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Autore: evelyn80    05/12/2020    4 recensioni
Durante una vacanza in Giappone, Conor rimane vittima di uno degli oggetti più temibili del paese del Sol Levante: un bagno ipertecnologico.
Seconda classificata al contest "Nothing But Fics" indetto da Soul_Shine sul forum di EFP
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Conor Mason, Dominic Craik, James Price, Joe Langridge-Brown, Philip Blake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a Soul Dolmayan:
Tantissimi auguri di Buon Compleanno,
a te che sei diventata mia sorellina in spirito
e che mi sei vicina nonostante la lontananza.

 

 

 

Mai fidarsi dei cessi d'oggi

 

 

 

«I cessi di oggi sono dei capolavori di architettura!»
«Oh, magari saranno capolavori, ma dov'è il piacere di un bel bisogno fatto in campagna al levar del sole, o al tramonto sulla riva di un placido fiume?»


[Dialogo tra gli infermieri della Neuro – I due superpiedi quasi piatti]

 

 

 

Tokyo, 5 dicembre 2020

 


Dominic armeggiò con la chiave elettronica della camera d'albergo, cercando di capire come diamine funzionasse quell'aggeggio infernale e quale fosse la fessura in cui andava infilata per far scattare la serratura. Conor, dietro di lui, saltellava sul posto come una scimmietta bionda, le mani a coppa premute sull'inguine.
«Sbrigati ad aprire quella maledetta porta, Dom!», sibilò, la voce resa ancor più acuta dal bisogno impellente. «Mi sto pisciando addosso!».
«Sto cercando di fare del mio meglio, ma non riesco a capire dove cazzo devo infilare la chiave!», replicò il moro, chinandosi verso lo stipite per esaminare meglio la superficie dell'uscio. Così facendo, la cintura dei pantaloni che indossava scivolò verso il basso, lasciando scoperta la fessura tra i suoi glutei.
«Hai provato a metterla qui?», gli chiese suo cugino Phil mentre gli passava alle spalle, diretto verso la stanza che avrebbe diviso con James e Joe, sfiorandogli la parte esposta con le dita.
Dominic si raddrizzò di scatto e scacciò la mano con un gesto irritato.
«Piantala, idiota!», esclamò, tra le risa degli altri tre.
L'unico a non ridere era Conor che continuava a saltellare sul posto, le labbra serrate e gli occhi chiusi, teso nello sforzo di non cedere proprio in quel momento.
«Muoviti!», sibilò ancora, la voce ormai ridotta a uno squittio.
Finalmente il chitarrista riuscì a trovare il meccanismo di apertura – bisognava semplicemente appoggiare la tessera magnetica sotto la maniglia – e la serratura della porta scattò.
Il biondo scansò l'amico con una spallata e si fiondò in bagno, senza nemmeno togliersi il giubbotto.
«Ma se gli scappava così tanto, perché non l'ha fatta prima di uscire dal locale?», chiese Joe, rimasto per ultimo in corridoio.
«E che ne so, io...», ribatte Dominic. «Avrà avuto paura del cesso assassino!».
Con un'ultima risata il biondo chitarrista si ritirò in camera e Dom fece lo stesso. Si era a malapena tolto una scarpa quando un urlo isterico proveniente dal bagno lo fece immobilizzare. Senza neanche togliersi l'altra calzatura corse, zoppicando, verso la porta del bagno. Provò ad aprirla, ma era stata chiusa dall'interno.
«Conor! Conor, tutto bene? Aprimi!».
Gli rispose un mugolio sfiatato.

 


