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Autore: myloveiskind    01/12/2020    1 recensioni
Kageyama e Hinata litigano spesso. Litigano per le piccole cose quotidiane perché il loro quotidiano è composto da loro due, insieme. A volte però il re pecca di egoismo altre volte l’esca pecca di avidità e quando questi difetti opposti ma non così tanto opposti si scontrano causano litigi che possono sia dividere sia unire.
Dal testo:
«Hinata, voglio…posso fare qualcosa di avido anch’io?»
«Sì, ma solo se io posso fare qualcosa di egoista.»
Storia ambientata dopo il litigio (seconda stagione, episodio cinque) e il successivo campo d’allenamento.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Yachi Hitoka
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non erano mai stati tanto vicini e tanto lontani allo stesso tempo aveva pensato Hinata quel primo mattino in caffetteria. Fino ad allora era stato tutto così normale, tutto così naturale che non si erano mai fatti tante domande su cosa fossero, amici, rivali, erano loro ed andava bene così ma ad ogni secondo che passava, Hinata non poteva che farsi la fatidica domanda: a lui manco come a me manca lui?

Non era un semplice ignorarsi vicendevole. Se fosse stato così sarebbe stato più facile per entrambi evitare di guardarsi ma nell'aria che li avvolgeva non c'era solo la testardaggine dell'uno e l'orgoglio dell'altro, era più un'aria elettrizzata che non aspettava che il momento giusto per scaricarsi. Era successo già un paio di volte, Hinata che lo guardava per poi distogliere lo sguardo e sentirsi il suo di sguardo addosso. In ogni caso aveva preso la sua decisione, che fosse cambiato lui o che fossero cambiati insieme non avrebbe indietreggiato, non nella pallavolo almeno.

Alla fine per quanto avessero cercato di evitarsi erano finiti a passare quella prima notte a pochi centimetri di distanza. Era successo quasi per caso con i Senpai che fin troppo rumorosi avevano preso posto vicino all'unica finestra da cui passava un po' d'aria declamando che i primini essendo primini sarebbero stati vicino alla porta da cui passava solo la corrente calda dei corridoi. Hinata aveva disteso il suo futon quasi in contemporanea con quello di Kageyama e quando si erano accorti della troppa vicinanza avevano messo tra di loro una breve distanza che per quanto breve era necessaria per ribadire quanto fermi erano rimasti sulle loro idee.

Alla prima partita però, Hinata si ricredette. Erano nel mezzo dell'ultimo set, Hinata aveva saltato applicando gli insegnamenti del vecchio Ukai per schiacciare sulla loro veloce. L'alzata però non era arrivata come al solito, non aveva nemmeno sfiorato la sua mano che era caduta a breve distanza da lui. d Hinata bastò quello per capire che c'era qualcosa di diverso in Kageyama. Era atterrato sul pavimento della palestra e come una calamita e il suo magnete i loro sguardi si erano incontrati dopo tanto tempo. Assomigliava alla sensazione della loro prima veloce ma era ancora lontana dalla connessione che avevano in campo e che fino al litigio avevano avuto. Era durato poco più di un secondo che Hinata si era girato dall'altra parte con un sorriso soddisfatto nascondendolo a Kageyama. Fossero state diverse le cose, probabilmente Hinata gli avrebbe detto qualcosa come "Uno a zero Bakageyama" ma con la tensione come velo fra loro il suo sorriso di soddisfazione guardando ovunque tranne che lui bastava e avanzava.

Stare dentro al campo era difficile ma mai tanto complicato quanto quella distanza ravvicinata di quando ne erano fuori. Hinata poi lo evitava con più sforzi di quanto non facesse Kageyama. Voleva del tempo per pensare sui suoi sentimenti ma la verità era che se pensava che si sarebbero affievoliti si sbagliava di grosso.

«Vi state evitando.» constatò Kenma il loro primo minuto libero dagli allenamenti.

Hinata lo guardò sorpreso. Da quando lo aveva incontrato, aveva sempre pensato che Kenma fosse più il tipo che capiva le cose ma che poi se le teneva per sé perché pensava che i problemi altrui erano problemi altrui e che lui non si doveva intromettere, di sicuro non si aspettava quella affermazione diretta.

«Mh mh, eravamo in disaccordo sulla veloce ma credo che alla fine abbia ceduto e deciso di assecondarmi. Il re egoista non è poi così egoista.» Hinata rise. Alla fine l'aveva spuntata lui: sarebbero avanzati insieme. Sorrise al solo pensiero.

«Re egoista?»

Hinata annuì.

«È il soprannome che gli hanno dato alle medie per il suo brutto carattere ma tu non chiamarlo così altrimenti si arrabbia.»

