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Autore: Roberto Turati    07/12/2020    1 recensioni
Una serie di racconti brevi ambientati alla fine di The Witcher 3, dopo il finale in cui Ciri diventa l'imperatrice di Nilfgaard, e in seguito a Blood & Wine.
 
Fulbert di Mag Turga è un giovane strigo della Scuola della Manticora che viaggia e lavora con quattro mostri i quali, per vari motivi, sono finiti per diventare suoi colleghi e amici. In onore del suo eroe Geralt di Rivia, si chiamano "i Guardiani degli Innocenti". Tra un contratto e l'altro e nel suo vagabondare, Fulbert è alla costante ricerca della manticora che attaccò il suo villaggio e uccise i suoi fratelli anni prima, quando lui stava ancora allenandosi per diventare uno scannamostri...
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’ERBORISTA E LA DRIADE

Dopo l’esperienza a Gloede che li aveva condotti a conoscere Agata Prendergast, i Guardiani degli Innocenti avevano proseguito il loro viaggio fino a Mag Turga, come voluto da Fulbert. Facendo rifugiare i suoi compagni in una caverna fuori dal suo paese natale, nella quale giocava da bambino, lo strigo aveva tenuto compagnia a sua madre e suo padre per circa un paio di settimane, presentando loro i suoi “soci” mostri e raccontando le sue avventure più memorabili e andando a rivedere tutti i luoghi dei suoi primi anni di vita, che non aveva mai dimenticato: erano pochissimi gli strighi con l’immensa fortuna di avere ancora una casa e una famiglia da cui poter tornare ogni tanto, per la sua casta era quasi un’utopia: Fulbert aveva intenzione di godersi meglio che poteva quella rimpatriata, prima di andarsene. Per fare un piacere ai suoi soci, specialmente Willy, nel frattempo accettò anche quattro contratti per guadagnare: quando ripartirono, avevano accumulato circa milleottocento fiorini nilfgaardiani, una somma che a loro andava più che bene.

Dunque, tra le lamentele di Willy per il viaggio di ritorno e i suoi tentativi di disegnare un simbolo per il loro gruppo assieme a Gurg, i Guardiani degli Innocenti iniziarono a tornare verso i regni del Nord per riprendere i loro “soliti” vagabondaggi in cerca di contratti. Un giorno, un paio di mesi dopo la loro ripartenza, si fermarono presso un villaggio ai confini di Brugge, vicino alla foresta di Brokilon, sulla sponda meridionale dello Yaruga. Inizialmente, si erano solo fermati nei dintorni per la notte, ma poi Aleera suggerì di prendere delle provviste prima di guadare il fiume e tornare nei regni settentrionali, così non avrebbero più dovuto farlo per un tratto di strada maggiore. Gli altri non avevano visto nessun motivo per non essere d’accordo.

Quindi, in quel momento, Fulbert e Aleera si trovavano nel mercato del paese per comprare ortaggi, pane e pesce essiccato. Lo strigo pagava e prendeva i cibi, mentre la bruxa li metteva in un cesto di vimini che teneva sottobraccio. Ogni tanto la gente si voltava con sguardo perplesso verso di lei, stranita non solo dal fatto che una “donna” facesse coppia con uno scannamostri, ma anche a vedere che quando passava i merli o i passeri che svolazzavano per le stradine o sui tetti si posassero sulle sue spalle e le cinguettassero come per parlare con lei, prima di volare via. Fulbert, ad un certo punto, le chiese a bassa voce di cercare di mettere meno in mostra la sua empatia con gli uccelli, ma lei rispose che non poteva farci niente.

«Sì, come no – replicò lui – Almeno cerca di non far notare i tuoi denti»

«Fulbert, guarda non è la prima volta che mi fingo un’umana. L’unica cosa sospetta qui sei tu che mi sussurri»

«Touché»

Una volta che i due decisero che avevano comprato abbastanza, Fulbert e Aleera si avviarono per l’uscita del paese per tornare all’accampamento che avevano allestito in riva allo Yaruga e rimettersi in viaggio. Ma, prima che raggiungessero il limitare del centro abitato, il brusio della folla nella piazza del mercato diventò molto più intenso di colpo, unito a quella che sembrava la voce di un bambino che strillava. I due, incuriositi, si voltarono e videro che un gruppo di curiosi aveva lasciato perdere le loro faccende e si era radunato davanti alla bottega di un orafo, da cui venivano le grida. Poco dopo due guardie di Nilfgaard, allertate dal rumore a loro volta, si fecero strada tra la folla ed entrarono. All’inizio, Fulbert fece spallucce e riprese a camminare, ma Aleera gli fece notare un dettaglio:

«Aspetta, quella era la voce di Willy»

Lo strigo si fermò e guardò la bruxa, perplesso e preoccupato:

«Ne sei sicura?»

Aleera lo guardò stortando le labbra:

«Ho un udito ancora più sensibile del tuo, quindi stanne certo: quello è Willy. Ascolta meglio»

Quando la voce bianca si stagliò ancora tra la folla, urlando imprecazioni e insulti che facevano scandalizzare le donne e ridere i bambini, anche lo strigo dai capelli rossi riuscì a riconoscerla e si coprì gli occhi con una mano, sconcertato:

«Non ci credo, ha sul serio cercato di rapinare un orafo mentre noi eravamo qui! E poi a che cazzo gli serve?»

«Lo conosci: vuole sempre sentirsi più ricco» sospirò la bruxa.

Allora, senza perdere un istante, il cacciatore di mostri corse tra la folla e si fece largo spingendo e scansando le persone senza fare caso alle loro reazioni irritate, seguito con più calma dalla vampira. Quando arrivò alla porta del negozietto, vide quello che stava succedendo: l’orafo, un uomo robusto di mezza età coi baffi e i capelli lunghi e grigi, stava trattenendo proprio Willy per le braccia, mentre i due soldati nilfgaardiani giunti nel frattempo osservavano con aria interrogativa. Il godling, trattenuto con grande vigore dalle possenti braccia dell’artigiano, si dibatteva e bestemmiava come un posseduto, cercando invano di liberarsi. Quando si accorse di Fulbert, lo guardò e gli fece un tacito segno di fare qualcosa. Lo strigo, in risposta, lo fissò con uno sguardo di rimprovero e scosse la testa, sbuffando. Aleera, invece, lo guardò con la compassione che si mostra ad un cagnolino randagio dei vicoli.

«Cos’è successo?» chiese una delle guardie.

L’orafo scoprì i denti in una smorfia di disprezzo e spiegò:

«È successo che mi sono preso un minuto per pisciare nel vicolo qui dietro, poi appena torno sento dei rumori sospetti e trovo questo schifoso sgorbietto con gli occhi a palla che si riempie i pantaloni con la mia roba! Per fortuna l’ho preso subito»

«Ah, tanto l’oro lo dai agli altri alla fine! Che problema c’è se me lo prendo, eh? Solo perché sono basso e grigio?»

«Stavi rubando, stronzetto! Forza, guardie, buttatelo da qualche parte! Prima, però, sarebbe meglio dargli un paio di bastonate, che non fanno certo male» esortò l’orafo.

I due uomini in armatura si stavano già facendo avanti, ma in quel momento Fulbert decise che era il momento di prendere in mano la situazione e inventarsi qualcosa per uscirne senza ricorrere alle maniere forti; facendo un improvviso passo avanti, si frappose tra le due guardie e Willy e cominciò a parlare a gran voce, in modo che tutti potessero sentirlo bene:

«Calma, calma! Non è così facile liberarsi di questo bastardello: qui ci vuole un professionista»

L’orafo lo guardò in cagnesco, mentre Willy tirava un sospiro di sollievo, capendo che Fulbert stava per tirare fuori qualche scena improvvisata su due piedi per tirarlo fuori da quella situazione. Le guardie si fermarono e si scambiarono una sguardo perplesso, poi quella a destra domandò:

«Uno strigo, eh? Se c’è bisogno di uno di voi mutanti, dov’eri fino a un secondo fa?»

