padre l’ha riparata l’anno scorso. Possiamo salirci, se vuoi.»

Dato che avevano finito, uscirono di casa e si diressero al grande appezzamento di terra pieno di alberi, proprietà dei genitori di Alessandro.

«Vedo la scala!» esclamò Lorenzo, muovendosi tanto svelto che l’altro dovette affrettare il passo per non restare troppo indietro.

«Vogliamo salire?»

Lorenzo non rispose, così Alessandro prese l’iniziativa, mettendo il primo piede sulla scala di corda.

«La scala è nuova e ci sono già salito altre volte con mio padre. Reggerà il nostro peso» lo rassicurò, così l’amico lo seguì.

Una volta che furono in alto, entrambi si accovacciarono sul pavimento di legno e guardarono insieme il panorama dal buco della casetta. Una lieve brezza scuoteva i capelli di Lorenzo.

«Da qui la vista è meravigliosa, si vedono tutta la strada…e i campi, guarda!» disse.

Alessandro rimase incantato nel vedere il profilo perfetto dell’altro bagnato dalla luce del tramonto. Aveva voluto molto bene a Lorenzo quando erano piccoli e aveva sofferto la sua mancanza quando se ne era andato, ma averlo di fronte così alto e snello, insomma cresciuto, era qualcosa a cui non era preparato. Il suo cuore cominciò a battere forte.

Restarono nella casetta per una mezz’ora, fino a quando la madre di Alessandro non comparve di sotto e li chiamò.

«È ora di cena, Ale.»

«Arriviamo, mamma.»

La donna rise. «Mi sembra di fare un tuffo nel passato» esclamò. Proprio in quel momento comparve Tiziano, che si mise al suo fianco.

«Lorenzo, puoi salire lassù ogni volta che vuoi, non devi chiedere» aggiunse la donna, una volta che i due ragazzi furono scesi.

Tiziano scosse la testa. «Laura, non sono più dei bambini» protestò.

«Non lo sono più di certo, ma proprio perché ora sono grandi avranno bisogno dei loro spazi. La mia è solo una proposta.»

«Grazie» disse Lorenzo.

 

Alessandro era contento della nuova routine che si era instaurata tra la sua famiglia e quella di Lorenzo. I suoi genitori invitarono Tiziano e il figlio a cena un giorno e, una volta che i due vicini ebbero finito di sistemare la casa, essi ricambiarono il favore.

Tutte le mattine, quando andava a prendere la posta, poteva vedere Lorenzo che correva per il vicinato con le cuffiette alle orecchie, e si salutavano.

“Potremmo fare qualcosa insieme…” pensò Alessandro. L’estate stava trascorrendo placida ed egli aveva una voglia matta di recuperare il tempo perduto con il vecchio amico.

Suonò alla sua porta prima di pranzo.

«Ciao, Ale» lo salutò Lorenzo sulla soglia.

«Ciao. Ti piacerebbe venire al cinema con me questo pomeriggio?»

«Va bene. A che ora ci vediamo?»

Alessandro ci pensò su, poi disse: «Suono al tuo campanello alle due e mezza, se ti va bene.»

Così, di primo pomeriggio uscirono in strada e presero il pullman per il centro. Seduti vicini, guardarono al telefono i vari film disponibili.

«Non so neanche che genere ti piaccia» esclamò Lorenzo.

Alessandro scrollò le spalle. «A me va bene qualsiasi cosa» disse. «Il cinema mi piace molto, guardo film di qualsiasi genere. Tu hai qualche preferenza per oggi?»

«Potremmo andare a vedere “La cavalcata dei morti”.»

L’altro sollevò un sopracciglio.

«Sei un amante degli horror?» domandò divertito.

Lorenzo annuì. «Sì, anche se poi non chiudo occhio tutta la notte dopo averli visti.»

«Non avvinghiarti a me se hai paura» esclamò Alessandro, beccandosi uno schiaffo su una spalla da parte dell’altro.

«Che idiota» protestò Lorenzo con un sorriso imbarazzato.

 

Arrivarono al cinema con largo anticipo rispetto alla proiezione del film e si sedettero nella fila centrale con soddisfazione.

«Il mese prossimo esce il seguito di “Berrò il tuo sangue”. Hai visto il primo?» domandò Alessandro.

Lorenzo annuì. «L’ho trovato davvero molto bello, ma ho paura per il prossimo film. Non avrebbero dovuto farne una saga.»

«Sono d’accordo, però hanno scelto un ottimo regista. Potremmo andarlo a vedere insieme.»

«Sarebbe fantastico!»

Dopo qualche minuto, la sala divenne piena, partì la pubblicità e poi cominciò finalmente il film, ambientato di notte e dalla tensione papabile fin dall’inizio.

Nel pieno dello svolgimento della storia, Alessandro fece vagare distrattamente il suo sguardo nella sala buia e si accorse che accanto a lui sedeva una coppia, una ragazza e un ragazzo più grandi di lui che si tenevano per mano. Poi guardò Lorenzo, dalla fronte corrugata e gli occhi pronti a chiudersi. Avrebbe voluto passargli un braccio sulle spalle.

“Ma cosa sto pensando?” si rimproverò, sorpreso da se stesso.

Sullo schermo, un gruppo di adolescenti era entrato nella vecchia casa abbandonata. Il ragazzo bello della compagnia era finito nell’antica camera da letto, dove si trovava una bara di legno chiusa. Le sue mani si stavano avvicinando al coperchio per levarlo. La colonna sonora si era quietata all’improvviso.

