{ Affonda I Denti nella Mia Carne – File 13 }
Strada
del Tennesse.
Macchina
rubata presa in prestito.
2013
Avevano
lasciato Harley a Rosehill, una figuretta intabarrata nel giaccone,
gli occhi volti nella loro direzione, a pregare entrambi di non
abbandonarlo, di portarlo via da lì.
Niente
da fare, ometto, era
stata la risposta di Colin, E'
pericoloso, dove stiamo andando.
La
verità era che non avevano la benché minima idea di dove stessero
andando.
Hendrick
si era messo al volante e aveva dato gas, uscendo dal paesino il più
in fretta possibile. Non appena l'ombra di Harley s'era assottigliata
fino a sparire, l'Agente aveva sospirato e quel sorriso compiacente,
quasi dolce, che aveva rivolto al bambino aveva lasciato il posto ad
un'espressione immobile, determinata -Quasi fredda. Non aveva
chiesto niente a Tony, non gli aveva rivolto la parola, si era
immesso sulla prima strada disponibile e adesso guidava e guidava e
guidava, il paesaggio che scorreva oltre i finestrini, stracci
appannati imbevuti di nevischio, luci e pioggia.
Tony
non aveva intenzione di rompere il silenzio, né di tendere la mano
per primo -Figurarsi porgere l'altra guancia. Con la fortuna che
aveva, probabilmente l'altro gli avrebbe tirato un ceffone tanto
forte da fargli girare la testa a trecentosessanta gradi come un
gufo.
Si
teneva occupato guardando un po' la strada, un po' i fascicoli rubati
alla signora Davis, un po' Hendrick, il suo profilo delineato dal
bagliore delle auto che passavano loro accanto, la piega della
mandibola, il lampo intermittente dell'iride azzurra, le nocche
bianche, ancorate al volante.
“Ti
piaceva Chuck Norris, da ragazzino?”
La
maschera indifferente di Colin s'incrinò e le sopracciglia si
contrassero.
“Cosa?”
“Chuck
Norris. Sai, Walker Texas Ranger.”
“Non
ho idea di cosa tu stia parlando.”
Stark
arricciò la bocca per lo sdegno e si battè la cartelletta color
pulce sul ginocchio.
“Mi
spieghi che razza di creatura sei, Hendrick? Non leggevi Capitan
America, non guardavi Walker Texas Ranger...Non che io voglia
conoscere i tuoi sordidi ed oscuri segreti puberali, ma come
accidenti occupavi le tue giornate di adolescente?”
La
risposta di Hendrick fu un mero spallucce -E a Tony quel gesto parve
piuttosto strano: avrebbe dovuto significare una certa noncuranza o
una cosa del tipo Ma, boh, cose così, come fanno tutti, ma
la fronte si era corrugata e gli occhi erano andati per un attimo
fuori fuoco. In quell'istante, in quel preciso momento, non solo non
era riuscito ad acchiappare l'immagine che cercava, pareva non avere
davverp idea di cosa facesse da ragazzino per divertirsi.
Il
tassello di luci sul suo viso si era scomposto, frammentato, uno dei
pezzi aveva perso l'incastro e poi, ecco, in meno di un secondo, un
battito di ciglia, era ritornato come prima -Solo una goccia di
sudore era scivolata, non vista, dalla tempia dietro l'orecchio.
“Perché
questa domanda, all'improvviso?”
Il
magnate, che s'era inconsciamente sporto verso di lui, tornò ad
accomodarsi sul sedile.
“Ho ripensato al modo in cui hai steso
quell'energumeno.” rispose Stark, squadrandolo da sotto le ciglia
“Un autentico calcio rotante alla Chuck Norris.”
L'espressione
dell'Agente da perplessa mutò in fastidio.
“Sei
veramente impossibile.” sibilò “Ti ho salvato la vita, di
nuovo, e ancora hai da ridirne. Sembra quasi che ti stia mettendo
i bastoni tra le ruote, invece di aiutarti.”
“E'
il modo in cui lo fai, Hendrick.”
“Intendi
il calcio rotante? Allo S.H.I.E.L.D.---”
“Lascia
perdere il calcio rotante.” sbottò allora il magnate “Per quale
motivo sei qui, Hendrick?”
“Che
razza di domande sono? Sono qui per proteggerti. E' la mia missione.”
Tony
inarcò il sopracciglio e dalla bocca sfuggì un verso sarcastico,
acido.
“Per
proteggermi? La tua idea di protezione è quella di farmi da
chaperon?”
“Se
ti impedisce di ficcarti in qualsivoglia situazione dall'alto
potenziale suicida, allora sì!” Colin sollevò le mani dal
volante, esasperato, e subito riprese il controllo “Dio mio, Tony,
non sono io ad aver dato il mio indirizzo di casa in mondovisione,
sfidando un terrorista egomaniaco a venirmi a prendere! Io sono
quello che ti ha salvato da morte certa più di una volta!”
“Già.”
il tono di Stark s'era fatto amaro, adesso. Teneva la mano sinistra
sui fascicoli, la mano destra sulla maniglia della portiera “Il mio
mondo è in frantumi. Happy e Rhodes sono morti, non ho più notizie
di Pepper. Persino monocolo Fury se n'è andato e lo S.H.I.E.L.D è
compromesso. Vedova Nera, Occhio di Falco, Thor, il Gigante
Verde...Non ho modo di contattare nessuno di loro. Sono qui, chiuso
in macchina, su una strada dimenticata da Dio, da solo con te.”
socchiuse le palpebre, il battito cardiaco che accelerava contro la
gola e dentro ai polsi “Tu che arrivi, ogni volta, come un baluardo
di salvezza, un eroe da copertina. Sono tagliato fuori dal mondo, da
tutto e da tutti, e l'unico che mi è rimasto, alla fine, sei stato
tu. Ci sei sempre tu.”
L'iride
azzurra di Colin si mosse tra le ciglia bionde a cercare il suo
sguardo.
Toc.
Toc. Toc.
La
freccia che scoccava verso una piazzola di sosta, l'auto che seguiva
docile la curva del volante, i pneumatici che trangugiavano e
ciancicavano il ghiaino ed il sale mescolati sull'asfalto.
Hendrick
spense la macchina, appoggiò le spalle contro il sedile.
Chiuse
gli occhi e prese un respiro.
“Quindi.”
esordì, le mani aperte sulle cosce, perché Tony le avesse bene in
vista “Il succo di questo discorso farfugliante è che non ti fidi
di me?”
