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Autore: MackenziePhoenix94    02/12/2020    0 recensioni
Seguito di: "The Dark Side Of The Moon"
“Vuoi aggrapparti a me?”
“Cosa?”
“Aggrappati a me” ripeté lui, questa volta sottoforma di ordine malcelato; Ginger aveva sempre odiato quel tono di comando che il giovane uomo usava spesso quando parlava, ma a Jen provocò l’effetto opposto e la spinse ad obbedire, benché sentisse improvvisamente le guance calde, in netto contrasto con l’acqua fredda che ancora non era stata scaldata dai raggi del sole: gli passò le braccia attorno al collo e si avvicinò un po’ di più, ma senza stringersi contro il suo corpo, altrimenti il rossore sarebbe diventato impossibile da nascondere “meglio? Adesso ti senti più sicura?”.
La giovane alzò lo sguardo e si rese conto che il viso di Roger era terribilmente vicino, come mai prima d’ora; si rese conto che i suoi occhi azzurri erano molto più chiari di quello che aveva sempre creduto, e si rese anche conto che sul naso e sugli zigomi aveva delle piccolissime lentiggini di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Deglutì a vuoto nel vano tentativo di inumidire la gola che, tutto d’un tratto, si era fatta secca ed arida, e ciò non aveva
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Roger scese dalla Porsche 911, richiuse la portiera alle proprie spalle e sollevò il viso in direzione dell’ingresso principale dell’albergo: durante il tragitto da St.Louis a Chicago aveva quasi consumato il pedale dell’accelleratore, ed anziché impiegare quasi cinque ore, era arrivato a destinazione dopo quattro ore e dieci minuti; non si era mai fermato, né per fare benzina né per una breve pausa in un autogrill, ed ora sentiva sia il bisogno di sgranchirsi le gambe che quello di svuotare la vescica… Ma avrebbe pensato a quelle sciocchezze in un secondo momento, perché ora erano altre le sue priorità.

Roger voleva risolvere la sgradevole situazione che si era creata il più in fretta possibile perché desiderava tornare a St.Louis il prima possibile (doveva esibirsi la sera successiva, e di certo non potevano fare un concerto di Roger Waters senza Roger Waters!) e perché non voleva incontrare nessuno dei suoi vecchi compagni di band; più tempo sarebbe rimasto all’interno dell’albergo e più si sarebbero concretizzate le possibilità di trovarsi faccia a faccia con uno di loro, e quello era proprio ciò a cui il bassista non voleva andare incontro.

Il suo piano era semplice e contorto al tempo stesso: entrare nell’albergo, discutere con Jennifer e tornare nel parcheggio senza essere visto da nessuno dei suoi ex compagni di band; non desiderava affatto vedere né Rick, né Nick (il suo più stretto amico di un tempo) né tantomeno David, ed era intenzionato ad arrivare infondo al proprio piano senza andare incontro al minimo intoppo.

Almeno questo era ciò che si augurava, perché il minimo intoppo poteva presentarsi in qualunque istante.

Perché in qualunque istante, in modo del tutto casuale, poteva incontrare uno di loro in un corridoio.

Il bassista si allontanò a passo veloce dalla vettura sportiva, salì le scale che portavano all’ingresso principale dell’albergo ed entrò nella hall; si guardò attorno e pensò che la Fortuna, per il momento, doveva essere dalla sua parte: l’ernome stanza dalla forma ovale era completamente vuota, non c’era nessuno neppure dietro il banco della reception, e l’uomo ne approfittò per dirigersi altrettanto rapidamente in direzione degli ascensori.

Il suo piano originale prevedeva, difatti, l’utilizzo di un ascensore per raggiungere più velocemente la stanza di Jennifer, ma incappò nel primo, sgradevole, imprevisto quando si rese conto che erano entrambi occupati; retrocedette di un passo ed espresse il proprio personale disappunto emettendo un verso seccato: possibile che una struttura così immensa avesse solo due fottuti ascensori? E possibile che fossero entrambi occupati proprio in quel momento, quando lui ne aveva bisogno?

Guardò le scale e si rese conto che non aveva altra opzione se non quella di fare ricorso ad esse.

Certo, poteva sempre attendere che un ascensore si liberasse… Ma cosa avrebbe fatto se le porte scorrevoli metalliche si fossero aperte davanti ai suoi occhi e dall’altra parte avesse visto qualcuno che non desiderava affatto incontrare? Qualcuno tipo quella faccia da cazzo di David? O quell’altrettanto faccia da cazzo di Richard?

Di certo non sarebbe stato il modo migliore per iniziare il suo brevissimo soggiorno a Chicago.

Prima che qualcuno potesse apparire dal primo piano, o che le porte scorrevoli degli ascensori si aprissero, Waters iniziò a salire velocemente le numerose rampe di scale, ed ogni volta che arrivava ad un nuovo piano controllava che i corridoi fossero vuoti; raggiunse il quarto dopo quella che ai suoi occhi apparve un’eternità, si affacciò nel corridoio per essere sicuro di non andare incontro a nessuna spiacevole sorpresa e lo percorse a passo veloce solo dopo essersi accertato che fosse completamente deserto.

Keith, per telefono, gli aveva detto sia il nome dell’albergo, sia il piano in cui era situata la camera della zia materna e sia il numero, di conseguenza controllò con cura tutte le targhette appese alle porte che si trovavano su entrambi i lati di quel primo corridoio, che poi si ramificava in altri due che procedevano sia a destra che a sinistra; quando arrivò nel punto esatto in cui il corridoio principale si ramificava in due più piccoli, sentì delle voci provenire dalla propria destra e girò di scatto la testa verso quella direzione, immaginando già il peggio: per sua enorme fortuna, le voci non appartenevano a nessuno dei suoi ex compagni di band, ma a due ragazzi che stavano discutendo in modo animato; il più alto, quello che sembrava essere anche il più grande, aveva una massa voluminosa di vaporosi ricci neri, mentre il più basso aveva lunghi e lisci capelli biondo scuro che gli scendevano fin sotto le spalle.

Roger impiegò diversi secondi prima di riconoscere Keith e Demi.

Erano trascorsi quattro anni dall’ultima volta in cui aveva visto anche loro due.

Continuò a fissarli finché Demi non si accorse della sua presenza; il ragazzino spalancò gli occhi azzurri, lasciò da parte l’accesa discussione con il fratello maggiore e si precipitò ad abbracciare il bassista, con enorme sorpresa del diretto interessato, che non si aspettava di ricevere un’accoglienza così calorosa.

Keith, invece, non mosse un solo passo, limitandosi ad osservare in silenzio lo zio acquisito.

“Zio Rog, sono così contento di vederti! È stato difficile arrivare fin qui? Sei riuscito a trovare subito l’albergo, oppure hai dovuto chiedere delle informazioni? Io e Keith eravamo preoccupati di non averti fornito indicazioni abbastanza precise per riuscire a trovare l’albergo giusto” Demi sciolse l’abbraccio prima che Roger potesse ricambiarlo e si allontanò di un passo per sollevare il viso e guardarlo negli occhi; Waters rimase sbalordito nel vedere quanto il piccolo Demi fosse cresciuto e quanto assomigliasse a suo padre, ma si ritrovò costretto a fare i conti con una dolorosa mazzata sui denti quando concentrò lo sguardo su Keith.