«Scappa, idiota…» sussurrò Lorenzo in un filo di voce.

La bara si fracassò in mille schegge ed emerse lo zombie di una vecchietta dalla testa ridotta a un teschio pieno di vermi. Tutti gli spettatori fecero un balzo e del ragazzo bello non rimase niente se non un tripudio di cervella maciullate. E da lì gli zombi comparvero ad uno ad uno e massacrarono tutti i ragazzi caduti nella trappola fino alla fine.

Durante i titoli di coda del film, quando si furono accese nuovamente le luci, Alessandro domandò all’amico: «Come ti è sembrato il film?»

Lorenzo rispose: «Scontato, ma abbastanza violento da divertirmi.»

Uscirono dalla fila insieme. Mentre si avvicinava all’uscita, Alessandro si accorse di un volto familiare e alzò una mano, gridando: «Franci!»

Un ragazzo dai capelli mossi si voltò verso di lui sorrise, non appena si accorse di lui. «Ale, anche tu qui! Pensa che non ti avevo proprio visto!» esclamò.

«Sono arrivato molto presto, la sala era vuota» spiegò Alessandro, poi si voltò verso Lorenzo e gli disse: «Lui è Francesco, un mio compagno di classe. Francesco, ti presento Lorenzo, mio vicino di casa e vecchio amico d’infanzia.»

I due si strinsero la mano.

«È un piacere conoscerti» disse Lorenzo. «Sono stato via sei anni e mi sono trasferito di nuovo a casa mia da poco.»

«Forte! Oggi sono venuto ad accompagnare Bruno, il mio fratello gemello, che guarderebbe gli horror più brutti. È in bagno. Non appena arriva, Lorenzo, ti presento anche lui. Se poi un giorno volete uscire con noi, ditelo. Ora che è estate dobbiamo approfittarne!»

«Molto volentieri» disse Lorenzo.

«A settembre Lorenzo si trasferirà nella nostra scuola» aggiunse Alessandro.

«Un motivo in più per passare del tempo assieme. Ecco mio fratello.»

Francesco presentò Lorenzo a Bruno e, con la promessa di rivedersi tutti un altro giorno, si salutarono. Alessandro e Lorenzo presero il pullman e tornarono a casa.

 

Dopo cena, Alessandro sorrise nel ripensare alla bella giornata trascorsa. Si trovava in camera sua a riordinare i suoi vecchi dvd, quando udì il campanello suonare al piano di sotto. Incuriosito, scese e vide che suo padre stava parlando con Lorenzo alla porta.

«Ale, ho bisogno di te» disse il ragazzo. Sembrava sconvolto, gli occhi erano arrossati.

Alessandro corse da lui e il padre li lascio soli.

«Petra non è più tornata a casa da questa mattina» disse Lorenzo. «Sono davvero preoccupato. È sempre stata abituata a vivere in appartamento…e se si fosse persa? E se una macchina l’avesse schiacciata?»

«Lo, calmati» disse Alessandro, prendendo subito la giacca. «Andiamo a cercarla insieme.»

Lorenzo annuì.

«Papà, io esco un attimo» gridò Alessandro per poi chiudere la porta.

I due amici si guardarono intorno nella strada illuminata debolmente dai lampioni. Alessandro prese il cellulare e accese la torcia.

«Avrei dovuto controllarla e invece…è tutta colpa mia. Non credo che la troveremo mai.» Lorenzo parlava velocemente.

«Sarà andata a cacciare in zona» disse invece Alessandro, poi strinse la spalla dell’amico. «Mettiamoci al lavoro. Io vado avanti e tu controlla la strada dall’altra parte.»

«Ti chiamo se la trovo» disse Lorenzo prima che si dividessero.

Di notte il quartiere residenziale era irriconoscibile. Da colorato e accogliente, sembrava invece disabitato. Ogni volta che passava accanto a una casa con le luci ancora accese, Alessandro sospirava di sollievo: il ricordo dell’horror che aveva visto con Lorenzo lo spingeva a guardarsi intorno circospetto.

“Non ho voluto dirlo a Lo, ma trovare un gatto smarrito è un’impresa titanica” pensò, eppure vedere l’amico tanto scosso lo aveva fatto scattare come una molla. Voleva restituirgli il sorriso ad ogni costo, così cominciò a guardare sotto ogni auto parcheggiata. Suonò alle case scusandosi per l’ora per chiedere se qualcuno avesse visto Petra, ma non ottenne risposta affermativa.

Giunto sul limitare del quartiere, egli stava per gettare la spugna, anche perché l’ora si era fatta decisamente tarda, ma proprio in quel momento udì un lieve miagolio e corse verso un gruppo di cespugli da cui gli sembrava provenisse il suono. Lì stava la gatta bianca e marrone, illesa. Non poteva che essere lei, il collare rosso non lasciava adito a dubbi.

«Dai, Petra, torniamo a casa» sussurrò.

Digitò il numero di Lorenzo, che rispose subito.

«L’ho trovata, ci vediamo a casa tua.»

«Ale, grazie!» esclamò Lorenzo, tanto forte che l’altro dovette allontanare il telefono per non assordarsi.

«Non c’è di che. A dopo!»

Alessandro prese Petra in braccio, con un sorriso si diresse verso la casa dell’amico, il quale, una volta che lo vide, gli corse incontro.