“Non
mi fido di chi non ha un lato oscuro” replicò Stark, il corpo già
teso, la mente già pronta ad elaborare un piano di fuga “Sono uno
all'antica.”
Hendrick
piegò il viso sul poggiatesta, sulla bocca una traccia di sorriso
che il magnate non seppe interpretare. Non replicò alla sua accusa.
Se ne stette lì, nella penombra, a guardarlo, a fissarlo, mentre il
nervosismo serrava il respiro di Tony e gli bloccava i polmoni e
istupidiva il pensiero e appesantiva le gambe.
“Perchè
sei qui?” domandò di nuovo e le sue parole parvero aggiungere
condensa a quella che già appannava il parabrezza.
“La
risposta potrebbe non piacerti.”
“Tu
dammela lo stesso.”
Il
tempo si sospese, si dilatò nel colmarsi dello spazio tra i loro
respiri.
Poi
furono soltanto le labbra di Colin, ruvide, calde, che si schiudevano
sulle sue.
Triskelion,
Washington D.C.
Ufficio di Alexander Pierce.
2013.
Almeno
la vista dall'ufficio di Pierce era ottima: le vetrate coprivano un
terzo della stanza, già di dimensioni ragguardevoli, e spaziavano
sull'Hudson, sul suo placido scorrere sotto un cielo da cartolina. Da
lì, da dietro la scrivania, o col braccio poggiato sui vetri come in
quel momento, Alexander Pierce poteva decidere il fato del mondo, la
vita e la morte di ognuno di loro -Gli sarebbe bastato premere un
tasto, dare il via al progetto InSight e avrebbe avuto l'umanità
prostrata ai piedi.
Il
perché volesse fare conversazione, nel frattempo, conversazione con
lui sfuggiva al senso logico di Phil.
C'era
qualcosa, sotto, ingranaggi in movimento, pezzi del puzzle ancora da
incastrare, fili da tirare da una parte e dall'altra...Coulson aveva
la netta impressione che Pierce avesse da giocare ancora una mano, un
ultimo giro, all-in.
“Sa
perché faccio parte del Consiglio, signor Coulson?”
Dacché
due omoni tutto Heil HYDRA e manganello facile lo avevano
portato lì, Pierce non gli aveva ancora rivolto la parola. E nemmeno
prima di allora, prima che lo S.H.I.E.L.D. si rivelasse il
tentacolare nido di serpi che era, l'uomo aveva mai avuto l'occasione
di parlare con lui faccia a faccia: era consapevole del merito che
Pierce aveva avuto nella promozione di Fury a Direttore e sapeva come
quest'ultimo lo ritenesse una persona non di cui fidarsi, poiché
Nicholas Fury non si fidava neppure di se stesso, bensì una persona
cui la propria stima e riconoscenza potesse andare senza stringere
troppo i denti in una pantomima di sorriso.
Oltre
a ciò, Phil si scoprì ben felice di non aver mai approfondito una
eventuale conoscenza.
“Mi
illumini.”
“Non
lo feci per mio desiderio. Fu Nick a chiedermelo.”
Coulson
rabbrividì -Nemmeno la madre di Fury aveva mai osato chiamarlo Nick
ed era la sola persona in grado di fargli mangiare i sandwich
tagliati in diagonale.
“Eravamo
entrambi disincantati. Sapevamo che, nonostante tutta la diplomazia e
le strette di mano e la retorica, per costruire un mondo migliore
a volte è necessario distruggere quello vecchio.”
“Dubito
che Fury avesse in mente un trio di Helicarrier killer. E sono certo
che la parte sulla distruzione funzionasse solo come metafora. Lo ha
preso troppo alla lettera, sempre se posso permettermi.”
Alexander
Pierce sorrise alla sua battuta e fu il sorriso tra i più freddi con
cui Coulson avesse avuto a che fare. Il sorriso di un uomo potente,
al di sopra del bene e del male, al di sopra della politica e dei
sedicenti politicanti, un uomo disposto anche alla più turpe delle
azioni pur di raggiungere il proprio obiettivo.
“Capisco
perché Nick ti tenesse in così alta considerazione.” disse,
passando ad un tono più informale “E il perché ti abbia strappato
alla fredda mano della morte per riaverti con sé. “
“Adorava
il modo in cui piastrellavo i bagni.”
“Non
ne dubito.” Pierce trascinò la sedia in avanti, in modo da potersi
accomodare dinanzi a Coulson “Sei un uomo pieno di risorse, Philip
Jay Coulson. Fury ti definiva il suo Occhio Buono.”
Phil
ostentò un sorrisetto divertito.
“In
realtà, signore, soffro di una leggera forma di astigmatismo, ma mi
è sempre sembrato scortese farlo notare al Direttore: andava fiero
dei suoi nomi in codice.”
“Sai
per quale motivo ti ho voluto qui?”
“Tutti
i suoi amici dell'HYDRA erano fuori a trucidare persone innocenti e
lei non aveva compagnia per il tea delle cinque?”
L'uomo
puntellò i gomiti sulle ginocchia e sporse le spalle in avanti, le
labbra appoggiate sugli indici uniti.
“Vedi, Phil -Posso
chiamarti Phil?, Fury è...il passato.”
“E
quindi.” la voce di Coulson vibrò di una nota molto, molto bassa e
molto, molto pericolosa “Tornando alla metafora di prima, lo hai
distrutto.”
L'Agente
non seppe dire se fu pena o semplicemente circostanza l'espressione
che passò sul viso dell'altro.
“Non credere che per me sia
stato facile. Nick era un buon amico, tuttavia il suo modo di agire e
di pensare era sorpassato, superato. Affidare il futuro del mondo ad
un manipolo di superuomini sarebbe stato come aspettare un tiro di
dado da parte di Dio: del tutto casuale e potenzialmente letale per
la razza umana.”
“Il
Progetto Vendicatori era stato limato in ogni dettaglio.” replicò
Phil “Le loro personalità calibrate a trovare l'equilibrio
perfetto. La loro storia, la loro indole, le loro capacità erano
state calcolate e dosate a fronte di dieci, cento, mille variabili.
Non sarebbero stati un manipolo di superuomini, niente sarebbe
stato lasciato al caso! Il Progetto Vendicatori è nato per portare
sulla scena mondiale degli eroi, persone straordinarie capaci
di affrontare minacce e combattere battaglie per noi insostenibili.”
Alexander
Pierce lo guardò per lunghi minuti, quindi levò i palmi delle mani
e li batté tre volte tra loro, in un lento, sardonico schernire.
