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Autore: Roiben    08/12/2020    0 recensioni
[Arsène Lupin] Una fredda mattina d’inverno il telefono squilla e una voce conosciuta, la voce della sua vecchia balia Victoire, lo ridesta e riporta con violenza alla vita reale.
La sparizione improvvisa di una persona importante lo costringe a lasciarsi alle spalle l’esistenza tranquilla che aveva deciso di ritagliarsi, per la quale aveva lottato strenuamente, e tornare a imporsi al mondo.
Ma sulla sua strada è destinato a incontrare ostacoli, e qualcuno che credeva di aver relegato nelle memorie di un passato dimenticato.
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arsène Lupin, Desmalions, Geneviève Ernemont, Herlock Sholmès (Sherlock Holmes), Patrice Belval
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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5 - Charades 

 

Appollaiato sul retro della sella della motocicletta condotta da Patrice, è troppo occupato a ripensare all’accaduto per prestare attenzione all’ultimo tratto di strada che stanno percorrendo per giungere infine alla cascina presso la quale è stabilito l’appuntamento per quella sera. Sono ormai troppe le domande senza risposta, l’ultima delle quali, la più recente e più incomprensibile: perché rapire Geneviève se il loro intento è uccidere lui? Ci sarebbero stati altri modi, più semplici e sbrigativi, per arrivare alla soluzione. Non comprende, non ancora, ma ha la certezza che una spiegazione logica esista e vuole trovarla, così come desidera trovare la figlia. 

 

«Eccola: laggiù» annuncia Patrice, distogliendolo dai suoi crucci. 

 

Solleva lo sguardo e individua facilmente la bassa e larga costruzione che si staglia poco più avanti, sulla loro sinistra, circondata da unampia porzione di prato verdeggiante. Patrice ha fermato la motocicletta e spento il motore; entrambi restano in silenziosa attesa che qualcosa accada, ma non accade nulla e linoperosa immobilità fa saltare la poca pazienza rimastagli. 

 

«Che cosa stanno aspettando, dunque? È quasi l’ora, ormai. O mi ammazzano o mi dicono che cosa vogliono in cambio di Geneviève, non possono certo far finta di niente, no?» ringhia frustrato. 

 

«Però non si vede anima viva. Se non arriva nessuno, che cosa faremo?» chiede Patrice, sconfortato. 

 

Serra le labbra in una smorfia adirata e si scosta con un brusco gesto di stizza dalla motocicletta. «Andiamo, Patrice. Avviciniamoci, devo dare unocchiata a quel posto. Se cè qualcuno lo troverò, e se non cè nessuno troverò qualche traccia che mi porti a loro. Non intendo starmene qui fermo ad aspettare un minuto di più». 

 

A passo di carica lascia indietro lamico e si dirige verso ledificio rurale che, una volta raggiunto, non si rivela affatto abitato dopo tutto; sembra piuttosto deserto, molto probabilmente viene adoperato solo durante la bella stagione come residenza di campagna e ora è stato sigillato per preservarlo durante il lungo inverno. Dopo una prima ispezione fatta quasi di corsa, senza trovare alcunché di rilevante, rallenta il passo e procede a un nuovo giro più lento e metodico attorno alla cascina, intenzionato a trovare se non qualcuno per lo meno qualche cosa che gli indichi la strada giusta. E infine la sua costanza e cocciutaggine vengono premiate nel momento in cui scorge una pietra della costruzione leggermente smossa e, poco dietro, un pezzetto di carta più volte ripiegato su sé stesso. 

 

«Un altro dei loro maledetti messaggi, volete scommetterci?» sbotta, adocchiando un momento Patrice che è rimasto per tutto il tempo fermo a osservare le mosse dell’amico con aperta preoccupazione. Il foglietto spiegazzato, sorpresa delle sorprese, contiene un’altra serie di coordinate che lo fanno tremare di irritazione, e in più un breve messaggio personalizzato. 

 

«Cosa dice?» si informa Patrice, ansioso. 

 

«Indica una nuova destinazione. E dice anche...». 

 

«Che cosa?» chiede, preoccupato dalla faccia scura che mostra in quel momento don Luis. 

 

«Si complimenta con noi per esserci liberati con facilità dei cinque boches» mormora cupo. 

 

«Lo sapevano, dunque?» ansima Patrice, sconcertato dalla notizia. 