«Petra, ma dove eri finita?» disse Lorenzo, prendendo la gatta tra le sue braccia. Petra emise un miagolio di protesta, ma si lasciò comunque coccolare. «Ale, non so come avrei fatto senza di te.»

A quelle parole, Alessandro si sentì scaldare il cuore.

«Io…» proseguì Lorenzo, ma poi si fermò e sorrise soltanto. «Grazie ancora. Devo andare a casa. Un giorno mi sdebiterò.»

«Non ti devi sdebitare, mi ha fatto piacere aiutarti. Buonanotte.»

Di ritorno a casa, Alessandro si accorse che le luci erano spente, eccetto quelle della cucina. Là stava sua madre, seduta di fronte al tavolo con un bicchiere d’acqua in mano.

«Dov’eri finito?» esclamò la donna. «Tuo padre mi ha detto che eri uscito con Lorenzo e non tornavi più. Stavo per chiamarti.»

Il ragazzo si sedette al tavolo con lei e sospirò.

«Scusa se ti ho fatto preoccupare. Lorenzo aveva perso la gatta e siamo andati a cercarla.»

La madre fece un cenno di approvazione con la testa.

«L’avete trovata?»

«Sì, per fortuna. Ho come l’impressione che Lorenzo tenga tantissimo a lei, e non come semplice animale domestico. Mi ha detto che suo padre gliel’ha comprata quando si erano appena trasferiti. Lorenzo si è sentito solo dopo la morte di sua madre. Riguardo a sua madre…credo che stia ancora molto male. A volte ha una faccia davvero triste, anche se non ne parla. Vorrei essergli d’aiuto.»

La donna gli accarezzò i capelli.

«Si tratta di qualcosa che deve affrontare lui, ma credo che la tua vicinanza gli faccia molto piacere» disse la donna. «Siete nati in questo quartiere insieme, siete cresciuti sempre insieme, tanto che lo considero quasi mio figlio. La morte di Adriana è stata davvero dura da accettare anche per me. Ora che Tiziano e Lorenzo sono tornati a vivere qui, però, mi sembra che voi due siate ancora più uniti, ed è raro, considerati sei anni di lontananza. Sono contenta, davvero.»

Alessandro sorrise.

 

Vediamo un film a casa mia?

Alessandro guardò il messaggio appena inviato da Lorenzo e digitò subito la risposta.

A che ora devo venire?

Fra mezz’ora? Prendo giusto quel tempo per farmi la doccia.

D’accordo, ti suono più tardi.

Il ragazzo si vestì, uscì di casa e in due passi fu dall’amico. Suonò due, tre volte, poi udì dall’altra parte della porta la voce di Lorenzo.

«Ale, sei tu?»

«Sì, sono io. Perché?»

La porta si aprì ed emerse la testa del ragazzo, che gli fece un cenno.

«Sono appena uscito dalla doccia» spiegò Lorenzo ridendo. «Non posso aprire troppo la porta per non scandalizzare il vicinato.»

«E perché dovresti?» ribatté l’altro, scivolando dentro casa. La prima cosa su cui cadde l’occhio fu il petto nudo dell’altro. Era ancora umido e piccole gocce gli scivolavano fino all’asciugamano annodato alla vita. «Hai un bellissimo fisico.»

Vide l’amico arrossire.

“Ma che cazzo sto dicendo?” pensò Alessandro, distogliendo gli occhi.

«Andiamo» fece Lorenzo, avviandosi su per le scale. Non appena arrivarono nella sua camera, il ragazzo aprì l’armadio e tirò fuori un paio di mutande e la tuta. «Mi vesto in bagno, tu siediti pure sul letto e guarda se c’è qualcosa che ti interessa in streaming» avvisò sbrigativamente per poi scomparire.

Alessandro prese il telecomando e accese il televisore, ma, invece di focalizzarsi sulle immagini allo schermo, pensava ancora al corpo snello dell’altro. Quanto avrebbe voluto toccarlo nel momento in cui l’aveva scorto! Questo pensiero lo colse di sorpresa, scuotendolo.

«Eccomi!»

La voce di Lorenzo gli fece fare un balzo sul posto e l’amico rise a quella reazione, mentre scivolava accanto a lui.

«Allora, c’è qualcosa che ti ispira?»

Alessandro scosse la testa. Non aveva neanche controllato.

«Guardi le serie tv?» domandò Lorenzo, guardando sul catalogo che scorreva sullo schermo.

«Non molto, preferisco i film. Sono aperto a suggerimenti, comunque» ripose Alessandro.

Lorenzo sorrise.

«Ce n’è una che ti consiglio, ho guardato le prime quattro puntate. Si chiama “Sabbie mobili”. È di genere horror, con i vampiri e le mummie, ma ha anche molta ironia. Dura per tre stagioni.»

«Non sembra male. Di solito non mi piacciono le serie che vanno avanti all’infinito.»

«Nemmeno a me, anche se alla fine resto impigliato anche in quelle» ammise Lorenzo. «Possiamo anche guardarla insieme adesso, se ti va, oppure possiamo scorrere ancora il catalogo e guardarci un film come avevamo deciso prima.»

«No, va bene, guardiamola.»

Lorenzo schiacciò il tasto di riproduzione, poi prese il grande sacchetto dei popcorn, che condivisero. Di tanto in tanto Alessandro sentiva brividi sottopelle, e non a causa di quello che stava guardando. Si stava divertendo, commentava ciò accadeva nella puntata con Lorenzo e insieme scoppiavano spesso a ridere, ma quando doveva infilare la mano del sacchetto si sforzava di non toccare la mano di Lorenzo. A volte, quando giravano la testa all’unisono per guardarsi, Alessandro si rendeva conto di quanto fossero vicini e lontani al tempo stesso.

