Serie TV > Merlin
Ricorda la storia  |      
Autore: Amber    06/12/2020    1 recensioni
Tratto dalla storia. Merlin!centric
[...] Era masochista mentre lo serviva, da buon servitore qual era e lo preparava per la giornata che doveva affrontare in modo efficiente e accurato: lo lavava con più cura del normale posando le mani insaponate sulle sue spalle, lisciava più volte del necessario le vesti, indugiava fin troppo con le dita tra i suoi capelli mentre posava la corona sul suo capo. Si rendeva conto, giorno dopo giorno, che non voleva lasciarlo andare, tentando inutilmente di tardare l’inevitabile: non voleva lasciarlo alle cure di Gwen, non voleva abbandonare la stanza quando lei era presente consapevole che sarebbero rimasti soli, non voleva lasciargli alcuna intimità e comprendeva, con chiarezza allarmante, di essere geloso. E invidioso. Di Gwen. [...]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gwen, Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ok, questa è una prova. Mi sono improvvisamente chiesta: cosa succederebbe se Merlin si rendesse conto di amare Arthur, ma quest’ultimo non lo ricambiasse? Dopotutto è innegabile che Arthur ami Gwen (almeno inizialmente), quindi ho voluto provare anche se gente, sono una Merthur convinta quindi non stupitevi troppo del finale, è più forte di me. Diciamo che metto negli avvertimenti l’OOC per sicurezza, perché da un lato credo di aver esagerato ma dall’altro no (?). A voi l’ardua sentenza.
Comunque siamo esseri umani e a chi non è successo almeno una volta di sentirsi gelosi e invidiosi e di odiare senza ragione qualcuno?
In ogni modo alla fine Arthur se ne renderà conto anche se non nel modo consono di cui ho letto mille volte. Ve l’ho detto, è totalmente una prova.
Piccola precisazione: siamo nel futuro ovviamente, Arthur è sopravvissuto a Morgana e sa della magia di Merlin.
Buona lettura e a presto spero
Amber
 
FELICITÀ AMARA
 
Merlin aveva sempre saputo di essere un masochista.
Lo era mentre osservava ossessivamente Gwen stringersi ad Arthur, mentre invidiava il sorriso che poteva rivolgergli alla luce del sole, mentre le mani di Arthur si appoggiavano lievi sul corpo di lei trattandola come cristallo, mentre le sfiorava la bocca con un bacio quando si congedava da lei, o quando la porta delle stanze reali si richiudevano alla sue spalle ritirandosi per la notte.
Era masochista mentre lo serviva, da buon servitore qual era e lo preparava per la giornata che doveva affrontare in modo efficiente e accurato: lo lavava con più cura del normale posando le mani insaponate sulle sue spalle, lisciava più volte del necessario le vesti, indugiava fin troppo con le dita tra i suoi capelli mentre posava la corona sul suo capo.
Si rendeva conto, giorno dopo giorno, che non voleva lasciarlo andare, tentando inutilmente di tardare l’inevitabile: non voleva lasciarlo alle cure di Gwen, non voleva abbandonare la stanza quando lei era presente consapevole che sarebbero rimasti soli, non voleva lasciargli alcuna intimità e comprendeva, con chiarezza allarmante, di essere geloso. E invidioso.
Di Gwen.
Dei sorrisi che lui le rivolgeva, delle attenzioni di cui la ricopriva, dei baci che si scambiavano in intimità e delle notti che passavano insieme, della pelle che lei poteva baciare e che poteva toccare per il puro piacere di farlo.
E quando si svegliava nel cuore della notte, l’unica cosa che si rendeva conto di poter fare maledicendo se stesso era piangere pieno di vergogna e umiliazione.
 
Quindi corse ai ripari e iniziò evitando Gwen. Se non l’avesse più vista forse poteva mettere a tacere il mostro dentro la sua pancia che lo stava pregando di… non lo sapeva nemmeno lui. Ma era pericoloso, e lucidamente, razionalmente, sapeva di non poter fare niente.
Per questo la evitò.
Svoltava al primo angolo quando sentiva la sua voce, cambiava strada quando credeva di scorgere l’orlo del suo abito, cambiò gli orari in modo da non incontrarla nella stanza reale e con grande ed immensa fatica faceva orecchie da mercante quando Arthur la nominava.
Ma non funzionava. Non poteva funzionare. Lui era il servitore personale del Re e Gwen era la Regina. Merlin non poteva sfuggire alla vista dell’abito posato malamente sulla sedia o alla visione della camicia da notte buttata a terra, alla spazzola abbandonata sul ripiano e ai pasti che i due sovrani consumavano insieme.
Abbandonare Arthur era escluso, era un pensiero che non lo sfiorava neppure: tutto il suo essere rifiutava l’idea.
Era in trappola e non poteva scappare da nessuna parte.
 
Ma stava diventando cattivo e crudele, nei suoi sogni almeno. Sognava un mondo in cui lei non esisteva, un mondo in cui Arthur non la guardava e non la amava. Sognava un universo in cui Arthur rideva e lui poteva zittirlo con un bacio, dove poteva inginocchiarsi ai suoi piedi e vedere la sua espressione mentre glielo succhiava e mentre lo scopava adorando la sua schiena.