Kenma rimase in silenzio per qualche secondo. «Beh immagino che era impossibile che rimanesse con le mani in mano, soprattutto con uno come te in squadra.»

«Ma no, cosa dici...» gongolò al complimento senza nemmeno sforzarsi di nascondere l'evidente soddisfazione che quella frase gli aveva dato.

«Se lui è egoista tu probabilmente sei troppo avido.» se ne uscì infine Kenma guardandolo di sottecchi. Hinata dovette fare un'espressione costernata dalla sorpresa perché Kenma non gli staccò gli occhi di dosso quasi sembrava gli volesse rivelare il segreto dell'universo.

«Shouyo a volte sei così insaziabile che ti trascini dietro tutti quanti, quell'alzatore di certo non poteva rimanerne fuori.»

«Ah, Sugawara-san ha detto qualcosa del genere.» commentò ripensando a quello che gli aveva detto un paio di giorni prima l'alzatore: che agiva sempre senza preoccuparsi dei problemi che poteva causare.

Poi ripensò al termine che aveva usato Kenma: "avido". Non ne conosceva alla perfezione il significato, non era mai stato bravo in letteratura giapponese, ma era sicuro che potesse riferirsi alla fame che aveva in campo e che era perfettamente conscio di avere. Eppure per quanto conscio fosse della sua continua fame non aveva idea di come si riflettesse al di fuori di sé stesso.

«Nella pallavolo di certo non sei altruista.»

Hinata lo guardò mentre si spostava i capelli dietro all'orecchio. Aveva abbassato il game-boy da un pezzo e adesso la schermata si era annerita.

Avido nella pallavolo lo era sempre stato, quello non era una reale novità. Voleva migliorare, probabilmente quello era il desiderio che più bruciava per essere realizzato nel suo stomaco. Hinata sperava solo di non essere troppo avido in amore. Quando si era accorto di essersi innamorato di Kageyama aveva provato a tutti i costi di proteggere lui e la sua pallavolo dai suoi sentimenti, come se l'amore fosse davvero una semplice freccia scoccata da cupido la cui ferita seppur evidente poteva essere coperta con un cerotto. Si era convinto di aver sepolto quella fame da qualche parte dentro di lui ma se davvero aveva coinvolto Kageyama nella pallavolo doveva stare attento a non travolgerlo anche con i suoi stupidi sentimenti.

Kenma lo guardò da sotto le ciglia.

«Mi piace.» ammise dopo un po'. Era la seconda volta che lo ammetteva così apertamente a qualcuno. Si sentì stupido e al contempo sollevato, davvero non aveva altri modi per affrontare quel tipo di cose da solo. Non era mai stato bravo ad imbottigliare i suoi sentimenti, anzi non lo aveva mai fatto e confidarli a qualcuno era stata la soluzione più immediata che aveva trovato, come quando il bicchiere stava per traboccare e allora si trasferiva parte dell'acqua in un altro contenitore.

Il volto di Kenma si dischiuse sorpreso. Hinata ponderò la sua reazione e quando comprese che non c'erano ulteriori sentimenti dietro alla sua espressione lasciò fluire le parole.

«È come lo descrivono nei manga, quando senti tutte quelle cose nella pancia. Kageyama mi piace davvero tanto.» le gote gli si arrossarono.

«Ah, adesso capisco.» Hinata lo guardò interrogativo.

Kenma fece un piccolo sorriso malizioso. «Parli davvero tanto di lui.»

Hinata arrossì. Non se ne rendeva davvero conto, per lui stare con Kageyama era naturale come respirare e parlare di lui o con lui qualcosa di abitudinario come mangiare o giocare a pallavolo. Ora capiva quanto era cotto di Kageyama, con tutto quello stare con lui o parlare di lui era solo naturale che si fosse preso una bella sbandata.

«Glielo vuoi dire?»

Hinata a quella domanda entrò in crisi. «No! Voglio dire, no. Ti immagini come sarebbe giocare a pallavolo insieme se lui mi dovesse rifiutare?»

«Imbarazzante.»

«Esatto imbarazzante.»

«E poi anche se mi dovesse ricambiare potremmo avere problemi quando giochiamo, praticamente saremmo un problema per tutti.»

«Mi basta essergli amico.» concluse più o meno convinto ma era chiaro dall'espressione di Kenma che non lo sembrava per nulla.

Hinata affondò la testa tra le ginocchia i suoi pensieri giravano in tondo, non c'erano vie di uscita.

Kenma lo osservò. «Hai intenzione di smettere di giocare a pallavolo?»

«No!»