Se Demi era pressoché la copia vivente di David, Keith lo era di Syd.

Per un istante, a Roger sembrò di essere tornato indietro nel tempo, al giorno di novembre di moltissimi anni prima in cui lui ed il suo migliore amico si erano ritrovati ed avevano trascorso l’intero pomeriggio a chiacchierare ed a bere in un pub, al riparo dalla pioggia che non voleva dare neppure un attimo di tregua a Londra; la somiglianza tra padre e figlio era così forte da essere quasi insopportabile, e lo sguardo di Keith non aiutava affatto a rendere la situazione meno dolorosa o complicata: era freddo ed impassibile, tutto l’opposto del tono di voce disperato che aveva avuto nel corso della loro ultima telefonata.

Ma che altro poteva aspettarsi?

Anche se lo aveva chiamato, anche se lo aveva pregato di andare lì, a Chicago, non era affatto contento di vederlo… E lo capiva.

Keith, ovviamente, patteggiava per la zia materna, perché insieme a Pamela ed a Demi era tutto ciò che gli restava della propria famiglia.

“Sei venuto alla fine” disse il giovane, facendo eco al fratello più piccolo “non ci speravamo più”.

La sua voce era fredda tanto quanto il suo sguardo, ed il bassista si sentì stranamente a disagio: proprio lui, che era abituato a fare quell’effetto alle altre persone.

“Mi sono messo in viaggio il prima possibile. Sarei qui già da un pezzo se non avessi avuto un piccolo problema con le chiavi della macchina” spiegò il bassista, guardandosi attorno ed infilando le mani nelle tasche dei pantaloni “siete solo voi due?”

“David, Rick e Nick non sono in albergo al momento. Stanno controllato che tutte le attrezzature e gli strumenti musicali vengano sistemati con cura nei camion, visto che domani pomeriggio dobbiamo ripartire, quindi qui ci siamo solo noi due, Gala, Jamie… e zia Jen”

“Questa è la sua camera?” chiese Waters, indicando la porta alle spalle del giovane; lui si limitò ad annuire e scostò un riccio ribelle che gli era ricaduto davanti all’occhio destro… Anche quel banale gesto ricordò a Roger il suo migliore amico: Syd era solito intraprendere delle vere e proprie battaglie (da cui di solito ne usciva perdente) con la sua folta capigliatura quando doveva occuparsi di una corda rotta della sua chitarra. Gli aveva suggerito tantissime volte di dare un taglio alla sua capigliatura troppo voluminosa, ma lui si era sempre opposto con fermezza… Poi, però, la malattia mentale lo aveva portato non solo a rasarsi completamente i suoi adorati ricci corvini, ma a fare lo stesso anche con le sopracciglia “lei sa che…”

“Non sa nulla. Né della chiamata né tantomeno che tu sei qui”

“D’accordo” mormorò Roger, passandosi la mano destra tra i capelli “ed in questo momento è in camera?”

“Da quando è tornata dall’ospedale insieme a Dave, non è ancora uscita dalla sua stanza. Adesso sta un po’ meglio, ma credo proprio che non sia intenzionata a mettere fuori un solo piede fino al momento della partenza”

“D’accordo” ripeté una seconda volta l’uomo “comunque… Keith… Se sono venuto qui è perché dopo quello che è accaduto ieri ci sono delle cose che io e Jennifer dobbiamo sistemare di persona, e non per altro. Non pensare che questo possa risolvere qualcosa tra noi due, perché io ho una nuova vita ed una moglie che mi aspettano a St.Louis… E quello che Jennifer ha fatto…”

“Ascolta, Roger, non sono un ragazzino, quindi non trattarmi come tale, d’accordo? Mi rendo conto che i vostri problemi non possono essere risolti nel giro di poche ore e con una semplice chiacchierata, ma se la memoria non m’inganna, dieci anni fa zia Jen ha ascoltato le tue spiegazioni in merito alla cazzata che avevi commesso e ti ha perfino perdonato. Non pretendo che tu, ora, faccia lo stesso, ma almeno puoi ascoltarla a tua volta, non credi?” lo bloccò, in tono secco, il ragazzo, sempre con uno sguardo freddo ed impassibile “noi adesso ce ne andiamo, così non ti faremo perdere altro tempo prezioso e potrai discutere con zia Jen di tutte le cose che dovete sistemare. Fammi almeno il favore di non andarci troppo pesante con lei, perché è ancora piuttosto scossa. Andiamo, Demi, lasciamoli da soli”

“Keith, aspetta” Roger bloccò il giovane, afferrandolo per il braccio destro, e lui si voltò di scatto “ascolta… Capisco che sei arrabbiato con me perché Jennifer è tua zia, ma cerca di metterti nei miei panni: il mio, a suo tempo, è stato l’errore di una notte. Lei è stata insieme ad un altro uomo per mesi ed è rimasta incinta di lui. Io l’ho fatta soffrire, ma lei non ha avuto alcuna pietà nei miei confronti”

“Mia zia è sempre stata innamorata di te. Non ti sei mai chiesto cosa l’abbia spinta a trovare rifugio tra le braccia di un altro uomo? No, scommetto che non ti sei mai soffermato a riflettere sulla tua parte di colpe in merito al vostro divorzio. Non ti sei mai chiesto nulla di tutto questo perché non te ne importava, vero? Come non t’importava nulla neppure di mio padre, visto che non hai fatto nulla per lui quando il suo disagio mentale ha iniziato a diventare sempre più evidente”

“Cosa… Keith…”

“Non hai voluto darmi le spiegazioni che anni fa mi avevi promesso, e quindi è stata la nonna a raccontarmi tutto di mio padre e di quello che non hai fatto per lui. Eri il suo migliore amico, Roger… Come hai potuto non aiutare il tuo migliore amico e preferire il successo e la fama a lui? Hai sacrificato il ragazzo con cui sei cresciuto per raggiungere l’obiettivo che ti eri prefissato, ma come hai potuto?”

“Keith, la situazione di tuo padre era molto complicata, se solo mi lasciassi la possibilità di spiegarti tutto quanto, capiresti…”

“No, non m’importa” tagliò corto lui, scuotendo la testa e liberandosi dalla presa dello zio acquisito “ho già avuto le risposte che stavo cercando e mi sono fatto un’idea ben chiara di quello che è successo. E comunque adesso non ha alcuna importanza. Penso che ora faresti meglio ad andare da zia Jen, ed a concederle la possibilità di essere ascoltata che sta disperatamente cercando da quattro anni. Andiamo, Demi”.

Keith afferrò per il braccio sinistro il fratello più piccolo e lo trascinò in direzione delle scale; il bassista lo lasciò andare senza dire nulla e scosse la testa.