«Va tutto bene?» domandò a un tratto Lorenzo, alla fine della seconda puntata.

«Vado in bagno.»

«Ok, ti aspetto.»

Alessandro si alzò di scatto e uscì. Chiuso nel bagno, si passò dell’acqua fredda sul viso e si guardò allo specchio.

“Non è possibile che provi per lui qualcosa di più di un’amicizia” pensò.

Prese due respiri, poi uscì. Lorenzo era dove l’aveva lasciato, con la testa appoggiata alle ginocchia, poi lo sguardo di Alessandro cadde sulla scrivania, su dei pezzi di carta colorata coperti di svariati adesivi.

«Queste sono le lettere che ti avevo mandato anni fa, dopo la tua partenza!» esclamò, prendendone in mano una. Su tutte c’era la sua firma.

Lorenzo si alzò e si mise accanto a lui.

«Volevo mostrartele più tardi. Le ho tenute per tutti questi anni.»

Alessandro si sentì in imbarazzo nel leggerle. «Certo che i bambini delle elementari scrivono un mucchio di cazzate» commentò.

«Mi ha fatto molto piacere riceverle!» protestò Lorenzo.

Alessandro le ripose sulla scrivania. «Tuttavia, dopo qualche mese hai smesso di rispondere» egli notò.

«Scrivevi che ti divertivi» disse Lorenzo. «Faceva male sapere che stavi bene senza di me. Lo so, è un pensiero molto infantile. Con la distanza era inevitabile sentire che avevamo sempre meno cose in comune.»

«È strano, ma a me sembra che sia accaduto il contrario» ribatté Alessandro. «Mi sembra di essere molto più compatibile con te adesso. Non ti pare?»

Attese la risposta con esitazione, ma alla fine Lorenzo annuì. «Sì, ora sì. È raro…forse è un segno del destino.»

Lorenzo lo abbracciò, ma Alessandro si divincolò dopo poco.

«Lo…ora devo andare a casa» sussurrò.

«D’accordo» disse l’altro.

Alessandro sapeva di averlo deluso. «La prossima volta, se ti fa piacere, continuiamo la serie.»

«Molto volentieri. Buona serata, Ale.»

Alessandro si diresse verso casa sua con la mente confusa. “Lo amo, cazzo, e non me ne ero mai accorto” si disse. “E ora che faccio?”

Sapeva che non c’era risposta o spiegazione sensata che poteva soccorrerlo. Era successo e basta, e ora doveva farci i conti.

 

Erano passati cinque giorni dalla nuova consapevolezza che aveva colpito Alessandro. Più volte il ragazzo aveva visto Lorenzo uscire la mattina per andare a correre, ma non gli aveva scritto alcun messaggio, né lo aveva salutato. Invece preferiva trascorrere il tempo da solo, immerso nel bosco della proprietà dei suoi genitori.

Stava passeggiando proprio nel bosco, quando giunse alla vecchia casa sull’albero. Salito a metà della scaletta, si accorse che dentro c’era già qualcuno, così si affrettò. Non era preparato a quello che vide. Lorenzo stava piangendo rannicchiato su se stesso.

«Ale, ciao» balbettò Lorenzo, asciugandosi velocemente le lacrime.

«Ciao» ripeté Alessandro a bassa voce. «Non sapevo che ci fossi tu. Stai bene?»

L’amico non rispose.

«Certo, che domande stupide faccio. È ovvio che non stai bene» continuò Alessandro, sedendosi accanto a lui. «Se vuoi rimanere solo, me ne vado. Se invece hai bisogno di aiuto, io sono qui.»

Lorenzo annuì. «Grazie, mi fa piacere la tua compagnia. In questi giorni ho quasi pensato che mi evitassi.»

«Non potrei mai evitarti» disse Alessandro, anche se si rendeva conto che si trattava di una mezza bugia. Attese che l’altro gli raccontasse che cosa lo turbasse tanto.

«Mi manca ancora mia mamma» disse Lorenzo. «Io non ho mai superato la sua morte, questa è la verità. Mi ricordo ancora lei che mi diceva che prendeva la macchina per andare a fare la spesa, il volto di mio padre sconvolto quando abbiamo saputo dell’incidente che l’ha uccisa. È tutto impresso nella mia mente. A volte la sogno ancora.»

Alessandro gli passò un braccio intorno alle spalle.

«Ne hai parlato con tuo padre?»

Lorenzo scosse la testa energicamente. «Non potrei mai! Dopo la morte di mia madre, mio padre stava peggio di me. Durante il primo anniversario arrivava a fare delle allusioni al suicidio e avevo paura che, se gli avessi espresso la mia tristezza, sarebbe stato anche peggio e mi avrebbe abbandonato anche lui.»

«Questa situazione non va bene, Lo» esclamò Alessandro. «Non puoi caricarti il fardello di tuo padre, a maggior ragione se stai male anche tu. Hai bisogno di qualcuno che ti aiuti. Sei mai andato da uno psicoterapeuta? Hai mai parlato con qualcuno di come ti senti, a parte me?»

«La mia nonna paterna sa, ma non la vedo spesso» disse Lorenzo, appoggiando la testa sulla sua spalla.

«Promettimi che penserai se coinvolgere uno specialista e di fare qualcosa per questa situazione.»