“Un
discorso edificante.” gli concesse “Mi complimento. E dimmi, dopo
aver creduto tanto strenuamente in questi sedicenti eroi, dopo
essere addirittura morto per loro...Dove sono finiti? Perché
non sono qui a salvarti, a fermare l'HYDRA, a bloccare InSight?”
Coulson
contrasse la mascella e tacque.
Pierce
gli rispose con un arcuarsi veloce delle labbra -Un bagliore
trionfante nel fondo degli occhi.
“Permettimi
di sottolineare quanto vana sia la tua speranza. Bruce Banner è uno
degli obiettivi primari di InSight e sarà tra i primi ad essere
cancellato dall'equazione. Occhio Di Falco è una bomba mentale ad
orologeria, una marionetta con cui Loki ancora si diletta e si
balocca -Un nostro Agente esterno, diciamo, attivo sul suolo
Asgardiano. Tony Stark sta seguendo passo dopo passo il cammino che
abbiamo tracciato per lui e se malauguratamente dovesse deviare dal
sentiero che gli è stato imposto, il nostro più letale soldato si
occuperebbe della sua sparizione -Questa volta in maniera definitiva.
Lo stesso Thor.” aggiunse “Presto non costituirà più un nostro
problema. Vedova Nera subirà lo stesso destino di Banner—Non
capisci, ancora? Il vostro Progetto Vendicatori non è che una
fallace lettura di tarocchi. Sei stato sgozzato inutilmente su altare
idolatro: il tuo sacrificio sarà pure servito nella breve distanza,
ma senza un collante, senza un leader, i tuoi pedoni sono andati alla
deriva, uno dopo l'altro.” un sorriso accondiscendente “L'algoritmo
Zola, al contrario, è pura perfezione.”
Phil
avrebbe tanto voluto agire in modo improvviso e molto, molto stupido:
avvertiva il bisogno quasi fisico di muoversi d'impulso, di
sfruttare la forza che gli era rimasta per scattare, catapultarsi in
avanti e deviare il setto nasale di Pierce con una testata alla James
Kirk. Ogni parola che usciva di bocca all'uomo gli dava la nausea e
gli torceva le budella -Non fosse stato per Vedova Nera e per Clint,
Dio, Clint, incastrato nel claustrofobico labirinto della sua mente,
del suo lutto, della sua pazzia, Clint che nei suoi ricordi ancora
rideva e gli faceva l'occhiolino e gli prendeva la mano, di notte,
per dirgli che sarebbe andato tutto bene, se non fosse stato per loro
avrebbe rischiato la vita anche e solo per la soddisfazione di
spaccare il labbro di quell'idiota e provocargli un bell'occhio nero.
“Non
può essere perfetto. E' impossibile. Nessun algoritmo, per quanto
geniale, può portare ad un simile risultato.”
“L'algoritmo
di Zola può. È in grado di leggere ogni riga del libro digitale che
è diventato il ventunesimo secolo, di calcolare ciò che è stato e
ciò che sarà, per distruggere qualsiasi ostacolo, qualsiasi
minaccia capace di opporsi all'HYDRA, oggi e in futuro.”
“Sai.”
intervenne l'Agente “Ero convinto che il nemico aspettasse sempre
l'ultimo momento per svelare il suo piano malvagio. Il tuo bel
discorso mi rincuora, significa che presto ti vedrò sconfitto.”
“Temo
che qui non si tratti di uno di quegli sceneggiati che tanto ami,
Phil.” Pierce parve quasi mostrargli i denti “Ti ho detto
dell'algoritmo Zola e di InSight per un motivo ben preciso.”
“Sono
tutto orecchi.”
“Ti
concedo un'ultima possibilità prima di essere irrimediabilmente
piazzato nella Lista dei Cattivi. Prendi il posto di Fury,
diventa il nuovo Direttore dello S.H.I.E.L.D. e collabora con me,
lavoriamo insieme per costruire il nuovo mondo sulle ceneri del
vecchio.”
Tra
le varie virtù per cui Coulson era diventato famoso c'era la sua
ormai iconica pazienza.
Tuttavia,
in quel frangente, nemmeno gli anni trascorsi come A.S. dell'Agente
Barton valsero a fermare la sua reazione: scoppiò a ridere.
Sguaiatamente.
Alexander
Pierce attese che finisse, prima di tornare a parlare.
“Potrai
credermi pazzo, ma anche io, come Nick, vedo in te molto più di
quanto permetta la vista e sono certo che lui per primo ti avrebbe
designato come erede alla sua morte.” si alzò dalla sedia, le mani
sulle ginocchia, il volto allo stesso livello di Coulson “E' il
passato delle persone a predire il loro futuro, Phil. Tu sei morto e
sei rinato a nuova vita: puoi decidere tu, adesso, in questo stesso
istante, la variabile che ti inserirà o meno nel Programma InSight.
Lascia perdere le idee retrograde di Fury, dimentica i Vendicatori:
gli eroi non esistono. Io e te sappiamo cosa vuol dire
sporcarsi le mani e sacrificare ogni cosa, sacrificare se stessi per
il mondo: InSight è la sola salvezza dal caos, l'unica via che
porterà all'equilibrio e all'ordine definitivo, eterno. Cosa ne
dici?”
La
risposta di Phil fu uno sputo, un grumo schiumoso di saliva che andò
a colpire l'uomo proprio alla congiunzione delle sopracciglia.
“Mi
dispiace, Pierce.” disse “Io credo ancora negli eroi.”
Strada
del Tennesse.
Macchina
rubata presa in prestito.
2013
Era
stato il primo uomo con cui era andato a letto?
No.
Era
stato il sesso migliore della sua vita?
Nemmeno.
Era
stato doloroso?
Assolutamente
sì, Cristo.
Tra
loro non c'era stata ricerca di dolcezza alcuna, non moine, a stento
baci, ma i denti di Colin gli avevano marchiato la pelle e la carne
così tante volte che Tony si era ritrovato a pregare di morire
dentro la sua bocca, di liquefarsi nella sua lingua e tra le sue
guance, giacché altrimenti non avrebbe più trovato un posto in cui
l'altro avrebbe potuto lasciare il proprio segno.