Si ritrovava la notte a soffocare le lacrime e a gridare contro il cuscino premuto sul volto e a mordersi la lingua in loro presenza tanto da sentire il sapore del suo stesso sangue, perché avrebbe potuto dire qualcosa che sapeva non essere suo diritto dire
"Vattene"
"Non toccarlo"
"Ci penso io"
"Sparisci"
Quindi che fare? Non poteva parlarne con il diretto interessato, non poteva di sicuro dirlo a qualcun altro, men che meno a Gaius, anche se avvertiva come una patina appiccicosa la sua preoccupazione sempre più lampante.
Non poteva neanche andarsene, perché stare lontano da Arthur gli provocava dolore fisico. Non poteva passarci sopra e non aveva la forza di ignorarlo.
 
Scoprì che il sidro in grandi quantità zittiva i sogni, i pensieri… e il cuore. La prima volta era successo quasi per caso, il giorno dopo era stato malissimo a causa della nausea ma si era distratto abbastanza da passare quasi una giornata normale, come quelle di prima che il suo masochismo lo annichilisse. La seconda l’aveva cercata un paio di settimane dopo per tornare a provare la sensazione di nulla, ma Gaius gli aveva tirato via la bottiglia che non aveva raggiunto nemmeno la metà
-Ragazzo, no- lo aveva sgridato con il suo sguardo saggio. Se avesse saputo davvero non gli avrebbe lasciato finire solo quella bottiglia.
Così era andato alla taverna. Per la prima volta c’era andato davvero, senza che fosse una scusa mentre compiva chissà quale missione segreta. E non c’era stato solo una volta.
Si era reso conto di star esagerando quando una mattina si era risvegliato in un letto che non era il suo accanto ad un biondino ben piazzato che non aveva la minima idea di chi fosse e che non aveva mai visto. Buio totale.
La parola rimpiazzo era rimbalzata nella sua mente come impazzita facendolo vergognare come un ladro.
Era fuggito dalla stanza senza una parola, aveva vomitato al primo angolo disponibile e non aveva più messo piede in quel posto.
Arthur si era arrabbiato parecchio quel giorno con lui e Gwen lo aveva tranquillizzato con un bacio, proprio davanti al moro. Gli era tornata la bile in gola e aveva desiderato scomparire
-Ieri sera sono stato alla taverna- aveva ammesso allora, solo per il desiderio di vederli staccare l’uno dall’altro –Questa mattina mi sono svegliato là-
Arthur lo aveva osservato severamente pieno di disapprovazione, il braccio che cingeva la vita di Gwen e aveva stretto le labbra in una linea sottile giungendo chissà a quale conclusione. Non gli aveva chiesto altro e di sicuro Merlin non gli avrebbe mai confessato di essere stato a letto con un uomo, un rimpiazzo di cui non ricordava nemmeno il nome e con un solo sprazzo di ricordi della notte.
 
Se non poteva bere allora doveva trovare un altro modo e per un po’ ammazzarsi di lavoro funzionò. Oltre ad essere il servitore del Re raddoppiò l’aiuto che dava a Gaius, visto che stava comunque diventando anziano e tendeva a stancarsi più velocemente, iniziò ad aiutare in cucina nei tempi morti e si prese l’incarico di lucidare ogni giorno le armi, gli scudi e le armature dell’armeria. Arrivava alla sera tardi così stravolto che non faceva quasi in tempo a sdraiarsi che già dormiva un agognato sonno senza sogni.
Resistette si e no una luna poi crollò perché, magia o meno, era comunque solo un essere umano con il fisico di una donzella come avrebbe detto qualcuno di sua conoscenza.
Arthur lo aveva preso al volo mentre inciampava sul nulla nella stanza reale e si accasciava a terra mezzo moribondo, la febbre da stanchezza che gli bruciava gli occhi
-Ma cosa stai combinando stupido idiota?- gli aveva chiesto Arthur accompagnandolo a terra in modo che non sbattesse la testa. E nel suo sguardo c’era angoscia, paura e preoccupazione, mentre gli passava le mani sul volto con delicatezza e gli stringeva le mani tra le sue
“Antichi Dei” aveva pensato il moro stretto in quel mezzo abbraccio e beandosi dello sguardo preoccupato del suo Re “Fermate il tempo qui” aveva pregato.
E invece aveva sussurrato percependo appena la confusione del biondo
-Non voglio più sognare-
Lui voleva bene a Gwen, davvero. Come Regina era buona, giusta e perfetta. Ma la odiava. Dio, quanto la odiava. E a volte aveva paura che quel sentimento gli trasparisse dagli occhi quando posava per sbaglio lo sguardo su di lei. L’invidia gli accecava il cervello rendendolo sordo e cieco mentre il cuore, giorno dopo giorno, si avvelenava.