Lorenzo sorrise debolmente: «Lo prometto. Grazie, Ale.»

Alessandro lo guardò, i loro volti erano più vicini che mai. Senza pensarci, lo baciò. Con sua sorpresa si accorse che Lorenzo sospirava a quel contatto, spingendosi contro di lui. Alessandro aprì la bocca per approfondire il bacio, ma a quel punto l’altro si scostò bruscamente, con gli occhi sgranati.

«Lo…io…» Alessandro non riuscì a concludere la frase, perché Lorenzo prese a scendere le scale tanto velocemente che, se non fosse stato agile com’era, sarebbe capitombolato giù. Alessandro lo seguì con lo sguardo per un pezzo, poi batté la testa all’indietro, contro la parete di legno, gemendo per la frustrazione.

 

Quella stessa sera la madre di Alessandro si accorse che egli era distratto e si sedette sul divano accanto a lui, per domandare: «Che cos’hai?»

Alessandro la guardò.

«Niente.»

«Sei sicuro? Perché a me non sembra niente.»

In quel momento il campanello suonò e Alessandro si sentì sollevato, ma poi vide che alla porta c’era Lorenzo e la sua agitazione aumentò.

«Ale, è venuto a trovarti Lorenzo!» esclamò la donna, facendo entrare il ragazzo in casa.

«Possiamo parlare fuori…se vuoi» disse Lorenzo, tenendo la testa bassa.

«Ti va di salire in camera mia?» disse Alessandro.

Lorenzo annuì, e lentamente salirono al secondo piano. Non dissero nulla fino a quando Alessandro non chiuse la porta.

«Lo, io…»

«Perché mi hai baciato?» lo interruppe Lorenzo a bassa voce.

«Non lo so. E tu perché mi hai ricambiato?» Lorenzo stette in silenzio, costringendo Alessandro a esporsi: «Ho agito d’impulso. Ho pensato che tu avessi bisogno di vicinanza in quel momento.»

«Quindi è stato solo per questo. Provavi pena per me.»

«No, non è così, Lo» gridò Alessandro. «D’accordo è complicato, ma se continuo a parlare, finirò per combinare un casino tra noi ed è l’ultima cosa che voglio!»

«Tu provi qualcosa per me?» domando Lorenzo.

Alessandro rimase zitto.

«Perché io credo di sì. Provo qualcosa di molto più forte per te di una semplice amicizia. Non sei l’unico che ha paura di esporsi in questa situazione» continuò Lorenzo.

«Sul serio?»

Lorenzo annuì. «Ora vado via» aggiunse debolmente, ma, prima che potesse girarsi, l’altro lo prese per il polso e lo baciò di nuovo. Questa volta entrambi furono travolti dalla passione e si avvinghiarono, approfondendo il contatto delle loro bocche e trovandosi senza fiato.

Non appena si staccarono, Alessandro sorrise.

«Tu mi piaci. Non mi è mai capitato di provare un sentimento simile.»

«Vale lo stesso per me! In realtà è strano, ma credo di essere sempre stato innamorato di te, sin da bambino» disse Lorenzo

Alessandro inarcò un sopracciglio. «Che cosa facciamo ora?» domandò.

«Ci vediamo domani?»

Il ragazzo annuì. «Vediamoci alla casa sull’albero dopo pranzo. Ti scrivo.»

 

Quando Alessandro salì nella piccola costruzione di legno, Lorenzo non era ancora arrivato. Il ragazzo si sentiva ancora agitato per quello che era accaduto tra loro, tanto che ci aveva pensato tutta la notte. Non appena però vide arrivare Lorenzo, tutte le sue paure scomparvero.

«Come stai?» gli domandò.

«Sto bene» disse Lorenzo.

«Rispetto all’ultima volta che eravamo qui…» tentò di dire Alessandro.

«Mi è passata. Ogni tanto mi sento triste, ma ora c’è solo una cosa che vorrei fare» sussurrò l’altro, per poi avvicinarsi.

Si baciarono a lungo, protetti dalle quattro mura di quel rifugio costruito per loro. Alessandro esplorò con le dita il viso di Lorenzo, il suo collo, le sue spalle, il busto, contento che l’altro sospirasse al suo tocco. Lo invitava a continuare.

Quando Alessandro sentì che le sensazioni si facevano troppo intense, si separò da lui.

«Tu come stai?» domandò Lorenzo.

«Anche fin troppo bene ora» ripose Alessandro.

Risero insieme

«Cosa siamo noi adesso?» domandò Alessandro.

«Quello che vuoi tu. Io vorrei che stessimo insieme.»

Alessandro sorrise.

«Anch’io, ma come facciamo con i nostri genitori?»

Lorenzo stette in silenzio per un po’, poi disse: «Non so come potrebbe reagire mio padre. Forse non è necessario che lo sappiano subito.»

Alessandro annuì. «Sarebbe meglio se restasse un segreto tra noi per il momento.»

Lorenzo gli si avvicinò per baciarlo ancora.

 

Da quel giorno furono più uniti che mai. Continuarono a guardare la loro serie insieme, mangiando patatine e tenendosi per mano. Di tanto in tanto si scambiavano un bacio con la porta chiusa alle loro spalle.

Poi c’erano le capatine alla casa sull’albero.

«Sono contenta che tuo padre l’abbia riparata» disse la madre di Alessandro un giorno, dopo che il figlio l’aveva avvertita detto che stava andando lì. «A te e a Lorenzo piace andarci.»