Avrebbe risolto quel nuovo casino in un altro momento ed in un altro posto più opportuni; avrebbe chiamato Keith una volta tornato a St.Louis, lo avrebbe convinto a raggiungerlo, prolungando il suo soggiorno negli Stati Uniti, ed allora gli avrebbe dato tutte le spiegazioni che gli aveva promesso anni prima, un giorno di Natale.

Distolse lo sguardo dal corridoio, fissò la porta chiusa ed avvertì subito un’ondata di nausea alla bocca dello stomaco.

Erano trascorsi quattro anni, ma Jennifer restava pur sempre la persona che lo aveva tradito senza alcuna remore, trovandosi un amante fisso e restando incinta di lui; e restava pur sempre una persona che non desiderava vedere e con cui non desiderava avere alcun contatto.

‘Avanti. Via il dente, via il dolore’ pensò l’uomo e, prima di poter avere qualunque forma di ripensamento, bussò due volte, ricevendo quasi subito una risposta dall’altra parte.



 
“Avanti!” esclamò Jennifer, sollevando gli occhi dalla rivista che stava sfogliando senza un reale interesse e posandola sul comodino, affianco al vassoio col pranzo che non aveva neppure sfiorato, convinta che la persona dall’altra parte della porta fosse David; il chitarrista, difatti, le aveva promesso che di tanto in tanto sarebbe passato per accertarsi delle sue condizioni fisiche e del suo umore, e lo aveva già fatto ben tre volte.

In una delle sue premurose visite, era entrato in camera con il vassoio; in quell’occasione, Jen lo aveva ringraziato con un sorriso, ma il nodo che sentiva alla bocca dello stomaco le aveva impedito anche solo di assaggiare le leccornie che l’ex cognato le aveva gentilmente portato.

Anche Nick e Richard erano andati a farle visita, ma si erano trattenuti solo pochi minuti; Jennifer aveva trovato strano il fatto che Rick non le avesse chiesto alcun genere di spiegazioni, ma era certa che presto o tardi quel fatidico momento sarebbe arrivato.

Ora, con ogni probabilità, le stava lasciando un attimo di respiro.

“Avanti!” ripeté una seconda volta, alzando il tono di voce, visto che la porta non si era ancora aperta; la vide socchiudersi, ed un istante più tardi l’espressione che aveva in viso passò dall’essere perplessa all’essere esterrefatta quando al posto di David, o di Rick o di Nick vide entrare un uomo altissimo e magro, che indossava un paio di jean chiari, delle scarpe da ginnastica, una maglietta bianca, una giacca nera ed un paio di occhiali da sole dalle lenti scurissime.

Lo fissò incredula, con le labbra socchiuse, mentre lui richiudeva la porta alle proprie spalle, sicura di essere vittima di un’allucinazione visiva.

Non poteva essere lì. Non poteva essere davvero davanti ai suoi occhi. Era assurdo. Era troppo assurdo per essere vero, ma allo stesso tempo sapeva di essere sveglia, perché era tutto troppo reale per essere un sogno.

Era impossibile, ma al tempo stesso era tutto vero.

Continuò a fissare Roger in silenzio.

Voleva che fosse lui il primo a parlare, in modo da spezzare l’illusione di un sogno ad occhi aperti.

Lui, senza sfilarsi gli occhiali da sole, si appoggiò con la schiena alla porta ed infilò le mani nelle tasche anteriori dei jeans.

“Ho ricevuto una telefonata da Keith. Mi ha raccontato quello che è successo e… Eccomi qui” spiegò in modo asciutto.

“Ti ha raccontato quello che è successo?” ripeté, in un mormorio, la giovane donna, spalancando gli occhi; era sorpresa dal gesto del nipote più grande, ma pensava di sapere cosa si nascondesse dietro ad esso: i sensi di colpa dettati dalle orribili parole che gli aveva rivolto in un momento di rabbia cieca, in cui non era assolutamente lucida; proprio come era accaduto il giorno precedente, quando aveva ingurgitato un intero flacone di tranquillanti con il chiaro intento di farla finita perché non riusciva a vedere alcuno spiraglio di luce infondo al tunnel.

Avvertì un’improvvisa sensazione di calore alle guance, causata dalla vergogna: si vergognava per ciò che aveva tentato di fare neppure ventiquattro ore prima e perché non indossava altro che un paio di slip neri ed una maglietta vecchia e larga a maniche corte.

Come poteva immaginare di ricevere una visita da Roger?

“Sì, mi ha raccontato tutto quanto. Sia dei tranquillanti che hai assunto, che della lavanda gastrica che ti hanno fatto in ospedale”

“Ohh” la sensazione di calore alle guance divenne ancora più intensa “io…”

“Si può sapere per quale motivo hai assunto un intero flacone di tranquillanti? Non ti è bastato il casino che hai combinato quando avevi ventun’anni, con quella pasticca di acidi?”

“Mi dispiace, l’ho fatto senza pensarci. Non volevo far preoccupare nessuno”

Preoccupare? Tu credi che io sia preoccupato? Io non sono preoccupato, Jennifer, io sono assolutamente furioso. Incazzato. Completamente fuori di me. Ti rendi conto di quello che avrebbe potuto accadere se fossi arrivata troppo tardi in ospedale e non avessero potuto fare nulla per te? Hai idea di tutti gli articoli di giornale che sarebbero usciti in merito a questa faccenda?”

“A… Articoli di giornale?” domandò Jennifer, confusa, sbattendo le palpebre.

“Sì, Jennifer, articoli di giornale. Stai pur certa che la stampa si sarebbe scatenata contro di me ed avrei ritrovato il mio nome associato a questa orribile storia!”.

Jennifer socchiuse le labbra, sconvolta.

Per un istante, per un solo piccolo istante, si era illusa che Roger si fosse precipitato a Chicago perché era preoccupato per lei e perché era profondamente pentito per le parole che le aveva detto fuori dal centro commerciale… Invece si era precipitato lì dal Missouri, guidando per quasi cinque ore, perché era preoccupato per sé stesso e per la cattiva pubblicità a cui aveva rischiato di andare incontro. No, la preoccupazione ed il rimorso non c’entravano nulla, neppure avevano sfiorato la sua mente.

“Ma come puoi dire questo?” mormorò, incredula “come può essere possibile che la tua prima ed unica preoccupazione sia la stampa e la cattiva pubblicità? Non mi hai neppure chiesto come sto! E scommetto che non ti sei neppure chiesto cosa mi abbia spinta a compiere un gesto così estremo!”

“Io, piuttosto, mi sono concentrato su un altro quesito” ribatté il bassista, senza staccarsi dalla porta ed incrociando le braccia all’altezza del petto; Jennifer aveva ormai accantonato la prospettiva di una conversazione pacifica, da persone adulte, e si stava preparando a sfoderare gli artigli a sua volta: Roger voleva la guerra? E che guerra fosse, allora, così finalmente avrebbe potuto rinfacciargli tutto quanto da quanto assumi dei tranquillanti? Da quanto tempo va avanti questa storia? E quanto frequentemente assumi quei farmaci?”