«Smetterà di piacerti?»

«No.» si rese conto solo dopo aver risposto di averci messo meno di qualche secondo a rispondere a quella domanda.

Kenma alzò le sopracciglia per non dar voce ad un "visto" che anche se non era stato formulato Hinata aveva sentito forte e chiaro. Non avrebbe rinunciato a nessuno delle due cose perché nascondere non era rinunciare.

Kenma scosse la testa. Era chiaro che stesse pensando a qualcosa ma non diede voce ai suoi pensieri e Hinata decise di non chiedergli niente non era sicuro di poter accettare qualsiasi cosa gli avrebbe detto.

«Andiamo a cena?» cambiò totalmente discorso. Forse se avesse smesso di parlarne per abbastanza tempo avrebbe dimenticato i suoi sentimenti per qualche istante. Hinata si scrollò i pantaloni prima di alzarsi ed offrire una mano a Kenma. Quando Kenma l'afferrò per tirarsi in piedi, come richiamato dal suo nome, rimasto implicito per quasi tutta la conversazione, Kageyama fece la sua comparsa da dietro la colonna e Hinata quasi non si scontrò contro la sua spalla. Kageyama grugnì quella che doveva essere una scusa prima di sorpassarlo a grande velocità e andare verso la palestra.

Poco più che un incrocio di sguardi, una parola mezza biascicata e il cuore di Hinata aveva preso a battere forte nel petto. No, Hinata non sarebbe mai stato in grado di proteggere per sempre nessuno ammise a sé stesso e a Kenma quando i loro sguardi si scontrarono complici.

***

Kageyama era frustrato. Aveva sfogato parte di quella frustrazione con il servizio al salto ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare ogni volta che saltava erano quelle mani unite.

All'immagine che era stata in grado di sbloccare un ricordo a cui fino ad allora non aveva dato peso: lui ed Hinata in autobus, l'uno accanto all'altro, spalla contro spalla, Kageyama troppo stanco persino per dormire che aveva semplicemente chiuso gli occhi per rilassarsi e Hinata che gli era crollato sulla spalla. All'inizio non ci aveva fatto caso era una cosa normale, una cosa loro poi però aveva sentito le dita di Hinata raggiungere le sue. Era un tocco leggero, non era come tenersi le mani, non era come intrecciare le dita con quelle di qualcun altro eppure era la cosa più intima che Kageyama avesse mai avuto con qualcuno. Non era stato che un breve contatto eppure era come se la sua memoria tattile fosse rivenuta a galla all'improvviso a ricordargli che anche quei sentimenti esistevano.

E si sentiva legittimato a dire che li odiava per essere rivenuti a galla proprio in quell'occasione, intrappolandolo in quella doppia dimensione. Lo strano sentimento che aveva bruciato nella pancia quando aveva visto le mani di Hinata intrecciate a quelle di qualcun altro e la memoria di quel ricordo a cui non aveva mai dato peso ma che adesso sembrava aver preso una nuova importanza nella sua testa.

Oikawa aveva ragione, doveva risolvere i suoi stupidi dissidi interiori o non sarebbe mai riuscito in quelle alzate.

"Ti stai comportando proprio da re egoista" "Non mi dire che non hai ancora capito, se qui c'è un idiota quello sei tu."

Tutto d'un tratto era diventato la voce della sua coscienza e Kageyama odiava particolarmente quella vocina soprattutto quando gli ribadivano le parole che aveva già ascoltato da un pezzo e a cui stava cercando ancora una spiegazione logica.

Alla fine aveva ripreso l'allenamento con le nuove alzate. S'impegnava come sempre, per le persone era un talento naturale ma la verità era che s'impegnava come chiunque altro. Probabilmente Kageyama riprese le alzate con uno spirito diverso perché se prima faticava per la difficoltà adesso c'era qualcos'altro che lo bloccava.

«Kageyama-kun vuoi fare una pausa?»

Yachi si fermò al centro della palestra, il cesto dei palloni vuoti.

Kageyama annuì e si sedette sulla panchina prima di raggiungere la borraccia. Aveva bisogno di prendere una pausa dai suoi pensieri. Quel circolo continuo non faceva altro che ripetersi in loop nella sua testa, soprattutto quando ci si metteva anche la voce di Oikawa.

«Puoi andare se vuoi, è tardi.» propose a Yachi. Ancora non capiva cosa la spingesse a stare fino a quell'ora ad aiutarlo, se fosse stato con Hinata lo avrebbe capito, per quanto odiasse ammetterlo sarebbe stato capace di convincere chiunque ad assecondarlo ma lui di certo non faceva lo stesso effetto alle persone.

