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Autore: wittyy_name    09/12/2020    0 recensioni
Lance e i suoi amici sono da anni frequentatori assidui dell’Altea Dance Studio. Non solo per i corsi, ma anche per trovarsi, allenarsi e passare il tempo con altre persone che amano ballare. Partecipano ogni anno all’audizione per rappresentare Altea alle regionali di ballo. Lance tenta sempre l’audizione da solista, ma quest’anno non ce l’ha fatta a partecipare e la sua unica possibilità è andata in fumo. Lo stesso accade al suo ignaro rivale, Keith.
*
Per fortuna, Shiro ha un piano geniale: convincere Lance e Keith a fare un’audizione di coppia.
*
Con un po’ di convincimento, e molto impegno, quei due potrebbero riuscirci e andare alle regionali… oppure rovinare tutto.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Allura, Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sinossi:

Hunk sollevò lo sguardo e si massaggiò la nuca. “Significa che tu, sai, sei tu. E con Keith che viene stasera non voglio che diventi tutto strano… capisci?”

“Perché dovrebbe essere strano? Ti ho appena detto che mi sarei comportato normalmente!”

“Hunk vuole dire che non vuole avere a che fare con la tensione sessuale irrisolta che c’è tra voi.” Si intromise Pidge, presentandolo come un dato di fatto.

“Non c’è proprio niente da risolvere! Siamo solo amici!” I due gli rivolsero un’occhiata apatica e Lance li fulminò. “Dico sul serio! Siamo solo amici e sarò più che normale. Vedrete. Niente imbarazzo, niente tensione. Manterrò il mio sangue freddo. Freddo come il ghiaccio. Ce la posso fare.”


Note dell’autrice: A dire il vero, questo capitolo era pronto da un po’, ma Sora stava lavorando al suo portfolio per una richiesta di ammissione a una scuola di animazione e questa fic è il nostro bambino, quindi non volevo aggiornarla senza di lei. Dovreste essere tutti fieri di lei. Io lo sono ^^

Dunque, da qui inizia quella che chiamo “Shut Up and Dance With Me: Parte 2”. Il motivo: la prima parte della fic si incentra sul “da rivali ad amici” e sulla storia delle audizioni, mentre la seconda parte si focalizza sul “da amici a innamorati” e sul loro approdo alle regionali. È un cambiamento sottile, ma io l’ho percepito molto scrivendo.

Gustatevi la lettura!

Note della traduttrice: Anche se non ci speravate più, siamo tornate con un regalino anticipato di Natale per voi! Questo capitolo si è rivelato leggermente ostico da tradurre per alcuni giochi di parole che, se siete curiosi, trovate spiegati nelle note...! E ora... buona lettura <3

“Piiiiidge! Cosa faccio adessooooo?” Si lamentò, ondeggiando mollemente le braccia con enfasi. Era steso sul pavimento del soggiorno, le braccia aperte e abbandonate ai lati del corpo e un piede poggiato al tavolino da caffè.

“Ti comporti da uomo.” Disse lui, annoiato. Lance non gliene poteva fare una colpa. Si stava lamentando a quel modo da un po’, ormai. Era solo che non poteva farne a meno. Ce l’aveva in testa e quindi ne avrebbe parlato.  Fine della storia. Fortunatamente, i suoi amici ci erano abituati. E poi, anche lui ascoltava Hunk quando parlava delle sue nuove ricette o invenzioni, e ascoltava Pidge quando partiva per la tangente con i suoi sproloqui incomprensibili sulla tecnologia e sulle lezioni nel suo istituto. Il minimo che potevano fare era ascoltarlo quando il suo di mondo era un casino confuso.

Era per questo che c’erano gli amici.

“Tu la odi quella frase…” Borbottò.

Pidge fece un suono che sembrava molto un “Huyup” e gli lanciò un acino d’uva dal suo posto sul divano. A quel verso, Lance sollevò lo sguardo appena in tempo per vedere l’acino d’uva e spostò la testa quel poco che bastava per farselo entrare in bocca. Era un campione di prendere acini al volo.