Non appena entrato in bagno, Conor calò i pantaloni e gli slip fino alle caviglie senza neanche guardarsi attorno. Non appena inquadrò e mise a fuoco la tazza del water, però, si rese conto che il coperchio della tavoletta era inesorabilmente abbassato.
Trattenendo a stento un'imprecazione – e i propri bisogni fisiologici ormai sempre più impellenti – si chinò in avanti per sollevarlo, ma senza risultato. Per quanto si ostinasse a tirare verso l'alto, tavoletta e relativa chiusura rimanevano stoicamente appoggiate alla ceramica.
«Cazzo, mi sto pisciando addosso!», mugolò, la mano stretta sul proprio attributo già pronto a rilasciare. Si guardò freneticamente in giro, voltando la testa a destra e a manca, fino a che non notò una sorta di pulsantiera cromata affissa alle piastrelle alla sua sinistra. Le scritte erano minuscole, così si chinò ancora una volta per leggere i comandi. Quando si rese conto che i caratteri rappresentavano tutti degli omini e delle casettine stilizzate – chiaramente ideogrammi giapponesi – si lasciò sfuggire un gemito sgomento.
«E ora come cazzo faccio a far alzare la tavoletta? Dannati cessi tecnologici giapponesi!».
A scanso di equivoci, decise di premere tutti i pulsanti a raffica usando le dita della mano sinistra, perché la destra era ancora impegnata a contenere la fuoriuscita dei propri liquidi corporali.
Con un bip lungo e prolungato, e l'accensione in contemporanea di tutte le lucine verdi presenti sulla pulsantiera, la tavoletta del water si alzò con un lieve sibilo idraulico.
Conor tirò un sospiro di sollievo e di soddisfazione, si mise in posizione divaricando le gambe e iniziò ad espletare i propri bisogni. Ma, all'improvviso, la tragedia! Sulla parete posteriore della tazza si aprì uno sportellino, da cui fuoriuscì un tubo rigido provvisto di alcuni piccoli fori. E, mentre il biondo liberava finalmente la vescica, la testa piegata all'indietro e lo sguardo estatico rivolto al soffitto, un getto improvviso eruttò dal tubo appena apparso nel water, spruzzando la faccia del cantante non solo di acqua, ma anche della propria urina, rispedita al mittente dalla potenza dello schizzo.
Colto alla sprovvista, Conor alzò entrambe le mani a proteggersi il viso, lasciando così precipitare verso il basso il suo attributo che, ovviamente, non aveva ancora terminato il proprio compito. La pipì rimastagli nella vescica, che era molta, si riversò allegramente negli slip e nei pantaloni calati, inzuppandoglieli. Lanciò un grido, iniziando a saltellare istericamente.
Nel frattempo, l'appendice fuoriuscita dal water iniziò a muoversi avanti e indietro, facendo oscillare l'intenso getto d'acqua. Conor fu costretto a muovere le mani allo stesso ritmo per cercare di non venire affogato dal potente schizzo che gli finiva in faccia.
La pulsantiera di comando iniziò ad emettere dei sonori bip sempre più frequenti, e il cantante riprese a gridare, chiedendo aiuto.
Dominic, dietro l'uscio, aveva iniziato a bussare e a scrollare pesantemente la maniglia nel tentativo di liberare l'amico.
«Conor! Apri questa cazzo di porta!».
«Non posso!», gridò, ma le sue parole uscirono in un gorgoglio perché il getto d'acqua proveniente dal water, e diventato ancora più intenso, gli era finito in bocca. Spostò di nuovo le mani verso l'alto per ripararsi la faccia e riprovò. «Non sono io che ho chiuso a chiave, è stato questo dannato cesso!».

 