Il giorno dopo stava bene. Arthur aveva indetto una riunione e aveva ordinato a tutti di non farsi più aiutare da Merlin se non strettamente necessario
-Lui è il mio servitore e basta, chiaro? Non mi interessa se si propone, lui è mio e basta-
Poi lo aveva chiamato in disparte e gli aveva chiesto quale fosse il suo maledetto problema
-Nessuno. Sono solo…- Sopraffatto. Disperatamente innamorato. Invidioso. Masochista. Aveva ingoiato tutto e aveva scosso la testa pesante quanto un macigno –Non accadrà più-
Arthur aveva annuito
-Bene. Ora vai a dormire, hai la giornata libera- lo aveva congedato.
 
I sogni erano crudeli, ma aveva solo quelli quindi aveva tentato un ulteriore approccio per affrontare quell’immenso casino: li aveva cercati come un assetato nel deserto godendoseli. Per questo aveva iniziato a dormire tanto, in ogni occasione possibile e si era beato di avere Arthur solo nei suoi sogni. E l’Arthur dei sogni era identico all’Arthur reale, solo forse più felice. Ma quello era perché desiderava per se quella felicità e perché nella sua immaginazione il biondo era più felice insieme a lui.
Sognava di essere prigioniero sotto il suo corpo, di fare il bagno insieme a lui e di cavalcare nei boschi, di baciarsi come se il bisogno di ossigeno fosse relativo e di farsi scopare come se il giorno dopo non esistesse. Sognava di ridurlo come creta nelle sua mani mentre lo faceva gemere sotto di se, la corona ancora posata sul suo capo, o mentre ridevano di sciocchezze nella sua stanza svolgendo i loro compiti quotidiani da sovrano e servitore.
Era bello e perfetto. Era un mondo dove lui era felice, dove non odiava Gwen e non invidiava nessuno. Un mondo in cui non c’era alcuna Regina accanto al Re di Camelot.
Poi un giorno aveva sbagliato. Aveva sbagliato clamorosamente. Perché l’Arthur reale non era l’Arthur dei suoi sogni e lui non stava dormendo. Quindi quell’Arthur non era suo. E lui, in un momento di leggerezza, aveva confuso la realtà con la fantasia.
Merlin nella realtà non poteva chinarsi su Arthur, seduto alla scrivania a leggere i rapporti di quel giorno, e baciargli la base del collo, proprio sotto l’attaccatura dei capelli, mentre gli passava vicino sfaccendando in giro per la stanza.
Arthur si era irrigidito con un palo e Merlin era rimasto agghiacciato dal suo stesso gesto, le labbra ancora premute sulla pelle calda del suo Re. Ed era la prima volta che lo toccava davvero. Anche se nei suoi sogni quel gesto si era ripetuto un milione di volte, perché nella sua immaginazione il suo Arthur adorava che gli baciasse quel punto.
Lo investì il suo odore per prima cosa, poi la sensazione della pelle sotto le sue labbra e infine il calore. Era vero, reale.
Tutto ciò che aveva in mano gli era caduto. Arthur si era portato la mano nel punto incriminato e si era voltato di scatto verso di lui che si era allontanato come se avesse le ali ai piedi e improvvisamente aveva le spalle contro la nuda roccia.
Arthur lo stava ancora guardando con gli occhi enormi puntati su di lui, sconvolto e Merlin aveva boccheggiato senz’aria, improvvisamente pallido
-Io… mi dispiace io non… è stato…- Un riflesso. Un abitudine irreale. Una pazzia –Perdonatemi-
Era scappato dalla stanza e si era nascosto nella prima taverna disponibile e aveva bevuto. Tanto. Troppo. Il bicchiere pieno che non era mai abbastanza. Aveva pianto stringendo la bottiglia nella sua mano e si era maledetto ad alta voce mentre l’oste lo teneva d’occhio preoccupato.
La mattina seguente, dopo un traumatico risveglio sotto il tavolo, quasi non si ricordava nemmeno cosa fosse successo la sera prima tanto la testa pulsava
-Dove diavolo sei stato? Ti ho cercato per un sacco di tempo!- aveva gridato il Re appena gli era comparso davanti. Merlin aveva gli occhi rossi e barcollava ancora un po’, così si era stretto nelle spalle e si era limitato a stare zitto non fidandosi della sua stessa voce –Sei tornato alla taverna- E quella era una costatazione, non una domanda. Il moro non aveva nemmeno avuto la forza di mettere in fila due parole per giustificarsi –Cos’è successo ieri sera?- gli aveva chiesto.
Il servitore si era chiesto se Arthur intendesse il colpo di testa del bacio o se parlava della taverna. Decise per una risposta vaga e coincisa, confusa quasi quanto lo era la sua testa
-Niente…- Si era concentrato -Credo-
-Senti Merlin, ora mi hai stufato. O mi dici che c’è o se no te ne vai da Gaius e ci rimani- lo aveva minacciato.
Merlin si era congelato sul posto e aveva scosso la testa, gli aveva puntato addosso i suoi occhi enormi, improvvisamente lucidi
-Mi spiace, non ricapiterà mai più- aveva promesso –Lo giuro solo… non cacciatemi-
Perché non posso vivere se mi cacci, aveva concluso nella sua testa dolorante.