“Non ci posso credere… Stai parlando sul serio? Sei serio?” domandò la giovane donna, lasciandosi andare ad una risata isterica “credevo fossi venuto qui per avere un confronto maturo e non per puntarmi l’indice contro per l’ennesima volta!”

“Per avere un confronto maturo dovrei avere una donna davanti ai miei occhi, ma io non vedo altro che una ragazzina infantile”

“E quindi stai seriamente dicendo che qui, in questa stanza, tra noi due, l’adulto saresti tu? Un uomo adulto si sarebbe comportato nel modo in cui ti sei comportato tu negli ultimi quattro anni?”

“Ohh, ti prego, non ricominciare con questa storia e non assumere l’atteggiamento da vittima, Jennifer, perché non sei tu la vittima in tutta questa faccenda. Sono venuto a Chicago per risolvere alcune cose che abbiamo ancora in sospeso e solo perché è stato Keith a chiedermelo, tutto il resto preferirei lasciarlo da parte. Allora, vuoi rispondere alla mia domanda? Credi che abbia tempo da perdere? Ho promesso a Carolyne di essere di ritorno prima che sia notte fonda e vorrei non essere costretto a rimangiarmi la parola”

“E tu sei molto bravo a mantenere le promesse. Come sta la tua adorata dolce metà?”

“Faresti meglio a fare meno la spiritosa. Carolyne è ancora scossa da quello che le hai fatto. Non so se te ne rendi conto, ma le hai strappato un’ intera ciocca di capelli”

“Mi dispiace… Pensavo di essere riuscita a strapparle molti più capelli” commentò Jennifer con un sorriso ironico “chissà che colpo terribile deve essere stato per il suo ego. Scommetto che è disperata e non vuole uscire dalla vostra camera perché teme che possa vedersi il punto in cui le manca una ciocca”.

Fu il turno di Roger di avvampare, ma il rossore sulle sue guance non aveva nulla a che fare con la vergogna.

“Smettila!” esclamò, puntando l’indice destro contro la sua seconda ex moglie “non ti permetto di parlare in questo modo di lei, d’accordo? Lyn non c’entra assolutamente nulla in questa storia, tienila fuori dai nostri affari personali. Non te lo chiederò una seconda volta. Se la offendi ancora, giuro che esco da questa porta e non mi rivedrai mai più!”

Non c’entra assolutamente nulla in questa storia? Mi auguro che tu stia scherzando! Quella donna c’entra eccome, dal momento che è stato proprio con lei che mi hai tradita dieci anni fa”

“Quello di dieci anni fa è stato l’errore di una notte. Un errore infinitamente più piccolo se messo a confronto al tuo tradimento”

“E, guarda caso, poi è rispuntata fuori al momento giusto, con un tempismo impressionante. Ed io come posso essere sicura che, in realtà, voi due non avete mai smesso di frequentarvi di nascosto, ed hai approfittato dell’errore che ho commesso per poter chiudere il nostro matrimonio e stare finalmente insieme a lei?”

“Ohh, mio dio!” esclamò il bassista incredulo, passandosi la mano destra tra i capelli; era già profondamente pentito di avere acconsentito alla richiesta di Keith, perché stava accadendo proprio ciò che nel corso di quei quattro anni aveva tentato di evitare in qualunque modo possibile: il confronto faccia a faccia con la sua seconda ex moglie anziché restare fermo sulle cose che dovevano sistemare, era andato a concentrarsi in automatico su come era finito il loro matrimonio.

Ecco perché aveva sempre rifiutato qualunque confronto con Judith, in passato.

Proprio per evitare di riaprire ferite che non si erano mai rimarginate del tutto e che mai si sarebbero rimarginate del tutto; anche se nel frattempo si era risposato per la terza volta, Roger non aveva dimenticato la pugnalata alle spalle che Jennifer gli aveva assestato.

Come avrebbe mai potuto dimenticare, od anche solo lasciarsi alle spalle, un tradimento simile? Non era stato l’errore di una notte, non era stata una semplice scopata che poteva essere perdonata. Per mesi e mesi aveva frequentato e fatto sesso con un altro uomo… Ed era rimasta incinta di lui.

Non sapeva nulla riguardo al bambino. Non sapeva se aveva avuto un maschio od una femmina. Non sapeva neppure se aveva portato avanti o meno la gravidanza.

Non lo sapeva e non gl’importava.

Il bassista prese un profondo respiro, imponendosi di non perdere la calma e di non iniziare ad urlare; c’era sempre la possibilità che qualcuno in corridoio sentisse le loro urla… Le sue, soprattutto.

E lui doveva andarsene da quell’albergo senza incrociare nessuno dei suoi ex compagni.

“Non ho affrontato un viaggio di quasi cinque ore per parlare di questo, perché sono faccende che appartengono al passato. Rispondi alla mia domanda e dimmi da quanto tempo va avanti questa storia dei tranquillanti”

“Non vuoi parlare di questo perché pensi davvero che siano solo faccende che appartengono al passato o perché sai che è stato proprio a causa di esse che il nostro matrimonio è naufragato miseramente? Quello che io ho fatto, la relazione che ho avuto, è stata solo la punta dell’iceberg, di questo te ne rendi conto, vero? Le colpe non sono mai di una sola persona, Roger. Io avrò pure sbagliato, ma prova a chiederti perché sono arrivata a compiere un gesto così estremo”

“Parliamo del gesto estremo che hai tentato ieri. Da quanto tempo assumi tranquillanti e quanto frequentemente?” domandò per l’ennesima volta Waters; Jennifer non disse una sola parola: alzò la mano destra, mostrò all’ex marito il dito medio e lui, in risposta, inarcò il sopracciglio destro.

Perfetto.

Intraprendere quel viaggio per Chicago era stato solo una immensa perdita di tempo e Jennifer gliene aveva appena dato la prova concreta.

Non avrebbe ottenuto nulla da lei, perché non era intenzionata a dargli nessuna risposta. Voleva solo rivangare il passato per assaporare il piacere di rigirare il coltello nella piaga.

“Molto bene” affermò l’uomo in tono asciutto “io ti ho dato la possibilità di avere un confronto maturo con me, ma tu hai preferito sprecarla comportandoti, per l’ennesima volta, come la bambina viziata ed infantile che altro non sei”.

Roger spalancò la porta della camera, uscì e la richiuse dietro di sé, sbattendola con forza; chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie.

Si sentiva un enorme cretino per non aver ascoltato il suggerimento di Carolyne di non partire, ed era sicuro che al suo ritorno a St.Louis, la moglie non avrebbe perso un solo istante di tempo per rinfacciargli il gesto avventato che aveva compiuto; già se la immaginava con le mani appoggiate ai fianchi mentre, con un’espressione trionfante, gli diceva che lei aveva previsto tutto quanto fin dall’inizio e che quell’esperienza gli fosse da lezione per il futuro.

