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Autore: Mari Claire    06/12/2020    0 recensioni
"Vorrei raccontare una storia entusiasmante, che cambi il vostro modo di vedere le cose, che dia una risposta alle domande esistenziali, potrei anche farlo ma sarebbe una bugia. Questa non è la storia della ragazza sfigata che diventa una cheerleader, fidanzata con il capitano della squadra di basket, che diventa madre prima dei vent’anni. Ma non è neanche la storia triste di una ragazza che sta morendo, che vi farà disperare e capire quanto la vita sia troppo breve. No, questa è semplicemente la mia stramba e monotona storia." [...] "Però devo essere onesta, vi ho mentito, ho detto che questa sarebbe stata la mia monotona storia e lo è stata, fino al suo arrivo."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO 5
Credo di non aver mai parlato abbastanza di me. Dico sempre solo lo stretto necessario: la mia età, da dove vengo, i componenti della mia famiglia, il colore degli occhi e dei capelli, le mie passioni. Preferisco non parlare delle cose serie: i miei sogni, i miei sentimenti, la mia malattia. Volevo raccontare una storia vera e cruda, dove trasparisse tutto il mio dolore, ma, come sempre, non ne sono stata in grado.
Se siete adolescenti che devono affrontare il liceo e siete sani, allora siete fortunati. Se siete adolescenti che devono affrontare il liceo ed avete una cardiopatia con la quale convivere, allora la situazione cambia. Badate bene: non mi sto lamentando della mia vita; adoro tutto, sono stata più fortunata di altri, me ne rendo conto, e ringrazio sempre per questo.
Ciò che mi contraddistingue dagli altri è il mio cuore. Sono stata più fortunata di altri perché la mia malformazione cardiaca era incurabile. Avete letto bene: incurabile. Sulle carte dei medici c’è scritto ‘incompatibile con la vita’ una frase orribile solo a leggerla. Certo, leggerla diciasette anni dopo fa quasi ridere.
Il fatto che io oggi possa raccontarlo lo devo ai miei genitori adottivi. Hanno lottato con le unghie e con i denti con i miei genitori naturali per convincerli a portare a termine la gravidanza. Bill e Teresa, questo è il nome della mia mamma adottiva, sono molto cattolici e non credono nell’aborto. Scientificamente parlando non saprei spiegarvelo ma proverò a raccontarvelo come una storiella: sapete che il cuore è diviso in due atri e due ventricoli? Ecco io ho un solo atrio, non permettendo così la divisione di ossigeno e anidride carbonica durante la respirazione. In parole ancora più povere: appena spezzato il cordone non sarei stata in grado di respirare normalmente e sarei morta soffocata.
Quindi dopo il parto mi hanno portato subito in sala operatoria, per un’operazione a cuore aperto durata sette ore. I miei genitori naturali se la sono svignata subito dopo il parto e dopo parecchi mesi sono stata affidata a Bill e Teresa. Che hanno dovuto affrontare con me quattro anni di inferno, con diverse operazioni e preoccupazioni a casa. Dopo i primi quattro anni la situazione si è stabilizzata ma è comunque difficile, ci si può convivere ma hai molte restrizioni.
Quindi se sei un’adolescente che deve affrontare il liceo ed hai una cardiopatia con la quale convivere, la situazione è doppiamente difficile. L’amore per gli adolescenti è una costante, per quelli come me no. Si ha un cuore debole, non lo si può affidare a chiunque, è molto più propenso a spezzarsi. Non puoi neanche distaccarti e pensare solo al sesso perché, si, anche in quel caso ti stanchi; devi trovare una persona che ti comprenda e ti accetti, accetti i tuoi limiti, non ti faccia affaticare; una persona che principe azzurro spostate. Perché così come affrontare il liceo in salute è più facile, anche amare una persona sana lo è. Quindi bisogna trovare una persona che, manco a dirlo, non esiste.