Arthur lo aveva scrutato, le labbra strette e aveva annuito una sola volta
-Ok. Ora vatti a lavare e poi torna qui quando ti sei ripreso-
Aveva trovato Gwen appena un corridoio più in là e lei gli aveva sorriso preoccupata costringendolo in un abbraccio
-Se vuoi parlare sono qui- gli aveva sussurrato.
Le voleva bene, si era ricordato mentre corrispondeva rigidamente l’abbraccio. Chissà se Arthur le aveva raccontato cosa aveva fatto. Chissà se lei si rendeva conto di…
-Quanto sei fortunata- le aveva mormorato all’orecchio e si era allontanato barcollando con lo sguardo confuso di lei puntato sulla schiena.
 
I sogni erano di nuovo suoi nemici. Non poteva permettersi altri errori. Non poteva aiutarsi con la magia a dimenticare o a far sparire quei sentimenti che lo stavano mangiando vivo da dentro, quindi era tornato a concentrarsi sul lavoro e aveva iniziato a contare prima di fare o dire qualunque cosa.
Non era migliorato, ma non era nemmeno peggiorato.
Da bravo masochista qual era si era concentrato ancora di più sul rapporto tra Arthur e Gwen per convincersi che non c’era spazio per lui, che tutto era come doveva essere, che quello sbagliato era lui. Doveva mettersi in quella testa dura che Arthur era di Gwen e basta
“Non c’è spazio per me” si ripeteva come un mantra ogni volta che li vedeva insieme.
 
Successe quando aveva la guardia abbassata. Ed era stato così stupido a non pensarci mai, neanche una volta. Come poteva essere stato così ingenuo?
Arthur e Gwen erano seduti sui loro troni e stavano ascoltando il popolo come facevano da quando avevano preso la reggenza. Entrambi avevano ritenuto giusto indire due pomeriggi a settimana per ascoltare direttamente le lamentele del popolo in modo da risolvere le varie questioni più importanti direttamente e in modo che lo stesso popolo li sentisse vicini e non due figure irraggiungibili. Merlin era a fianco al trono di Arthur, teneva la distanza consona e non apriva bocca, non si faceva avanti se non interpellato e rimaneva per lo più immobile fino a quando di solito Arthur non aveva bisogno di qualcosa o veniva congedato a fine riunione.
E fu lì che lo aveva visto, insieme a quella che immaginò fosse la sua famiglia: il rimpiazzo con cui si era svegliato quella mattina dopo la sbronza colossale alla taverna. Si ricordava poco, giusto l’essenziale della sua prima e ultima notte di sesso, non sapeva nemmeno il suo nome, ma ricordava il suo viso e il fatto che fosse biondo e ben piazzato e alla luce del giorno aveva notato gli occhi castani
“È un pastore” aveva realizzato con la bocca arida. Ed era lì, davanti a lui e ad Arthur.
Il ragazzo lo aveva notato in quel momento rimanendo piacevolmente stupito anche lui. Addirittura era arrossito come credette fosse arrossito pure lui, di vergogna e di sorpresa. Dei pochi ricordi che aveva di quella notte la vergogna tra loro due avrebbe dovuto essere un concetto relativo perché ricordava perfettamente gli ansiti e i gemiti, ricordava anche di avergli chiesto di più e più forte. Sperò con tutte le sue forze che il giovane non facesse nulla di stupido, invece oltre al danno la beffa: il rimpiazzo aveva alzato la mano nella sua direzione
-Ehi-
A lui, che era posizionato accanto al trono di Arthur. Ehi.
Il violento desiderio di strozzarlo lo aveva lasciato per un attimo senza fiato.
Arthur si era voltato verso di lui perplesso e aveva alzato il sopracciglio
-Lo conosci Merlin?-
Il moro si era pizzicato il braccio perché era sveglio e tale doveva rimanere mentre tentava di arginare la diga che si stava inesorabilmente sgretolando davanti a lui
-Credo di averlo già visto in giro mio signore- aveva risposto formale e aveva pregato che gli bastasse.
Arthur si era stretto nella spalle e Gwen aveva chiesto alla famiglia di pastori quale problema avessero. Merlin era rimasto per tutto il tempo con lo sguardo puntato verso il pavimento in modo da non dover corrispondere allo sguardo del ragazzo chiaramente scalpitante e aveva pregato che se ne andassero in fretta.
Grazie al cielo, molto prima di quello che si era aspettato, aveva sentito Gwen congedare la famiglia con la promessa che avrebbero sistemato chissà cosa
-Aspetta un attimo tu, ragazzo-
Arthur aveva bloccato la famiglia che si era inconsapevolmente stretta attorno al giovane pastore, improvvisamente timorosi anche se non avevano fatto nulla di male
-Si mio signore- Il biondo era avanzato appena chinando il capo
-Mi sembra di capire da come lo guardi che hai bisogno di parlare con il mio servitore, ho interpretato bene?-
-Ecco, mi piacerebbe- aveva ammesso il ragazzo e Merlin lo aveva guardato con l’espressione più terribile che aveva nel repertorio.