“Sì, hai ragione.” Disse Pidge con pigrizia, mangiando uva e scrollando annoiato il telefono, rannicchiato in un angolo del divano. “Ma in questo caso uso la parola ‘uomo’ nel senso di ‘essere umano’ e implicando l’età adulta.”

“Che differenza fa?”

“Non ti sto dicendo di comportarti da uomo nel senso di maschio. Ti sto dicendo di crescere e di non fare il bambino, per una buona volta.”

“Non sono un bambino!” Si lamentò lui, afflosciando gli arti. Si beccò un sopracciglio alzato e un sorrisino malcelato.

“Mi avevi quasi fregato.”

“Sono circondato da insolenti.”

“Sei tu che ti sei scelto questa vita.”

“È questa vita che ha scelto me.”

Pidge sbuffò per evitare commenti e lanciò un altro acino verso di lui. Lance si spostò per prenderlo, ma quello gli rimbalzò sulla guancia e rotolò sul pavimento. Sbuffò e lo raccolse, soffiandoci sopra prima di metterselo in bocca.

“Hai una mira da schifo.”

“Tu fai schifo.”

“Lo soooo, Pidge! È questo il mio problema! Quindi possiamo tornare al nostro discorso su cosa dovrei fare?”

“Te l’ho già detto.”

“Dirmi di crescere non è una risposta, Pidge.”

Pidge sbuffò col naso. “Quello che intendo, Lance, è che sei un adulto. Lui è un adulto. Gli adulti baciano le persone. Gli adulti in discoteca baciano persone. A volte, amici adulti si baciano tra loro. Non deve significare per forza qualcosa se non vuoi che significhi niente.” Fece una pausa e sollevò lo sguardo dal telefono, fissandolo come un gufo con le sopracciglia sollevate. “Vuoi che significhi qualcosa?”

E Lance non… non era sicuro di volere qualcosa di serio come una relazione… Oddio, una relazione. Chi stava parlando di relazioni? Era solo un bacio! Un bacio in discoteca! Un bacio presi dalla foga del momento mentre stavano ballando ubriachi e ad entrambi era sembrato il momento giusto!
Pidge aveva ragione. Non doveva per forza significare qualcosa.
Eppure… non riusciva a smettere di pensare che gli era piaciuto.

Sfortunatamente, quei pensieri vennero scavalcati dalla consapevolezza che tutta quella storia del bacio avrebbe potuto rovinare il suo rapporto con Keith. Non ne avevano parlato affatto. Lance non riusciva a trovare il coraggio per farlo. Avrebbe preferito di gran lunga fingere che non fosse mai successo. Dopotutto, era successo al buio di una discoteca per tipo, due secondi… cinque secondi… va bene, forse trenta, ma chi li aveva contati, poi? E sembrava che neanche Keith volesse parlarne.
Sfortunatamente, ‘fingere che non fosse mai successo’ aveva reso le cose fottutamente imbarazzanti.

Quel lunedì avevano prenotato una sala per allenarsi, ma Keith gli aveva mandato un messaggio dicendo che gli avevano chiesto di coprire un turno a lavoro e che non ce l’avrebbe fatta. Lance non sapeva se credergli o meno o se era semplicemente una scusa per stare da solo, ma lì per lì non si era lamentato. Non pensava di essere pronto a vedere Keith, da solo, in una stanza, solo loro due.

Sfortunatamente, il tutto aveva significato rivedere Keith per la prima volta dopo il bacio alla lezione del mercoledì con Shiro e Allura. Nessuno dei due l’aveva saltata e, almeno da parte sua, era stato perché aveva paura di deluderli. Provò sollievo nel vedere che anche Keith sembrava impacciato tanto quanto si sentiva lui. Fortunatamente, sembrò che Shiro e Allura avessero compreso l’aria che tirava e li avevano fatti concentrare sulle elevazioni e sulle mosse invece che su cose… più intime. Gliene fu grato.