«No, va bene così alla fine siamo venuti qui per questo.» Kageyama sollevò lo sguardo su di lei e dovette fare una faccia strana perché la vide chiaramente arrossire ed evitare il suo sguardo per piegarsi a raccogliere i palloni.

«Credo di essere bloccato.»

Non si rese nemmeno conto di averlo ammesso ad alta voce e quando ne divenne consapevole arrossì violentemente per l'uscita inaspettata.

Kageyama non era un tipo loquace. Non era neanche il tipo che si confidava con chi che sia, anzi non era uno che si confidava e basta, ma in un momento stagnante come quello probabilmente era andato alla ricerca di un consiglio che nemmeno sapeva di volere.

Ovviamente colse di sorpresa anche Yachi perché ci mise un paio di secondi per rispondergli.

«Bloccato? È perché non ti alleni con Hinata? Voglio dire di solito vi spronate sempre a vicenda quindi magari ti manca ed è per quello che sei bloccato.»

Il rossore sul suo viso crebbe di colpo.

«Que-quell'idiota non mi manca affatto! Non ho bisogno che lui mi sproni per dare il meglio di me.»

«No, no hai ragione.» Yachi cercò di portare via il velo pesante d'imbarazzo che era caduto fra di loro.

Kageyama sospirò. Il suo cuore per qualche motivo batteva più forte nella cassa toracica a pensare ad Hinata. Imbronciato si allungò sulla panchina coprendosi gli occhi con lo asciugamano stava per dire qualcosa di cui non voleva pentirsi ma non aveva voglia di farsi vedere in faccia quando lo avrebbe fatto. Non pretendeva davvero qualche consiglio da Yachi ma il suo cuore non era una scatola chiusa a cui poteva semplicemente togliere il coperchio senza svuotarla.

«Io... speravo che Hinata mi capisse, per questo non l'ho mai considerato solo un compagno di squadra, ma anche un a-amico, il...primo.» lo disse così piano, con il rossore che ormai raggiungeva le orecchie che il cuore minacciava di uscire dal suo petto. Inciampò sulla parola amico come se la pronunciasse per la prima volta ma la verità era che probabilmente era la prima volta che considerava qualcuno in quel modo. Dopo essere stato solo per tanto tempo Hinata infatti era stato un fulmine a ciel sereno che gli aveva riempito le giornate e pensava davvero di aver trovato una persona che la comprendesse solo che adesso che non parlavano e che l'unica soluzione per riparare quella crepa era la loro veloce aveva davvero bisogno di sbloccare quella stretta allo stomaco.

Anche se non poteva vederlo dato che cercava di nascondere il suo imbarazzo dietro ad un asciugamano bagnato, il volto di Yachi si aprì sorpreso per l'ennesima volta. «Credo che Hinata mi abbia detto qualcosa di simile dopo il litigio.»

«Davvero?»

Kageyama si tolse di fretta l'asciugamano dagli occhi per qualche strano motivo il suo cuore prese a battere più veloce nel petto. Yachi annuì in piena riflessione, alla fine batté le mani come se d'improvviso avesse afferrato il ricordo che stava cercando.

«Ha detto qualcosa come "Per me Kageyama non è solo un amico ma un par-t-ner"» la sua voce si affievolì quando si rese conto che forse rivelargli quel tipo cose non fosse giusto ma alla fine era troppo tardi per ritirare qualsiasi cosa.

Kageyama non aveva idea di come quelle parole riuscirono a risollevarlo. O probabilmente ne aveva una vaga idea ma era troppo per il suo orgoglio ammetterlo a sé stesso quindi spinse la vocina della coscienza che aveva assunto la stessa voce di Oikawa per spingerla giù e mutarla finché non sarebbe stato in grado di accettare la spiegazione che già sapeva di avere. Accolse solo lo sciogliersi della stretta allo stomaco e la sollevazione momentanea che quelle parole gli avevano dato.

«Kageyama-kun?»

«Riprendiamo?»

N.D.A.

Bentornati in questo nuovo capitolo, a quanto pare tra i tanti doni di cui kamisama mi ha dotato non c'è sicuramente quello della decisione dato che ho riscritto questo capitolo almeno una decina di volte prima di esserne soddisfatta cosa che comunque non ne sono pienamente. In realtà è un capitolo abbastanza di passaggio ma fondamentale per quello che verrà dopo, il prossimo sarà molto più movimentato e inizieranno ad arrivare al pettine i nodi più importanti della storia.

Come sempre mi piace avere un riscontro quindi se volete lasciare un commento sentitevi liberi di farlo. Alla prossima settimana!

- Jo

   
 
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