Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: VigilanzaCostante    05/12/2020    5 recensioni
Neville e Pansy sono diversi, sotto ogni punto di vista, ma si incontrano a metà strada in un Natale solitario, il primo Natale dopo la guerra.
«Guarda guarda… Paciock che viene a bere la notte di Natale? Dove sono i tuoi amichetti?»
Sorrise provocante, un po’ maliziosa e un po’ serpe. Sentiva il mero desiderio di aggrapparsi a qualcosa della sua vecchia vita e prendere in giro Paciock le sembrava perfetto. Ma lui disattese tutte le aspettative: non divenne rosso, non iniziò a balbettare impacciato, non si inciampò sulla sedia e non si sbrodolò; semplicemente sorrise. Le sorrise un po’ divertito e un po’ superiore, come per farle capire forte e chiaro che quella lingua tagliente non lo feriva più.

[Storia partecipante alla challenge "Il calendario dell'avvento delle fanfiction" indetta da Marika Ciarrocchi sul forum di EFP]
[Storia partecipante all'iniziativa "A scatola chiusa" dal gruppo facebook "Caffè e calderotti"]
Genere: Hurt/Comfort, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neville Paciock, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dedico questa storia a Lady Palma, Martina, che in poco tempo è diventata un'amica. Grazie per avermi fatto conoscere questa coppia, me ne hai fatto innamorare
 

Natale ‘98

 
Tutta questa smania
di rompere il ghiaccio
quando, invece,
andrebbe fatto sciogliere
[- Rossicapelli]
 
 
A Pansy il Natale non era mai piaciuto, forse perché quando era piccola i genitori la sommergevano di giocattoli, mentre negli ultimi anni le avevano donato solo macerie. Il primo Natale che Pansy volle passare da sola era quello del 1998, appoggiata con il gomito sul balcone del Paiolo Magico in attesa di qualcosa o qualcuno che la distraesse da quella putrida solitudine.
Mentre si rigirava tra le mani il suo bicchiere di whiskey incendiario sentì uno scampanellio, segno che un altro essere umano era in cerca di compagnia in quel Natale desolato. Il primo dopo la guerra, il primo senza le persone morte, il primo senza Voldemort.
«Una burrobirra, grazie Tom.»
«Subito Neville! E buon Natale!»
Neville? Da quando non sentiva quel nome? Parevano secoli dall’ultima vola che si era interfacciata con Paciock.
«Guarda guarda… Paciock che viene a bere la notte di Natale? Dove sono i tuoi amichetti?»
Sorrise provocante, un po’ maliziosa e un po’ serpe. Sentiva il mero desiderio di aggrapparsi a qualcosa della sua vecchia vita e prendere in giro Paciock le sembrava perfetto. Ma lui disattese tutte le aspettative: non divenne rosso, non iniziò a balbettare impacciato, non si inciampò sulla sedia e non si sbrodolò; semplicemente sorrise. Le sorrise un po’ divertito e un po’ superiore, come per farle capire forte e chiaro che quella lingua tagliente non lo feriva più.
«Potrei dire lo stesso di te Parkinson.»
«La vita non è molto bella per noi non – eroi in questo periodo storico. Poi, odio il Natale.»
Pansy sapeva di essere ingiusta mentre pronunciava quelle parole velenose, ma l’alcol che aveva in corpo le attutì i pochi sensi di colpa.
«È la tua giornata fortunata, cara Pansy, perché io amo il Natale. Sono qui perché mia nonna ha una certa età e smette di tenermi compagnia. Quindi ho tutta la notte per farti cambiare idea sulla magia del Natale.»
Non abboccò alla provocazione sulla guerra, non accennò alle sue ferite psicologiche, né si prese la briga di spiegare dov’erano i suoi genitori. Era semplicemente lì, disarmante nella sua naturalezza e a Pansy venne da ridere. E allora, rise.
 