D’accordo, era stato terribilmente avventato e non aveva voluto dar retta ai suoi suggerimenti (come sempre, del resto), ma lo aveva fatto solo ed esclusivamente perché era stato Keith a supplicarlo… E comunque, ora Jennifer non poteva più accusarlo di non averle concesso alcuna possibilità. Lui gliel’aveva data, ma lei si era rifiutata di rispondere alle sue domande e di spiegargli la faccenda delle pillole di tranquillanti che assumeva e che aveva usato per tentare di farla finita.

Peggio per lei, pensò il bassista mentre si avviava a passo spedito verso gli ascensori, perché in modo involontario gli aveva fornito un appiglio ancora più solido per ottenere l’affidamento esclusivo di Harry: non poteva di certo lasciare il suo primogenito nelle mani di una madre che faceva uso di psicofarmaci!

La battaglia legale non era ancora iniziata, ma già sentiva di avere una seconda vittoria schiacciante in pugno: con l’inizio del nuovo anno, Harry lo avrebbe raggiunto in America per iniziare una nuova vita insieme a lui, ad India ed a Carolyne, lasciandosi a sua volta l’Inghilterra alle spalle per sempre.

E finalmente sarebbero stati una famiglia.

Roger girò l’angolo del corriodio nello stesso istante in cui le porte metalliche di un ascensore si aprirono, emettendo uno trillo sonoro, e si paralizzò con le labbra socchiuse alla vista della persona ancora dentro allo stretto abitacolo.

David.

Per sua fortuna, il chitarrista era concentrato a sistemare il cinturino dell’orologio che portava al polso sinistro e non si era ancora accorto della sua presenza; il bassista approfittò di quegli istanti preziosi per ripercorrere il più in fretta possibile il corridoio, barricandosi nuovamente all’interno della stanza di Jennifer.

La giovane donna sussultò, sollevò il viso di scatto e fissò l’ex marito con un’espressione perplessa; dal modo in cui se ne era andato, e dalle parole che aveva pronunciato, non si aspettava di vederlo tornare indietro.

Che avesse avuto un ripensamento? Un rigetto di coscienza dell’ultimo istante e si era precipitato di nuovo nella sua stanza per dirle che no, non era ancora troppo tardi per loro due e che era stanco di portare avanti quel gioco al massacro?

Prima che potesse chiedergli per quale motivo era rientrato così precipitosamente nella sua stanza, Jen sentì qualcuno bussare dall’altra parte della porta e girò il viso verso quella parte.

“Non aprire” sussurrò Roger, improvvisamente e stranamente pallido “non aprire la porta… Per favore”.

Jennifer spalancò gli occhi.

Roger l’aveva appena supplicata di non aprire la porta?

Roger?

Lo stesso uomo che ventiquattro ore prima aveva avuto il coraggio di dirle che non gl’importava nulla se avesse commesso una sciocchezza, perché avrebbe fatto solo un enorme piacere sia a lui che ad India?

Quello stesso uomo adesso la stava pregando di non aprire la porta?

“Sì?” domandò Jennifer, rivolgendosi alla persona in corridoio, curiosa di svelare l’arcano mistero; e capì all’istante cosa si nascondeva dietro la richiesta del bassista quando dall’altra parte del legno chiaro sentì in risposta la voce di David.

“Jen, sono io… Potresti aprirmi la porta, per favore?”.

La giovane donna lanciò un’occhiata all’ex marito e lui scosse la testa con vigore, facendole capire che non doveva assolutamente acconsentire alla richiesta di David perché non voleva trovarsi faccia a faccia con lui.

 Jennifer ignorò la supplica muta dell’ex marito (perché doveva dimostrarsi clemente nei suoi confronti quando Roger per primo non lo era mai stato in quei quattro anni?), si alzò dal letto e andò ad aprire la porta.



 
Quando arrivarono al pianerottolo del secondo piano, Keith non riuscì più a trattenersi: si sedette sullo scalino più alto ed affondò il viso tra le mani.

Il primo singhiozzo spezzato attirò subito l’attenzione di Demi, che si voltò di scatto in direzione del fratello maggiore; vedendolo seduto su uno scalino e con il viso nascosto tra le mani, il ragazzino si affrettò a raggiungerlo, prese posto alla sua destra e, senza neppure un istante di esitazione, gli passò il braccio sinistro attorno alle spalle.

“Ohh, Keith, ti prego… Non fare così, per favore…” mormorò con un’espressione angosciata; vedere il fratello maggiore così sofferente lo faceva soffrire a sua volta, e la sola idea di non poter fare nulla di concreto per lui lo faceva stare ancora più male “vedrai che tutto si risolverà in un modo o nell’altro… C’è sempre una soluzione a tutto, anche quando sembra impossibile scorgerla. Non voglio vederti piangere, altrimenti tra poco sarò anche io in lacrime”

“Non ci riesco, mi dispiace. Vorrei essere ottimista, vorrei riuscire davvero a vedere il lato positivo in ogni cosa, ma in questo momento proprio non ci riesco. Zia Jen non è l’unica convinta che la propria vita stia andando a rotoli”

“Perché dici così? Pensi davvero che la tua vita stia andando a rotoli, Keith?”

“Beh, e vorresti anche affermare il contrario? Ho scoperto che mio padre soffre di una malattia mentale che potrei avere ereditato a mia volta, pensavo di piacere a Gala ed invece ho ricevuto un due di picche dopo che l’ho baciata, ed ho deluso profondamente zia Jen perché mi sono comportato in modo spregevole e meschino. Lei può anche dire che mi ha detto quelle parole in un momento di rabbia, ma in realtà rispecchiano la verità: se nostra madre fosse qui, sarebbe profondamente delusa da me. Lei non mi ha mai insegnato ad essere così meschino e vigliacco”

“No, Keith, tu non sei affatto meschino e vigliacco, e sono sicuro che mamma non sarebbe affatto delusa dal tuo comportamento! Sarebbe fiera, perché stai cercando in qualunque modo possibile di trovare una soluzione per il problema della zia Jen e dello zio Rog! Sei riuscito perfino a convincere lo zio Rog a venire qui!”

