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Autore: Fandoms_Are_Life    01/12/2020    3 recensioni
«Qui è la segreteria telefonica di Morgana Le Fay. Lasciate un messaggio dopo il bip.»
[Arthur/Morgana] [Arthur!centric] [Modern!AU] [Introspettivo]
[Partecipa alla challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morgana, Principe Artù | Coppie: Morgana/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
- Questa storia fa parte della serie 'His Lady, Her Champion {ArMor collection}'
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~ But I’m At One With The Silence

 

i. Things you said when you were scared

 

Qui è la segreteria telefonica di Morgana Le Fay. Lasciate un messaggio dopo il bip.
Arthur inspirò profondamente. – Morgana, dove cazzo sei? – disse non appena sentì lo squillo, dopodiché chiuse la chiamata.
Appoggiò la schiena contro il muro della sua stanza, abbassando le palpebre.
Inspira. Espira. Inspira. Espira.
Aprì gli occhi, fissando vacuo la parete di fronte. Era di un giallo sbiadito, quasi evanescente. Gli sembrò di sentire la voce di Morgana mentre gli proponeva di ridipingerla – “Il blu è un bel colore”, diceva sempre, e poi sorrideva, e Arthur rimaneva imbambolato a fissarla fino a quando non era lei stessa a riscuoterlo.
Il giovane si passò una mano sul volto sudato e guardò il display del cellulare. Erano le tre e diciassette. Gli veniva da vomitare.
Compose di nuovo il numero di Morgana. Tre squilli, poi di nuovo la segreteria.
– Morgana, per favore, torna a casa. Mi dispiace, okay? Non avrei mai dovuto dirti quelle cose. Torna qui e ne parliamo, ti prego.
Arthur chiuse nuovamente la chiamata e si prese la testa fra le mani. Inspira. Espira. Inspira. Espira.
Si alzò e cominciò a camminare nervosamente su e giù per la stanza. Guardò fuori dalla finestra, sperando di scorgere la familiare chioma corvina incamminarsi verso il condominio, ma la strada era deserta.
Appoggiò la fronte contro il vetro, temendo di scoppiare da un momento all’altro, dopodiché corse in cucina a farsi un bicchiere d’acqua. Le mani gli tremavano, rischiando di fargli versare il liquido a terra, e sentiva di essere vicino a perdere il controllo. Disperato, tornò nella sua stanza, afferrò il telefono e compose nuovamente lo stesso numero.
– Morgana, non so dove sei! Sono preoccupato da morire, mi capisci? Ti prego, torna qui. Non conosci nessuno a Exeter e non hai preso niente con te. Per favore, mi dispiace. – Arthur finì per non capire più cosa stesse dicendo. – Ho perso la testa, non ho capito più niente quando me l’hai detto. Perdonami, vieni qui e parliamone. Ho reagito male, lo so, ma appena ho visto il test mi è mancata l’aria. Non avrei dovuto gridare né accusarti di nulla, non so cosa mi è preso. Ci ho pensato, credimi, e mi sono reso conto che non potrei desiderare di più. Per favore, mi sono lasciato prendere dal terrore! – Prese fiato, tremante, e si accorse di star piangendo. – Oh, Dio, Morgana, sono terrorizzato! Ho paura che ti accada qualcosa. Che vi accada qualcosa! Ti prego, torna a casa. Mi sono fatto il giro della città e non ti ho trovato. Dimmi dove sei, per favore! Ho bisogno di sentire la tua voce, ho bisogno di sapere se stai bene. Capisco la tua rabbia, capisco di averti fatto soffrire e non me lo perdonerò mai, ma ti scongiuro, dimmi dove sei! Torna da me!
Ormai Arthur singhiozzava quando si decise a chiudere la chiamata. Si accasciò sul letto, con la testa tra le mani e il cellulare abbandonato sul cuscino. Era scosso da tremiti e faticava a respirare. Non si era mai sentito così male: aveva paura che le fosse successo qualcosa, e sarebbe stata solo colpa sua. Non poteva perderla, non dopo tutto quello che avevano passato insieme!
Si stese continuando a fissare il display, desiderando stupidamente di avere il potere di farlo illuminare e veder scritto il nome di Morgana su di esso. Fu così che si addormentò, senza neanche accorgersene, con il respiro affannato e le lacrime che gli rigavano le guance.
Fu svegliato dalla suoneria del suo cellulare, diverse ore dopo. La luce dell’alba faceva appena capolino dalla finestra, ma impiegò meno di un secondo a ridestarsi di colpo. Afferrò il telefono e lesse il numero sul display: non lo conosceva. Con un groppo in gola si accinse a rispondere, artigliando le coperte. – Pronto?
Dall’altro capo, sentì una voce femminile dal familiare accento irlandese, solo più stanca e spossata del solito. – Arthur?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:
Salve a tutti! Non bazzico su questo fandom da un po’, nonostante Merlin sia una delle mie serie preferite, e tornare con questa breve OS di cui non sono neanche pienamente soddisfatta mi fa un po’ storcere il naso, ma avevo bisogno di buttare giù qualcosa per superare il blocco. Per fortuna ho trovato la bellissima challenge di Juriaka sul forum di EFP e ho deciso di iscrivermi (tra l’altro sono emozionata: è la mia prima challenge! *^*).
Ho lasciato volutamente un finale vago e aperto e ho deciso di focalizzare la storia solo su ciò che provava Arthur, cercando di evocare un po’ la situazione che l’aveva preceduta per mezzo del suo discorso. Spero che vi sia piaciuta e, se siete riusciti ad arrivare fin qui, mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate. <3
Baci da Fandoms_Are_Life.

   
 
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