Alessandro annuì e sorrise.

«Guarda quanto sorridi! Sorridi spesso ultimamente» continuò la donna, e gli spettinò i capelli affettuosamente.

«E allora?» sbottò il ragazzo.

La madre rise.

«Niente. Se ti è accaduto qualcosa per cui sei felice, sono felice anche io.»

E lo lasciò andare.

Mentre si baciava con Lorenzo al riparo nel loro nascondiglio, il ragazzo pensò alle parole di sua madre. Si sentiva felice, sì, ma anche molto vulnerabile e timoroso, perché il sentimento che provava lo metteva di fronte a dei desideri che non sapeva come gestire.

«Ti amo» sussurrò sulle labbra di Lorenzo.

Lorenzo tremò alle sue parole. «Anche io ti amo» disse. «Sei bellissimo.»

«Non rubarmi le battute» disse Alessandro, imbarazzato, mentre Lorenzo gli baciava il collo. «Lo, se continui così, io…»

Lorenzo portò lentamente la mano verso la cerniera dei pantaloni di Alessandro.

«Posso toccarti?» domandò.

Alessandro lo fissò titubante, poi annuì.

 

«Ale, finalmente sei arrivato!» esclamò Lorenzo nel vedere il fidanzato entrare in casa. Chiuse rapidamente la porta principale.

«Dov’è tuo padre?» domandò Alessandro.

«Non ci dobbiamo preoccupare, è fuori per lavoro fino a domani» gli sussurrò Lorenzo, poi lo prese per mano e si mise a correre su per le scale.

Giunsero in camera e si sedettero sul letto per baciarsi. Faceva caldo nella stanza a causa della stagione estiva, e Alessandro sapeva che la temperatura sarebbe aumentata costantemente nei loro corpi a mano a mano che si toccavano e sfregavano l’uno contro l’altro. Si tolse la maglietta, lasciando che Lorenzo potesse ammirarlo, poi prese i lembi della maglietta dell’altro e gliela sfilò via.

Era la prima volta che potevano guardarsi senza vestiti. Nella casa sull’albero avevano iniziato ad avere contatti intimi, ma sbrigativi, dato che era uno spazio piccolo e scomodo. Sul un letto era un’altra cosa. Entrambi avevano desiderato quell’occasione da molto tempo.

Alessandro fece sdraiare Lorenzo e gli si mise sopra, baciandogli il collo e il petto, lasciandosi guidare dai suoi gemiti e dalle sue mani. Gli slacciò i pantaloni.

«Fin dove vogliamo spingerci?» disse Lorenzo, già col fiatone.

«Non lo so» rispose Alessandro. «Fin dove vuoi tu. Io non ho alcuna esperienza.»

«Nemmeno io.»

Alessandro sorrise.

«Boh, vediamo cosa ci piace.»

Lorenzo annuì e si lasciò togliere i pantaloni. Gemette quando l’altro prese a toccargli il basso ventre e cominciò a inarcarsi per essere stimolato ancora.

«Voglio toccarti anche io» disse poi, ma, prima che potesse spogliare anche l’altro, Alessandro fece aderire ancora di più i loro corpi e riprese a baciarlo. Lorenzo lo accolse tra le proprie gambe e lo strinse a sé. Stavano annegando in un mare di piacere, un piacere in grado di attutire il rumore di passi che proveniva dall’esterno della camera.

I due ragazzi non ebbero il tempo di staccarsi: era troppo tardi. La porta si aprì di scatto.

«Lorenzo, sono tornato prima-»

Era Tiziano. Il figlio lo fissò, scosso, con le braccia ancora intorno al collo di Alessandro, i loro copri aderenti e semisvestiti, mentre il padre impallidiva, immobile come una statua.

«Papà, io…»

Lorenzo non ebbe il tempo di aggiungere altro che l’uomo avanzò verso di loro a grandi passi e con un violento colpo di mano li separò.

«Che cosa significa?» tuonò Tiziano, facendoli entrambi trasalire. «No, non lo voglio sapere. Alessandro, torna a casa tua, non voglio più vederti intorno a mio figlio.»

Alessandro guardò Lorenzo, poi raccattò velocemente la sua maglietta. Prima che potesse alzarsi, Lorenzo lo afferrò per il polso, tenendolo con sé.

«Papà, ti prego, cerca di capire» supplicò, beccandosi un ceffone da parte del padre.

«Ora basta. Alessandro, vattene! E noi due, Lorenzo, dobbiamo fare un discorsetto. Se avessi saputo come sarebbe finita, non sarei mai tornato qui!»

Alessandro corse giù per le scale con il cuore in gola. Si fiondò fuori dalla porta e poi guardò la casa di Lorenzo. Non aveva mai visto Tiziano così arrabbiato e, se ci pensava, gli venivano i brividi. Temette per Lorenzo. Tornò a casa senza salutare sua madre e si chiuse in camera saltando la cena.

 

Era tarda notte. Alessandro era sdraiato sul letto, incapace di prendere sonno, quando udì prima un fruscio alla finestra, poi una serie di colpi ritmici, come se qualcuno stesse bussando.

“Sarà la mia immaginazione” pensò, asciugandosi gli occhi arrossati per le lacrime di rabbia, ma, dato che il suono continuava, decise di alzarsi.

«Lorenzo, che cosa ci fai qui?» esclamò, non appena vide il fidanzato appeso alla parete di casa e con un borsone in spalla. Aprì subito la finestra per farlo entrare.