Dammi
mille morsi, poi cento, poi ancora mille, poi di nuovo cento,
mordimi, mordimi, mordimi, affonda i denti altre migliaia di volte,
mentre m'inarco, mentre perdo fiato e sensi e vertigine, mille,
mille, mille volte, confondi carezze e graffi, soffocamento e
abbraccio, mano alla gola ed al viso, dita strette al collo, dita
serrate alle dita, le spalle a sovrastare l'ombra dei corpi
intrecciati, la pelle che puzza di sudore e di morte, aggrappati a me
con le unghie, io ti strapperò il respiro e dei tuoi ansimi farò
strage, scempio di te entro la coppa dei palmi aperti, sulla lingua
carne e cuoio, il sedile premuto contro la guancia, la maniglia
conficcata tra le scapole, strappa dalle viscere e dallo stomaco e
dall'inguine ansimi e guaiti e gemiti, accorda con la mia voce un
suono gutturale di bestia, voglio sentire, voglio soffrire, voglio
pregare, voglio toccare la morte con la mano e poi scivolare, di più,
ancora di più, ancora e di nuovo, mille volte, cento, ancora mille e
poi di nuovo cento, ancora, ancora, ancora—Oh, Dio.
Riaprì
gli occhi e li richiuse subito.
Il
dolore gli aveva sferzato la testa, uno schiocco di frusta in mezzo
alla fronte -Era certo di non aver provato una simile fitta nemmeno
dopo le peggiori sbronze.
Aveva
male, male ovunque, e aveva un freddo cane. I jeans arrotolati
alle caviglie gli avevano bloccato la circolazione, al punto che i
piedi sembravano percorsi da migliaia di formiche; aveva la lingua
impastata, la gola che bruciava e, per l'amor del cielo, non tentò
nemmeno di mettersi a sedere. Agguantò con una mano il poggiatesta
del sedile del passeggero e cercò quantomeno di issarsi, in modo da
trovare una posizione più comoda e togliersi Colin di dosso.
Hendrick
se la dormiva beato, coi capelli biondi scarmigliati sulla fronte, il
torace e le spalle nude; lungo la spina dorsale, le scapole, il
bacino una ragnatela di cicatrici. Tony le aveva toccate tutte mentre
l'altro pizzicava finanche la più bassa nota del suo essere ed aveva
sperato, forse, che sotto i polpastrelli la sua storia sarebbe venuta
a galla, come nodi d'un arazzo. Ne aveva una particolarmente spessa
sulle vertebre, una scudisciata bianca, non troppo recente, ed una
molto, molto vecchia, che sotto le dita aveva assunto la forma di un
foro di proiettile, bombato come una minuscola palla.
Stark
gemette e si coprì il volto con la mano.
Avrebbe
dovuto annoverare il sesso in macchina con un Agente di Livello Sei
dello S.H.I.E.L.D. tra le pessime, pessime idee, con l'aggravante
della strada sperduta in Tennesse e l'essere braccati senza sosta da
un terrorista egomanico -Sì, quella definizione gli era piaciuta.
Fece
scivolare il bacino all'indietro, serrando i denti e le palpebre.
Sperava solo che nel marsupio di Mary Poppins dell'Agente ci fosse un
analgesico od il viaggio, da lì in poi, sarebbe potuto rivelarsi
piuttosto problematico.
L'ennesimo
sospiro, mentre si sosteneva la fronte con il pugno.
Doveva
imparare a contare fino a dieci.
Finire
ad amoreggiare con la sua autoproclamata guardia del corpo non
avrebbe portato alcun beneficio alla situazione, anzi. Tony aveva
accolto il tutto come una cura palliativa, un modo per spegnere il
cervello, far raffreddare il server, quindi riavviare il sistema e
ritrovare la propria lucidità. Nulla, se non il bisogno della carne
che chiama la carne, lo aveva spinto a cedere sotto il corpo
dell'altro, ad agguantargli il volto, afferrargli i capelli, tirarli
per costringerlo a mostrare il pomo d'Adamo ed il lampo della
clavicola, il principio del petto, niente se non l'adrenalina, se non
la necessità, se non la brama di annegare, toccare il fondo del
baratro, darsi la spinta e poi risalire ad infrangere con la testa la
sottile cresta della realtà.
Il
risultato? Il peso dell'altro gli stava anchilosando le gambe e non
sentiva più le ginocchia, c'era un odore alquanto sgradevole in
macchina, e nella fretta avevano fatto cadere il fascicolo del
soldato Davis, i cui fogli erano tutti mescolati e sparpagliati tra i
pedali, la leva del cambio e la maglietta dell'Agente.
Allungandosi
quel tanto che poteva nonostante l'ingombro l'occhio cadde su una
sigla, scritta a mano, sul bordo di uno dei file: MIA.
“MIA?”
il magnate girò il foglio ed il senso di quelle tre lettere
contribuì ad aumentare il mal di testa in maniera esponenziale.
“AIM.”
“Avanzate
Idee Meccaniche?”
Tony
sussultò
Colin
era sveglio, sveglissimo, e lo stava fissando da sottinsu, gli occhi
azzurri e innocenti sotto la frangia, un lato del viso ancora premuto
sul suo ventre, il respiro che gli solleticava l'ombelico. Raggelato
in una specie di buffering emotivo, Start permise all'altro di
sollevarsi, tendersi e baciargli la spalla nuda, mentre adocchiava
anche lui la scritta a pennarello.
“Non
sono gli stessi che hanno modificato l'armatura per l'esercito?
L'Iron Patriot?”
“...Scusami?”
Torcendosi
contro i sedili posteriori per non gravargli addosso, Hendrick gli
sfilò il file di mano.
“Ma
sì, non ricordi? Avrebbe dovuto guidarla il Colonnello Rhodes.”
“Non
sto parlando dell'Iron Patriot.” replicò Tony, la cui voce aveva
assunto una lieve nota di panico “Ma di questo.” ed indicò
il punto in cui le labbra dell'Agente erano sostate poco prima.
L'altro
quasi rise, scuotendo il capo, leggendo da cima a fondo il contenuto
del foglio, accartocciandolo contro il palmo e buttandolo infine ai
loro piedi.
“Non voglio sentire una parola circa il tuo terrore
del contatto fisico non richiesto, non dopo quanto è
successo.”
Stark
provò a replicare, ma il lato pragmatico del suo cervello, una sorta
di salvavita che si attivava meno spesso di quanto avrebbe dovuto,
gli consigliò di lasciar perdere.
“Dobbiamo
entrare nei loro sistemi.” disse “Ho ancora l'ID di Rhodey e la
sua password. Ora ci serve soltanto un computer da cui accedere.
Un
sorriso scaltro si profilò sulla bocca ancora rossa di Hendrick.
“Sai,
poco fa abbiamo passato il Concorso Natalizio di Miss Chattanooga.”
“Almeno
fammi rimettere i pantaloni, prima di sfogare su una giovane donzella
i tuoi dubbi sessuali, Agente.”