«Ehi, sono uno strigo, non un veggente: passavo di qui, ho notato la ressa e ho visto che c’era lavoro per me. Adesso lasciatemi prendere il godling cleptomane, lo sistemerò a modo mio»

L’orafo grugnì, poco convinto:

«Perché? È come tutti i mocciosi che ti rubano in casa: gli tiri una pedata nel culo, lo tieni una settimana in cella a farsi passare la voglia di prendere la roba degli altri e il gioco è fatta: una raddrizzata coi fiocchi»

Fulbert fece finta di ridere, mentre Aleera e la folla ascoltavano con interesse:

«Magari fosse così facile! I godling sono cocciuti, quando scelgono un posto dove rubare lo maledicono per stare certi di riuscire a tornarci quanto vogliono in futuro»

«La mia bottega è maledetta?! – sobbalzò l’orafo, spaventato – Aiutami, mutante! So che voi non fate mai nulla gratis, quindi liberami da questo nanerottolo e potrai avere un pezzo d’oro a tua scelta! Promesso!» supplicò.

Quando sentì questo, Willy dovette seriamente sforzarsi per non scoppiare a ridere a crepapelle: era venuto per rubare, era stato beccato e adesso c’era l’occasione di prendere lo stesso dell’oro dal suo negozio grazie alle fandonie raccontate da Fulbert. L’ironia della situazione era qualcosa di assurdo. Vedendo che la sua trovata stava funzionando, lo strigo si avvicinò al godling e si abbassò per poterlo guardare negli occhi, quindi proseguì:

«Dunque, per rompere la maledizione di uno di loro c’è una procedura apposta. Tanto per cominciare, devo fare così»

E, improvvisamente, strappò Willy dalla presa dell’artigiano, lo afferrò per le spalle, reclinò la testa all’indietro e sferrò un’improvvisa testata proprio al centro degli occhi del godling, che svenne sul colpo e cadde a peso morto sul terreno polveroso della strada. La gente ebbe un lieve sobbalzo, non aspettandosi quel colpo di punto in bianco. Aleera abbozzò un sorriso, divertita dal modo in cui Fulbert aveva saputo scagionare Willy e strigliarlo per la sua bravata allo stesso tempo. A quel punto, lo strigo si caricò il godling senza sensi su una spalla e continuò:

«Bene, ora non potrà più lanciare altri sortilegi mentali se volesse. Adesso lo porterò al fiume, lo legherò, con delle pietre traccerò un cerchio magico intorno a lui e, dopo che avrò annullato la maledizione con una formula magica, lo annegherò. Allora la tua bottega sarà a posto!»

«Ti ringrazio, mutante! Ti ringrazio!»

Anche il resto della folla cominciò a vociare e annuire con approvazione. Le due guardie sembravano colpite a loro volta. Lo strigo ricambiò con un sorriso forzato e fece cenno ad Aleera che era ora di andare. L’orafo gli disse di tornare da lui una volta finito il lavoro, così che avesse potuto prendere un pezzo d’oro a sua scelta Fulbert disse che sarebbe ripassato senz’altro, dunque lui e la bruxa si allontanarono finalmente dal paese, lasciandosi la folla sorridente alle spalle. Superato l’ingresso del comune, i due seguirono la sponda del fiume e Fulbert sospirò, rassegnato:

«Willy è davvero incorreggibile»

«È naturale: ha la mente di un bambino umano e decenni di condizioni avverse e opprimenti alle spalle, è ovvio che abbia certi atteggiamenti»

«Sì, però ci finiamo sempre dentro anche noi! Dico sul serio, Aleera, io non so che diamine mi è passato per la testa quando ho deciso di portare questo caso disperato con me quando l’ho conosciuto a Novigrad: dovevo lasciare che si tirasse la zappa sui piedi con la sua vita da criminale e fine»

«Perché empatizzi molto facilmente, tutto qui. Non aspettarti che sappia anche spiegarti perché sei così, quello spetta a te»

«Mi sembra giusto» commentò lui.

«Di certo io, te, Gurg e Laurent lo stiamo rendendo più sano di mente di com’era prima, da come me lo descrivi»

«Lo spero davvero! Adesso, però, gli altri devono proprio dirmi come hanno fatto a farselo sfuggire» si lamentò Fulbert, mentre cominciavano ad avvicinarsi al loro falò, dove il troll delle rocce e il lupo mannaro li stavano aspettando.

Quando li vide tornare, Gurg smise di tenere d’occhio le lepri che stavano bollendo in brodo nel suo pentolone sopra il falò ed esultò:

«Ooooooh! Fulbert e Aleera trova Willy!» esclamò Gurg.

Lo strigo adagiò Willy su un sacco a pelo del loro accampamento senza tanta delicatezza e lanciò uno sguardo di rimprovero a lui e a Laurent, che invece stava spolpando una lepre cruda stando accucciato a quattro zampe.

«Perché non l’avete fermato?» chiese Aleera.

«Ho dovuto inventarmi di sana pianta una recita da baraccone su maledizioni e quant’altro per portarlo via vivo, perché altrimenti l’avrebbero rinchiuso o ammazzato per furto! Non avete ancora imparato com’è fatta questa peste sociopatica? Non lo si può perdere d’occhio un secondo»

«Perde occhio? Ma Willy ha tutti due occhi, no perso uno»

Fulbert si sbatté una mano in faccia, esasperato. Il lupo mannaro smise per un secondo di mangiare, si leccò via il sangue dal muso e rispose, tranquillamente:

«Infatti è quello che è successo, hrrrrrrrrr: l’abbiamo perso d’occhio, hrrrrrrrrr. Quando mi sono accorto che il suo odore si era allontanato, non potevo più inseguirlo perché era entrato in paese, mi avrebbero visto, hrrrrrr, hrrrrrrrr. Ho capito solo dopo perché si è finalmente deciso a lavarsi, oggi, hrrrrr: voleva coprire il suo odore»

Fulbert annuì, comprensivo:

«Sì, hai fatto bene a non seguirlo, altrimenti avremmo avuto un casino più grande. Cazzo, aveva in mente di andare a rubare oro fin dall’inizio! Direi che ci vorrà parecchio per fargli passare le abitudini da teppistello di Novigrad»

Aleera sistemò il cibo che avevano comprato nelle borse da sella di Arabella, accanto alle quali pendeva la testa di uno spriggan che avevano ucciso la settimana prima e tenuto come trofeo, dopodiché si voltò e gli disse che almeno aveva ottenuto il vantaggio di poter riscuotere gratuitamente dell’oro grazie all’ignoranza degli abitanti. Fulbert annuì e le rispose che era l’unico motivo per cui si era accontentato di dare a Willy una semplice testata per farlo svenire e nulla di più, con un sorrisetto fantastico. A quel punto, lo strigo si avvicinò al calderone di Gurg e si godé il profumo delle lepri che bollivano assieme alle verdure e chiese quanto ci sarebbe voluto prima che fossero pronte.

«Ora! Una ora» rispose il troll delle rocce.

«Perfetto, allora prima di mangiare faccio in tempo a tornare in paese a prendere l’oro»

«Lasceremo Willy a digiuno?» chiese Aleera.

«Altroché! C’è bisogno di chiederlo?»