«Mi sono arrampicato…ho rischiato di cadere due volte, sarei morto, forse, ma non importa, forse sarebbe stato meglio…volevo vederti, volevo tanto vederti» disse Lorenzo.

Alessandro capì la metà del suo eloquio sconnesso. Lo fece sedere sul letto e gli mise le mani sulle spalle, guardandolo bene in volto.

«Tuo padre non ti ha fatto del male, vero? Altrimenti, vado lì e…»

Lorenzo lo baciò. Aveva il viso segnato dalla stanchezza e dalla tristezza come il suo, ma si sforzava di sorridere.

«No, lascialo stare. Dopo la scenata di oggi, non lo voglio vedere mai più. Si era dimenticato di dirmi che la sua uscita fuori città era stata posticipata, per questo motivo ci ha sorpresi insieme. Non credevo si arrabbiasse così tanto! Dopo che te ne sei andato, mi ha detto che ho tradito la sua fiducia, che non devo mai nascondergli niente. Dio, non lo sopporto più» si sfogò Lorenzo, scuotendo la testa. «Io gli sto sempre appresso, gli ho sempre offerto una spalla su cui piangere quando era depresso per la morte di mia madre e ora mi fa questo. È uno stronzo, un ingrato di merda!»

«Che cosa vuoi fare ora?»

«Io me ne vado.»

«Cosa, scusa?» domandò Alessandro, esterrefatto.

«Me ne vado. Ho rubato i suoi soldi, voglio stare il più lontano possibile da qui per un periodo» disse Lorenzo. «Parto stanotte.»

«Lo, mi sembra una cazzata.»

«Non mi interessa, ho già deciso. Vorresti venire via con me?»

Si guardarono intensamente.

«D’accordo. Andiamo via, facciamo questa cazzata» si decise Alessandro. Non aveva intenzione di lasciare da solo Lorenzo in un momento così delicato. «C’è solo un problema…non ho abbastanza soldi e non voglio rubarli ai miei.»

«Quelli che ho basteranno per tutti e due» spiegò Lorenzo, sorridente.

«Aspetta allora che metto il necessario dentro uno zaino.»

Alessandro prese lo spazzolino, il dentifricio, tre cambi di vestiti, il pigiama e i soldi che possedeva.

Su un biglietto scrisse: Mamma, papà, vado via per un periodo con Lorenzo. Stiamo insieme e Lorenzo ha litigato con suo padre per questo motivo. Voglio stargli vicino. Spero che mi perdonerete.

Posato il pezzo di carta sulla scrivania, rivolse uno sguardo deciso a Lorenzo. «Fammi strada giù per la finestra» disse.

Si lasciarono scivolare giù uno dopo l’altro e corsero via mano nella mano. La notte sembrò loro lunga ed eccitante mentre si avviavano a passo svelto fuori dalla strada del quartiere.

«Sei stanco? Vuoi che ci fermiamo?» domandò dopo qualche ora Alessandro, vedendo che l’altro faceva fatica a stare in piedi. Avevano camminato per tutto quel tempo. «C’è un parco da queste parti. Potremmo scavalcare il cancello e riposare al suo interno.»

Dormirono male su una panchina del parco, ma nel loro sangue rombava ancora un senso di libertà che mai avevano conosciuto.

La mattina seguente i due mangiarono un pacco di biscotti che Lorenzo aveva preso dalla dispensa di casa sua. Egli propose: «Prendiamo un treno fino alla costa.»

«Vedremo il mare» disse Alessandro, sentendosi molto esaltato.

«E alloggeremo in una tenda sulla spiaggia fino a quando non saremo stufi.»

«Non vedo l’ora.»

«E ci saranno i bagni a mezzanotte» aggiunse Lorenzo sorridendo.

Alessandro rise, ma allo stesso tempo pensava a come avrebbero reagito i suoi genitori nel leggere il biglietto che aveva lasciato. Entrambi i ragazzi avevano deciso di bloccare i numeri dei loro genitori, in modo da risultare irraggiungibili. Lorenzo sembrava davvero felice e Alessandro non voleva lasciarlo solo, inoltre non aveva mai fatto una vacanza al mare.

In una tabaccheria i due comprarono un biglietto dell’autobus a testa, con il quale avrebbero potuto raggiungere la stazione. Proprio mentre uscivano dal negozietto, un’auto grigia si accostò al marciapiede. Alessandro si sentì gelare. Suo padre era alla guida, mentre sua madre uscì dall’auto, correndo verso di loro.

«Ale, finalmente ti abbiamo trovato! Tuo padre e io abbiamo perlustrato tutta la città da stamattina» disse la donna. I due ragazzi fecero un passo indietro. «Su, ragazzi, torniamo a casa.»

Ale rivolse prima uno sguardo alla madre, dal volto visibilmente preoccupato e severo, poi si spostò su Lorenzo, in preda al terrore.

«Mamma…il padre di Lo sa?»

«Certo che sa, ed è molto scosso. Non so dove volevate andare voi due, ma la vostra gita termina qui.»

Non poterono far altro che seguirla fino all’auto e mettersi nei sedili posteriori.

«Andrà tutto bene» sussurrò Alessandro a Lorenzo, stringendogli la mano. L’altro annuì, anche se particolarmente convinto.

Nessuno parlò per metà del viaggio, un silenzio pesante aleggiava all’interno dell’auto.

«Siete arrabbiati?» domandò infine Alessandro.