“Sì, ma è stata davvero la cosa più giusta da fare? Credo di avere agito di nuovo d’impulso senza soffermarmi a riflettere sulle conseguenze” mormorò il più grande, scostando le mani dal viso e fissando il vuoto “e se la zia Jen dovesse uscire ancora più distrutta da questo confronto e decidesse di tentare di nuovo di farla finita? E se dovesse riuscirci? Demi, ti rendi conto che se dovesse accadere questo per davvero, l’unico e solo responsabile sarei io? Potrei avere nostra zia sulla coscienza”

“Ma questo non accadrà, te lo assicuro io. Sono persone adulte e sono sicuro che riusciranno a risolvere i loro problemi in un modo o nell’altro… Almeno è quello che mi auguro. Forse, parlando di persona si renderanno conto degli sbagli che entrambi hanno commesso e capiranno di essere stanchi di farsi la guerra a vicenda”

“La zia è già arrivata a questa conclusione da parecchio tempo, Demi. Lei non ha mai voluto intraprendere una battaglia legale nei confronti di Rog. È stato lui ad iniziare questo orribile gioco al massacro per vendetta, quindi è lui l’unico che deve aprire gli occhi… Ma a questo punto, non so davvero se accadrà. Questo confronto potrebbe rivelarsi l’ennesimo misero fallimento. Non è giusto. Non è assolutamente giusto” Keith scosse con forza la testa, facendo dondolare i folti ricci neri… Maledizione, ma perché doveva essere tutto così difficile e doloroso? Perché sua madre non era lì con lui? Ohh, se solo fosse stata al suo fianco in quel momento così spinoso, dal quale non riusciva a vedere una via d’uscita… Lei sapeva sempre come risolvere ogni problema. Lei aveva sempre la parola giusta al momento giusto. Lei aveva sempre la forza di rialzarsi dopo una brutta caduta, e lo aveva dimostrato affrontando la malattia a testa alta “perché deve essere tutto così difficile? Perché sta andando tutto storto? Perché non riesco a fare qualcosa di concreto per aiutare zia Jen? Perché Gala non ricambia i miei sentimenti? E perché zio Rog si è comportato da stronzo nei confronti di mio padre? Sai che cosa ha fatto, Demi? Nel momento del bisogno, quando lui e gli altri si sono resi conto di quanto fosse grave la sua situazione, anziché aiutarlo lo ha abbandonato a sé stesso. Lui. Il suo migliore amico. Nostra madre ha provato a fare qualcosa per lui, ma ormai era troppo tardi… Forse neppure Rog sarebbe riuscito a fare qualcosa di concreto per mio padre, forse era segnato fin dall’inizio, forse doveva andare in questo modo, non lo so… Ma non capisco come abbia fatto a guardare il suo migliore amico distruggersi e perdere la ragione senza fare nulla… Senza… Senza neppure tentare di… Non lo so, cazzo, ma io farei di tutto per il mio migliore amico, se dovesse ritrovarsi in una situazione simile, non riuscirei mai a voltargli le spalle con indifferenza, come se fosse un completo sconosciuto. Mi domando chi sia davvero Roger e se non sia questo il suo vero volto, visto che l’unica cosa che gli riesce veramente bene è far soffrire le persone che lo circondano”.

Keith tirò su col naso e strofinò il dorso della mano destra su entrambe le guance, per cancellare le scie umide lasciategli dalle lacrime che aveva versato; affianco a lui, Demi sembrava in prossimità di scoppiare a piangere a sua volta: aveva gli occhi lucidi e gli angoli della bocca carnosa tremavano leggermente.

“Ohh, Keith…” mormorò di nuovo, con un filo di voce “io… So che non servirà a cambiare la tua situazione od a farti sentire meglio, ma mi dispiace davvero tantissimo per quello che stai passando… Però sono sicuro che tutto si risolverà molto presto, Keith, fidati delle mie parole. Adesso vedi tutto nero e non ti sembra possibile, ma sono certo che ben presto riuscirai a vedere la luce infondo al tunnel”

“E quale dovrebbe essere questa luce infondo al tunnel?” domandò il più grande, tirando ancora su col naso e piegando le labbra sottili in una smorfia profondamente scettica; proprio come aveva detto Demi, non riusciva a scorgere la famosa luce attorno al tunnel perché tutto gli remava contro: Roger lo aveva profondamente deluso, era sconvolto per ciò che aveva scoperto sul padre biologico, era semplicemente terrorizzato dalla prospettiva di avere ereditato la sua malattia mentale, Gala non ricambiava i suoi sentimenti e si era comportato come uno schifoso codardo nei confronti di Jennifer.

Ohh, certo, ed aveva deluso profondamente David.

Stava quasi per dimenticare quella piccola ciliegina sulla torta.

“Devi sforzarti di vedere il lato positivo di ogni cosa. Lascia allo zio Rog la possibilità di raccontarti la sua versione dei fatti riguardo a quello che è accaduto a tuo padre, perché sono certo che non può avere abbandonato il suo migliore amico senza avere provato a fare qualcosa per lui”

“Tu credi? Guarda come si è comportato con i suoi compagni di band, e guarda come si è comportato e come si sta comportando tutt’ora con zia Jen. A conti fatti, non mi sembra così assurda l’ipotesi che non abbia alzato un solo dito per aiutare mio padre. Ha lasciato che si distruggesse con le sue stesse mani, e adesso distruggerà anche nostra zia… E tutto questo perché sono stato io a pregarlo di venire qui. Che stupido che sono stato, che stupido!”

“No, invece, Keith! Potrebbe andare così, ma potrebbe anche andare in tutt’altro modo. Forse finalmente riusciranno a discutere come persone civili ed a trovare una soluzione a tutti i loro problemi! Per quanto riguarda la malattia mentale, capisco la tua paura, al posto tuo sarei terrorizzato anch’io, ma non penso che tu abbia ereditato nulla di simile da tuo padre, altrimenti te ne saresti già accorto da tempo. Tu sei perfettamente sano come lo sono anch’io! E… E invece per quanto riguarda Gala… Beh… Evidentemente non era destino che ci fosse qualcosa tra voi due. Sei un ragazzo bellissimo, Keith, ed il mondo è pieno di ragazze. Troverai un’altra che ti farà perdere completamente la testa e ti farà dimenticare Gala ed il suo due di picche”

“Magari un giorno accadrà davvero, ma adesso non riesco proprio ad essere ottimista… Non ci riesco… Non riesco a vedere neppure un piccolo spiraglio di luce. Sono un completo idiota che non appena muove un passo od apre la bocca finisce sempre per creare un enorme disastro”

“No, non è vero, non dire così! Parli in questo modo perché sei scoraggiato… Hai bisogno di tirarti un po’ su d’umore ed io credo di avere il metodo ideale: andiamo a mangiare una bella e buona coppa di gelato giù, nella hall. Una bella e buona coppa di gelato riesce sempre a tirarti su l’umore! Vedrai che poi, a pancia piena, vedrai ogni cosa da tutta un’altra prospettiva” Demi si alzò in piedi di scatto e, con un sorriso raggiante, allungò la mano destra verso il fratello maggiore; Keith era assolutamente sicuro che una coppa di gelato (per quanto bella e buona che fosse) non lo avrebbe affatto aiutato a risolvere tutti i suoi problemi, ma decise comunque di seguire il suggerimento di Demi, per non turbarlo ulteriormente, e si alzò a sua volta dallo scalino e lo seguì fino al pianoterra dell’enorme struttura alberghiera.

Ma una volta arrivati nella hall, il ragazzo si fermò di colpo: seduto sopra un alto sgabello, con i gomiti appoggiati sulla superficie liscia del bancone del bar, c’era Guy Pratt.

Il nuovo bassista dei Pink Floyd.