Dopo la risata sommessa che si scambiarono, Fulbert si incamminò di nuovo verso il paese, annunciando che sarebbe tornato subito. Quando rimise piede nel centro abitato, la gente lo guardava passare affascinata e ammirata; lui ne era lusingato da un lato e, in quel caso specifico, ne era imbarazzato da un altro, perché li aveva ingannati. Ma d’altronde, aveva fatto il suo dovere: gli strighi uccidevano i mostri pericolosi per la gente e Willy non lo era, occorreva solo raddrizzare il suo comportamento. Quando il rosso raggiunse la bottega dell’orafo, l’artigiano lo accolse a braccia aperte:

«Eccoti, mastro strigo! Allora, hai infranto la maledizione?» gli chiese, ansioso.

«Tutto a posto, sei libero dai furti»

«Oh, grazie! Io sono un uomo di parola: scegli uno dei miei articoli e sarà tuo»

Fulbert fece alcuni giri della bottega, osservando con cupidigia i manufatti d’oro zecchino che riempivano gli scaffali. Alla fine, fu colpito in particolar modo da un piccolo candeliere. Quasi d’istinto, fece la sua scelta e lo prese, mostrandolo all’orafo. Il proprietario del negozio annuì, sorridente:

«Ottima scelta, strigo! Quel pezzo è una delle mie creazioni più soddisfacenti, sono contento che sia finita nelle mani di qualcuno che mi ha dato un prezioso aiuto»

«Bene, allora tanto meglio. Addio»

«Addio, scannamostri»

Fulbert uscì di nuovo in strada con il candelabro in mano. Ma, mentre camminava verso l’uscita, passò uno dei soldati dell’Impero, che lo fermò:

«Aspetta, strigo!»

Fulbert alzò gli occhi al cielo, imprecando mentalmente:

«Cosa c’è adesso? Ho già fatto tutto qui»

«Il borgomastro ha sentito parlare di quello che hai fatto poco fa ed è impressionato. Ci ha chiesto di dirti di andare da lui nel municipio, perché potrebbe avere un lavoro per te: abbiamo un problema da qualche tempo e potrebbe servirci uno come te»

Fulbert rimase immobile per qualche secondo, combattuto: d’istinto avrebbe voluto dire di non essere affatto interessato, però quell’informazione gli mise addosso una curiosità che non avrebbe mai sospettato di provare, che ben presto si fece strada nella sua mente e lo tentò sempre di più, finché non seppe più resistere. Come scusa per rispondere a se stesso quando si domandò perché diamine si stava pure interessando a quella richiesta improvvisa, si disse che tanto ci sarebbe voluta ancora un’ora perché le lepri lessate di Gurg fossero pronte. Così chiese alla guardia se poteva accompagnarlo dal borgomastro; l’uomo in armatura annuì e gli disse di seguirlo, scortandolo fino al municipio, nella piazza centrale. Quando entrò nell’edificio, fu portato alla porta dell’ufficio del borgomastro al piano di sopra e lasciato solo. A quel punto, entrò e fu ricevuto da un vecchio mezzo calvo e i capelli ingrigiti, dal fisico corpulento e un naso rosso dovuto a frequenti bevute. I suoi abiti erano così sfarzosi e decorati da farlo sembrare una figura più importante del borgomastro di un piccolo paese di provincia, il che lo rendeva leggermente ridicolo. Fulbert fu accolto con uno sguardo incuriosito e una domanda ingenua:

«Sei tu lo strigo che ha tolto di mezzo il ladruncolo d’oro blu di cui si parla in giro da qualche minuto?»

Fulbert trattenne a stento una risata imbarazzata e rispose:

«È abbastanza raro che due come noi si trovino nella stessa città lo stesso giorno, quindi sì»

«Giusto, chiedo venia. Ti hanno detto perché voglio parlare con te?»

«Non hanno detto niente di specifico»

«Allora te lo spiego io»

Fulbert, prevedendo un lungo racconto pieno di dettagli superflui e aneddoti personali, fece per accomodarsi alla scrivania nell’ufficio, ma il borgomastro lo fermò alzando una mano:

«No, no, non serve che ti sieda, la faccio breve!»

«Ah, va bene» replicò Fulbert, un po’ stupito da quella reazione.

Il sindaco sistemò alcune pile di carte sulla sua scrivania e incrociò le dita, iniziando a spiegare:

«In pratica, nei boschi che circondano il nostro paese è apparso un mostro, la settimana scorsa. Ha preso di mira il nostro erborista e il suo apprendista, che è sparito nel nulla. Sarà perché il loro laboratorio è in mezzo al bosco, nel suo territorio»

«Soltanto loro?»

«No, prima loro. Ma da quando c’è il mostro, nessuno è più al sicuro lì: ormai gli abitanti hanno paura del bosco ed è grave, perché è una risorsa preziosa. Se qualcuno ci va, le piante diventano vive e cercano di ucciderlo!»

«Ah sì?»

«Mi devi credere, scannamostri! È successo anche a me, sono andato a vedere di persona!»

«Rilassatevi, non ho detto che non vi credo» lo tranquillizzò Fulbert.

«Bene, bene. Dei soldati imperiali che ho mandato a indagare sono spariti e un’altra squadra sorveglia la casa dell’erborista, non ho intenzione di inviarne altri. Continuando di questo passo, mi ritroverò a dover chiedere supporto alla capitale!»

«Qualcuno ha mai visto il mostro?»

«L’erborista me l’ha descritto, dopo che il suo apprendista è scomparso. Meno male che lui non ha fatto la sua stessa fine! Comunque, mi ha detto che è un’orrida creatura che uccide con le piante, ha raccontato che le comanda come se fossero cani da caccia. Strigo, è possibile una cosa del genere?»

Fulbert, adesso, era decisamente interessato:

«Be’, la prima cosa che mi viene in mente è un leshen o uno spriggan. Dovrò andare a parlare con questo erborista. Dov’è il suo laboratorio?»

«È facile raggiungerlo: dall’uscita ad Ovest del paese parte un sentiero che va dritto nella foresta, ti porterà da lui. Mi ha chiesto con insistenza di mettere una piccola scorta di soldati nilfgaardiani a sorvegliarlo sempre, perché ha paura del mostro; non che lo biasimi, nessuno vorrebbe scomparire per sempre come quelli che si è portato via! Spero che tu riesca a liberarci da quella bestia»

«Un secondo, non ho nemmeno accettato!»

«Ah, certo: dimenticavo che voi mutanti mettete il compenso davanti a tutto»

«Non intendevo questo, vi stavo solo dicendo di non dare niente per scontato»

«Ma allora accetti questo lavoro, sì o no? Se l’offerta non era ufficiale prima, lo è adesso»

Fulbert rifletté incerto ancora un secondo, ma alla fine annuì:

«D’accordo, accetto il contratto. Tratteremo sulla mia ricompensa quando avrò visto di che si tratta»

«Molto bene, allora affare fatto! Spero che questa faccenda finisca, sta avendo un impatto anche economico sul comune. comunque, dài un’occhiata alle ricerche dell’erborista: l’ultima volta che ce le ha illustrate, ci prometteva scoperte mediche rivoluzionarie» suggerì il borgomastro infine.

«Grazie per la dritta, darò un’occhiata» disse Fulbert, prima di voltarsi e andarsene.

«Perché ci hai messo tanto?» chiese Aleera, quando lo vide tornare.

Adesso Willy si era svegliato e se ne stava seduto a gambe incrociate col broncio e le braccia conserte, dando le spalle al falò. Gurg rigirava sempre più spesso le lepri nel brodo ribollente facendo ondeggiare la pentola con le mani, anche se scottava, e il lupo mannaro stava bevendo al fiume. Lo strigo si sedette assieme a loro e si tolse le spade coi foderi dalla tracolla, poggiandole accanto a sé.