Sta zitto, gli aveva urlato con il cuore, con la mente e gli occhi. Stai zitto
-Ti deve dei soldi forse?- aveva riso Arthur un po’ perplesso
-No mio signore solo…- Il rimpiazzo aveva sorriso appena, improvvisamente timido, e Merlin avrebbe solo voluto colpirlo –Mi piacerebbe parlare con lui dopo…- Si era morso le labbra, conscio di aver detto più di quello che doveva.
Lo avrebbe ucciso. Non solo, lo avrebbe torturato e solo alla fine gli avrebbe concesso la misericordia di una morte veloce da Kilgharrah così che non rimanesse di lui nemmeno il più piccolo ossicino
-Dopo cosa?- Il pastore era arrossito se possibile ancora più di prima e aveva abbassato la testa, incassandola tra le spalle senza osare rispondere. Il silenzio si era fatto pesante e Arthur si era irrigidito, improvvisamente consapevole –Ah-
Merlin aveva iniziato a contare i secondi, le pietre che intravedeva tra un drappo e l’altro, i granelli di polvere, il suo respiro, contava i battiti del suo cuore e desiderava solo andarsene, scomparire, eclissarsi. Tutti i casi successivi non li aveva nemmeno sentiti mentre il fischio nelle orecchie lo assordava.
Appena la sala si era svuotata aveva fatto un veloce inchino e se ne era andato a grandi passi. Aveva cercato l’aria e uno spazio aperto in cui potersi confondere e nascondere, ma appena era arrivato alla cittadella il sole era troppo luminoso, la gente troppo rumorosa e lui non riusciva ancora a respirare bene. Forse andava bene uno spazio chiuso, buio e angusto da cui non uscire mai più.
Aveva sentito improvvisamente il suo nome scandito nell’aria e quando si era girato aveva trovato Arthur che stava marciando verso di lui, sul viso un’espressione spaventosa.
Era scappato, perché non era abbastanza calmo per affrontare una qualunque conversazione, non era abbastanza in se nemmeno per parlare decentemente.
Era andato nelle stalle sicuro di averlo seminato dopo dieci svolte e cambi di percorso. Forse sarebbe riuscito a stare in pace, almeno fino a quella sera quando avrebbe dovuto affrontarlo. Non poteva sfuggirgli per sempre. L’importante era che non fosse in quel momento, quando ancora faceva fatica a sentire altro se non il tamburo del suo sangue pompato nelle orecchie.
Ma nulla andava mai come voleva.
L’odore del fieno posato lì vicino era intossicante e la paratia dietro cui si era rifugiato non lo poteva nascondere quando Arthur entrò sbattendo la porta dietro le proprie spalle scongiurando una qualunque fuga
-MERLIN- aveva gridato.
I cavalli avevano nitrito spaventati e lui era rimasto immobile, irrigidito sul posto mentre continuava a dargli le spalle
-Non adesso- aveva pregato in un sussurro spingendo le spalle contro il legno in un vano tentativo di inglobarsi tra le fessure.
Arthur gli era comparso davanti ed era talmente arrabbiato che tutto in lui tremava
-Chi diavolo era quel pastore e cosa hai fatto?- Merlin aveva scosso il capo, le mani gelide. Non poteva dirglielo –Dimmelo- aveva sibilato
-No-
-Dimmelo o ti giuro, ti giuro che ti ammazzo, qui e adesso e me ne frego della tua magia. Non avrai il tempo di dire nemmeno una sillaba-
Aveva posato la mano sull’elsa della spada e Merlin aveva stretto le labbra, rosso in viso e completamente ghiacciato sul posto
-Non adesso- aveva ripetuto
-Dimmelo adesso- Il biondo lo aveva scosso per le braccia ed evidentemente non gli importava niente se stalliere e garzone lo avessero sentito
-Mio signore…- Infatti eccoli e Merlin aveva quasi pianto di sollievo nel vedere i due anche se sporchi di  fango e letame. Con loro lì Arthur sarebbe stato costretto per forza a…
-FUORI- aveva gridato il biondo e aveva sfoderato la spada puntandola verso di loro. Era completamente fuori di se e i due erano scappati via, proprio come ordinato. Arthur aveva riabbassato la spada senza però rinfoderarla ed era tornato a guardarlo negli occhi –Adesso Merlin-
-L’ho incontrato alla taverna- aveva risposto e aveva provato a darsi un contegno. Si era raddrizzato e si era schiarito la voce anche se ancora tremava. Lo aveva visto molte volte arrabbiato, ma mai così con lui. La sua ira lo paralizzava e lo affascinava allo stesso tempo. Una volta aveva sognato un’ira del genere ma… Si era pizzicato forte il braccio perché non poteva ricordarsene, non adesso, non quando il filo del rasoio era sottile e doloroso –Non mi ricordo quasi niente, lo giuro-
-Lui si ricorda però- lo aveva accusato