◊◊◊
 
Forse era ubriaca, forse solo stanca di stare da sola, ma Pansy quella sera si fece trascinare dal (quasi) spavaldo Grifondoro. Non sapeva bene dove la volesse portare, ma fuori dal Paiolo Magico si sentiva il freddo di dicembre fin dentro le ossa.
«Vuoi farmi morire congelata e occultare il mio cadavere per caso?»
«Non hai proprio pazienza, vero?»
No, di pazienza non ne aveva mai avuta, era sempre stata abituata ad avere tutto e subito. Da piccola era la reginetta di casa, i suoi genitori la viziavano e lei metteva il broncio davanti ad ogni “No”. L’avrebbe fatto anche in quel momento, ma il buon senso stranamente prevalse e decise di mantenere un minimo di compostezza.
Neville la trascinò in un parco desolato, illuminato solo dalla luce di qualche lampione. La luna, lontana, non era in grado di abbracciarli con il suo flebile bagliore. Il prato era tutto innevato e per un attimo sembrò a entrambi di tornare a Hogwarts. Il Natale lì risultava magico anche a chi l’ha sempre odiato.
Neville si buttò senza cerimonie su quel manto di neve, iniziando a muovere braccia e gambe in modo goffo. Era leggermente ridicolo, quasi imbarazzante, ma non sembrava essere turbato dallo sguardo allibito della mora.
«Le serpi non sanno divertirsi?»
«Oh Paciock, non immagini nemmeno i modi in cui sappiamo divertirci noi. Abbiamo solo dignità, a differenza vostra.»
Neville non rispose, ma lo trovò triste. Aveva sempre pensato che i serpeverde del loro anno volessero sentirsi adulti prima del previsto, rifuggendo del tutto dal loro animo bambino. Nel tentativo di rimanere distaccati e impassibili, finivano per rovinarsi gli anni più belli. Ne valeva la pena? Già la guerra aveva distrutto la loro adolescenza.
«Su Parkinson, non farti pregare, prova a fare un angelo! Hai paura per caso?»
«Non ho paura Paciock, ma fa un freddo cane! Tu sei pazzo!»
Ma alla fine si buttò vicino a lui, perché lui sembrava starsela spassando e diamine era stanca di trattenersi.
E si divertì, anche se sentiva l’acqua gelata entrare sotto i suoi vestiti, dentro le sue scarpe e sul suo viso. Si divertì anche se alla fine non venne fuori nessun angelo (Paciock perché a te viene e a me no? Sicuramente hai qualche trucco segreto), e si divertì anche se quando si alzò si rese conto di star grondando.
Rimasero seduti sulla neve come due ragazzini e Pansy evocò un fuocherello trasportabile (Wow Pansy, questo incantesimo lo avevo visto fare solo ad Hermione! Te la cavi, eh?).
«E ora qual è il prossimo passo? Mi mostrerai la Pansy del passato, del presente e del futuro?»
«Hai davvero fatto un riferimento a una storia babbana Parkinson?» Lei arrossì, sentendosi colta sul fatto. Odiava il Natale, ma trovava affascinanti le mille storie che i babbani avevano inventato per quella ricorrenza. Tutta la questione di essere tutti più buoni, comprendere i propri errori in nome dell’amore: non ci credeva, non ci avrebbe mai creduto e trovava divertente come l’essere umano si raccontava quelle favolette per stare meglio.
«Quindi, com’era la Pansy del passato? Oltre a essere una bulletta in cerca di attenzioni?»