«Certo che siamo arrabbiati!» sbottò suo padre. «Eravamo spaventati, temevamo che vi fosse accaduto qualcosa di brutto.»

«Questa mattina presto Tiziano è venuto a suonarci alla porta» disse la madre di Alessandro. «Ha detto che tu, Lorenzo, non eri più nella tua stanza e voleva sapere se eri venuto a stare da noi nel pieno della notte. Siamo saliti in camera di Ale e abbiamo trovato il biglietto. Così Tiziano ci ha raccontato quello che è accaduto ieri. Per quello però noi non siamo arrabbiati.»

«Non vi dà fastidio…che ci frequentiamo?» domandò Alessandro.

«No, certo che no!»

«Mio padre invece la pensa diversamente» disse Lorenzo. «Mi dispiace aver coinvolto Alessandro e avervi fatto preoccupare, è tutta colpa mia, ma non voglio tornare a casa e vedere mio padre arrabbiato. Mi ha colpito in faccia.»

«Lorenzo, tuo padre ha esagerato e se ne è reso conto» continuò la donna. «È molto dispiaciuto per come si è comportato, soprattutto quando ha visto che sei scappato di casa. Credo che sia importante che parliate insieme. Ha detto che accetta la vostra relazione.»

«Se lo desideri, possiamo essere presenti quando lo vedrai» aggiunse il padre di Alessandro.

«D’accordo, grazie» rispose Lorenzo.

L’auto giunse nella loro strada. Tiziano stava seduto sulla panchina del suo giardino. Non appena si accorse dell’auto, si alzò in piedi e prese a correre fuori dal cancello.

«Li avete trovati, grazie al cielo!» disse senza fiato.

Lorenzo rivolse un’occhiata stizzita a suo padre, così come Alessandro si sentì improvvisamente in imbarazzo: il ricordo del giorno precedente aleggiava ancora tra loro.

Tiziano cominciò: «Lorenzo, se avessi saputo che avresti reagito in questo modo, non ti avrei mai urlato contro, io…»

«Ah, e se invece fossi rimasto a casa, allora sarebbe andato tutto bene?» sbottò il ragazzo.

L’uomo scosse la testa.

«No. Mi vergogno della mia reazione, non volevo capire. Mi sono fatto prendere dall’impulso e ho detto delle cose che non pensavo.» Poi guardò Alessandro. «Alessandro, ti devo delle scuse, spero che mi perdonerai per il mio comportamento.»

«E io spero che voi due possiate chiarire» disse soltanto Alessandro.

Lorenzo sospirò. «Va bene, papà, andiamo a casa. Da tanto tempo non parliamo davvero. Io non ti parlo mai di quello che provo e forse è giunto il momento di recuperare il tempo perduto.»

«Hai ragione.»

Alessandro li vide andare via e sorrise. Più tardi inviò un messaggio a Lorenzo.

Voglio solo sapere se stai bene. Hai parlato con tuo padre? Ti amo.

Poco dopo il suo telefono prese a squillare. Era Lorenzo a chiamare.

«Ciao, Ale, ho ricevuto il tuo messaggio» gli disse il fidanzato. «Qua va tutto bene, ci siamo chiesti scusa reciprocamente e abbiamo chiarito. Ti andrebbe di vederci nel bosco per parlare più tardi? Voglio stare un po’ da solo con te.»

«Certamente, dimmi solo a che ora.»

Insieme si inoltrarono nella fitta vegetazione. Alessandro fu contento di trovare Lorenzo più sollevato, che sorrideva tra sé.

«A casa io e mio padre abbiamo parlato a lungo» gli raccontò Lorenzo. «Mi ha detto che non si aspettava che noi due stessimo insieme e che, quando ci ha scoperti, si è spaventato. Era un aspetto di me che non conosceva e non sapeva come gestirlo. Noi due siamo sempre stati insieme dopo la morte di mia madre e abbiamo sempre saputo tutto l’uno dell’altro. Si è sentito sgretolare la terra sotto i piedi nel non sentirsi parte di un aspetto così importante della mia vita.»

«Non tollera che tu cresca allora» notò Alessandro.

Lorenzo annuì. «Io sono sempre stato il suo sostegno. Quando l’ha capito, mi ha chiesto scusa per tutti questi anni, per il fatto che l’ho dovuto consolare per qualcosa che faceva soffrire anche me. Forse ieri non sopportava l’idea che io avessi trovato qualcuno che amavo mentre lui non riesce ad andare avanti, non saprei. Ha detto che andrà in terapia per superare definitivamente la morte di mia madre e anche io ci voglio andare. Vorrei avere qualcuno con cui parlarne.»

Alessandro lo abbracciò.

«Tu sei una persona splendida e meriti di essere felice.»

«Grazie.»

Si baciarono a lungo. Quando si separarono, Alessandro disse: «Però un giorno vorrei davvero fare una gita al mare con te. Dopo che avrò scontato la punizione.»

«Mi dispiace che i tuoi genitori ti abbiano messo in punizione per colpa mia» disse Lorenzo.

«Ma va’. Volevo starti vicino e l’ho fatto. Allora, ci stai?»

Lorenzo rise. «Certo. Abbiamo tutto il tempo del mondo per rifarci.»

 

Nota dell'autrice: Ho scritto questa storia un anno fa e ho pensato che fosse ora di pubblicarla. Devo ammettere di avere un debole per gli amici d'infanzia che si mettono insieme! Grazie per aver letto!!

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Dama_del_Labirinto