«Dopo che ho preso un candelabro dall’orafo, ho accettato un contratto a sorpresa dal borgomastro» spiegò Fulbert.

«Interessante» commentò la bruxa.

Willy si voltò di scatto, facendo l’offeso:

«Oh, allora ti è venuta voglia di fare ancora più soldi dopo l’oro gratis che hai preso grazie a me! E tutta quella storia che per questa gita al Sud ne abbiamo già preso abbastanza?»

Fulbert lo fulminò con lo sguardo:

«Questo è un lavoro onesto, non un furto. E no, non devo esserti riconoscente per questo candelabro, sei tu che dovresti esserlo a me perché ti ho coperto. La prossima volta ti lascerò al tuo destino, sia chiaro»

«No, non lo farai: ti piace troppo fare l’eroe dei mostri» lo sfidò il godling.

Laurent smise un attimo di abbeverarsi e si voltò per chiedere:

«Fulbert, hrrrrrrrrr, vuoi che gli morda quel culetto blu, hrrrrrrrr?»

Lo strigo scosse la testa e si limitò a ribattere, con tutta calma:

«E sei fortunato che mi piaccia, perché senza di me saresti morto in quella banda di nani malavitosi di Novigrad. La prossima volta inventati un insulto vero, bamboccio ingrato»

Dopo che Willy restò così interdetto da non essere più in grado di far continuare la discussione, i Guardiani degli Innocenti passarono ancora del tempo a discutere sui loro programmi futuri e poi a mangiare il loro pranzo. Quando finirono le lepri lessate, Allera volle sapere di più sul loro nuovo lavoro. Fulbert, allora, riassunse in poche parole le spiegazioni risicate del borgomastro e la storia dell’erborista e del suo apprendista scomparso. Quindi, quando furono a posto col loro pranzo, si prepararono a partire. Non ebbero bisogno delle indicazioni del borgomastro per trovare il laboratorio dell’erborista: bastò chiedere a Laurent di trovare una scia odorosa di “un sacco di erbe e fiori messi isieme”, come disse lui, e lasciare che li guidasse.

Attraversarono il primo tratto di bosco, che era abbastanza rado e pieno di radure. Dopo alcuni minuti, i cinque si fermarono e si ripararono dietro una macchia di arbusti appena videro la capanna di legno circondata da soldati nilfgaardiani dall’aria annoiata e assonnata: alcuni se ne stavano con la schiena appoggiata alle pareti della casetta, con le braccia incrociate, mentre altri stavano seduti su delle rocce e giocavano a gwent usando il ceppo come tavolo, all’ombra di un tiglio. I Guardiani degli Innocenti li guardarono in silenzio dal loro riparo per alcuni secondi, poi Willy commentò sussurrando:

«Vedo che sono molto impegnati»

«È chiaro che il mostro non fa mai il primo passo: attacca solo chi entra bel bosco» spiegò Fulbert. 

«Guardie inutili, Nilfgaard inutile» borbottò Gurg, grattandosi il cranio.

«Vado a parlare con l’erborista, voi allontanatevi» avvisò lo strigo.

Quindi, uscendo dai cespugli e uscendo dalla radura, Fulbert venne allo scoperto e si mostrò alle guardie, che ebbero un lieve sobbalzo e fecero per impugnare le armi quando lo videro comparire all’improvviso.

«Uno strigo? Che ci fai qui?»

«Quello che facciamo noi strighi: do la caccia al mostro. Mi manda il borgomastro»

A quella rivelazione, invece, i soldati furono decisamente contenti e sollevati:

«Oh, finalmente! È da una settimana che sorvegliamo per niente questo vecchio paranoico, ormai avevamo paura che ci toccasse andare a stanare il mostro e fare la fine del bestiame» disse uno di loro.

«Bene, se vuoi parlare con l’erborista, fai pure» disse un suo collega.

Lo strigo andò alla porta e fece per bussare, ma l’uscio gli fu aperto prima: gli apparve un uomo anziano fragile e ingobbito, con la pelle grinzosa e piena di macchie scure, le mani tremanti, gli occhi stanchi e una folta barba bianca. Era incappucciato e avvolto in un mantello scucito di lana grezza, come se fosse pieno inverno. Appena si trovò Fulbert di fronte, iniziò a tremare il doppio e spalancò gli occhi per quel poco che riusciva ancora:

«Uno strigo è venuto per il mostro, finalmente! Ho paura! Entra»

Fulbert entrò nella capanna e il padrone di casa richiuse la porta a chiave. Lo strigo osservò il locale: più che un’erboristeria, sembrava una serra minuscola a cielo chiuso. Le piante in vaso a ridosso dei muri e sulle file di mensole erano così numerose e fitte che coprivano le pareti e ostruivano le finestre, impedendo di vedere fuori. Il miscuglio di aromi delle varie erbe e fiori era così intenso che Fulbert si sentì quasi ubriaco, a causa del suo olfatto incrementato. Gli unici spazi liberi erano l’angolo del vecchio e sgangherato letto di legno e il tavolo da lavoro, che era stracolmo di attrezzi, strumentazioni alchemiche e piante quanto il resto della casa.

«Quante piante, troppe! – commentò, d’istinto – Per caso sei un accumulatore?»

«Be’, sì. La mia mania è entrata nel mio lavoro»

Dopo quella risposta, il vecchietto andò a sedersi sul letto e fissò Fulbert dal basso, tenendo le mani congiunte come se stesse pregando:

«Per favore, strigo, per favore, uccidi quel mostro prima che torni! Prima che torni per me!» supplicò.

Fulbert si sentì un po’ a disagio per quel panico insensato:

«Woah, calmati! Cerca di aiutarmi! Mi è stato detto che il mostro che ha fatto sparire il tuo apprendista e quei soldati può controllare le piante. L’hai visto?»

«Oh, sì»

«È una sorta di uomo-albero con lunghi artigli e il teschio di un cervo in testa?»

Il vecchio erborista scosse la testa:

«No, è peggio: molto più infido di così. Vedi, in realtà era da qualche mese che Styn, il ragazzo, aveva iniziato a comportarsi in modo strano»

«Che tipo di “strano”?»

«Era distratto, pensava sempre a qualcos’altro, ogni volta che si faceva sera trovava una scusa diversa per uscire e andare nel bosco, faceva ogni cosa di fretta e male; non vedeva l’ora di liberarsi dei suoi impegni e di mettere in pratica i miei insegnamenti»

Sentendo quei “sintomi”, Fulbert non seppe trattenere una lieve risata:

«Senza offesa, ma hai sbattuto contro un muro: questa non è opera di un mostro, è una normalissima cotta! Qui c’entra una ragazza. Tu non sei mai stato giovane? Non hai mai visto altri ragazzi come il tuo apprendista?»

L’erborista sbuffò e levò gli occhi al cielo:

«Se fosse stato tutto per una ragazza, non avrei bisogno di quella scorta là fuori, non trovi?»

«Lo so, stavo scherzando»

«Ah sì? Voi strighi non eravate senza emozioni?»

«Stronzate: siamo solo più calmi davanti al pericolo. Dicono così perché non ci sentiamo esattamente bene in mezzo alla gente che ci guarda e parla male. Non è quello che succederebbe a chiunque?»

«Scusami, ma non cambiamo argomento. Anch’io ho pensato subito che avesse conosciuto una donna, così gli ho detto che non era un problema e gli ho pure chiesto se poteva presentarmela, ma lui si è rifiutato. La cosa mi ha insospettito, così una sera della settimana scorsa ho deciso di seguirlo di nascosto. Sono vecchio, ma so ancora come muovermi in silenzio nel bosco»

«E allora l’hai visto?» domandò Fulbert.