Località
Sconosciuta.
2011
La
stanza era stretta, vuota, grigia.
Bruno
era lì da ore, costretto in ginocchio, con la gola sempre più secca
e la netta sensazione che di lì a poco o avrebbe vomitato, o non
avrebbe più avuto uno stomaco per farlo.
Una
goccia di sudore colò dai capelli alla tempia.
Era
troppo tardi per pentirsi, ma si chiese lo stesso se sarebbero stati
clementi: forse tenerlo chiuso lì dentro, per un tempo indefinito,
senza cibo o acqua, forse era quella la sua punizione. In fondo, non
aveva fatto nulla, letteralmente, ma non con cattiveria! Era
davvero convinto che la sua piccola banda a Little Italy avrebbe
potuto scalare la gerarchia, dritti fino al vertice della piramide,
ma i soldi che l'HYDRA gli aveva dato non erano abbastanza, non con
Yannicck Doppietta che si sarebbe fatto persino le strisce pedonali,
e Angel che voleva diventare una modella e per rimanere magra si era
votata ad una dieta di coca e sigarette elettroniche, e Ninì, la sua
bella Ninì che voleva operarsi e se si fosse operata, gli aveva
promesso, oh, se lui le avesse dato i soldi per operarsi lei gli
avrebbe schiuso le gambe, a lui, proprio lui, proprio a Bruno dai
riccioli rossi che beveva vino e cantava O Sole Mio con la
passione d'un gatto innamorato, a lui avrebbe mostrato per primo la
piccola fica che le avrebbero costruito tra le cosce.
Quindi,
insomma, non era colpa sua. Non era colpa neanche degli altri. Loro
avevano i loro bisogni e cercare di fare le scarpe ai poco di buono
di Little Italy mica era facile, c'era gente che faceva il mafioso
già nella culla, mentre lui ci aveva pensato da poco, a quel
progetto, e i soldi che l'HYDRA gli aveva dato erano parecchi, sì,
erano un bel gruzzolo, ma non abbastanza, perché un progetto
funziona bene e va in porto soltanto se c'è un team felice, dietro,
a supportarlo, e per rendere felice il suo team Bruno aveva bisogno
dei soldi per la coca e l'eroina e l'operazione di Ninì e i suoi
antidolorifici, perché se bella vuoi apparire un po' devi soffrire,
Brunello mio adorato, e io voglio essere bella, ma non sono mica
scema, mica sono una martire.
Uno
scrollone gli fece rialzare il volto -Doveva essersi addormentato o
doveva essere crollato o svenuto o chissà cosa. Aveva cominciato ad
immaginarsi Ninì che gli mostrava i bei seni e le cosce e il tempo
si era diluito tra le sue gambe, scivolando nelle sue labbra umide.
Davanti
a lui stavano due uomini: uno, a destra, era basso e ben vestito, si
vedeva che era una persona ammodo e abituata a comandare da come
portava il gilet di grigio e aveva le scarpe lucide, a punta, il
genere di scarpe che Bruno aveva sognato di portare insieme ad una
giacca bianca e larga, insieme a tanti anelli d'oro e un crocifisso
enorme sul petto e gli occhiali da sole. L'uomo accanto al tipo basso
era la persona più immobile che il ragazzo avesse mai visto.
Immobili
gli occhi, immobili i muscoli, immobile il respiro, immobile il volto
e qualsiasi espressione su di esso.
“Steven.”
disse l'uomo col gilet “Permettimi di presentarti un giovanotto
assai intraprendente, il signorino Bruno Chianti. I suoi amici gli
hanno dato un soprannome davvero adorabile, sai? Lo chiamano
Lambrusco.”
Pari
a meccanismi di un autonoma, le iridi immobili si animarono, misero a
fuoco, rotolarono lungo il bordo delle palpebre e gli si ficcarono
addosso.
Un
liquido caldo impiastricciò i pantaloni della tuta di Bruno, dalla
cui bocca cominciò a ruzzolare un grumetto di suoni indistinti, di
singhiozzi, di preghiere, a loro, a Dio, a sua madre, a Ninì, che
avessero pietà, pietà, per favore, avrebbe spiegato, avrebbe
spiegato loro tutto, vi prego, vi prego, non uccidetemi, vi prego.
Il
tipo col gilet appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo e, vista
la presa, certo non lo fece per conforto. Le unghie scavarono la
carne e Bruno, come un cane ben addestrato, tacque.
“Vedi,
Steven.” continuò allora, con la sua voce carezzevole “Noi ci
aspettavamo grandi cose da Bruno, qui. Ci eravamo convinti che
sarebbe divenuto buono col tempo, proprio come il vino, e invece,
ahimè, la sua annata deve essere stata proprio pessima, perché è
diventato fin da subito aceto.”
Bruno
pigolò, guaì, lo stomaco strizzato, il piscio che gli insozzava le
cosce.
“L'intraprendenza
non è niente senza disciplina, Steven. Senza rigore. Ogni azione
sbagliata, non appena compiuta, genera di per sé una punizione
eguale. Prendi il coltello, da bravo.”
Prima
che potesse impedirlo, Bruno avvertì gli intestini svuotarsi in un
colame maleodorante. Il tipo col gilet storse il naso, mentre la
faccia di Steven continuava a rimanere neutra e gli occhi
persistevano ad inchiodare il ragazzo a terra, mentre il braccio
destro si spostava, la mano raggiungeva la cintola, le dita
afferravano il manico del coltello.
“Voglio
che tu lo punisca, Steven.” il tipo con il gilet tolse la mano
dalla spalla di Bruno e questi, ormai raggelato, emise un singhiozzo
“Voglio che gli tagli la gola. Voglio che tu lo uccida.”
Il
giovane scoppiò a piangere, a gridare, lacrime e muco mescolate
sulle guance e sulla bocca spalancata ad un vomito di parole e di
preghiere, ancora, di urla, di strilli, di fiato ripreso a sorsate
rumorose.
Steven,
allora, spostò gli occhi per la prima volta da lui e Bruno lo vide
contemplare il coltello, poi di nuovo lui, poi il coltello, ancora,
mentre alle ciglia saliva un'espressione pari all'orrore e il corpo
si tendeva all'indietro, quasi a volersi allontanare, sebbene i piedi
si ostinassero a rimanere ben ancorati a terra.
“Steven.”
lo richiamò il tipo col gilet “Ti ho detto di ucciderlo.”
Ancora
silenzio, ancora la figura del suo carnefice tentennava ed il suo
sguardo perdeva freddezza, recuperava umanità.