Era stato anche grato del fatto che entrambi sembravano estremamente perplessi per l’atmosfera tesa che c’era tra lui e Keith. Il che lo aveva portato alla conclusione che Shiro non sapeva che aveva baciato suo fratello. Grazie al cielo.

Pidge, invece, lo sapeva, dato che era stato lui a beccarli mentre stavano limonando sulla pista. E proprio perché era l’unico a saperlo, doveva subirsi tutte le lamentele di Lance.

“Certo che no!” Insistette Lance, quando Pidge continuò a fissarlo con sguardo vacuo. Alzò le braccia al cielo per sottolineare il concetto. “Non voglio che significhi proprio niente! Era solo un bacio! Sono un adulto! Posso baciare la gente in discoteca-” Si interruppe, sbattendo le palpebre. “Oh… ottimo consiglio, Pidge.”

Pidge arricciò le labbra in un piccolo sorriso e tornò a fissare il telefono, lanciandogli un acino senza guardare. “Figurati.” Lance lo prese e se lo ficcò in bocca. “Quindi, quale sarebbe il problema allora?”

Lance si afflosciò di nuovo sul pavimento. “Il problema è che è imbarazzante! Credo di aver combinato un casino!”

“Non avevi detto che era stato Keith a baciarti?”

“Sì! Ma…” Gemette rumorosamente, passandosi le mani sul volto e borbottando da dietro le dita. “Ma non ricordo davvero chi ha iniziato. Ci siamo… baciati e basta?”

“Beh, non capisco dove sia il problema.” Gli lanciò un altro acino. Lance lo mangiò di nuovo al volo. Un altro punto per lui.

“Il problema è che è imbarazzante!” Rantolò e aspirò l’acino mezzo masticato. Si girò subito sul fianco, tenendosi su un gomito, e tossì battendosi il petto. “Pidge!” Disse, quando si fu ripreso, e lo guardò con occhi sbarrati, terrorizzati. “E se fosse etero? Magari è impacciato con me perché è etero e l’ho costretto a baciarmi? Voglio dire, immagino di averlo messo a disagio, ma se lo avessi messo doppiamente a disagio-”
“Oh mio dio.” Si lamentò Pidge, alzando gli occhi al cielo così tanto che inclinò anche la testa nel mentre. Si tirò su leggermente a sedere e allungò una mano, avanzando a tentoni lungo il muro fino a quando non toccò l’angolo della cornice del quadro appeso sopra al divano. Dopo aver fissato Lance negli occhi, diede uno schiaffo alla cornice, storcendola. Lance era sorpreso dal fatto che non fosse caduta dal muro. Una volta ritornato alla sua posizione sul divano fissando il telefono, Pidge sventolò una mano con fare vago verso il suo operato. “Lance, che orientamento ha quel quadro?”[1]
Lance inarcò un sopracciglio e lo fissò, incredulo. “Uh, beh, Pidge, è storto-”

“Non hai colto la battuta?” Disse lui, interrompendolo. “Lascia perdere… Che orientamento pensi che abbia Keith?”

Lance sentì il suo volto infiacchirsi, le sopracciglia sollevate fino all’attaccatura dei capelli e la bocca aperta in un piccolo cerchio di realizzazione. Sentì uno strano calore salirgli su per il collo e il petto farsi più leggero per… qualche motivo. “Oh…”

“Già. Non penso che si sia sentito a disagio perché sei un ragazzo.”

“Beh…” Cambiò posizione, massaggiandosi la nuca e distogliendo lo sguardo. “Non cambia il fatto che si sente a disagio quando ci sono io…”
“Lance,” disse Pidge, riuscendo chissà come a tramutare il suo nome in un sospiro, “hai mai pensato che forse il motivo perché lui si sente a disagio è perché sei tu a sentirti a disagio?” Lo inchiodò sul posto con un’occhiata apatica, e Lance aprì la bocca per rispondere. Poi aggrottò le sopracciglia e la richiuse di colpo.