Dom inarcò le sopracciglia, fissando la porta chiusa davanti a sé.
«Come sarebbe a dire che è stato il cesso a chiudere la porta?».
Dall'interno del bagno, la voce di Conor gli giunse di nuovo attutita e mista a stranissimi rumori liquidi e gorgoglianti.
«Non lo so come ho fatto! Ho premuto i pulsanti a caso! Aiutami!».
Il chitarrista si grattò la testa, perplesso. Non riusciva proprio a capire cosa diamine stesse succedendo all'amico, ma era chiaro che aveva bisogno di aiuto. Tentò nuovamente di strattonare la porta ma senza alcun risultato, così corse in corridoio – una scarpa sì e una no – per chiedere aiuto al cugino e agli altri due.
«Phil! Price! Joe!», gridò, bussando freneticamente alla porta della loro camera.
Il cugino, in canottiera e boxer, gli aprì.
«Si può sapere che cazzo succede?».
«Venite ad aiutarmi, presto! Conor è stato chiuso in bagno dal cesso assassino che ora sta cercando di affogarlo!».
Joe, apparso sulla porta dietro Phil, fissò il collega chitarrista inarcando le sopracciglia.
«Ma che cazzo stai dicendo?».
Dominic non rispose. Voltò loro le spalle e tornò zoppicando nella propria camera, riprendendo a scuotere l'uscio del bagno, all'interno del quale Conor stava ancora urlando istericamente.
«Tiratemi fuori di qui!».
Phil scostò il cugino e iniziò a prendere ripetutamente a spallate la porta, finché finalmente la serratura non cedette. Vinto dall'abbrivio, il bassista andò a finire dentro la stanza da bagno, scivolando sulle piastrelle del pavimento fradicie di acqua e di urina.
«Ma che cazzo...», mormorò, non appena riuscì a recuperare l'equilibrio.
Conor, in piedi davanti a lui con gli slip e i pantaloni arrotolati attorno alle caviglie, era in condizioni pietose. Fradicio dalla testa ai piedi, con i jeans inzuppati di pipì e i capelli biondi appiccicati al viso, il cantante stava ancora saltellando istericamente sul posto, il potente schizzo proveniente dal water che lo bersagliava dritto in faccia.
Cercando di evitare il più possibile di fare la sua stessa fine, Phil si accanì sulla pulsantiera e premette anche lui i pulsanti a caso in cerca dello Stop.
«Ma come cazzo si spegne questo affare?».
«Forse faremmo prima a staccare la corrente», suggerì James, mettendosi a cercare la centralina elettrica all'interno della camera. La trovò dietro una delle ante dell'armadio: la aprì e schiacciò l'interruttore che dava energia al bagno. Le lucine verdi sulla pulsantiera si spensero di colpo e la stanza piombò nell'oscurità. Il getto d'acqua si smorzò con un sibilo sfiatato e il tubo rientrò all'interno della parete del water.
«Non credevo che tu fossi così intelligente, Price», commentò Joe che, seduto su uno dei letti, si stava godendo la scena con un risolino sulle labbra. Il batterista gli rispose con una smorfia.
Nel frattempo, Phil e Dom avevano preso Conor per le braccia e lo stavano aiutando a uscire dal bagno e a tornare in camera, i jeans ancora arrotolati attorno alle caviglie. Il cantante era sconvolto e, con occhi spiritati, lanciava occhiate stranite in tutte le direzioni. I due cugini lo fecero sdraiare sul suo letto e il biondo li lasciò fare, con le palpebre spalancate e le pupille fisse sul soffitto.
Nella stanza cadde il silenzio per alcuni istanti, rotto soltanto dai respiri pesanti di Conor che stava lentamente cercando di riprendersi.
«Ragazzi...», ansimò alla fine. «La prossima volta che deciderete di venire in vacanza in Giappone... io andrò in Alaska, d'accordo?».
«Tranquillo», rispose Dom per tutti. «La prossima volta andremo in Siberia. Così, almeno saremo sicuri di non imbatterci in un altro cesso assassino».

 

 

 

Spazio autrice:

Se avete letto questo delirio dovete ringraziare solo ed esclusivamente Soul_Shine, la giudice del Contest a cui questa storia partecipa, e per due motivi: il primo, perché appunto ha indetto il Contest e io ho deciso di scrivere una fic sui NBT nonostante li conosca pochissimo (e solo grazie alle storie trovate nel fandom qui sul sito); il secondo perché è stata proprio lei, involontariamente, a suggerirmi cosa scrivere: mi ha raccontato di un aneddoto di Conor e il bagno giapponese, e questa è la mia interpretazione di quello che potrebbe essere successo.
Cara giudice e sorellina, perdonami se ho deciso di regalarti questa storia proprio per il tuo compleanno, perché non potrai sclerare prima della scadenza del contest. XD
Per quanto riguarda il funzionamento del gabinetto ipertecnologico giapponese, ho trovato un simpatico video su youtube che ne spiegava appunto ogni funzione, e ho preso spunto da quello. Naturalmente non credo che ci sia anche una funzione in grado di chiudere la porta a chiave, mi sono presa io questa licenza.
Chiedo infinitamente scusa ai 5 ragazzi, sperando di non aver stravolto i loro caratteri, e chiedo scusa anche a voi lettori per la ciofeca demenziale che vi siete dovuti sorbire.

  
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