Il vecchietto annuì; la sua faccia si riempì di sconvolgimento, ma anche di qualcos’altro, una seconda emozione che fu visibile per un fugace momento, prima di sparire o di essere nascosta. Fulbert inclinò la testa, cercando di capire se aveva percepito bene quella piccola espressione lampo e cos’era: era dispiacere? O amarezza? Non poté pensarci oltre, perché l’erborista riprese quasi subito a raccontare:

«Sì, non potevo crederci. Styn è stato sedotto da una bestia che si finge una bellissima fanciulla, ma in realtà vuole solo avvicinarsi alla sua preda passo dopo passo! Sembra umana in apparenza, ma la sua pelle è come le foglie delle piante e cammina nuda come l’animale feroce che è in realtà!»

Fulbert era a dir poco stupito. Per quanto carica di superstizione e sebbene fosse più adatta a descrivere una succube, quella descrizione gli fece intuire subito di cosa parlasse l’erborista: una donna nuda con la pelle verde, in un bosco, per cui un giovane uomo aveva preso un colpo di fulmine? Non c’erano dubbi sulla creatura. Solo che non era un mostro, era una specie simile agli umani e agli elfi:

«Una driade» rifletté a voce alta.

L’erborista restò in silenzio per un attimo, prima di confermare:

«Esatto, strigo: una driade ha tentato il mio allievo»

«In effetti, siamo vicini alla foresta di Brokilon, ma non mi sembra normale che una di loro ne esca solo per cercare un uomo: è vero che per loro trovare compagni per procreare è importante, ma non vanno a cercarseli fuori dal loro territorio»

«A quanto pare, questa fa eccezione»

Le stranezze, però, non finivano lì. Fulbert non era per niente convinto:

«Inoltre, dici che il mostro controlla le piante, ma non ha senso: le driadi non hanno poteri magici, sono solo in armonia con la loro foresta e sono abilissime arciere. I leshen controllano le piante, gli elementali di terra lo fanno, ma una driade? Sei davvero sicuro che quella che hai visto fosse una driade?»

«Altroché! Sicuro come il Sole! Quando li ho visti insieme, ho capito che dovevo salvare Styn prima che quella bestia lo attirasse del tutto nella sua trappola, ma quando ha scoperto che io avevo trovato il suo piano, ha tirato fuori il suo lato feroce: ha toccato una quercia, le ha dato vita e l’ha usata per attaccarmi! Ho dovuto scappare per salvarmi, lasciare indietro il ragazzo! Ti rendi conto di come mi possa sentire, strigo?»

«Posso immaginarlo» rispose Fulbert.

L’erborista si mise le mani in testa, sconvolto, sembrava quasi che potesse mettersi a piangere da un momento all’altro:

«Sapere che non ho potuto aiutare Styn in tempo, che lei l’ha portato via con sé e gli ha fatto chissà cosa. I soldati che il borgomastro ha mandato per ucciderla sono spariti come lui e mi tocca avere paura che lei torni per occuparsi anche di me! Non reggo! Aiutami, strigo!»

Fulbert decise che il vecchio si stava fomentando troppo e lo calmò avvicinandosi e abbassandosi per guardarlo negli occhi:

«Va bene, ho capito! Indagherò su questa faccenda, vedrò cosa posso fare. Ma ci sono troppe cose che non hanno senso, per i miei gusti. Qui c’è qualcosa che non quadra» insinuò, pensando a tutti i dettagli anomali su quella driade.

«Certo che qualcosa non quadra: c’è un mostro nel bosco di questo paese che ammazza la gente! Fai il tuo dovere, ammazzala! Che aspetti?»

«Non aspetto, vado. Tu resta qui e non fare niente: mi sei stato d’aiuto»

«Mi fa piacere saperlo. Non che abbia fatto qualcosa nell’ultima settimana: ho paura di uscire, ormai»

Fulbert salutò frettolosamente i soldati dell’Impero e tornò nel punto in cui aveva lasciato i suoi compagni. Si allontanarono dalla zona della casa e lo strigo, mentre camminavano verso il loro accampamento per potersi equipaggiare meglio, ripeté tutto quello che aveva scoperto dall’erborista. Willy fece una faccia sorniona tipica di un bambino che sta per fare una battutaccia sulle giovani coppie e fu solo una pacca di Laurent con la punta di un artiglio a fermarlo. Gurg fece la semplice domanda che gli venne in testa appena sentì la spiegazione:

«Driade come succube, ma senza zoccoli?»

Aleera lo ignorò e scosse la testa, poco convinta:

«Ci sono parti di questo discorso che non reggono, per me»

Fulbert la guardò negli occhi, serio:

«Ah, sì? Solo alcune parti? Secondo me non regge niente. Ho due sospetti: o l’erborista ha interpretato male la cosa o mi ha detto fesserie per coprire qualcosa che non gli farebbe comodo rivelare. In ogni caso, possiamo scoprirlo solo andando a fondo di questa storia»

Laurent si fermò un attimo per grattarsi le orecchie con una zampa posteriore, poi accostò a Fulbert e gli chiese:

«Mi spieghi bene cosa intendi? Non sono ancora così ferrato sul tuo lavoro, hrrrrrrrrrr, hrrrrrrrrrr, anche se ti seguo da parecchio, hrrrrrrrr»

«Nessun problema. Allora, da cosa posso cominciare? Prima di tutto, è strano che ci sia una driade fuori dalla foresta di Brokilon. Non dico che non possa succedere, ma in poche parole è come quando piove col Sole: rarissimo»

«Già, come una mia battuta che vi fa ridere invece di farmi avere minacce di morte» sorrise Willy.

Fulbert lo guardò con un sorriso compassionevole:

«Willy, c’è una bella differenza tra “rarissimo” e “assurdo”. Tornando alla nostra driade, non mi sembra normale che abbia passato un mese ad attirare e sedurre quel ragazzo: per le driadi la procreazione è qualcosa di molto importante, questo è vero. Spesso hanno figlie da uomini o elfi che capitano a Brokilon, ma non lo fanno per piacere, solo perché vogliono mandare avanti la loro specie»

Il lupo mannaro inclinò la testa, perplesso:

«Aspetta, hrrrrrrrr, come funziona? Vanno con uomini ed elfi, però vengono fuori altre driadi? Non dovrebbero nascere degli incroci? Non hanno driadi maschi?»

«No, sono tutte femmine, come la mia specie. Per noi bruxae funziona allo stesso modo» gli rispose Aleera.

«Uguale per le succubi» concluse Fulbert.

«Hrrrrrr, e io che pensavo che diventando un mostro non mi sarei mai più stupito di niente, hrrrrrrrr»

«E comunque, perché se l’è presa così comoda per un mese, per poi diventare così territoriale appena è stata scoperta? Perché ha fatto sparire solo quelli che sono entrati nel “suo” bosco e non è più andata dal vecchio per uccidere anche lui?»

«Chi ti dice che il ragazzo e i soldati siano morti?» domandò Aleera.

«Che motivo ci sarebbe di lasciarli vivi, per lei?»

«Non so, mi è venuto il dubbio»

«Infine, come fa a controllare le piante? Le driadi non lo fanno! Non hanno poteri magici! Cosa c’è di diverso in questa qui? È un incantesimo? Un’illusione?»

Gurg scosse la testa, più confuso che mai:

«Domande, domande, domande. Gurg no capisce, Gurg spacca driade cattiva»

«Uhm, meno dubbi e più azione, mi piace!» scherzò Willy.

«Adesso arriva l’azione, non vi preoccupate, bamboccioni» li stuzzicò Fulbert.

«Siamo tutti pronti?» chiese Fulbert, dopo che si furono preparati al fuoco da campo.

