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Autore: Vincentpoe    01/12/2020    1 recensioni
Dopo essere stato liberato dalla maledizione di Gaunter O'Dimm da parte di Geralt, Olgierd Von Everec decide di iniziare un cammino di espiazione per purificare la sua anima nera e poter rimediare agli errori del passato. Comincia così un pellegrinaggio nel mondo, dove il nobile atamano si troverà faccia faccia con mostri che farebbero impallidire un witcher, nella speranza di poter un giorno sconfiggere il padre di tutti i mali: l'uomo di vetro.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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C’era stata per tutta la notte una forte tempesta, ma ciò non aveva fermato Olgier, che continuò a cavalcare per miglia fino a giungere alla sua vecchia magione. Al mattino, Olgierd smontò dal suo cavallo, per avviarsi a piedi su per il sentiero nei boschi. Una volta nei pressi di quest’ultima il cielo, che era diventato sereno all’alba, si ricoprì di nubi, che cancellarono qualsiasi sfumatura di colore dagli alberi; Olgierd poteva sentire il rumore di centinaia di ragni famelici zampettare nascosti nella vegetazione, ed erano i soli esseri viventi in quella zona. Nonostante la maledizione fosse stata spezzata da Geralt, la magia di Gaunter O’dimm impregnava ancora quei luoghi. Olgierd entrò nel cortile principale, dove trovo le salme di diversi sfortunati che avevano provato ad entrare negli anni e, sul vialetto, il corpo deforme del Custode, con in mano la sua vanga arrugginita. Più avanti nel giardino interno vicino alle rose, Olgierd trovò il sepolcro di Iris, con poggiato sopra il suo quaderno dei ritratti. Il redaniano cadde sulle proprie ginocchia e, per la prima volta dopo anni, si abbandono al pianto.

-è tutta colpa mia…- singhiozzò Olgierd stringendo i pugni e affondandogli nella ghiaia. Restò lì per ore, abbandonandosi ad una cieca disperazione, che la maledizione per anni gli aveva negato. Sfogò la sua rabbia battendo i pugni sul terreno, fino a sbucciarsi le nocche, la grandine flagellava il suo corpo, ma non gli importava; aveva ucciso la sua amata e niente su quella terra, o in qualsiasi altro mondo, avrebbe mai potuto riportarla indietro. Passò un tempo indefinito, quando tutto ad un tratto qualcosa lo destò: era come un brivido dietro la schiena, una specie di sensazione, che lo avvisava che qualcosa non andava, che non era solo lì. Si voltò verso la fontana e cautamente gli si avvicinò, guardò il suo riflesso sul pelo dell’acqua, e inorridì quando per un secondo gli parve di scorgere il suo volto scavato, con la pelle raggrinzita, la pelle bianca e le orbite vuote, e dietro a lui il demonio che aveva contribuito a rovinargli la vita: GaunterO O’dimm lo fissava con i suoi occhietti maligni ed il suo sorriso beffardo. Olgierd sfogò la sua rabbia colpendo con violenza la superficie dell’acqua, che si increspò e gorgogliò, per poi acquietarsi di nuovo, e tutto ciò che Olgierd vide dopo era solamente il suo riflesso. Indietreggiò e cerco di riprendere il controllo.