Toccò a lei stupirsi, a quel punto. Era quasi tagliente la battuta di Neville, arrogante, pungente. Stava tentando di provocare una reazione in lei? Non aveva idea di quanto facile fosse farla crollare, non doveva giocare con il fuoco.
«La Pansy del passato era molto più forte.»
«Voi serpeverde avete una strana concezione di forte.»
«E quale sarebbe la definizione giusta? Tu, per caso?»
«No, penso solo che essere forte non significhi essere stronzi. Non eri forte quando prendevi in giro Hermione per i dentoni, non eri forte quando eri leziosa con i Carrow solo per avere bei voti.»
Pansy fece per alzarsi, stanca di quella discussione e pentita di essere finita tra quei rovi; sibilò, assottigliando gli occhi scuri: «Non sai di cosa stai parlando.»
«Allora dimmelo! Dimmi perché ci denunciavi quando cercavamo di fare qualcosa di buono, non hai idea di quante mazzate ho preso da quei bastardi.» Si stava scaldando anche lui, la voce più grossa e più dura. Era arrabbiato.
«Tu non hai idea della pressione che c’era su tutti noi! Draco ha rinunciato a tutto per seguire i suoi genitori, i miei non erano Mangiamorte ma simpatizzavano! Volevamo tutti quanti far parte di una fazione, non tradire la nostra gente, rimanere uniti. A costo di qualsiasi cosa.»
«Delle persone sono morte, avresti sacrificato la vita di Harry e chissà di chi altro pur di salvarti la pelle.»
«Non pensi che sia umano? Avevo diciassette anni! Avevo paura e nessuno mi aveva dato un’altra possibilità! Nessuno pensava a noi che avevamo il male tra le mura di casa.»
«Anche io avevo diciassette anni, Pansy.»
«Guarda un po’, non siamo tutti come te. Arrivederci Paciock, stammi bene.»
Ormai era livida di rabbia, le pallide guance colorate di rosso dal freddo, dal rancore, dai sensi di colpa. Strinse le mani dentro ai guanti e gli voltò le spalle, facendo per andarsene. Come c’era finita a litigare con Paciock la notte di Natale? Era stata un’idea pessima.
Fece qualche passo ma una mano si strinse intorno al suo polso. Si girò lentamente e il viso adulto di Neville le si parò davanti. Era rosso anche lui, era imbarazzato e improvvisamente di nuovo impacciato. Non c’era traccia dell’eroe che aveva tirato fuori la spada di Grifondoro, era tornato il bambino paffuto di sette anni prima.
«Scusami… mi sono fatto prendere dal momento. Non so come siano andate le cose per te, non volevo giudicarti.»
Pansy rise in modo sprezzante, quasi cattivo, non voleva le sue scuse. Sapeva di aver sbagliato, di essere stata una vigliacca egoista e sapeva di essersi attirata odio con quella frase durante la battaglia.
«I Carrow… non erano più gentili con noi, lui specialmente. È vero, non ci picchiavano, ci davano voti alti, non provavano la maledizione Cruciatus sui Serpeverde del primo anno. Ma non erano gentili nemmeno con noi.»
«Cosa facevano?»
«Tutto quello che una donna non vorrebbe mai le accadesse, Neville. Non potresti capire essendo uomo
Neville non rispose, in modo rispettoso e delicato. Si buttò di nuovo sulla neve e la invitò con un cenno del capo a fare lo stesso, nel tentativo di donare a quella bambina nel corpo di donna un momento di serenità.
 