-Non so nemmeno come si chiama-
-Non me ne frega niente. Voglio sapere cosa hai fatto. Dimmelo Merlin. Perché sto pensando a cose e impazzisco se non me lo dici ad alta voce-
-Io… Abbiamo fatto sesso- aveva ammesso pianissimo, e tra il respiro affannoso di Arthur e quello dei cavalli gli sembrava di aver sparato un colpo di cannone. Aveva sentito il viso chiazzarsi di rosso per l’imbarazzo –Mi sono svegliato il giorno dopo con lui ma… non mi ricordo niente-
Il biondo lo aveva osservato, implacabile, una smorfia gli stava delineando il viso
-Prima hai detto che qualcosa ti ricordi- lo aveva stanato sibillino
-Qualcosa ma…-
-Dimmi cosa ricordi-
-No-
-Dimmelo o lo porto qui e me lo faccio dire da lui visto quanto sembrava desideroso di parlare-
Merlin aveva boccheggiato e aveva chiuso gli occhi pieni di umiliazione
-Abbiamo bevuto insieme- aveva iniziato –Ci siamo baciati fuori dalla porta. Poi non lo so, ricordo che ero appoggiato alla parete, o alla porta, ma la camera era piccola e spoglia e…- Si era interrotto di colpo
-E?-
-Non mi ricordo-
-Cazzate. Dimmelo- Gli aveva puntato la lama contro e aveva premuto la punta sul ventre –Dimmelo- aveva ripetuto
-No- Merlin aveva cercato un pizzico di orgoglio dentro di se e aveva scostato la lama con un gesto brusco –No-
-Ti sei fatto scopare da quello proprio come fa una puttana?- lo aveva ripreso velenoso
-Vai al diavolo- aveva tremato stringendo i pugni in una morsa –Davvero, vai al diavolo-
-Quindi è così-
-No!-
-Bugiardo. Non ti ricordi neppure chi sia-
-Lasciami uscire di qui- aveva fatto un passo avanti ma Arthur lo aveva spinto indietro con una manata sul petto
-Ti è piaciuto farti usare come un trastullo qualunque?-
-Non è andata così!-
-Se lo avessi saputo avrei cercato personalmente qualcuno di più adatto-
-Piantala!-
-Tanto per essere usati uno vale l’altro no?-
-Era lui il rimpiazzo!- gli aveva gridato Merlin esasperato e nel dirlo aveva chiuso gli occhi e si era premuto le mani sul volto, per zittirsi, per rimangiarsi quelle parole che ormai erano uscite diventando reali.
Arthur lo aveva osservato stringendo gli occhi e Merlin aveva puntato lo sguardo in un punto imprecisato nella parete opposta
-Un rimpiazzo di chi?-
-Me ne vado, lasciami andare-
Aveva provato a sorpassarlo ma Arthur lo aveva bloccato di nuovo spingendolo contro la paratia
-Di chi Merlin? Dimmelo-
-No- Non si sarebbe reso più ridicolo di così –Se ti faccio schifo me ne andrò oggi stesso e non mi rivedrai mai più. Non mi metterò tra te e Gwen- ammetterlo ad alta voce era stata la cosa più difficile di tutte. Il rospo in gola si era gonfiato tanto da soffocarlo e non aveva potuto impedire alle lacrime di scendere.
Arthur lo aveva lasciato di colpo e si era allontanato di un passo, la lama abbandonata lungo il fianco. L’ira passata, sgonfiata come un palloncino
-Tu hai usato lui- aveva compreso monocorde. Merlin era rimasto chiuso nel suo patetico silenzio e aveva atteso la condanna –Ti è piaciuto solo perché è biondo?- aveva domandato e il moro aveva stretto le labbra ingoiando la risposta. Arthur aveva continuato a guardarlo seriamente –Non posso darti quello che vuoi-
Il moro aveva chiuso gli occhi con le lacrime che non volevano saperne di fermarsi. Lo sapeva già, lo aveva sempre saputo. Non c’era bisogno di girare il coltello nella piaga
-Lo so-
-Ma non ti permetto di andartene come se nulla fosse: sei il mio servitore-
-Ok-
Arthur lo aveva osservato in silenzio e aveva stretto le labbra in una linea dura ma non crudele come era stato fino a qualche minuto prima
-Devi fartela passare-
Incredulo, Merlin aveva riso senza alcuna gioia e aveva corrisposto lo sguardo
-Mi prendi in giro- aveva iniziato. Si era tamponato gli occhi e aveva scosso il capo –Cosa credi stia facendo negli ultimi mesi a questa parte? Pensi che mi stia divertendo? Perché credi che mi sia ammazzato di lavoro, o mi sia ubriacato un giorno si e l’altro pure per settimane?-
-Non posso Merlin-
-Lo so-
Erano rimasti in silenzio e il servitore aveva sentito distintamente l’avvicinarsi del suo punto di rottura, il punto di non ritorno
-Puoi gestirlo?- gli aveva chiesto il biondo piano
-Posso gestirlo non temete- aveva risposto, le distanze sociali di nuovo ripristinate. Gli aveva indicato la porta in un chiaro invito –Per favore- aveva aggiunto.
Arthur aveva annuito e si era allontanato dirigendosi verso la porta.