«Sì: ho la fionda, le bombe e voglia di incendiare qualcosa» rispose Willy.

«Gurg spacca solo driade o poi butta anche in sciuppa di sera?» chiese Gurg, battendosi la mano sulla pancia.

Fulbert levò gli occhi al cielo:

«Abbiamo appena pranzato e pensi già a cosa bollire vivo la prossima volta?»

«Sì! Troll sa sempre cosa mangia dopo!»

«Possiamo andare» affermò Aleera, dopo che ebbe lasciato tutti i suoi vestiti sulla schiena di Arabella.

Fulbert annuì e, prima che partissero, chiese a Willy se poteva dare a lui le bombe al dimeritio e tenere le altre. Il godling gli chiese perché dovevano anche solo portarle e lo strigo spiegò che, se la cosiddetta “fitocinesi” della driade era un potere magico e non congenito come il poliformismo dei mutaforma, il dimeritio sarebbe stato utile per toglierle quella capacità e indebolirla notevolmente. Willy, allora, accettò e gli consegnò le bombe al dimeritio della sua scorta di esplosivi.

Quindi, finalmente, la loro nuova caccia ebbe inizio. I Guardiani degli Innocenti seguirono il fiume per un po’, poi si inoltrarono ancora nel bosco, questa volta addentrandosi nella sua parte più interna e ombrosa, da dove i soldati mandati dal borgomastro non erano più tornati. Arrivati ad un certo punto, la boscaglia si fece così fitta da essere illuminata solo da sottili lame di luce che filtravano attraverso il fogliame. Anche il sottobosco era così pieno di cespugli e arbusti che, in alcuni tratti, era difficile avanzare. Ma gli uccelli cantavano ancora tra i rami, segno che non c’era nessuna minaccia, almeno per il momento. Fulbert teneva sempre all’erta i suoi sensi da strigo, confidando che anche Aleera e Laurent stessero facendo altrettanto. D’un tratto, il licantropo si fermò e cominciò ad annusare l’aria:

«Hrrrrrrr, fiuto sangue secco, da quella parte»

E indicò verso Nord. Iniziò a fare strada assieme alla bruxa, trottando a quattro zampe. Fulbert sguainò subito la spada d’argento, per sicurezza. Quando si avvicinarono al punto indicato dal licantropo, calò un silenzio di tomba su tutta la foresta. Si ritrovarono di fronte alla scena di un delitto, letteralmente: in giro per la zona, smunti, insanguinati e contorti in pose varie, c’erano i corpi di cinque soldati di Nilfgaard. Era chiaro che lì si erano scontrati con la driade ed erano stati massacrati.

«La nostra amica floreale sa il fatto suo» commentò Willy, con un fischio.

«Sì, solo Gurg e compagna tratta intrusi peggio, quando noi vive in caverna-casa» aggiunse Gurg.

«Immagino che sia il tuo momento, Fulbert» disse Aleera, incrociando le braccia.

Lo strigo annuì e rinfoderò la spada: era ora di dare un’occhiata ai corpi. Anche se sapeva già cosa li aveva uccisi, sarebbe comunque tornato utile osservare come aveva fatto. I cinque cadaveri erano vecchi di otto giorni. Il primo soldato era seduto a ridosso di una betulla, con la testa lasciata andare e rivolta verso terra, le mani erano poggiate sui dorsi per terra. Aveva tre frecce conficcate in tre punti diversi del tronco: una nel fegato, una nel polmone destro e una nel cuore.

«Tre tiri precisissimi, impressionante» disse lo strigo.

Il secondo soldato non mostrava ferite, ma aveva il collo spezzato. Era disteso su un fianco. Dalla posa in cui si trovava, pareva che fosse caduto a peso morto e non si fosse più alzato. La sua spada giaceva accanto a lui. A Fulbert parve strano che la driade si fosse avvicinata a lui apposta per rompergli l’osso del collo a mani nude: non sembrava una cosa da driadi. Così provò a guardare in alto e notò che un ramo robusto e sporgente del tiglio sotto in quale l’uomo era morto aveva dei tagli e dei graffi in una corteccia, lasciati da una spada.

«Pare che la driade abbia animato quel ramo, la fronda gli ha avvolto il collo e l’ha stretto fino a spezzarlo» rimuginò.

«Ammazzato da un albero? Se non avessi questo poveraccio davanti, riderei, hrrrrrrrrrr» disse Laurent.

La terza vittima era lunga distesa sulla schiena in mezzo al terreno umidiccio e aveva una freccia piantata in un occhio: non c’era niente da spiegare. Gli ultimi due, infine, avevano un enorme squarcio nel petto ed erano sdraiati proni sotto un faggio. Erano circondati da due pozze di sangue rappreso e, esattamente sopra di loro, c’erano dei rami intrisi di sangue dal mezzo alla punta.

«Li ha usati per impalarli. È stato uno sfogo di fantasia o sadismo?» si chiese Fulbert, ad alta voce.

«In conclusione, abbiamo a che fare con una tosta, vero?» domandò Willy.

Lo strigo coi capelli rossi annuì con le labbra serrate:

«Proprio così. Stiamo attenti e…»

Si interruppe bruscamente quando sentì qualcosa: un fruscio alle sue spalle, proveniente dall’alto. Era appena accennato, ma le sue orecchie potenziate riuscirono comunque a coglierlo. Sapeva che non c’era nessun tipo di animale lì con loro e l’aria era ferma. Quel fruscio poteva essere stato causato solo da qualcosa o qualcuno che si stava muovendo con furtività fra i rami, cercando di non farsi scoprire. Sia Fulbert che i suoi compari si voltarono di scatto verso una quercia dietro di loro quando sentirono un secondo suono: una corda che si tendeva. Lo strigo fece appena in tempo a vederla: una sagoma antropomorfa verdognola, appena visibile nel verde delle foglie; dopodiché, una freccia cominciò a volare verso la sua gola. Fu questione di un secondo: lo strigo tese il braccio e si salvò all’ultimo dal dardo proteggendosi col campo di forza del segno Quen.

«Beccata!» esclamò Willy, subito dopo.

Caricò una mitraglia nella fionda e la tirò verso la tiratrice ma, all’improvviso, un ramo della quercia si mosse di scatto e colpì la bomba a mezz’aria, come una racchetta che colpisce un volano. La mitraglia fu deviata verso destra ed esplose prima di toccare terra. Aleera si trasformò nella sua forma vampirica e urlò. L’onda d’urto del suo grido sonico scaraventò via la driade proprio mentre saltava con l’agilità di un acrobata verso le fronde della betulla e la donna verde si schiantò rovinosamente a terra, perdendo l’arco. Il lupo mannaro, velocissimo, la raggiunse in una frazione di secondo, la afferrò per la gola e la sollevò di peso solo con una mano, stringendo la presa. Sentendosi soffocare, la driade annaspava mentre Laurent si preparava a staccarle la faccia con un morso, ma Fulbert lo fermò:

«Aspetta, non uccidiamola!» esclamò.

«Eh?» chiese il lupo mannaro, sbavando.

«Voglio capire che cazzo sta succedendo qui, quindi…»

Prima che finisse la frase, però, la driade tese un braccio verso la betulla e la pianta iniziò a muoversi: tre rami si avvicinarono a Laurent. Uno si avvolse intorno al suo collo e due lo presero per le zampe posteriori, per poi sollevarlo a mezz’aria. Il licantropo lasciò andare la driade e, sospeso a mezz’aria, iniziò a dimenarsi e guaire. Gurg e Aleera corsero ad aiutarlo: il primo lo afferrò e impedì ai rami di portarlo più in alto, mentre l’altra iniziò a tagliarli ad artigliate col suo vigore.

