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Autore: Legar    07/12/2020    10 recensioni
Astoria è un'anima candida in un corpo fragile. [...]
Draco ruba tempo al suo cuore malato, un giorno alla volta. Lei gli restituisce quel che può.
[Questa storia partecipa al contest “Angst, Potter?” indetto da Nemesi01 sul forum di EFP.]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'A Tale of Grey and Repay'
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Un futuro di fumo


Astoria è un’anima candida in un corpo fragile, che giace coperto da lenzuola che non ha scelto per sé.
L’Ospedale San Mungo è un’accoglienza immacolata a cui non aspirava e lei non può guardare tutto quel bianco senza ritenerlo irreale. Contempla piuttosto il colore sporcato del tormento del nero: grigio, un futuro di fumo – gli occhi di Draco, che non si allontana dal posto al suo fianco.
Lui ruba tempo al suo cuore malato, un giorno alla volta. Lei gli restituisce quel che può.

Draco adesso comprende appieno la sofferenza che può abitare un letto colmo non solo di amore e di passione.

Al principio erano malori passeggeri e spossatezza costante, erano le difficoltà di giornate semplici. Ha capito subito che la sua indisposizione avanzava in una direzione che si sarebbe augurata di non dover percorrere. Cercava fortuna in un lascito dettato meramente dal caso, ha scoperto che non si vince mai a un gioco d’azzardo.
Astoria gli ha detto,
quando si sono conosciuti, della maledizione del sangue presente nell’eredità dei suoi antenati; Draco ha risposto che non gli importava e lei non ha saputo negargli l’opportunità di amarla. Lei è seme e acqua per la sua terra arida e lui ha colto germogli di riparazione, nelle nuove parole di tolleranza che hanno appreso insieme.

Draco seguita a parlare con il lessico che ha imparato da lei, relegando la tradizione familiare di odio a errori del passato.

Ha tentato di nascondere i primi sintomi dietro sorrisi rassicuranti e abbracci amorevoli, negandosi ogni forma di assistenza, ma chiedendosi nel contempo quando sarebbe arrivata a essere troppo debole persino per stringergli il viso tra i palmi, nell’attimo prima di posarci le labbra. Non poteva accettare che il periodo a loro disposizione stesse già per terminare, tuttavia la sabbia nella clessidra ha continuato a muoversi inarrestabile, fino a quando è stato lui a doverla tenere tra le braccia, per evitare che crollasse a terra, priva di sensi.

Draco non si cura di quanto il sentimento che li lega faccia male, ora che è ostacolato da una gabbia di malattia, e prosegue a donarglielo pur di provare anche solo quell’angoscia, nel tempo che rimane da vivere.

Si erano promessi un’alcova e un giardino di rose – Astoria ne vagheggiava già i petali scarlatti e adesso ne avverte le spine – per ritrovarsi tra pareti imbiancate e uniformi verdi. I Medimaghi sorridono quando le domandano come si sente e ispezionano il suo stato di salute con riguardo. Sono cordiali con lei, lo sono stati anche quando le hanno confermato ciò che si figurava già, che non avevano alcuna cura da offrirle.
Alla fine di ogni visita le danno una pozione che la fa addormentare: Draco la sorregge con attenzione per aiutarla a bere, eppure capita che qualche goccia le sfugga comunque, macchiando la veste che indossa di un liquido rosso come il sangue guasto che le scorre nelle vene.
Il sonno è un’oasi di pace gradita, perché quando riposa recupera le forze. Però, prima di cedere al suo oblio, si accorge delle occhiate grevi rivolte al suo fidanzato e spera di non rievocarle in un incubo.

Draco non sposta mai lo sguardo dalle sue palpebre abbassate, supplicando senza posa che le apra ancora.

Nei suoi sogni artificiali sono insieme, le cicatrici non le fanno male e va tutto bene. Sono popolati di gioie e desideri ed è prigioniera di un mondo perfetto, avviluppata nelle spire tentatrici di fantasie che sono dolorose solo ad occhi aperti.
Lei culla al petto un neonato col nome di una costellazione, lui insegna come volare su una scopa a un bambino
con le iridi grigie e la chioma bionda, loro accompagnano al Binario 9¾ un ragazzino di undici anni e molte aspettative.
La sua mente la protegge dal risveglio, in cui realizzerebbe che il frutto acerbo del suo ventre non è mai maturato, avariato, per la sua debolezza.

Draco ama scorgere i suoi sorrisi, ma accade sempre più di rado nella realtà e più spesso nel finto buio di un palliativo.

Lui va via per un po’ soltanto usandole la premura di accertarsi che ci possa essere qualcun altro con lei, in sua assenza – i suoi genitori, sua sorella.
Sua madre le racconta di aver fatto cambiare la tappezzeria nella sua camera ed è sicura che ne adorerà la tonalità di color crema, quando andrà a trovarli. È una menzogna gentile; Astoria non tornerà a casa.
Suo padre le consiglia i libri che ha acquistato e che conserva sugli scaffali nel suo studio, certo che possano piacerle. È una falsità cortese; Astoria non avrà modo di leggerli.
Daphne ha iniziato a frequentare un ragazzo e non vede l’ora di presentarglielo, magari nel suo ristorante preferito. È una bugia garbata; Astoria non lo conoscerà mai.
Non è mai da sola, e lo è sempre.