Nonostante Geralt lo avesse liberato dalla maledizione, Gaunter O’dimm era interessato ancora ad Olgierd, e il redaniano sapeva che lo avrebbe perseguitato fino in capo al mondo. D’un tratto capì cosa fare: aveva passato la sua esistenza a vivere come se non ci fosse un domani, aveva venduto la sua anima al demonio e gli era stata concessa una seconda possibilità dal witcher, e non l’avrebbe sprecata. Entrò in casa, e raccolse tutto ciò che potesse essere di valore. Prese ciò che era rimasto dell’argenteria di famiglia, i gioielli, tutto l’oro che era sopravvissuto alle sue disgrazie o che non avesse scialacquato, passo dalla dispensa e prese qualsiasi cibo che non si fosse guastato, e tirò un sospiro di sollievo quando trovò un otre di ottimo brandy nifgardiano; Carico tutti i suoi averi sul suo cavallo, e quando si accorse che era troppo per la bestia, Olgierd corse giù fino alla prima fattoria che vide, diede alcuni pezzi di argenteria ad un contadino stupefatto per la generosità, per poi tornare e redistribuire i pesi. Stava finalmente per abbandonare quel luogo di tristezza e morte, quando si fermo all’uscio titubante, per poi ripensarci e tornare in casa, nel suo studio, e si diresse verso la libreria, dove spostò il libro di poesie preferito suo e di Iris, e che rivelò un passaggio segreto dietro gli scaffali. Lì si trovava uno scaffale nascosto, dove era appesa la prima sciabola oferiana che Olgierd uso durante il suo servizio militare: un arma da ufficiale, fatta di puro acciaio con alcuni innesti di meteorite che Olgierd aveva fatto mettere tempo addietro. Non sarebbe servita contro un demone, ma di certo poteva tornare utile con altri tipi di mostri, al contrario poteva tornare utile l’antico libro che si trovava sotto, rilegato in pelle nera, con le pagine così antiche che si sarebbero potute sgretolare mentre si giravano, era scritto in una lingua antica, che Olgierd era riuscito solo in parte a tradurre, e trattava della gerarchia dei demoni, di come si facessero la guerra tra di loro e dei terribili incantesimi che usavano per farsi la guerra, o per combattere creature ben più antiche nei meandri dell’universo. Insieme al libro prese ancora un sacchetto in cui si trovavano diverse manciate di polvere di dimeritium; insieme al suo cuore di pietra infatti, Olgierd aveva perso anche gran parte dei suoi poteri su cui aveva per lungo tempo contato, e ciò lo avrebbe reso molto più debole nel combattimento, e per questo avrebbe avuto bisogno di qualche trucchetto per sopravvivere.

Prese queste ultime cose, Olgierd lasciò casa, non prima di aver chiesto perdono alla tomba del fratello Vlodimir, morto per colpa sua: come primo sacrificio per i suoi desideri infatti, Il signore degli specchi aveva chiesto ad Olgierd di sacrificare un’anima tra quella del fratello e quella di Iris, e Olgierd scelse quella del fratello, che morì in un combattimento proprio il giorno successivo. Nonostante avesse raccontato a tutti, e a se stesso, di come fosse stata una morte da eroe, Olgierd non si sarebbe mai perdonato neanche quella scelta, che gravava sulla sua anima nera come un macigno.

Dopo quest’ultimo saluto, Olgierd partì verso l’accampamento della compagnia libera dei redaniani, meglio conosciuti come i“selvatici”.

Durante il tragitto, il Redaniano elargì denaro a qualunque mendicante sembrasse averne bisogno: lascio una manciata di monete d'oro ad un cieco, un candelabro in argento ad una giovane contadina in gravidanza; sembrava preso da una febbre di altruismo, come se volesse ripulirsi di tutto il male che aveva fatto; incrociò perfino un Nekker sul ciglio del sentiero e,prima che questi potesse attaccarlo, li lancio un cosciotto di maiale, e il piccolo mostro lo afferrò e guardò Olgierd, sembrava chiaramente stupito dal gesto altruista dell'uomo. In breve tempo arrivò all'accampamento; i suoi uomini, come sempre, si stavano abbandonando ad una baldoria sfrenata, con fiumi di vino e piacevoli compagnie,ma tutti alzarono lo sguardo quando il loro comandante arrivò a cavallo.

-dove sei stato tutto questo tempo?- domando Adela, che sistemava il corsetto e allontanava le due cortigiane con il quale si stava intrattenendo.

-avevo alcuni... affari, da sistemare- rispose Olgierd. E ho avuto modo di pensare al futuro della nostra compagnia- continuò, scendendo da cavallo. -E il suo futuro è... niente, in questo momento io sciolgo la compagnia libera della Redania- esclamò ad alta voce-.

Sentendo ciò si scatenò il caos più totale: c'è chi diceva che Olgierd fosse impazzito, chi sospettava che li avesse venduti alle guardie di Oxenfurt, chi credeva che avesse trovato un enorme tesoro e che non volesse condividerlo con loro. Olgierd li zittì tutti quando vuotò i sacchi e fece cadere montagne di oro e argento.

-tenete, come ultimo pagamento. Sono quasi diecimila oren, tra gioielli, monete e argenteria. Spendeteli comprando una casa, mettendo su una famiglia, vivendo onestamente. Fate quello che io non ho mai voluto fare. Non si può sempre vivere in uno stato selvaggio, dove tutto è lecito. Fate la cosa giusta, e vivete una vita onesta-.