Il ragazzo con cui Gala si frequentava di nascosto, lo stesso che l’aveva lasciata, senza tanti complimenti, perché convinto che tra loro due ci fosse molto di più di una semplice amicizia.

Keith fissò il giovane bassista con intensità e Demi, preoccupato, lo afferrò per un braccio e gli disse che in fin dei conti la coppa di gelato potevano mangiarla anche a bordo piscina e che entrambi avevano bisogno di prendere una bella boccata d’aria fresca dopo le violente emozioni delle ultime ore, ma il più grande si liberò subito dalla presa e, prima che Demi potesse tentare di bloccarlo di nuovo, si avvicinò al giovane bassista e si schiarì la gola per attirare la sua attenzione; Guy sollevò gli occhi dal bicchiere che stava contemplando e girò il viso verso Keith.

Demi, a pochi passi di distanza dai due, si morse il labbro inferiore: non prevedeva nulla di buono da quello che stava per accadere.

“Che cazzo vuoi?” domandò subito in un soffio Guy, in tono tutt’altro che amichevole, perché Keith era l’ultima persona al mondo che desiderava vedere; non si era ancora alzato per spaccargli il setto nasale solo perché non voleva mettere a repentaglio l’ingaggio più importante della sua carriera ancora agli inizi.

A sua volta, anche Keith si sforzò non poco di resistere all’impulso di passare alle maniere forti e di assestare un pugno in pieno volto al ragazzo che si era permesso di spezzare il cuore ad una ragazza dolce e sensibile come Gala.

“Non voglio rogne…”

“Allora faresti meglio a girare a largo, perché la prossima volta potresti non essere così fortunato. Ringrazia il cielo che siamo in albergo e che non voglio essere buttato fuori dalla band a calci in culo, altrimenti a quest’ora saresti già a terra con il naso rotto” Guy tornò a concentrarsi sul doppio whisky liscio che aveva ordinato, ma Keith non seguì il suo consiglio; chiunque altro al suo posto avrebbe lasciato il giovane ed arrogante bassista ad annegare i propri dispiaceri nell’alcol ed avrebbe approfittato dell’enorme malinteso che si era creato per riuscire, piano piano, ad avvicinarsi a Gala, ma non lui.

Perché non era nella sua natura.

“Senti, neanche tu mi stai simpatico, d’accordo? Ma, credimi, faresti meglio ad ascoltare ciò che ho da dirti”

“E cosa avresti mai di così importante da dirmi? Vuoi sbattermi in faccia quello che c’è tra te e Gala? Quanto vi siete divertiti alle mie spalle? Pensavate di essere davvero così furbi? Pensavate che prima o poi non avrei scoperto che…”

“Smettila di dare fiato alla bocca ed ascoltami!” esclamò, seccato, Keith, interrompendo le accuse fatte in tono beffardo di Guy “sono venuto qui perché devo parlarti di lei, ma non ha nulla a che fare con quello che tu pensi. Gala mi ha raccontato del brutto litigio che avete avuto e sta soffrendo molto per quello che le hai detto”

“Io non credo proprio che stia soffrendo” ribatté Guy, stringendo il bicchiere nella mano sinistra; Keith lanciò una rapida occhiata all’oggetto di vetro e si spostò leggermente a sinistra: temeva che il bassista, colto da un raptus di rabbia, potesse lanciarglielo contro da un momento all’altro “ad ogni modo, ha trovato in fretta un modo per consolarsi… Vi ho visti in corridoio, e non azzardarti neppure a dire che ho frainteso tutto quanto perché ci vedo benissimo. Ci ha già provato Gala a rifilarmi questa bugia, ed io non sono uno stupido”

“Hai ragione, i tuoi occhi non ti hanno ingannato: un bacio c’è stato tra me e lei… Ma sono stato io a baciarla. Io…” il ragazzo riccioluto prese un profondo respiro prima di proseguire; stava letteralmente per consegnare a Guy il coltello dalla parte del manico, ma non gl’importava perché sapeva che era la cosa più giusta da fare… Aveva deluso fin troppe persone, ed era arrivato il momento di porre rimedio ai troppi errori commessi “ero andato da Gala per confessarle i miei sentimenti. Ho provato a baciarla, ma lei si è subito scostata e mi ha detto che mi considera solo un amico e che c’è già un ragazzo nella sua vita. Quando ho visto che indossava una catenina con il ciondolo a forma di basso, ho capito che quel ragazzo eri tu. Posso assicurarti che non sto mentendo, anche perché non ci guadagnerei nulla da una bugia simile. Gala non prova nulla per me, perché ai suoi occhi esisti solo tu, e se posso darti un consiglio, ti conviene andare da lei e chiederle scusa per non averle creduto subito. Ragazze come lei ne trovi una suun milione, e se sei furbo non te la lasci scappare in questo modo”.

Keith parlò in fretta, senza mai riprendere fiato, e non aspettò una risposta da parte di Guy, che lo fissava stupito, con gli occhi chiari spalancati: gli voltò le spalle, afferrò Demi per il polso destro e sparì il più in fretta possibile in direzione della zona relax dell’albergo; lasciò andare il fratello più piccolo solo nei pressi della piscina e si lasciò cadere su uno sdraietto libero.

Chiuse gli occhi e si coprì il viso con le mani.

Anche se aveva fatto la cosa più giusta, non riusciva a non sentirsi un enorme cretino.

Demi prese subito posto affianco al fratello maggiore a cui era così profondamente legato e gli rivolse un’occhiata preoccupata.

“Ohh, Keith, maledizione, mi hai fatto così preoccupare! Pensavo che volessi picchiare Guy o che lui fosse sul punto di darti un pugno da un momento all’altro! Perché sei andato da lui? Perché gli hai detto quelle cose?” domandò il ragazzino con un’espressione perplessa; il più grande prese un profondo respiro, scostò il viso dalle mani e si voltò a guardare il fratello minore.

“Perché era la cosa più giusta da fare, anche se allo stesso tempo la più difficile. Ieri, Gala mi ha confessato che tra lei e Guy c’è stato un brutto litigio per colpa mia: lui ci ha visti quando io l’ho baciata ed ha subito creduto che tra noi due ci fosse qualcosa ed ha rotto con lei… E lei… Lei ora è distrutta e vorrebbe solo riuscire a trovare un modo per chiarirsi con lui, e sono certo che, nonostante tutto, anche Guy stia soffrendo molto e senta la sua mancanza. Se fossi una persona con meno scrupoli, approfitterei di questa occasione per avvicinarmi a Gala e per fare breccia, lentamente, nel suo cuore e… E magari ci riuscirei, anche… Ma io non sono affatto quel genere di persona. Gala vuole stare con Guy, e Guy vuole stare con Gala, e quindi non è giusto ostacolarli. Sarebbe stupido e terribilmente meschino da parte agire in questo modo. Io ho fatto la mia parte, adesso è il suo turno” spiegò il ragazzo lasciandosi andare ad un profondo respiro, rivolgendo gli occhi verdi in direzione dell’acqua cristallina e trasparente della piscina olimpionica; non era stato affatto semplice prendere quella decisione matura, molto più matura dei suoi diciannove anni, e già sapeva che avrebbe sofferto per diverso tempo prima di scrollare le spalle, farsene una ragione ed andare avanti con la propria vita, ma almeno aveva dalla sua parte la consolazione di avere preso la decisione più giusta.