Bruno
si tese in avanti, rapido, lesto, crollò col volto sul cemento, ma
non smise di dibattersi, di piangere, di implorare.
"No!”
urlò “Per l'amor di Dio non lo fare! Salvami! Salvami! Ti prego,
ti prego! Non uccidermi! Non uccidermi! Abbi pietà! Non voglio
morire! Non voglio! Non voglio morire! Non voglio morire! Non voglio
morire!”
“Steven!”
abbaiò allora il tipo col gilet, rosso in viso “Uccidilo! E' un
ordine!”
Si
dice che il cervello impieghi alcuni secondi, prima di spegnersi.
Bruno
li contò uno ad uno -Oppure si ritrovò semplicemente a contare le
lacrime del suo carnefice che gli picchiettavano sul viso, una ad
una.
Tennesse.
Concorso
Natalizio di Miss Chattanooga.
2013
Fuori
dal Liceo che ospitava il Concorso Natalizio di Miss Chattanooga era
posteggiato un variegato assortimento di auto e di van: della
polizia, dei pompieri, del primo soccorso, delle emittenti televisive
che l'un con l'altra si rimbalzavano la palla di questa o di quella
favorita, e ciacolavano di quanto fossero belle le illuminazioni,
quanto fosse freddo l'inverno, quanto calorosi i voti dei giudici e
gli applausi degli spettatori.
Con
un rotolo di cavi sulla spalla, il capello e lo sguardo basso, Tony
superò un paio di pompieri e di addetti ai lavori con l'aria di chi
sa esattamente dove sta andando, cosa sta facendo e di chi non si
farà fermare da niente e da nessuno per portare a termine il proprio
lavoro. Il tutto il prima possibile e in tempo per la cena.
Colin
caracollava subito dietro di lui, una valigetta degli attrezzi in
mano e un cappellino con visiera calato sul volto che diceva a tutti:
Ehi, guardatemi, sto cercando di passare inosservato.
Di
buono c'era che non aveva minimamente accennato alla loro sessione di
allenamento in macchina, né aveva cercato, fuor di quel bacio sulla
spalla, un secondo contatto. Certo, Stark lo aveva colto sul fatto
mentre lo osservava, sornione come lo Stregatto, oppure mentre,
cambiando marcia, il filo delle nocche arrivava a sfiorargli la
coscia.
Dubitava
che l'Agente avesse per lui un qualche serio interesse, ma già il
trovarsi a rimuginare sulla questione lo innervosiva parecchio.
Stark
attese che il tizio davanti al van di Live Channel Five si togliesse
dai piedi, quindi montò e si piazzò subito davanti ai monitor,
staccando uno dei jack mentre Hendrick chiudeva i portelloni alle
loro spalle, si toglieva il capello e passava le mani tra i capelli,
a sistemare le ciocche bionde.
Sfortuna
volle che la velocità di connessione fosse troppo lenta per il loro
bisogno e nell'attimo in cui Colin, richiamato dal borbottio del
magnate, gli si fece vicino per controllare lo schermo, clank,
tlung, clonk--
“Ne
abbiamo già parlato.” era il tizio con occhiali e capello, le
lenti brillanti d'un riflesso zafferano, l'espressione scocciata in
volto “Mi scusi, signore, non so chi lei sia...”
Tony
si voltò subito, l'indice alle labbra, il movimento della sedia
girevole a coprire la mano di Hendrick che si allungava all'indietro,
sul tavolo da lavoro, ad afferrare un cacciavite a
stella.
L'espressione dell'addetto ai lavori mutò in adorazione e
sorpresa, spalancò la bocca come un bambino davanti all'albero di
Natale, la voce più rapida, balbettante, Mamma ti devo
richiamare, sta succedendo qualcosa di magico...!
“Basta
una parola e lo tramortisco.” bisbigliò Colin, all'orecchio del
magnate “Sarò delicato, non se ne accorgerà nemmeno. Il segno del
cacciavite gli rimarrà per tre, quattro giorni al massimo.”
“Lascia
fare a me.” fu la replica di Tony, tra i denti, incastrata in un
sorriso di repertorio “Abbassa la voce.” disse, cercando di
zittire l'uomo ed il suo nuovo mantra -Tony Stark è nel mio
furgone...! Tony Stark è nel mio furgone! “Non è vero.”
“Sapevo
che eri ancora vivo!” esclamò l'addetto ai lavori e quando Stark
gli fece cenno di salire non se lo fece ripete due volte, chiuse i
portelloni e rimase un paio di secondi così, adorante, con gli occhi
strabuzzati, la bocca aperta ad un circolare wow.
“Posso
dire, signore--”
“Sì..”
e Tony avrebbe voluto far tacere sia il farfugliare esaltato del
tizio sia la risata tossicchiante di Colin, dietro le spalle.
“Sono
il suo più grande fan!”
“Oh,
cielo.” fu il commento a mezza bocca dell'Agente “Una groupie.”
“Allora.”
Stark richiamò l'attenzione dell'addetto ai lavori su di sé “Questo
è il tuo furgone o entrerà qualcun altro?”
“No,
no, no, solo noi due, cioè---Noi tre, insomma, lei è uno dei
Vendicatori?”
Colin
rise a quella domanda, ma ebbe la buona creanza di camuffare il tutto
dietro la mano chiusa a pugno.
“No,
io sono--”
“Il
mio autista.” tagliò corto Tony “Ti chiami?”
“Gary.”
si presentò l'uomo e Stark, buon viso a cattivo gioco, gli tese la
mano e la strinse -Per sua sfortuna l'addetto ai lavori percepì il
gesto come un permesso ad espandere il contatto fisico, quindi coprì
le dita del magnate con quelle dalla mano libera, traendolo quasi a
sé -Oh, cielo, non si aspettava mica un abbraccio, vero?
“La
distanza è giusta.” lo avvisò e da come Colin parve sul punto di
un principio di apnea, la sua espressione doveva essere
quantomeno...particolare, a metà tra il disagio ed il
desiderio di scacciare Gary dalla propria comfort-zone con un
colpo di repulsore. “Ricevo molti complimenti, tranquillo.”
“Oh,
bene, voglio solo dire---”
“Cosa
vuoi dire. Dai.”
“Io
non so se se n'è accorto, ma...Ho impostato tutto il mio look
imitando il suo.”
Gary
si tolse il capello, passò la mano tra le ciocche scure, un po' per
mostrarle a Stark, un po' aggiustarle, metterle in ordine, perché
risaltassero, perché facessero la loro bella figura “I miei
capelli non sono a livello. Devo mettere un prodotto.”