“Um…”

“Come pensavo. Senti, se non significa davvero niente per te, allora comportati di conseguenza. Se stai sempre sulle spine con lui, penserà che lo odi o che-”

“Non lo odio!”

“Allora comportarti normalmente e smettila di fare il bambinone per questa storia.”

“Non sono un bambino…” Borbottò, incrociando le braccia al petto, e si stese con la schiena a terra, gonfiando le guance e piegando la testa di lato.

Comportarsi normalmente, huh? Poteva farcela. Trattare Keith con naturalezza l’avrebbe rassicurato, il che avrebbe rassicurato anche Lance e allora sarebbero tornati davvero alla normalità. Avrebbero potuto scegliere una canzone, coreografare la loro routine, andare alle regionali e farsi un nome. E cosa più importante, rimanere amici. Perché a lui piaceva davvero avere Keith come amico. Era un tipo a posto. Anche se non gliel’avrebbe mai detto.

Ma trattarlo con naturalezza? Sì, quello lo poteva fare.

“Quindi pensi che sia figo?”

Lance non stava mangiando uva in quel momento, ma ciò non gli impedì comunque di strozzarsi con l’aria. Si catapultò di nuovo a sedere. “Cosa?

Pidge lo stava guardando, il suo divertimento palese nel piccolo sorriso e nelle sopracciglia sollevate. “Keith. Pensi che sia figo?”

Lance sbuffò col naso e alzò gli occhi al cielo, spostando il peso su un gomito per gesticolare con fare vago con l’altra mano. “Penso che tutti i miei amici lo siano! Ho amici molto belli.”

“Mhmm.” Il suo sorriso si allargò di poco.

“Cioè! Guarda Hunk! È un meraviglioso pezzo d’uomo! Stupendo e bellissimo, sia dentro che fuori. E devo davvero pronunciarmi su Shiro e Allura? Voglio dire, occupano praticamente il primo posto in quanto a persone più belle. E Coran? Va bene, okay, sarà anche il più vecchio tra noi ma batte tutti in quanto a bellezza e classe. E tu.” Gli scoccò un’occhiataccia, puntandogli un dito contro.

Il sorriso di Pidge si spense, e assottigliò lo sguardo. “Non ci provare…” Sussurrò.

Tu,” ripeté Lance, muovendo il dito verso di lui per enfasi, parlando con voce bassa e minacciosa, “sei adorabile.”

“Lance.” La sua voce grondava di avvertimento.

“Lo penso davvero, Pidge! Sei l’essere umano più dannatamente carino dell’intero pianeta-” Si interruppe e cacciò un urletto di sorpresa quando Pidge buttò di lato telefono e ciotola di uva per lanciarsi contro di lui.

Tentò di arretrare, ma era troppo tardi. Pidge scivolò sopra il tavolino da caffè e gli atterrò in cima, spalmato a pesce. Lance urlò, cercando di toglierselo di dosso, ma Pidge era troppo piccolo e sgusciante e cercava di avvilupparsi a lui per fargli una presa al collo.

“Rimangiatelo!”

“Mai!”

Lance non sapeva quanto erano rimasti a rotolare sul pavimento, ma quando Hunk rientrò in casa era esausto, sudato, dolorante e aveva decine di morsi e graffi perché Pidge giocava sporco come il piccolo troll che era.

“Hunk! Salvami! SOS! Salvavita!” Urlò Lance non appena si aprì la porta. Costernato, vide Hunk richiudere la porta lentamente, togliersi le scarpe e poggiare le borse della spesa in cucina prima di dirigersi verso il soggiorno. Quando arrivò, si fermò a fissarli.

Pidge aveva avviluppato le gambe attorno al torso di Lance, spremendogli la vita fuori dal corpo, e lo teneva stretto con una presa al collo. Lance gli teneva un braccio con la mano nel tentativo di toglierlo dal collo e l’altra dietro di lui, con le dita contorte in aria. Era steso sopra di lui; aveva usato il suo peso per rovesciarlo nella speranza che quello mollasse la presa senza più aria nei polmoni. A quanto pareva, però, Pidge era fatto di tutt’altra pasta. Tipo, determinazione, testardaggine e rabbia compattati in un solo minuscolo umano.