I selvatici erano sbigottiti dal discorso di Olgierd, tanto che si dimenticarono di stare davanti ad una montagna di monete d'oro.

-cosa vorrebbe dire? Ti sei forse rammollito?- sbraito Ungus, il suo secondo. Per un attimo il furore attraversò il corpo di Olgierd, e stava per sguainare la spada, per fare rimangiare questa insubordinazione al suo sottoposto, ma poi passò, si ricordò che non era più quell'uomo.

-sono solo stanco di vivere come se non ci fosse un domani, stanco di causare sofferenza alla gente, stanco di tutti questi piaceri che fanno ottenebrare la mente. Voglio vivere ciò che rimane della mia esistenza cercando la redenzione, cercando di fare la cosa giusta per gli altri, per cancellare, almeno in parte. Le mie colpe. I Selvaggi ammutolirono per la seconda volta, e semplicemente accettarono la cosa; forse le parole di Olgierd avevano toccato qualcosa nel loro arido cuore. Si divisero il bottino, smantellarono l'accampamento e si divisero. Olgierd sperava che da quel giorno avrebbero preso una strada retta, ma sapeva che la peculiarità migliore, e anche peggiore dell'essere umano è proprio il suo libero arbitrio, che alle volte lo porta a compiere atti di grande bontà, e spesso fa fare cose orribili alle persone.

Decise di incamminarsi verso est. Cavalcò per giorni attraverso le montagne dell'Olfier, vivendo di caccia, e aiutando quando poteva le genti delle fattorie più sperdute. La notte faticava a dormire, ogni volta che chiudeva gli occhi aveva incubi: ricordava la sua amata Iris, e spesso il signore degli Specchi era protagonista dei suoi incubi. La maggior parte del tempo lo passava a studiare i suoi tomi, o ad allenarsi con la sciabola.

Una notte stava cavalcando lungo le rive de fiume, quando in lontananza vide del fumo, troppo denso e scuro per somigliare al fuoco dell'accampamento. Olgierd era stato protagonista di molte razzie, e sapeva che un fuoco come quello non portava mai nulla i buono. Si precipitò verso la direzione dell'incendio, per trovarsi di fronte ad una fattoria in fiamme; smontò da cavallo e corse verso le fiamme, e si ritrovò davanti i corpi martoriati di un uomo e una donna, e dietro di loro troneggiava una figura famigliare.

-Ungus- urlò Olgierd.

L'atamano si girò, teneva una ragazza stretta per i capelli, e sorrise con un ghigno crudele verso il suo vecchio Comandante.

-Ma guarda chi c'è? Pensavo che a quest'ora ti fossi già trovato una piccola capanna, con qualche puttana con cui giocare a fare il contadino- ringhio Ungus.

Olgierd si fece avanti e sguainò la sciabola. - Lascia andare quella ragazza, è un ordine-.

-tu “ordini”?- rise Ungus. - mi sembrava avessi detto che potevamo vivere le nostre vite come meglio credevamo. Ebbene è proprio quello che sto facendo-. Buttò la ragazza a terra, sfilò una balestra dal cinturone e sparò ad Olgierd, che prontamente devio il dardo con la spada. - Mi ero accorto che c'era qualcosa che non andava, quando ti sei presentato all'accampamento, qualcosa in te era cambiato, e solo dopo me ne accorsi. Non hai più la tua aria di superiorità, la tua sicurezza di non poter morire, perché hai perso i tuoi poteri, Adesso sei solo un mortale, proprio come me, anzi, forse anche meno-. E per un secondo gli occhi di Ungus diventarono gialli, come quelli di un animale. Parti all attacco di Olgierd, con sciabola e ascia alle mani. La superiorità d Olgierd nella spada era maggiore, ma Ungus era dotato di una forza che non aveva mai dimostrato fino ad allora, e combatteva con una ferocia pari a quella di un animale; come qualcosa era cambiata in Olgierd, qualcosa era cambiata in Ungus. Il nobile redaniano sapeva che la forza bruta del suo vecchio compagno avrebbe avuto la meglio, e giocò d'astuzia:, si avvicinò a dei sacchi di farina, li lacerò e ne versò il contenuto sul volto del Selvaggio, che, accecato, abbasso la guardia, e con una mossa fulminea Olgierd li lacerò la gola con una spada. Ungus cadde a terra, in unapozza di sangue, e Olgierd stava per rinfoderare la spada, quando vide lo squarcio sulla gola del Brigante richiudersi, e i gorgoglii di morte lasciare il posto ad una diabolica risata. La luna fece capolino dalle nubi, illuminando i due combattenti e la casa in fiamme, e Ungus si rimise in piedi, i suoi occhi erano gialli, sul suo corpo stava crescendo il pelo, e sulle sue dita stavano spuntando degli artigli; in un attimo il suo volte assunse la forma di un mostruoso lupo.