 

«Sì, a quanto pare ci osservano. Sanno che siete con me, ora» riflette a voce alta, mentre il capitano geme di sconforto. «E non sono di qui. Potrebbero essere francesi, o… Non ne sono sicuro, cè qualche cosa di strano, in questo messaggio, come se…». 

 

«Che cosa vedete?» sussurra Patrice, sportosi oltre la spalla di don Luis per dare unocchiata al messaggio, senza però riuscire a interpretarlo. 

 

«Potrei ingannarmi, eppure ho limpressione che sia stato scritto da due persone differenti, e una di queste credo sia francese: non ha usato il termine generale tedeschi, vedete?». 

 

«Don Luis, se posso dirvelo, io non vedo proprio nulla di comprensibile in quel malandato pezzetto di carta. Ma se voi siete certo di quanto dite non ho problemi a credervi sulla parola» assicura Patrice. «E dunque, andremo dove ci viene indicato?» chiede infine con prudenza. 

 

Ancora intento a osservare il foglietto con meticolosa attenzione, annuisce piano e in modo in po distratto. «Altro non possiamo fare, per il momento. Hanno loro le redini fintanto che non faremo chiarezza sulla situazione. E comunque non saprei da quale altra parte iniziare a cercare mia figlia». Recupera la mappa del prefetto da una delle tasche interne del cappotto e si accinge a studiarla con cura. 

 

«Credete che labbiano ancora con loro?». 

 

Fissa un momento i suoi occhi metallici in quelli caldi e abbattuti del capitano, per tornare subito alla mappa«Devono. Se in qualche maniera è me che vogliono, necessitano anche di avere qualcosa di valido da offrire in cambio». 

 

«Andiamo, allora?» si accerta, dopo averlo guardato ripiegare la carta e metterla di nuovo al sicuro. 

 

«Patrice. La nostra prossima destinazione è Grindelwald nella regione di Oberland, in Svizzera». 

 

 

 

Poiché non sarebbe stato per nulla agevole percorrere tutti gli oltre duecento chilometri necessari a raggiungere la nuova meta stabilita in sella alla motocicletta sottratta a bella posta da Patrice, lui e don Luis hanno saggiamente optato per salire a bordo dell’ennesimo treno a lunga percorrenza che li avrebbe condotti di filato fino alla frontiera con Basel e la sua dogana. Una volta in Svizzera si spostano su un treno a scartamento ridotto che li conduce attraverso gli ameni paeselli, a tratti anche in salita su per i ripidi pendii alpini e a ridosso di laghi che appaiono come gioielli di pallido zaffiro incastonati nel biancore della scintillante coltre nevosa. Infine, poiché nessun mezzo a motore sembra adatto per giungere sul luogo prescelto, sono costretti a procedere a dorso d’asino, a meno che non desiderino scarpinare a piedi o peggio spaccarsi le gambe in bicicletta. 

 

«Questo posto pare fare del suo meglio per risultare inaccessibile» soppesa il capitano, ammirando nel percorso i picchi innevati del Mönch, dello Jungfrau, del Reeti, dellEiger e sempre con meraviglia il cielo turchese tanto vivido da far male agli occhi. 

 

«Sì, arroccati qua su neppure la guerra riuscirebbe a farcisi largo. Buon per loro» commenta asciutto e poco partecipe delle bellezze della natura, ben più occupato a programmare i loro spostamenti. 

 

«La guerra?» chiede Patrice, stranito. «Pensate che verrà di nuovo da noi?». 

 

«È presto, ma credo di sì. Se seguite con attenzione certi dettagli, certi sintomi, vi accorgerete facilmente di come si sta muovendo nella nostra direzione». 

 

Patrice trema, sgomento. «Speravamo, Coralie e io, di avere un poco di tempo per noi e per la famiglia che ci stiamo costruendo». 

 

Don Luis si volta, sorpreso, sulla groppa della goffa ma robusta cavalcatura e osserva lespressione corrucciata e ansiosa dellamico. «Mamma Coralie aspetta un piccolo Belval, dunque?» mormora con dolcezza. 

 

Il capitano, distolto per un momento da cupi pensieri di guerra, sorride teneramente. «Il medico dice che dovrebbe essere un maschietto» rivela emozionato. 