“Uh, che succede?” Chiese Hunk, senza accennare a muoversi per aiutare Lance.

“Gli ho detto che era carino e ora sta cercando di uccidermi!” Gracchiò, affondando le unghie nel suo braccio. Pidge si vendicò mordendogli la spalla. Lance urlò. “Ow! Mi sta mordendo, Hunk!”

“Rimangiatelo!”

“No!”

“Awww, ma Pidge è carino.”

Pidge si immobilizzò, e Lance si fermò a sua volta per la sorpresa. Quel momento durò solo un paio di secondi. Pidge mollò la presa, uscì da sotto di lui e si lanciò contro Hunk. Il poveretto lo fissò con occhi sbarrati mentre Pidge strisciava verso di lui a quattro zampe, cercando di rimettersi in piedi. Hunk alzò le mani e arretrò di un paio di passi.

Lance sfruttò la sua ritrovata libertà per lanciarsi all’inseguimento e avvolse Pidge coi suoi arti più lunghi, facendolo cadere a terra con sé. Pidge artigliò il tappeto, cercando di liberarsi, ma senza successo.

“Ti salvo io, Hunk!” Disse Lance, e Hunk sospirò, rilassandosi.

“Grazie, amico.” Si accucciò di fronte a Pidge. “Ma davvero, Pidge, sei adorabile.” Disse, e allungò una mano per scompigliargli i capelli.

Pidge fece uno strano ringhio e gli tirò uno schiaffo. Si sentì un suono chiaro di pelle contro pelle seguito da un urlo di Hunk, e il ragazzone si ritrovò a massaggiarsi la mano tenendola contro il petto.

“Rimangiatelo!” Urlò.

“Accettalo!” Urlò Lance più forte.

“No!”

“Sì!”

Pidge si dimenò con furia, ma Lance usò il suo peso e la sua posizione a proprio vantaggio per tenerlo inchiodato a terra. Alla fine, emise un verso esasperato e si lasciò andare a peso morto, allungando le braccia in avanti e seppellendo il viso nel tappeto. “Siete terribili.”

Hunk gli carezzò la testa. “Ti vogliamo bene anche noi.”

Lance sospirò e abbandonò ogni tensione, schiacciando un poco Pidge, che emise un grugnito di irritazione.

“Uh, quindi, non è che sia poi così sorpreso di tornare a casa e trovarvi così, ma cos’ha scatenato il tutto questa volta?” Chiese Hunk.

Pidge sollevò una mano e indicò Lance con il pollice da dietro la spalla. “Gli ho chiesto se pensa che Keith sia figo e lui si è arrampicato sugli specchi dicendo che tutti i suoi amici lo sono.”

Lance lo lasciò andare e si rimise in ginocchio, alzando le braccia al cielo. “Perché lo sono! Ho degli amici molto attraenti!”

Hunk annuì con fare saggio, ma Pidge sbuffò, sollevandosi sui gomiti, e guardò Lance, un baluginio di malizia negli occhi mentre sorrideva, dolce. “Quindi pensi che sia carino.”
Lance lo guardò storto. “Uh, sì, di default, perché tutti i miei amici sono carini.”
“Ma Keith lo è di più, vero?”

“No!”

“Uh huh, ma non vai in giro a baciarci tutti.”

Hunk spalancò la bocca, gli occhi fuori dalle orbite incollati su Lance. “Hai baciato Keith?”

Lance lanciò un’occhiataccia a Pidge, sentendo il calore salirgli alle guance sotto il peso dello sguardo di Hunk. “Pidge!”

L’amico sorrise con fare innocente. “Che c’è? È vero. Non vai in giro a baciare me o-” Lance arricciò le labbra in un sorrisino e Pidge spalancò gli occhi, il sorriso svanito dalle labbra. Si allontanò da lui strisciando. “Lance- no!”