-E' accaduto poco dopo che ci siamo separati- ringhio. - avevo assaltato la casa di un eremita, e pensavo di averlo ucciso, quando mi saltò alle spalle mordendomi sul collo. Gli ho dovuto aprire la testa come un melone. All'inizio stavo male, la luce mi dava fastidio, riuscivo a mangiare solamente carne cruda, e alla prima luna piena capì che mi era stato elargito un dono da quello schifoso straccione. Questa è la mia vera natura, lo è sempre stata. IO SONO IL SELVAGGIO!- e balzò addosso ad Olgierd, che per fortuna lo evito.

Il nobile atamano si trovava in difficoltà. Le energie lo stavano abbandonando mentre quelle di Ungus si erano quadruplicate, con un 'artigliata lascio un solco cremisi sul braccio di Olgierd, e con una zampata lo scaravento sulla staccionata; Olgierd rimase senza fiato ,e sputò sangue. Doveva inventarsi in fretta qualcosa. Sapeva che i lupi mannari detestavano l'argento, e nella sua tasca restavano pochi grammi di polvere d'argento, ma non abbastanza da impensierilo in quel momento; Ungus stava per piombare su di lui quando alla fine li torno in mente: la luce!. Olgierd distese le mani verso il mostro, in modo che le dita formassero un triangolo, entrò in meditazione, e in un attimo che parve un secolo riuscì ad attingere alla sua energia magica residua. - swiàtlo slozecne- e dalle sue mani un lampo di luce illuminò la notte e accecò il licantropo, che iniziò a dare colpi alla cieca. Olgierd scattò e lo colpì con due fendenti al torace, respingendolo, lanciò sulle ferite del mostro la polvere d'argento e queste iniziarono a fumare. Dopo un altro dendente al volto, Olgierd colpì con un calciò Ungus, facendolo cadere sull'edificio in fiamme, e con due rapidi colpi spacco i pali che tenevano a stento il soppalco in fiamme e questo crollò sul licantropo, che venne sepolto dalle rovine incendiate. Olgierd sapeva che non era finita e raccolse il barile di olio di balena, che i contadini usavano per le torce, e quando il licantropo emerse con il pelo in fiamme, lo glielo rovesciò sopra, trasformando il mostro in una fiaccola ululante. La bestia menava fendenti alla cieca, in preda al dolore, e Olgierd lanciò il barile sul mostro, che esplose, squarciando Ungus in due. Il corpo carbonizzato del licantropo cadde a terra, in preda a degli spasmi, per poi cessare completamente di muoversi. Olgierd si rialzo e andò dal vecchio compagno caduto, e li affondo la sciabola fin dentro la gola, per sicurezza; anche se di Ungus non resta che una pira carbonizzata vagamente umanoide. Dopo aver fatto una catasta di legna dove aveva dato fuoco ai contadini uccisi, accompagnò la fanciulla sopravvissuta da degli zii che avevano una fattoria poco lontano, Essi erano disperati, ma felici che almeno la ragazza fosse sana e salva, e invitarono Olgierd a fermarsi, per la notte, ma egli rifiutò, come rifiutò anche il denaro che i contadini volevano elargirgli. Si incamminò con una grande tristezza nel cuore, perché il massacro perpetrato quella notte era colpa sua. Continuò a cavalcare verso Est, in silenzio, pensando che non servisse una maledizione per trasformare un uomo in un mostro, ma che quel mostro esiste ed esisterà sempre nell'anima degli individui. Mentre cavalcava, era sicuro di sentire la risata del signore degli specchi nel vento.

 

   
 
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