«Lascialo andare, verdastra!» esclamò Willy.

Il godling caricò una stella danzante nella fionda e la lanciò. La driade schivò rotolando prima che le foglie e l’erba intorno a lei prendessero fuoco. Appena lei si rialzò, riprese l’arco e mirò a Willy, ma una bomba al dimeritio cadde ai suoi piedi e una nuvola verde la avvolse. La driade prese a tossire senza sosta, mentre la betulla smetteva di muoversi e lasciava andare Laurent. Fulbert aveva annullato il suo potere, scoprendo così che era di derivazione magica. Appena la nuvola si dissolse, lo strigo vibrò un deciso fendente, spaccando in due l’arco della driade. Lei, però, non si scoraggiò: prese una freccia dalla sua faretra e tentò di usarla come pugnale per trafiggere Fulbert, ma lui la buttò all’indietro col segno Aard. La driade finì a terra e, questa volta, non seppe rialzarsi subito.

«Maledetti!» esclamò, facendo sentire la sua voce per la prima volta.

«Non sei male, sai? – le disse Fulbert – Ora, come hai sentito prima, noi non vogliamo ucciderti. Vogliamo solo capire cosa sta succedendo qui e chi sei tu, quindi perché non…»

«Argh!»

Con quel grido improvviso, la driade tentò di gettarsi su Fulbert. Lui, però, schivò agilmente saltellando di lato. A quel punto, prima che la driade potesse fare altro, Gurg partì con una carica arrivandole alle spalle, la afferrò per i fianchi e le sferrò una portentosa testata, facendola svenire all’istante. Quando vide che era priva di sensi, la lasciò andare come un sacco di patate. I Guardiani degli Innocenti si radunarono attorno alla loro “preda”, ammirandola mentre giaceva svenuta al suolo. Osservavano con sguardi a metà strada tra l’affascinato e l’astioso quella bella e giovane donna dalla pelle verde e i capelli lunghi e da rasta completamente nuda, a parte dei bracciali di rami intrecciati e dei ricami di fiori in testa.

«Avresti potuto lasciare che la stordissi col segno Axii, ma non mi lamento. Bell’intervento, Gurg» ringraziò Fulbert.

«Gurg contento che aiuta» borbottò il troll.

Laurent, che ansimava ancora per il tentato strangolamento del ramo, ringhiava furiosamente:

«Hrrrrrrr! Hrrrrrrrr! Hrrrrrrrr! Laide putain verte! Hrrrrrrrr! Je te tue, je te mange! Hrrrrrrrr!»

Willy gli batté una pacca su una zampa anteriore per calmarlo:

«Ehi, rilassati, amico! Ce l’abbiamo, non è successo niente»

Aleera tornò alla sua forma umana e guardò Fulbert:

«Avevo l’impulso di tagliarle la gola, prma che Gurg la fermasse, ma ce l’abbiamo fatta: l’abbiamo presa viva. E adesso, Fulbert?»

Lo strigo mise via la spada e si caricò la driade sulle spalle, facendo quindi cenno ai suoi compagni di seguirlo:

«La portiamo all’accampamento, parleremo con lei lì. Se accetterà di parlare una volta che si sarà calmata, bene; altrimenti, sarà peggio per lei»

Quindi, anche se gli altri erano un po’ riluttanti sulla sua scelta, i Guardiani degli Innocenti si riavviarono verso il loro falò in riva allo Yaruga, in compagnia del loro insolito “trofeo” vivente.

UN PAIO D’ORE DOPO…

La driade, che avevano adagiato accanto al fuoco ormai spento, iniziò a muoversi con un mugolio e aprì molto lentamente gli occhi. Tenendo una mano premuta sulla fronte, dove c’era un livido enorme per la testata di Gurg, si mise seduta, chiaramente ancora stordita. Appena iniziò a tornare lucida e si rese conto di dov’era, si accorse dei Guardiani degli Innocenti, seduti in semicerchio attorno a lei. Sobbalzò e si portò subito le mani sulla schiena in cerca dell’arco, per riflesso automatico, non ricordando che Fulbert gliel’aveva rotto.

«Calmati, non vogliamo combattere ancora!» la rassicurò Fulbert.

«Sì, poco fa ci hai attaccati per prima, maudite, hrrrrrrrrr!» ringhiò il licantropo, irritato.

La driade sembrò passare da spaventata a confusa. Rimase immobile come una statua per dei secondi che parvero interminabili, squadrandoli dal primo all’ultimo. Solo i suoi occhi si muovevano, mentre la sua faccia era congelata in un’espressione diffidente e intimidita. Anche loro, in risposta, non si muovevano né dicevano nulla, almeno finché Gurg borbottò:

«Eh? Driade dorme con occhi aperti? Gurg dà botta forte!»

«Tranquilla, non vogliamo farti del male: ci stavamo solo difendendo» la rassicurò Aleera.

«Puoi almeno dirci come ti chiami?» le domandò Willy.

Niente, la driade non reagiva. Non sembrava sul punto di scappare o di tentare di opporre altra resistenza, era solo impassibile. Fulbert cercò di venirle incontro:

«Forse è meglio se ci presentiamo anche noi. Io sono Fulbert e, come vedi, sono uno strigo. Quindi sappi che non ti ucciderò, finché potrò stare sicuro che tu non sei davvero un pericolo a prescindere. Loro sono Aleera, Laurent, Willy e Gurg, sono i miei soci. So che siamo un gruppo strano, nulla di visto prima, ma…»

«Chi siete?»

Finalmente, erano riusciti a farla “aprire”, anche se di pochissimo e con una domanda a cui avevano già iniziato a rispondere. Era comunque un inizio. Willy sorrise e gonfiò prontamente il petto:

«Siamo i Guardiani degli Innocenti, solo per te!»

«Noi non ancora ha simbolo. Gurg disegna, ma Fulbert dice noi pensa dopo, sempre dopo e mai noi pensa» aggiunse il troll, in tono malinconico.

«È una storia lunga, ci vuole molto tempo per raccontarla tutta: sarà meglio se te la risparmio. Perché invece non ci racconti la tua? Chi sei, perché non sei a Brokilon, come fai a controllare le piante… mi incuriosisci, sai? Non mi dispiacerebbe conoscerti meglio!» la incalzò Fulbert.

La driade non era ancora rilassata, ma almeno la sua tensione sembrò smorzarsi un poco. Si sistemò meglio, sedendosi sulle ginocchia, ed esordì in modo titubante:

«Mi chiamo Daénn»

«Non male come nome» rispose Fulbert.

«Non so perché le piante fanno quello che voglio, ma è sempre successo. Ci sono nata. Alle mie sorelle non piacevo per questo, a Brokilon non ero la benvenuta. Dicevano che ero sbagliata e che non ero utile perché non potevo avere figlie. Appena sono stata grande, ho dovuto andare via. Non ho una casa»

I Guardiani degli Innocenti ascoltarono con attenzione, interessati. Fulbert annuì, iniziando ad unire i puntini.

“Dunque è una mutante, quindi è nata sterile. Poteri strani, incapace di fare una cosa essenziale per le driadi e più potenziale? Era ovvio che l’avrebbero buttata fuori” pensò lo strigo, comprensivo.

«E così ti sei sistemata in questo bosco, il più vicino a Brokilon» concluse Aleera.

Daénn annuì. Fulbert continuò con le domande:

«Allora hai vissuto qui da quando sei autonoma. Dimmi, che mi dici dell’apprendista dell’erborista? Dubito che provassi qualcosa per lui, conoscendo voi driadi. Ma perché, mi chiedo, visto che sei sterile? A che ti serviva lui?»