Draco divide gli ultimi istanti di Astoria con la famiglia di lei e gli sembra di strapparsi il cuore dal petto, quando rinuncia ai pochi attimi preziosissimi in sua compagnia.

Lui la sostiene tra le braccia, mentre le descrive il lavoro che ha cominciato al Ministero della Magia, una partita di Quidditch con gli amici, una passeggiata a Diagon Alley con Narcissa. Riempie la conversazione di dettagli e a lei pare quasi di accompagnarlo durante le sue giornate, nonostante, da qualche settimana, l’unico angolo di mondo esterno concessole è uno sprazzo di luce che, fuori dalla finestra della stanza, illumina un ramo carico di pioggia che non ha paura di cadere e abbandonarsi al vuoto.
Quando dorme c’è sempre il sole.

Draco vorrebbe tenerla con sé, portandola per mano nella sua quotidianità, ma gli resta solo da stringerle tra le sue, mentre si fanno gelide.

Il pianto è per i momenti in cui il dolore è troppo duro da sopportare. Le sue lacrime urlano l’ingiustizia dell’inevitabilità della sua condizione e continuano a scendere, perché, intanto che le scivolano sulle guance, almeno Draco trattiene le sue. Non può considerarsi egoista, nell’auspicare che le sia risparmiata la vista della sua afflizione, quando ha da patire la propria.
C’è una singola goccia solitaria incastrata nelle sue ciglia chiare. Lui inspira tra i suoi capelli e le bacia piano la fronte febbricitante; Astoria percepisce un sollievo effimero al contatto con le sue labbra fredde. Non esiste conforto possibile, nemmeno nella dolcezza agognata del suo tocco.

Draco non ha dimenticato la sensazione della bocca premuta sulla sua, nelle serate che bruciano di desiderio, tuttavia rifugge il supplizio di memorie ormai irraggiungibili.

La collera sopraggiunge quando realizza ciò che sta per perdere, ma diventa sempre più gravosa da esprimere: un grido di ineluttabile avvilimento le spezza il fiato e si deprime nella sua gola. Piani, aspettative, progetti si compiono esclusivamente nei suoi pensieri fumosi; non si concretizzeranno mai. Astoria si strugge di nostalgia per ciò che non potrà avere: voti nuziali pronunciati davanti a parenti emozionati, Natali riscaldati da un focolare domestico addobbato, notti insonni rischiarate da candele accese. Draco è famiglia, l’amore della sua vita, e lei non ne ha avuto abbastanza, però non può esigerne ancora.

Draco preferirebbe risparmiarle ogni pena prendendola su di sé, liberandola dalle catene del sangue che la condannano al suo destino.

L’accettazione reca l’urgenza di lasciargli l’esortazione affaticata a fare ammenda per tutte le volte in cui il suo cognome ha ferito qualcuno. La sua esistenza senza di lei è avvolta dalla fitta nebbia dell’ignoto, ma la sua richiesta le permette di immaginare di diradarla in un futuro pulito.
«Promettimi», il respiro affannato, «che non riprenderai il comportamento di un tempo.» Una preghiera ansimata. «E se ne avrai occasione, chiederai scusa.»
Non ha mai pronunciato così tante parole di fila da quando è distesa in quel letto: Astoria è stanca, ma solamente dopo aver ricevuto il suo assenso si permette di chiudere gli occhi.

Non li avrebbe più riaperti.

Astoria è andata via e Draco piange alle stelle il suo lutto.

 

 

 

 

 

 

 
Note:
Ho pensato alla “pozione che la fa addormentare” come una versione magica delle cure palliative per i malati terminali.
“Le cicatrici non le fanno male e va tutto bene” riprende la conclusione dell’epilogo di Harry Potter e i Doni della Morte.
Secondo la biografia di Draco Malfoy scritta da J.K. Rowling, Astoria da adulta ha sviluppato un punto di vista più tollerante riguardo Mezzosangue e Babbani, che ha condiviso con Draco, nonostante il disappunto dei suoceri.
La maledizione del sangue che è trasmessa nella famiglia Greengrass, presentandosi in alcuni membri dopo generazioni, e che ha portato Astoria alla morte è citata in Harry Potter e la Maledizione dell’Erede; ho immaginato la descrizione dei sintomi e del decorso della malattia all’incirca come una neoplasia ematologica.
In questa fanfiction Scorpius Malfoy non esiste, è ambientata prima che Draco e Astoria si sposino e non sono riusciti ad avere un figlio per le precarie condizioni di salute di lei.
Questa storia, anche se si può leggere senza problemi come stand-alone, nella mia mente è ambientata prima della mia mini-long Dramione A Tale of Grey and Repay, a cui vi invito a dare un’occhiata, se vi piace la coppia.

Vi ringrazio tanto per la lettura!
Legar

   
 
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