 

«Oh, è meraviglioso! Sono davvero felice per voi. E vi prego di fare i miei migliori auguri a mamma Coralie» esclama contento. Poi però si rabbuia in modo repentino e inaspettato. «Ma allora non dovreste essere affatto qui assieme a me. Per quale motivo non vi trovate con la vostra dolce moglie, Patrice? Potreste davvero finire in pericolo per colpa mia, e come farei poi a dire a mamma Coralie che vi è capitata qualche disgrazia mentre eravate in mia compagnia?» riflette sgomento. 

 

«Credete voi forse che la mia Coralie mi avrebbe permesso di lasciarvi da solo? Se anche lavessi voluto, e non è affatto così, vi assicuro che mi ci avrebbe spedito di filato lei stessa. Vi scongiuro, a meno chio non vi sia di intralcio, di non volermi allontanare proprio adesso, don Luis; non penso potrei sopportare lidea di sapervi nei guai e privo di ogni sostegno amico». 

 

Annuisce e torna a fissare lo sguardo pensieroso sul tortuoso sentiero che si snoda davanti a loro. «Avete la mia solenne parola, amico mio» e mentre ciò dice pensa in cuor suo che dovrà fare molto meglio di quanto svolto fino a ora, chè necessario proteggere Patrice e con esso la sua famiglia. 

 

 

 

Giunti al modesto centro abitato composto da solide casette di legno e pietre, e parcheggiati al sicuro i due timidi e schivi asinelli che li hanno fedelmente accompagnati fino a lì, i due uomini si inoltrano fra le strette vie lastricate, osservandosi attorno con genuina curiosità e chiedendosi come procedere a quel punto. Allinterno del messaggio non era specificato alcun indizio sul luogo esatto di ritrovo, ma nessuno dei due pensa che il centro del paese, per quanto piccolo e poco affollato, sia il più indicato per trovare notizie in merito; di certo gli abitanti del luogo devono essere allo scuro degli intrighi che i due stranieri portano con sé. Quindi, di comune accordo, decidono di pranzare in qualche locanda calda e accogliente e solo in seguito dirigersi verso lesterno, quasi certi che oltre quel grappolo di amene abitazioni troveranno infine qualche buon indizio da cui partire per le loro ricerche. 

 

 

 

Per loro somma costernazione, in luogo dei necessari indizi sperati, alluscita dal centro abitato si ritrovano a far fronte a qualcuno di inatteso e non propriamente gradito. 

 

«Voi! Dovevo aspettarmelo che centravate in qualche maniera con questa storia senza un senso apparente» sbotta Sherlock Holmes, piantato in mezzo al sentiero e con un revolver Webley Mk VI spianato contro i due uomini comparsi allimprovviso di fronte ai suoi occhi come fantasmi di un fastidioso passato. 

 

Don Luis storce le labbra, amareggiato più di quanto crede potrà mai esserlo lo sgradito personaggio che li fronteggia in quel momento. “È invecchiato” riflette con sarcastico cinismo, “e affatto bene. Tanto peggio per lui”. «Non so cosa vi porti qui, nello stesso nostro momento. Ma ho il forte sentore che abbiate appena preso un grosso abbaglio, signore» sibila con acidità. 

 

Linvestigatore assottiglia lo sguardo e il suo indice aumenta appena la pressione sul grilletto. «State pur certo che non lascerò che la passiate liscia, non questa volta. Avete osato troppo». 

 

Inaspettato a entrambi i contendenti, in mezzo ai due uomini allapparenza ciechi e sordi a qualunque possibile spiegazione logica, si frappone il capitano Belval. «Vi prego, signori. Voi non ragionate: nessuno di noi ha colpe in questa storia. Cè qualcuno…». 

 

«Fate silenzio! Sciocco lacchè» intima Holmes con un passo avanti. 

 

«Patrice, scostatevi, presto. Quelluomo è pericoloso, potrebbe uccidervi senza un solo pensiero» soffia don Luis, temendo per lincolumità dellamico che ancora si ostina a rimanere in mezzo. Ha promesso a sé stesso di proteggere Patrice, e quello è esattamente il momento opportuno per tenere fede ai propri propositi. Così è che si fa avanti, afferrando fra le dita artigliate di una mano il gomito del capitano; tale mossa viene però in qualche modo travisata dallinvestigatore ancora sul chi vive. 

 

«Furfante, come osate?» esclama Holmes, e vedendo il capitano Belval voltargli appena la schiena con gesto sospetto tende il braccio che impugna larma e fa fuoco. 

  
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