“Beh.
Sì”
Ennesimo
suono grufolante proveniente dal setto nasale di Colin -Era questo il
livello di controllo che insegnavano allo S.H.I.E.L.D.? Non era una
sorpresa che l'HYDRA avesse fatto la nidiata tra le loro fila, visto
il quoziente intellettivo generale.
“E,
ora, sa, non vorrei metterla a disagio--” Non lo era già
abbastanza? “Ma devo farle vedere una cosa--”
Tanto
che Gary si arrotolava la manica della camicia sopra il gomito, Colin
si fece vicino e Stark avvertì distintamente il petto dell'uomo
contro la schiena ed il fiato che ad ogni respiro gli sfiorava
l'orecchio e la tempia.
“Bum!”
Ci
fu un istante di silenzio, in cui Tony socchiuse le palpebre ed
inclinò il volto.
“Un
Chucky di Happy Days ispanico?” tentò, nella speranza non tanto di
aver trovato un senso alle linee abbozzate del tatuaggio, quanto di
finire quella tortura sociale senza uscirne matto.
Gary
ridacchiò, forse scambiando le sue parole per una battuta. Hendrick
gli pizzicò invece il braccio ed inarcò le sopracciglia,
schiarendosi la gola.
“Oh-”
esclamò allora il magnate “Oh, scusa, sarei io?”
“Eh,
uh, sì, insomma.” l'addetto ai lavori tentennò in punta di piedi
sul filo dell'imbarazzo “L'ho fatto riprendere da un pupazzo che
avevo, perchè non avevo una foto da dargli, perciò...”
Okay,
basta, la sua già bassa sopportazione stava arrivando al limite
consentito, Colin continuava a respirargli addosso e l'altro lo stava
mandando al manicomio con il suo balbettando balbettare balbettoso.
“Senti-!”
e gli si lanciò contro, le mani sulle spalle “Gary, stammi a
sentire un minuto.” lo spinse verso i portelloni, lo costrinse in
un ritaglio di spazio in cui non avrebbe potuto non ascoltarlo o non
prestargli attenzione “Non voglio tarparti le ali. Siamo tutti e
due sovra-eccitati.”
“Io
mi sento quasi tachicardico.” commentò Colin, un sorriso di sbieco
sulla bocca, le reni poggiate contro il tavolino, la schiena a
nascondere il computer portatile, le braccia serrate al petto, il
cacciavite ancora in mano.
“Ho
un problema.” lo ignorò Tony, mantenendo il contatto visivo con
Gary “ Do la caccia a dei cattivi. Devo recuperare una piccola cosa
da alcuni file criptati, ma non ho molta benzina. Adesso.” alzò il
dito indice “Tu vai sul tettino, va bene, e ricalibri l'ISDN.
Pompala del quaranta percento.”
“Okay.”
“E'
una missione. Tony ha bisogno di Gary.”
“E
Gary ha bisogno---”
“Di
farlo con circospezione. E adesso vai.”
Un
paio di colpi dal tettino all'interno e Colin che, su cenno di Tony,
rispondeva a Gary con due colpi dall'interno del van al tettino.
“Che
caro ragazzo.” disse “Potrebbe mandare un curriculum alla tua
azienda, no? È sprecato in un camioncino come questo.”
“Possiamo
concentrarci sull'AIM e non sul Presidente del mio Fan Club?”
Hendrick
sorrise e si appostò di nuovo alle spalle di Stark. Le dita di
questi danzavano sulla tastiera senza bisogno che gli occhi
seguissero il loro percorso. Perfetta sincronia, perfetto movimento,
perfetto accordo tra cervello e mano, tra pensiero e azione.
Il
ventre molle dell'AIM si aprì subito, schiuso dal filare di codici
che Tony aveva modellato per accedervi: sulla destra dello schermo
una maschera con le anteprime di cinque video, rinominati con nome e
cognome dei candidati ad Extremis -Drew Grey, David Samuels,
Jack Taggart, Ellen Brandt, il Sergente Chad Davis.
Il
cursore si spostò su quest'ultimo, fece partire la riproduzione,
comparve il volto di un ragazzo giovane, un volto comune, un volto
che non trasmetteva cattiveria, né desiderio suicida.
Quale
considereresti il momento clou della tua vita? Domandava
una voce fuori campo e le labbra chiare del ragazzo si sollevarono
appena e c'era una nota fiera negli occhi Credo...il
giorno in cui non permisi al mio infortunio di sconfiggermi.
Fu
la volta di Ellen Brandt, dopo, della Donna Volpe il cui corpo si era
sovraccaricato al punto da pulsare di luce dorata, il volto una
maschera di fuoco, la bocca una voragine d'Inferno. Era bella, lì,
nel video, rilassata, sfrontata, con un sorriso irridente sulla bocca
-Le mancava parte del braccio sinistro, non rimaneva che il
moncherino della spalla e poco più.
Le
iniezioni sono somministrate periodicamente, l'immagine
cambiò e c'era un uomo, adesso, un uomo dalla barba folta, i capelli
biondi, lunghi fino alle spalle -Un uomo che Tony conosceva bene, fin
troppo, e la cui sola vista gli fece trattenere il respiro,
L'assuefazione non
è tollerata. Chi non si adeguerà alle regole sarà estromesso dal
programma.
Un
altro video, un'altra scena, un seminterrato, il profilo dell'uomo,
il titolo del file -Injection Test.
Un
tempo inadeguati, emarginati, voi sarete la prossima iterazione
dell'evoluzione umana, i
polpastrelli battevano sulla tastiera, nervosi, tap tap tap, Progetto
Extremis, Fase 1, tre anni prima, il 25 giugno 2009, i
candidati che venivano portati in uno scantinato adibito a
laboratorio e c'erano computer e c'era postazioni cui legarli,
assicurarli, bloccarli se fosse stato necessario, se la pazzia avesse
preso il sopravvento e la sofferenza avesse accecato loro la mente e
acuito i sensi e imbestialito le forme e l'adrenalina li avesse
spinti alla ribellione ed alla lotta, Beh, signori, prima
di cominciare sappiate che un giorno, pensando alla vostra vita,
nessun ricordo sarà intenso come il glorioso rischio cui avete
prudentemente deciso di sottoporvi. Oggi inizia la gloria, l'ago
che scivolava sottopelle, il gemito, i denti stretti, Cominciamo!,
vene di fuoco di lava di fiamma e cenere e lapilli e gli arti che
ricrescevano e le urla e le grida ed il soggetto accanto a Ellen
Brandt che ululava, si dimenava, gli occhi come bracia, Andiamo,
andiamo, dobbiamo andarcene da qui! Via, via, presto! Portateli via!