◊◊◊
 
Neville tenne aperta la porta con il piede, per far entrare una fradicia e tremante Pansy. Lei chiese scusa in anticipo per il lago che avrebbe creato, ma bofonchiando aggiunse: «Anche se è colpa tua.»
In qualche modo erano riusciti a mettere da parte le divergenze e tornare alla spensieratezza dell’angelo di neve. Poi il fuoco avevo smesso di bastare e iniziarono entrambi a battere i denti freneticamente. Neville, però, inspiegabilmente non voleva salutarla e le propose di venirsi a scaldare a casa sua. Non le importava nemmeno del fatto che la nonna stesse dormendo nella stanza accanto.
«Cristo Paciock, sei circondato da piante pure in casa.» Lui arrossì, di nuovo.
«Se vuoi puoi farti una doccia calda, io intanto faccio un po’ di ordine.»
Mezz’ora dopo lei tornò, spavalda come se fosse casa sua, ma umile nel chiedere se gli servisse una mano. Lui, inebetito dai capelli scuri bagnati che le gocciolavano sul collo, non rispose nemmeno; Pansy aveva un buon profumo.
«E ora che si fa?»
«Vuoi un po’ di mince pie
Lei lo guardò interrogativo, non avendo la minima idea di cosa stesse parlando. Una torta natalizia, per caso?
«È un dolce tipico della cultura inglese, i bambini babbani la sera della Vigilia lo lasciano sulla finestra insieme a un bicchiere di latte come dono per Babbo Natale.»
«Credi ancora a Babbo Natale? Ti facevo sciocco, ma mica così tonto! Poi è un’usanza prettamente babbana, tu sei Purosangue.»
«No che non ci credo! Da piccolo però sì, ed è rimasta una tradizione qui in casa. A mia nonna piaceva crescermi con usanze anche babbane, voleva avessi la mente aperta.» Pansy notò che quando parlava di sua nonna gli si gonfiava il petto d’orgoglio; si ritrovò a considerarlo dolce. Una dolcezza che lei non aveva e di cui sentì, improvvisamente, la mancanza. Lei non parlava così dei suoi genitori.
«Va bene, assaggiamola. Spero che Babbo Natale non ci rimanga male però!»
Allora mangiarono, accompagnati da risate e chiacchiere. Ogni tanto Pansy lo zittiva, ricordandogli che c’era sua nonna che dormiva ma Neville, improvvisamente egoista, non se ne curava. La torta era buona ma troppo dolce per i gusti di Pansy e troppo poco per quelli di Neville.
«E i tuoi genitori dove sono?»
«Vuoi farmi credere che davvero non lo sai?» Neville cambiò atteggiamento, di nuovo chiuso, di nuovo timido. Ma Pansy non lo sapeva davvero e inclinò la testa per far incrociare i loro occhi.
«No che non lo so, ma se non me lo dici non morirò di curiosità, quindi tranquillo.» Fallì nel tentativo di non mostrarsi interessata.
«Bellatrix Lestrange e i suoi compari quando ero piccolo li hanno torturati fino alla follia. Ora sono al San Mungo, nel reparto malattie permanenti. Per questo sono cresciuto con mia nonna.» Lapidario, conciso, sbrigativo e Pansy, sinceramente dispiaciuta, decise di non soffermarsi a lungo su quella tristezza: infondo era la notte di Natale.
Gli offrì un morso del suo pezzo di mince pie e cambiò argomento.
«Il Neville del presente vuole sapere qualcosa sulla Pansy del presente?» Lui annuì mentre masticava, meravigliato dall’iniziativa della ragazza di parlare di sé.
«Mi sto prendendo una sorta di pausa, i miei non hanno fatto storie anche perché se le fanno li zittisco.» Neville rise, ma Pansy non stava scherzando.
«E cosa ti piacerebbe fare?»
«Mi piacerebbe fare la giornalista, ma non trovo il coraggio di presentarmi a nessun giornale.»
«Perché no? Ti ci vedrei, ma ti prego non diventare come la Skeeter»
«A me la Skeeter è sempre piaciuta!»
«Secondo me hai le potenzialità per arrivare al successo anche senza i giochetti meschini che faceva lei.»
«Non sono in molti quelli a credere in me Paciock.» Nessuno a dire il vero, nemmeno sé stessa.
«Inizia ad andare a parlare con giornali minori, fatti notare. Ti accompagno io se vuoi dopo le vacanze.»
Pansy, per la seconda volta durante la serata, lo trovò dolce. Trovò dolce la sua ingenuità e la sua innocenza, il suo presupporre un dopo. Le fece paura quel dopo, perché niente di buono può accadere tra il coraggioso per antonomasia e una codarda.
«E tu cosa vuoi fare nella vita?»
«Sto studiando Erbologia all’Università Magica. Vorrei insegnare un giorno.»
«È un bel piano Neville, saresti perfetto come professore.»
«Siamo passati al nome? Ho le allucinazioni o quello era un complimento?»
«Paciock! Non farti strane idee, è colpa di tutto lo zucchero dentro quella dannata torta!»
Ma poi, sorridendo, addentò un altro morso.
 