La driade fece spallucce, ma il suo viso si contrasse in una smorfia di rabbia appena fu toccato quell’argomento:

«Mi piaceva che mi tenesse compagnia. Sono stata sempre così sola che non mi dispiaceva averlo intorno. Qualche mese fa lui mi vide per caso e, per qualche motivo, si è interessato a me. Veniva a cercarmi tutte le sere e mi parlava di qualunque cosa sui suoi studi, poi mi faceva tante domande su di me e sulle mie sorelle. Mi sembrava innocuo, perciò lo stavo a sentire. Lui mi parlava, io ascoltavo e ogni tanto rispondevo alle sue domande. Niente di più: mi aiutava a non sentirmi sola»

«Oh, storia tenera! Gurg così felice» si commosse il troll, con un rauco singhiozzo simile ad un gargarismo.

Anche quel dettaglio era finalmente chiarito: tra i due non c’era stata nessuna cotta, solo un fascino platonico da parte di Styn e un simpatico apprezzamento da parte di Daénn.

«Aspetta, hrrrrrrrrr – la interruppe Laurent – Se ti stava simpatico, hrrrrrr, perché l’hai fatta sparire quando il vecchio vi ha visti? Non avevi niente da nascondere, hrrrrrrr…»

A quel punto, la pelle verde della driade diventò paonazza. Scattò in piedi e strinse i pugni, oltraggiata:

«Non è affatto vero! – sbottò, oltraggiata – Io sono scappata e basta. Li ho solo sentiti gridare e litigare, mentre andavo via. Poco dopo, ho sentito dei gemiti nel bosco, ho cercato e ho trovato Styn con delle accoltellate. Ho fatto il possibile per aiutarlo, ma non ce l’ha fatta»

«Ah, però! Il vecchietto è ancora arzillo quanto basta per spassarsela con un coltello, eh?» fischiò Willy.

«Gurg no capito» brontolò il troll delle rocce.

Daénn continuò:

«Ho provato ad andare da quel vecchio umano per chiedergli quale fosse il suo problema, ma aveva già quei soldati attorno alla casa. Non volevo fastidi. Lui ne ha comunque fatti arrivare altri che hanno cercato di farmi del male appena mi hanno vista: ho dovuto difendermi. Quando vi ho visti, ho creduto che avesse deciso di fare qualcosa di disperato pur di uccidermi. Perdonatemi davvero se vi ho attaccati, ho pensato male su di voi. In ogni caso, ho sepolto Styn nel bosco, ho pensato che se lo meritasse»

Fulbert ora capì tutto: aveva capito fin da subito che quel vecchio stesse nascondendo una verità che gli dava fastidio, gliel’aveva letto negli occhi. L’unica cosa vera che aveva dimostrato era la sua convinzione fanatica che la driade avesse stregato il ragazzo. Lo pensava a tal punto che dopo averli scoperti, dopo la fuga di lei, era arrivato a pugnalare a morte il suo stesso apprendista. Forse Styn aveva cercato di convicere il maestro del malinteso e che Daénn non era né cattiva né pericolosa. A quanto pareva, però, il vecchio aveva pensato che il ragazzo ormai perduto stesse cercando di ingannare o tentare anche lui per effetto del “maleficio” della creatura, così aveva preso un pugnale e aveva attaccato, credendo fermamente di starsi difendendo da una minaccia. Il resto era storia.

«Eh, umani: non c’è mai limite a quanto la loro ignoranza possa renderli stupidi» sospirò Aleera.

«Già» scosse la testa Laurent.

«Ora sapete tutto. Cosa farete ora?» domandò Daénn.

Fulbert si alzò e la fissò, con uno sguardo risoluto:

«Per te farebbe differenza andare in un posto diverso da questo? Immagino di no, ma sai…»

«Che sia qui o altrove, l’importante è che sia sereno e pacifico. Ve l’ho detto, io non ho una casa»

«Perfetto!» sorrise lo strigo.

«Cos’hai in mente?» chiese Willy, incuriosito.

«La foresta dove c’è la caverna di Aurora è sia isolata che pacifica. E poi, ci stavamo già andando per fare una pausa una volta tornati al Nord. Che ne dite se diamo una nuova casa a questa sventurata?» propose Fulbert.

«Chi è Aurora? E perché vorresti fare questo per me? Cosa ci guadagni?» chiese Daénn.

Fulbert le sorrise:

«Aurora è una succube, un nostro contatto: ci ospita nella sua grotta ogni inverno. Siamo i Guardiani degli Innocenti, aiutiamo chi merita una mano e una vita migliore di quella che ha, se possiamo. E tu la meriti, Daénn: non sei cattiva, hai solo avuto una serie di sfortune per tutta la vita. Ma per tua fortuna, adesso ti siamo capitati noi! Allora, che ne dici?»

Daénn sembrava davvero sbalordita. Fulbert la capiva molto bene, mettendosi nei suoi panni: nessuno doveva averle mai offerto un aiuto così generoso senza secondi fini, in vita sua: anzo, era probabile che nessuno le avese mai offerto aiuto in generale. La driade doveva faticare a capacitarsene Comunque, quell’offerta era impossibile da rifiutare, era una promessa di una sistemazione comoda e durevole. Quindi, come Fulbert si aspettava, Daénn accettò con sguardo sognante, dopo alcuni istanti di esitazione.

«Hai fatto la scelta giusta, femme verte. E scusa se all’inizio ti ho ringhiato in faccia» si scusò Laurent.

«No, perdonatemi voi se vi ho affrontati» rispose lei.

Willy si alzò e andò da Fulbert, dandogli delle gomitate nel fianco per stuzzicarlo:

«Ehi Fulbert, va bene che diamo una mano a chi se lo merita, ma è anche vero che diamo una lezione anche a chi si merita altro, vero?» ammiccò.

Fulbert gli rivolse un sorrisetto sornione, in risposta:

«Ma certo! Pensavi che avrei lasciato perdere quel vecchio rincoglionito? Ho un piano. Ascoltate bene»

L’INDOMANI…

I Guardiani degli Innocenti, finalmente tornati nel Nord, viaggiavano verso il confine meridionale dell’Aedirn, dove si trovava la foresta in cui Aurora aveva la sua caverna. Erano seguiti dalla loro nuova conoscenza, una certa driade nata con una misteriosa fitocinesi che non riusciva ancora a credere di aver incontrato delle persone così generose da aver deciso di darle una mano dopo aver comunicato con lei e aver scoperto la sua storia. Adesso veniva con loro, incredula ed entusiasta per la nuova vita che la attendeva. In quel paese a Brugge, lo strigo coi capelli rossi si era presentato davanti al comune con la testa di uno spriggan, salvando così gli abitanti del posto da future sparizioni e intascando la sua ricompensa, per poi andarsene acclamato per la seconda volta dalla folla. Alcune ore dopo, però, si diffuse una voce: la casa dell’erborista aveva preso fuoco ed era stata rasa al suolo in circostanze misteriosi, dopo che una “forza invisibile” l’ebbe tramortito e appeso ad un albero per i piedi. Nessuno capì mai cosa successe a quel vecchio, né perché lui farneticasse continuamente su una donna verde e sul suo apprendista morto. Diedero la colpa alla demenza senile e ignorarono le parole dell’erborista, che rimase senza casa, senza risorse o strumenti e senza lavoro. La storia del suo allievo e dei cinque soldati scomparsi e mai più ritrovati girò sempre meno, fino a scomparire e ad essere dimenticata. Nel giro di alcuni mesi, fu come se non fosse mai successo niente. L’anziano erborista passò il resto dei suoi giorni nella miseria e nella depressione: la verità era venuta a galla e ne aveva subito le conseguenze.

   
 
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