La soluzione più semplice sarebbe quella di diventare asessuata, di barricare l’amore fuori dalla mia vita, ma il mio cuore questo non lo sa e si innamora comunque. Fortunatamente (o sfortunatamente, dipende dai punti di vista) nella mia breve vita mi sono innamorata una sola volta. Mason. Lui era l’amore della mia vita, so che sembra scontato ma è così. Avevo quattordici anni, siamo stati insieme tre anni, è stato il mio primo tutto: la prima uscita, il primo bacio, la prima volta. Non mi pento di nulla, tornando indietro rifarei tutto. Purtroppo, però le favole esistono solo per la Disney e invece di vivere per sempre felici e contenti mi spezzò il cuore, nel modo più brutto che ci possa essere. Non mi tradì, non mi picchiò, semplicemente mi usò. Io ero totalmente soggiogata da lui, l’amore che provavo mi portava a fare di tutto pur di renderlo felice. Non importava se io soffrissi o se mi affaticavo troppo, la mia salute sarebbe passata sempre in secondo piano rispetto alla sua felicità. Dopo il nostro primo anno insieme lui mi lasciò e per i seguenti due anni tornava da me in periodi scaglionati di tre mesi sostenendo di “dover capire cosa provava”, io ero piccola ed ingenua, vi lascio immaginare la mia felicità nel sapere che lui poteva provare ancora qualcosa per me. Così gli davo tutto ciò che chiedeva, che significava sempre scopare. Alla fine della scopata, con una disinvoltura che ancora oggi gli invidio, diceva “non ho ancora capito” e mi lasciava sull’autobus per tornare a casa piangente. Era furbo sotto un punto di vita: aspettava la sua fermata prima di dirmelo, così non sorbiva le mie lacrime.
Consapevolmente continuò ad usarmi in questo modo non per una settimana, non per un mese, ma per due anni. Due. Vantandosi poi con gli amici di “avere la scopata assicurata”. La cosa più ironica è che dopo questi due anni di inferno è stato lui a lasciarmi. Quello fu l’anno più brutto della mia vita, fu in quello stesso anno che mamma morì. Eravamo tutti distrutti a casa, uniteci anche la chiusura con quel bastardo, dal dolore caddi in depressione.
Ho fatto un lungo percorso di terapia, ero diventata l’ombra di me stessa, non uscivo, non mangiavo, ero rinchiusa in camera a guardare film, non andavo neanche a mangiare con gli altri. Avevo allontanato tutti, anche Thomas.
Lo so che è assurdo, dopo tutto questo, definirlo ancora l’amore della mia vita ma lo era, l’amore che mi legava a lui credo sia impossibile spiegarlo a parole. Dopo di lui non c’è stato più nessun altro: credo di aver amato abbastanza per una vita intera.
È esattamente per questo che ho preferito fare questo tuffo nel passato, perché sennò non avreste capito, nessuno avrebbe capito.
 
“Ma è successo più di quattro mesi fa”
“Lo so”
Penso e ripenso a quello che è successo mentre mi preparo per andare a scuola.
“Dai non scherzare” dico imbarazzata
“Puoi non credermi” risponde calmo. I suoi occhi ancora puntati su di me.
“Dovremmo iniziare la ricerca” abbasso lo sguardo non riuscendo a sostenerlo.
Lui con calma prende il suo pc dallo zaino e mi invita ad accomodarmi di fianco a lui. La sua presenza mi porta agitazione, tenerlo così vicino non fa che peggiorare la situazione.
“Di questa regina so poco che niente, sarò onesto” dice con quel suo solito sorriso sghembo. Sorrido di cuore, ringraziandolo silenziosamente per avermi tolta dall’imbarazzo ed inizio a spiegargli tutto ciò che già so sulla regina Elisabetta I.
“Dav andiamo?” mi riporta alla realtà Gabe. Prendo lo zaino e raggiungo i miei fratelli in auto. Una bellissima Range Rover grigio perla.
“Oggi sei distratta” mi guarda preoccupato Max.
“Ho dormito poco” sorrido mentre salgo in auto.
Non ho mai preferito prendere l’auto, ma oggi è diverso. Guardo dal finestrino le case che scorrono, noto che sono tutte di colore simile, monotone, tutte color panna, formando un’immensa striscia bianca.
“Quindi…” inizio appena raggiunta la mia moto. Non so bene cosa dire, cosa fare, non avevamo mai parlato così tanto, no, in effetti non avevamo mai parlato.
“Quindi…” ma lo abbandona mai quel ghigno? Lo vedo avvicinarsi sempre di più. Non mi sta piacendo come si sta mettendo questa situazione, inizio ad agitarmi, sento il cuore in gola. Mentre si avvicina i suoi occhi non abbandonano nemmeno per un momento i miei, totalmente ipnotici da non riuscire a farmi abbassare lo sguardo: cosa vuoi da me?
“Ricordati che tra tre giorni dobbiamo consegnare la ricerca. Come da accordi la scriverai tu ma io la esporrò quindi cerca di darmela almeno un giorno prima così me la imparo” dice mentre, arrivato al minimo di distanza consentito a due sconosciuti, inizia ad abbassarsi col busto verso di me. Il suo viso è sempre più vicino al mio, i suoi occhi da questa distanza sono di un blu ancora più intenso. Non so cosa la mia faccia esprima in questo momento: forse paura o sconcerto. Sta di fatto che l’ultima cosa che vedo è il suo immancabile ghigno prima di sentire le sue labbra posarsi sulla mia guancia.