◊◊◊
 
Una piacevole ballata delle Sorelle Stravagarie aromatizzava il clima in quel salotto. Era una canzone di Natale, incredibile come la band magica si fosse abbassata a comporre quel genere di musica. Avevano lanciato un Muffliato per non ammorbare ulteriormente la povera anziana signora Paciock.
«Mi piacevano di più prima.» Non tardò a precisarlo perché, si sa, doveva avere sempre l’ultima parola.
«Ti piace ballare?»
«Non particolarmente. A te sì invece Paciock, lo ricordo bene.» E ghignò. Dopo il Ballo del Ceppo al quarto anno era girata quella voce secondo cui a Neville piacesse in modo smisurato ballare, tanto da farlo da solo con le scarpe appese al collo e Oscar in braccio.
«Balla con me allora.» Cercò di essere spavaldo ma risultò solo timido, comprensibile per qualcuno che da parecchio non si approcciava a una ragazza: quell’ambito non era il suo forte.
«Mhmm… e cosa ci guadagno?»
«Un momento speciale con il miglior ballerino di tutta Hogwarts?»
Pansy rise, e si chiese perché non avrebbe dovuto farlo. Si alzò e cinse le braccia del moro che con le sue mani grandi le prese i fianchi. Sentì dei brividi percorrerle tutto il corpo, non abituata a un tocco maschile dolce, non violento, non invasivo. Le piaceva quella sensazione quindi si strinse ancora un po’ a lui. Erano sicuramente scoordinati, ma erano una bell’accoppiata. Molleggiarono sulle note dei canti di Natale, senza bisogno di parlare o confrontarsi.
Pansy si sentiva le gambe molli – non le era mai capitato.
Neville si sentiva di nuovo impedito – era da mesi che non succedeva.
«E la Pansy del futuro?»
«Dipende da cosa intendi per futuro,» si staccò dal petto di lui e lo guardò negli occhi con fare malandrino «potrebbe essere tra un anno, tra due mesi, domani o nei prossimi secondi.»
«Perché… dove ti vedi nei prossimi secondi?» Neville non stava capendo, il suo viso era il ritratto della confusione.
Ma Pansy, sfrontata come solo lei sapeva essere, si mise in punta di piedi e gli diede un bacio. Un bacio lungo, caldo, che sapeva di dolcetti natalizi e camino acceso. Non se ne pentì nemmeno quando si staccò e lui la guardava tra lo sbalordito e l’instupidito. Pensò che, a volte, valeva la pena sciogliersi per qualcuno. Anche se quel qualcuno era il coraggioso per antonomasia e lei solo una vigliacca che ha sempre odiato il Natale.

 
 


NDA:
Oggi è il 5 dicembre, il mio compleanno, quindi per la challenge “Calendario dell’avvento delle fanfiction” mi sono accaparrata questo giorno, il cui prompt era neve.
Questa storia, inoltre, partecipa anche all’iniziativa “A scatola chiusa” del gruppo facebook “Caffè e Calderotti”, la cui traccia era: Natale con il “Grinch”! Ossia: il personaggio protagonista del racconto per qualche ragione non ha nessuna intenzione di godere dell'atmosfera natalizia né di festeggiare, è anzi di cattivo umore, sminuisce e sbeffeggia tutto ciò che ruota attorno a questa festa eccetera – a voi se renderlo burbero, malinconico o altro. Se alla fine cederà al clima natalizio o meno è una vostra scelta. Di pari passo, a scelta è anche il genere del racconto: può essere una commedia allegra, un viaggio introspettivo, uno spaccato drammatico, una commedia romantica, può avere persino toni caricaturali, l'importante è rispettare la traccia e addossare al protagonista questo atteggiamento “Grinch”.
In caso di coppia protagonista, è a vostra scelta se a essere Grinch siano entrambi o solo uno.
 
Ho scoperto questa coppia da poco, e nello scrivere di loro sono diventati una delle mie preferite. Tratteggiare il carattere di Pansy e intrecciarlo con quello di Neville è stato interessante e avvincente, proprio perché sono così diversi. Qualche noticina per spiegare:
  • Quando dico “la notte di Natale”, intendo la notte a cavallo della Vigilia e del 25
  • Ho cercato di rendere il più reale possibile le motivazioni di Pansy riguardo alla guerra, spero sia risultata credibile e IC
  • Ho aggiunto, solamente accennato, una cosa che spero di approfondire in future storie che scriverò di loro. Ho sempre pensato che i Mangiamorte si sentissero liberi di sfruttare sessualmente le donne, babbane, mezzosangue o purosangue che fossero. Ho pensato che non dovesse essere stato facile nemmeno per i Serperverde quell’anno con i Carrow.
 
Spero che questa one shot vi possa piacere, ci tengo moltissimo!
Un bacio!
VigilanzaCostante
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: VigilanzaCostante