L’unica veramente giusta.

Demi distese le labbra carnose in un sorriso ammirato e passò le braccia attorno alle spalle di Keith.

“Non provare mai più a dire che sei una persona meschina e cattiva, perché il gesto che hai appena compiuto dimostra l’esatto opposto. Pochissimi ragazzi al tuo posto avrebbero agito in questo modo, Keith, e sono certo che se mamma fosse qui con noi, sarebbe assolutamente fiera di te. Io per primo sono fiero di avere te come fratello maggiore” le parole di Demi riuscirono a strappare un piccolo sorriso al ragazzo riccioluto; la consapevolezza di essere visto come un esempio da seguire da quello che un tempo era stato il nanerottolo di casa, lo riempiva sempre di orgoglio “e sono anche certo che presto o tardi troverai la ragazza veramente giusta per te, e quando quel momento arriverà, dimenticherai completamente la delusione per Gala. Fidati delle mie parole!”.



 
Quando Jennifer aprì la porta della sua stanza, David notò immediatamente qualcosa di strano nel suo aspetto: aveva le guance arrossate e gli occhi lucidi, benché non sembrasse in procinto di piangere; il chitarrista corrucciò le sopracciglia, piegò leggermente il viso verso sinistra, si appoggiò allo stipite della porta e si preoccupò subito per la sua salute, facendole notare le guance più colorate rispetto al resto del viso.

La giovane donna scrollò le spalle e si affrettò a tranquillizzarlo con un sorriso rassicurante.

“Ho fatto un casino con la doccia ed il bagno si è trasformato in una sauna. Pensa che ho perfino rischiato di ustionarmi il braccio sinistro. Credo che ci sia un guasto con le tubature dell’acqua, in ogni caso ho già avvertito la reception e mi hanno detto che risolveranno il problema nel minor tempo possibile… Tutto qua”

“Mh-mh” commentò Gilmour, notando che i capelli di Jennifer erano perfettamente asciutti anziché essere umidi “io ed i ragazzi siamo appena tornati in albergo. La troupe ha terminato di smontare il palco e di sistemare tutto quanto nei camion. Domani, nel primo pomeriggio, non appena arriverà il nostro pullman saremo pronti a partire. Ci aspetta un viaggio piuttosto lungo, visto che le prossime esibizioni saranno nel Massachusetts”

“Va bene, d’accordo”

“Credi di essere pronta ad affrontare un viaggio così impegnativo?”.

Alla domanda di David, Jennifer inarcò il sopracciglio destro.

“David, stiamo parlando di un viaggio in pullman… Quanto potrà mai essere stancante rimanere seduta per ore ed ore? Non devo mica guidarlo. Sono certa di essere in grado di affrontarlo benissimo, ti ringrazio” ribatté la giovane donna con un mezzo sorriso ironico; quello di cui non era affatto certa di essere in grado di affrontare erano gli sguardi che avrebbe sentito su di sé e le domande a cui sarebbe stata costretta a rispondere… No, a quello non era ancora psicologicamente pronta “e ti ringrazio anche per essere venuto di persona a comunicarmelo, ora sei libero di andare, ci vediamo”.

Jennifer provò a chiudere la porta, ma venne bloccata dalla mano destra di David, appoggiata sul legno chiaro; lo guardò con un’espressione interrogativa ed allarmata perché non si aspettava una simile reazione: voleva liquidarlo il più in fretta possibile e non voleva farlo entrare nella stanza per nessuna ragione al mondo.

Neppure voleva immaginare il casino che si sarebbe scatenato se fosse entrato in stanza ed avesse visto…

“Vorrei entrare un momento, se non ti dispiace”.

Ecco.

Proprio quello che lei non voleva assolutamente.

La giovane donna spostò il peso del corpo da un piede all’altro e non riuscì a trattenersi dall’affondare i denti nel labbro inferiore; si stava fregando non le sue stesse mani, ma non ci poteva fare nulla.

Doveva sforzarsi di apparire calma e naturale, altrimenti David avrebbe iniziato ben presto a sospettare che c’era qualcosa di strano nel suo atteggiamento.

O forse già sospettava qualcosa, visto che le aveva chiesto di entrare nella stanza…

“In effetti, mi dispiace. Sono molto stanca e vorrei…”

“Non ti ruberò altro che pochi minuti, te lo pometto. Ho portato qualcosa per entrambi” Gilmour mostrò all’ex cognata la busta marrone che stringeva nella mano sinistra “prima di tornare in albergo mi sono fermato in una caffetteria. Ho preso un cappuccino caldo ed una ciambella per entrambi, immagino sarai affamata. Ti avverto: il vero cappuccino italiano è tutta un’altra cosa, però anche questo non è male”

“Ti ringrazio per la tua gentilezza, David, ma in questo momento non ho proprio appetito. Perché non porti il cappuccino e la ciambella a Demi? Sono certa che lui li apprezzerà moltissimo. Vorrei riposare un po’, se non ti dispiace”

“Insisto”

“David, per favore, ti ho detto che voglio riposare e gradirei che non continuassi ad insistere… Per favore” la voce di Jennifer si era ormai trasformata in un sussurro, ed i suoi occhi spalancati spinsero il chitarrista ad insistere anziché arrendersi; Pamela aveva proprio ragione: la figlia adottiva minore era una pessima bugiarda, perché le si leggeva tutto in faccia, e David aveva intuito che c’era qualcosa che Jennifer gli stava nascondendo ed era proprio a causa di quello che non voleva farlo entrare in camera.

“Jennifer, pensi davvero che non abbia capito che quella della doccia guasta sia solo una bugia? Cosa mi stai nascondendo?”

“Nulla”

“Allora fammi entrare un attimo, per favore, voglio solo scambiare qualche parola con te” insistette l’uomo, ma la giovane donna scosse con vigore la testa e non si spostò dalla soglia: non poteva farlo entrare! Come avrebbe giustificato la presenza di Roger nella sua stanza? Quali spiegazioni avrebbe dato a David? E come avrebbe evitato di assistere ad uno scontro fisico tra il suo ex marito ed il suo ex cognato?

“Ti assicuro che non sto nascondendo nulla, David, ma ora ti prego di andartene e di lasciarmi riposare. Possiamo parlare più tardi, per favore?” Jen provò a fare un ultimo, disperato, tentativo nella speranza che Gilmour cambiasse idea e decidesse di ascoltare le sue suppliche; ma lui si dimostrò irremovibile, ed anziché togliere la mano dalla superficie liscia di legno ed andarsene, spalancò la porta ed entrò a passo deciso, lasciando la giovane donna ancora immobile sulla soglia a fissare il vuoto, consapevole di essere completamente fottuta.
   
 
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