Non mi dà il tempo di rispondere, di capire, di reagire. Si allontana da me ed inizia ad indietreggiare.
“Cercami” sento prima di vedermi fare l’occhiolino e voltarmi le spalle. Con una strana nota di supplica.
-2 giorni.
Saluto i miei fratelli nell’atrio della scuola e mi dirigo verso il mio armadietto. I miei pensieri sono affollati dagli avvenimenti accaduti ieri. I ragazzi per me non sono mai stati un problema, dopo Mason ho sempre preferito prendere le distanze. A differenza delle ragazze della mia età, da sempre, non mi sono mai approcciata ad un ragazzo con doppi fini e non ho mai apprezzato quelle ragazze che nel sesso maschile vedono solo un boytoy da dover giudicare in base a quanto siano “tosti i suoi addominali” anzi ho sempre pensato che il cervello fosse molto più importante. Dopo la chiusura con Mason questo non ha potuto far altro che aggravarsi, ovviamente. Quindi in sostanza mi tengo alla larga dal genere maschile, la mia famiglia totalmente men e Thomas mi bastano.
Come avrò ripetuto già un milione di volte quando si parla di Nathan Filler: non mi è mai piaciuto quel ragazzo. Ho sempre pensato fosse uno di quelli legati al giudizio della gente, quelli ai quali aumentava l’ego se elogiavano “quanto fossero tosti i suoi addominali”, tutto muscoli e niente cervello, insomma. Una parte di questo preconcetto ho potuto sfatarlo ieri: è un ragazzo molto intelligente, collaborativo e per niente borioso. Però c’è stato qualcosa ieri, qualcosa che non mi so spiegare. Abbiamo frequentato per anni gli stessi corsi e non ci siamo mai neanche guardati, o almeno io non l’ho mai guardato.
“Lì ho capito che rappresentavi tutto ciò che desidero”
“Ma è successo più di quattro mesi fa”
“Lo so”
 Nel suo viso, nei suoi gesti, nel suo modo di parlarmi ritrovo una nota di seduzione.
Sto per richiudere il mio armadietto ancora persa nei miei pensieri quando vedo una barretta Kinder entrare nella mia visuale, seguendo il braccio del proprietario che me la sta porgendo ritrovo le iridi verdi di Tom che ha messo su la sua migliore faccia da cane bastonato.
“Stai provando a sedurmi?” dico mentre trattengo a stento una risata.
“Sei ancora troppo ignorante in materia per riuscire a capirlo” dice con un sorriso mentre mi porge un pezzetto di cioccolato.
“Facendo i seri volevo chiederti scusa. Ho sbagliato a bidonarti a pranzo ieri, solo che Rose mi ha chiesto di mangiare con loro e gli spostivi sono una cerchia ristretta, mi sono fatto convincere da quei bellissimi occhi azzurri e sono stato un vero bastardo, prometto che non succederà più” sostiene con la mano sul cuore come a compiere un giuramento sacro.
“Lo pensi davvero?”
“Ovvio Dav, se mai mi chiederanno ancora di mangiare con loro tu verrai con me” sorride sincero.
“Ma no” dico agitando una mano come a scacciare qualcosa “Intendevo: pensi sul serio che non riuscirei a capire se uno ci provasse con me?”
“Converrai con me che Voldemort non ti abbia mai sedotta, al di fuori di lui non hai avuto nessun altro ed hai allontanato tutti i ragazzi, nessuno ti ha mai sedotta potresti non capirlo se uno lo facesse. Intendevo questo” mi spiega con una faccia un po' confusa.
Sorrido tra me a sentire Tom che chiama il mio unico ex ragazzo Voldemort. I primi tempi dopo la rottura piangevo solo a sentir nominare il suo nome e così è diventato Voldemort ossia Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
“Hai ragione probabilmente” nel dire questa frase due occhi blu mi tornano in mente accompagnati con l’immancabile ghigno.
“Lì ho capito che rappresentavi tutto ciò che desidero”
“Cercami”
Ma infondo Tom ha ragione, ho sempre pensato a lui come ad un playboy ma ho sempre pensato fosse stupido eppure ieri mi ha confermato il contrario. Non è detto che ci stesse provando anche con me. Così mi riscuoto dai miei pensieri, prendo il mio migliore amico sotto braccio e inizio a dirigermi in classe non prima di dire:
“Sei solo un sottone la prossima volta che mi dai buca te la faccio pagare”
Lo sento sospirare senza obbiettare. Sa che ho ragione.