Il punto di rottura lo aveva gelato sul posto. Aveva premuto il visto contro la parete nascondendosi al mondo e, inconsapevole se Arthur avesse già abbandonato o meno il luogo, aveva singhiozzato forte.
 
Da quel momento erano passati interi giorni e nessuno aveva detto niente.
Merlin non sapeva se c’era lo zampino di Arthur che aveva fatto leva sul suo potere di Re, ma nessuno aveva sollevato l’argomento, la corte non aveva fatto domande e il moro ne era stato estremamente grato.
D’altro canto lui, dopo quel giorno nelle stalle, si sentiva incredibilmente meglio. Il fatto che la verità fosse venuta fuori e lui si fosse in un qualche modo confessato aveva alleggerito la sua mente e il suo cuore e finalmente era riuscito a dormire decentemente. Si era sentito abbastanza bene da mettere da parte la bottiglia e si era sentito finalmente se stesso e non quell’ombra oscura che aveva preso possesso della sua mente per tutto quel tempo.
Non aveva dimenticato, i sentimenti non si erano spenti o raffreddati, ma ne era venuto a patti e ora riusciva quasi a conviverci. Non si svegliava più nel bel mezzo della notte piangendo, non provava più verso Gwen quel sentimento così graffiante da terrorizzarlo, ma avere la consapevolezza che Arthur sapeva e che lo aveva accettato rendeva il tutto assurdamente… bello. Poteva guardarlo senza vergognarsi e fantasticare non sembrava più una cosa sporca.
Arthur non pareva farci caso e i due continuavano a svolgere la loro solita quotidianità scandita dai ritmi serrati di sempre.
Per questo motivo quando la parola normalità gli aveva accarezzato la mente l’aveva stretta a se cullandola, come un gatto che fa le fusa.
 
Eppure qualcosa di diverso, di anormale, stava inevitabilmente succedendo proprio sotto il suo naso: non c’erano più baci a fior di labbra quando Arthur si congedava dalla Regina, c’erano meno sorrisi e meno sfioramenti che sapevano di prezioso e delicato, meno pasti insieme e il più delle volte, quando Merlin si congedava dal Re la sera, lui era solo.
 
Ebbe modo di avvertirlo con più certezza quella mattina, quando ormai era passata ben più di una luna da quel giorno nelle stalle. Era andato a svegliare come al solito Arthur, ma ci aveva messo un attimo a comprendere che dietro la porta chiusa delle stanze reali qualcuno stava urlando e quel qualcuno… era Gwen
-Ti rendi conto di cosa stai dicendo?- lo stava aggredendo –Non ti azzardare anzi, no. Non voglio saperlo. Fai quello che vuoi, tanto è quello che fai sempre! Abbi almeno la decenza di non mettermi in imbarazzo più di così!-
La porta di era aperta di scatto e c’era Gwen davanti a lui ed era scarmigliata, furiosa e in camicia da notte. Lo aveva spostato malamente e si era allontanata di gran carriera lasciandolo impalato e sorpreso.
Aveva fatto un paio di passi all’interno della stanza e aveva trovato Arthur in piedi, accanto alla finestra che lo guardava
-Che succede?- aveva chiesto –Volete che… la rincorra?-
-No, lasciala stare. Le passerà- Merlin si era stretto nelle spalle e aveva iniziato ad elencare l’ordine del giorno sfaccendando in giro –Tu stai bene?-
-Si- Il moro si era caricato in braccio le lenzuola e aveva sorriso –Benissimo in realtà-
Arthur aveva annuito, consapevole
-Sei più tornato alla taverna?-
-No-
-Quindi non lo hai più incontrato-
-Chi?- aveva chiesto confuso
-Il rimpiazzo-
Merlin lo aveva scrutato per bene cercando di capire cosa volesse Arthur da lui, cercando di interpretare il tono con cui aveva parlato
-Non capisco- aveva ammesso alla fine –Cosa volete sentirvi dire?-
-Se lo hai incontrato ancora. Se hai…- Aveva mosso la mano, nervoso, inequivocabile. Merlin aveva deglutito
-Volete sapere se ci ho fatto ancora sesso?- Arthur aveva annuito e qualcosa si era mosso dentro Merlin, era strisciato da qualche parte nel suo stomaco facendogli rizzare i peli sulla nuca. Volle essere crudele –E anche se fosse, cosa vi importa?-
Il viso di Arthur si era come trasformato diventando di pietra
-Ah è così?-
-Così come?-
-Puoi andartene. Non ho bisogno di te oggi-
Era stata una doccia fredda. Merlin aveva inghiottito la delusione imprigionandola nello stomaco e con un cenno del capo si era allontanato richiudendo la porta dietro di se.
Non avendo niente da fare si era rinchiuso nell’armeria a lucidare tutto quello che gli capitava sotto mano: era utile quando voleva far lavorare le mani e smettere di pensare mentre compiva gli stessi gesti meccanici su ogni pezzo che gli capitava a tiro. Gaius non aveva bisogno di lui visto che lo aveva anticipato al mercato e neppure Arthur. Gwen lo aveva palesemente evitato quando l’aveva incrociata e lei, accortasi di lui, aveva girato i tacchi allontanandosi nel senso opposto.