La mascella che si protrudeva,
la bocca spalancata, luce, luce bianca, luce e boato e bianco e
bianco boato e bianca luce lampo, tuono, scoppio, deflagrazione.
“Una
bomba non è una bomba quando fa cilecca.” sussurrò Tony “Le
cose non funzionano sempre, giusto, amico? È difettoso, ma hai
trovato un compratore.”
Tling.
Stong. Crash.
Stark
scartò di lato -Colin era arretrato, il cacciavite gli era caduto di
mano, il piede aveva cozzato contro la cassetta degli attrezzi e
c'erano martelli e viti e chiodi e nastro adesivo ovunque.
“Hendrick?”
Tony si alzò dalla sedia girevole, la fronte corrugata.
L'Agente
pareva un animale in trappola, gli occhi stralunati, una mano ai
capelli, l'altra aggrappata al bordo del tavolo da lavoro, il respiro
ratto nei polmoni, il petto che si alzava, si abbassava, si alzava,
si abbassava, a frequenza sempre più rapida, sempre più fuori
controllo.
“L'ho
già visto.” ansimò, le pupille due capocchie di spillo conficcate
nei bulbi oculari “L'ho già visto. Ho già visto quell'uomo. Io
conosco quell'uomo. L'ho già visto. L'ho già visto.”
Tony
mosse un passo nella sua direzione, con cautela, i palmi aperti, le
dita ben distanziate tra loro.
“Killian?”
lo interrogò, scandendo ogni lettera, cercando il suo sguardo “Hai
visto Aldrich Killian?”
Colin
annuì, quindi negò il capo, si coprì un occhio con la mano, serrò
l'altro dietro le palpebre.
“Lo
hai visto?” ripetè Stark “Dove? Con chi?”
“Con
Pierce. Al Triskelion.” deglutì “Ho visto Aldrich Killian
insieme ad Alexander Pierce.”
Località
Sconosciuta
2011
Quando
Alexander Pierce venne a prenderlo, Steve era ancora seduto a terra.
Aveva
sangue sulle mani e sangue tra i capelli e sangue sulla schiena e
sangue sui piedi e sangue negli occhi e sangue nei polmoni e sangue
nello stomaco e sangue nelle viscere e sangue nel cuore e sangue
nelle vene.
Era
ancora nella stessa stanza dove era avvenuta la sentenza di Bruno e
il corpo dell'italo-americano era sempre a terra, in un una pozza di
lordura, rigido, maleodorante; attorno a lui giacevano altri sei
cadaveri, con la testa schiacciata, col petto maciullato, con gli
occhi strappati dalle orbite, con le dita dilaniate, con la lingua
recisa, con le ginocchia divelte, con l'ombelico squarciato, con i
polsi spezzati, con lo sterno fracassato.
Gli
era stato ordinato di aspettare l'arrivo dei suoi aguzzini, togliersi
i vestiti, sopportare senza reagire ogni loro sopruso -Erano volati
pugni e calci e ginocchiate, persino morsi, uno di loro si era levato
la cintura e adesso uno squarcio si apriva sulla schiena del soldato,
all'altezza delle vertebre-, quindi, dopo due ore di tortura,
ucciderli tutti.
E
così era stato.
Steve
aveva eseguito ogni ordine alla perfezione, non aveva emesso suono
durante le sevizie e tanto meno durante l'esecuzione. Non aveva
provato gioia, non aveva provato dolore.
Non
aveva provato niente.
Gli
era stata affidata una missione e lui l'aveva portata a termine.
Prima
che Pierce venisse a prelevarlo, erano trascorse altre tre ore e
ventisette minuti e sedici secondi, diciassette, diciotto,
diciannove...Durante quel lasso di tempo, Steve si era semplicemente
seduto ad aspettare, senza mettere a fuoco nulla, la mente svuotata
di ogni pensiero, la mano destra stretta al coltello.
E
quel coltello, il cui filo era ancora arrossato dal sangue e da umori
e coriandoli di pelle, lo aveva offerto a Pierce non appena questi
aveva messo piede nella stanza.
L'uomo
si portò un fazzoletto bianco al naso e gli fece un cenno, perché
rinfoderasse l'arma.
“In
ginocchio.” ordinò e Steve, senza badare al sangue che formicolava
negli arti immobili, fece quanto gli era stato detto e stette in
silenzio e attese e non ebbe rimostranze e non si ribellò al ceffone
inanellato che s'abbatté sulla sua guancia.
“Alzati.
Vieni con me.”
Il
soldato lo seguì ed i suoi occhi non videro mai lo sguardo che si
lanciarono gli altri membri dell'HYDRA nei corridoi, non le occhiate
degli specialisti che attendevano lui e Pierce lì, nella camera dove
ancora e di nuovo e di nuovo e ancora avrebbero cancellato e
riscritto qualsiasi idea si ostinasse a covargli nella mente.
“Siediti.”
Steve
si accomodò sulla chiese-longue ed appoggiò i gomiti sui braccioli.
Due assistenti gli legarono i polsi e le caviglie ed egli allargò le
dita sopra i graffi scavati con le unghie sull'imbottitura di pelle.
Gli fermarono il collo e il soldato aprì la bocca, ad accogliere tra
i denti un morso di cuoio.
Chiuse
gli occhi quando le tempie furono incastrate tra le due piastre
metalliche, ma prima che arrivasse l'oblio e con esso le scosse ed il
tuono ed il lampo ed il ruggito e la bombarda e lo schock ed il
panico ed il vuoto, il vuoto più nero, l'Abisso, il Gorgo, udì la
voce di Pierce accanto a sé.
“Ad
ogni azione sbagliata, Steven, non appena è compiuta corrisponde una
punizione eguale. Ti cancelleremo un'altra volta, vista la tua
opposizione di coscienza di questa mattina, ma sei un ingenuo se
pensi che ti permetterò di dimenticare il volto del giovane Bruno
mentre lo uccidi.”
Steve
spalancò gli occhi.
E
di lui non rimase altro se non un ultimo, disperato grido.
Note
Ho lanciato indizi a manetta, in questo capitolo!
E, oh, e il piccolo Bruno Chianti non è un personaggio nuovo alle mie storie. Lo trovate anche, sebbene in altra veste, in Cor Mortem Ducens!
Mi raccomando, non scordatevi di passare per di qua!