La lezione di educazione fisica è sempre stata quella che più detesto. L’unica materia in cui non vado bene data non solo la teoria ma anche la pratica. Sono stata sempre un’imbranata. Per il mio problema potrei avere l’esonero ma ho preferito evitare, parlandone semplicemente con il professore facendomi evitare le cose più pesanti con una scusa. Quindi in sostanza quando si deve giocare io sono l’arbitro, quando bisogna correre dopo mezzo giro c’è una chiamata urgente per me in segreteria, oppure bisogna subito fare delle fotocopie e cose così. L’importante è che nessuno ha mai sospettato niente. Però purtroppo il voto della pratica devo comunque averlo ed il prof, che è anche il coach dei ragazzi, mi incastra sempre con qualcosa di semplice che dato il mio essere imbranata mi porta ad avere un voto basso e ad abbassarmi inevitabilmente la media. Educazione fisica, assurdo lo so. Oggi mi ha incastrato con un tiro libero da tre punti al canestro. Ho già detto quanto sono negata per ogni tipo di attività fisica? Quindi è inutile sottolineare la mia faccia da funerale mentre mi dirigo con gli altri in palestra, Tom di fianco a me fischia felice, per lui sarà una passeggiata.
Mentre mi posiziono in fila per aspettare il mio turno mi sento un po' meglio nel constatare che, al di fuori degli sportivi, fanno tutti abbastanza cagare. Davanti a me si trova Nathan, arrivato il suo turno da le spalle al canestro, mi ritrovo quindi a guardare quegli occhi blu scuro, ghigna prima di tirare con una mano sola centrando in pieno il canestro. Sento fischi ed applausi da parte di tutti, lui ghigna non staccando mai gli occhi dai miei, io applaudo come tutti accennando un sorriso che mi muore sul viso nel momento stesso in cui mi fa l’occhiolino prima di girarsi.
“Cercami”
“Martin tocca a te, ce la puoi fare” mi riscuote il coach. Gli rivolgo un timido sorriso sentendo già la figuraccia che si preannuncia. Come da copione la palla non sfiora neanche il canestro. Mi gratto imbarazzata la testa mentre mi dirigo di fianco a Tom che aveva già tirato.
“Sei pessima” ride pizzicandomi il fianco. Metto su la mia faccia offesa ma non riesco a ribattere venendo anticipata da Bella Potren, il capitano della squadra delle chearleader, che a sorpresa prende le mie difese.
“Sei uno dei giocatori più forti nella squadra e non aiuti la tua migliore amica con un semplice canestro. Sei tu quello pessimo” dice con fare altezzoso, sorprendendomi.
“Grazie Bella, almeno qualcuno mi compiatisce, non si prende semplicemente gioco di me” dico fulminando con lo sguardo Tom. Dopo due secondi ridiamo tutti spensierati. Passiamo il resto dell’ora a parlare tutti e tre e scopro che Bella è una ragazza veramente simpatica nonostante sia vanitosa ed egocentrica.
Al suono della campanella non posso che essere felice, non solo perché è finita la tortura ma anche perché ora ho un’ora buca e posso passarla ad esercitarmi agli scacchi. Tutto questo entusiasmo viene smorzato nel momento esatto in cui udisco le parole del coach.
“La settimana prossima faremo una verifica un po' speciale. Sarà un semplice tiro libero ma con lui vi giocherete il voto della pratica. Ci vediamo la settimana prossima, con i ragazzi della squadra oggi alle tre”
Blocco Tom prima che riuscisse a fare anche solo un passo iniziando a supplicarlo “devi aiutarmi, un solo tiro libero sarò pur in grado di impararlo” con una vaga nota di disperazione nella voce.
Lui scoppia a ridere prima di dire “tranquilla ce la farai, ti aiuto io, oggi ho la giornata piena quindi ci vediamo dopo gli allenamenti” sento solo le sue labbra sulla mia guancia prima di vederlo scappare via.
Rinuncio all’idea di allenarmi con gli scacchi e quando vedo la palestra totalmente deserta inizio ad allenarmi da sola, fallendo miseramente.
Al quarto tentativo fallito, dopo che la palla invece di centrare il canestro non so come è arrivata sugli spalti, capisco che da sola perdo tempo così decido di recuperare la palla per metterla a posto ed andare via. Nel momento stesso in cui decido di avviarmi verso gli spalti mi prende un piccolo infarto, lì seduto, con la palla tra le mani e la sua immancabile faccia da schiaffi trovo lui: Nathan Filler.
“Alla fine sono io che ti ho trovato”
“Cercami”

ANGOLO AUTRICE
Scusa il ritardo di pubblicazione. Per capire bene questo capitolo bisogna rileggere quello precedente.
Premetto che, può sembrare assurdo, ma per quanto riguarda i problemi cardiaci o le strorie passare è tutto tratto da una storia vera.
   
 
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