 
 
“Forse la normalità ormai era un concetto relativo” concluse tornando alla realtà mentre ricordava quei lunghi e strazianti mesi. L’amore che provava per Arthur e che aveva sperimentato lo aveva trasformato e gli aveva fatto conoscere lati di se, egoistici e anche un po’ spaventosi, che non credeva facessero parte del suo carattere.
Chissà cosa aveva voluto dire quella mattina Gwen sul non metterla in imbarazzo? Però il fatto che Arthur facesse sempre come voleva era vero. Era proprio un asino reale.
Gli venne quasi da ridere.
L’oggetto della sua ilarità entrò in quel momento e si bloccò trovandolo a sedere lì per terra mentre strofinava l’ennesimo scudo del giorno
-Che stai facendo?-
-Le armi pronte per l’allenamento sono posate lì- gli rispose invece indicando il tavolo e continuando il suo lavoro
-Ti avevo detto di non aver bisogno di te oggi- sbottò irritato il biondo
-E infatti sono rinchiuso qui dentro da tutto il giorno a lucidare sire- lo canzonò stringendosi nelle spalle
Arthur sbatté la porta dietro di se e si avvicinò a lui a passo di marcia
-Alzati- Lo prese per il braccio tirandolo su malamente –Come osi?- gli chiese spingendolo. Merlin fece cadere ciò che aveva in mano che si scontrò con la pietra del pavimento con un rumore assordante
-Arthur ma…-
-Ti diverti forse a prendermi in giro? Credi che io mi diverta?- domandò ripetendogli le sue stesse parole di quel giorno. Lo aveva messo all’angolo e il suo sguardo era spaventoso. Lo sovrastava con la sua presenza rendendolo minuscolo
-Prenderti in giro? Non sto capendo, sul serio. Che… che ho fatto?- chiese perplesso
-Hai usato un rimpiazzo Merlin, ecco che succede. Tu mi hai rimpiazzato-
Merlin spalancò gli occhi su di lui e corrugò le sopracciglia
-Non è esattamente così…-
-Non importa com’è o come sembra o com’è realmente. Tu mi hai rimpiazzato, mi hai sostituito, sei andato con un altro-
-Ero ubriachissimo ed è successo solo quella volta- mormorò in risposta
-E non accadrà mai più- ribadì il biondo sicuro stringendogli il polso –Vero?-
-Perché?- domandò il moro. Deglutì, gli occhi improvvisamente pieni di lacrime –Cosa dovrei fare allora per il resto della mia vita? Dimmelo. Dovrei forse amare in silenzio solo te senza avere mai un momento di felicità per me? Quanto puoi essere egoista Arthur? Non posso venire da te, tu non puoi darmi ciò che voglio- ricordò.
Il biondo lo scrutò dall’alto, serio
-E chi te lo dice?-
Si piegò su lui, senza chiedere il permesso, prendendolo contropiede e lo baciò. Merlin trattenne il fiato mentre Arthur se lo tirava addosso e non era un sogno, era la realtà e… Merlin gli mise le mani tra i capelli e gli respirò sulle labbra mentre gemeva di soddisfazione tirandoselo ancora più contro.
Il pollice di Arthur gli tracciò lo zigomo e passò sulle labbra indugiando appena mentre lo guardava arrossire
-Cosa…?-
-E’ reale Merlin, questo è reale-
-Ma perché io… io non capisco cosa… cosa stai facendo?-
-Questo mese ti ho immaginato insieme a quel pastore, a quel rimpiazzo- sputò inciampando sulle sue stesse parole –Ti ho immaginato mentre ti scopava, mentre ti baciava contro una anonima porta e non mi sta bene, non mi piace, mi fa uscire di testa e sono stato vicinissimo a cercarlo per picchiarlo a sangue, sono stato vicinissimo a farti del male fisicamente perché non lo posso accettare- Gli strinse le braccia in una morsa poi respirò a fondo tentando di calmarsi. Gli asciugò le lacrime con delicatezza –Sei il mio servitore, il mio stregone, il mio Merlin- mormorò –Hai capito?-
Aveva capito. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e gli artigliò la maglia all’altezza dei fianchi
-Io…-
-Sei proprio una donzella- Lo aveva spinto appena via ma Arthur non si era allontanato posando la fronte sulla sua –Molte cose non cambieranno Merlin, ti è chiaro? Sono il Re- disse serio
-Non importa-
-Gwen è e rimarrà la mia Regina-
-Lo so-
-Forse presto ti stancherai delle briciole che posso darti-
-Non importa-
-Però saranno tue quelle briciole e saranno… reali-
-Va bene, lo so, non importa. Solo… non mandarmi via, non andartene, non sparire- lo pregò.
Arthur lo baciò premendolo contro la pietra, le mani che correvano ai capelli, ai fianchi, alla schiena febbrilmente.
Era una felicità amara, Merlin ne era consapevole. Era una relazione che sarebbe vissuta all’ombra di Gwen e di Camelot ma non importava.
Era reale e tanto bastava.

FINE
 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Amber