Lance gattonò lentamente verso di lui, gli occhi incollati su Pidge, sorridendo con la stessa falsa innocenza che gli aveva rivolto poco prima. “Piiiidge, vieni quiiii.” Canticchiò.

Pidge si allontanò da lui in tutta fretta. “Oh no, col cazzo!”

“Pidge, torna qui!”

Lo inseguì per tutto l’appartamento, salendo parecchie volte sul divano e poi intorno al tavolo della cucina. Per un attimo, credette di averlo messo all’angolo in cucina, ma quello si arrampicò sopra il bancone e scappò in sala da pranzo per poi scattare verso la sua stanza. Si chiuse la porta alle spalle.

“Pidge!” Urlò, inseguendolo, ma venne acchiappato da Hunk.

“Va bene, ma ora vorrei tornare un attimo al punto in cui hai baciato Keith?!

Lance gemette ad alta voce e si accasciò sul divano, seppellendoci la faccia. Poteva sentire Pidge che se la rideva dalla sua stanza.

Trenta minuti dopo, Lance aveva spiegato l’intera situazione a Hunk con un paio di lamenti alla oh povero me per condire il tutto. Hunk era seduto sul divano e lo ascoltava, annuendo quando opportuno. Lance aveva poggiato la testa sulle gambe di Hunk, intorcolato in modo da poter poggiare le gambe sullo schienale del divano. Pidge era strisciato fuori dalla sua tana e aveva preso posto di fianco a Hunk, poggiato contro il suo braccio, e si era messo a giocare al telefono facendo qualche commento.

“Whoa…” Disse Hunk quando ebbe finito. E Lance non aveva niente da aggiungere, quindi annuì. Whoa era azzeccato. “Quindi… che pensi di fare?”

Lance scrollò le spalle e inclinò la testa per guardarsi intorno. “Non vuol dire niente e non voglio che significhi qualcosa. Quindi mi comporterò da adulto e lo tratterò come al solito.”

Pidge sbuffò col naso. “Che ideona, Lance.” Disse, brusco. “Chissà come ti è venuta in mente.”

“Sono pieno di piani geniali.” Disse lui, allungando una mano per tirargli un pizzicotto sull’orecchio.

“Okay, ma non sarai… strano stasera, vero?
Lance si girò per guardarlo con sospetto. “Cosa vorresti dire?”
Hunk guardò in alto e si massaggiò la nuca. “Significa che tu, sai, sei tu. E con Keith che viene stasera non voglio che diventi tutto strano… capisci?”

“Perché dovrebbe essere strano? Ti ho appena detto che mi sarei comportato normalmente!”

“Hunk vuole dire che non vuole avere a che fare con la tensione sessuale irrisolta che c’è tra voi.” Si immischiò Pidge, presentandolo come un dato di fatto.

“Non c’è proprio niente da risolvere! Siamo solo amici!” I due gli rivolsero un’occhiata apatica e Lance li fulminò. “Dico sul serio! Siamo solo amici e sarò più che normale. Vedrete. Niente imbarazzo, niente tensione. Manterrò il mio sangue freddo. Freddo come il ghiaccio. Ce la posso fare.”

Pidge sbuffò e Hunk fece un verso di assenso, anche se sembrava scettico.

“Finché nessuno tira fuori questa storia, andrà tutto bene.” Tentò di nuovo, tirando di nuovo un buffetto a Pidge.

Lui gli allontanò la mano pigramente con uno schiaffo. “Non dirò niente.” Borbottò.

“Hunk?” Disse Lance, ammonitore, e assottigliò lo sguardo.

Hunk alzò le mani a mo’ di difesa. “Ho le labbra cucite, amico!” E poi mimò il cucirsi la bocca.

“Bene.” Annuì, incrociando le braccia al petto. Rimase in silenzio per un momento e poi disse: “E poi, non importa cosa succederà tra me e Keith, è impossibile che finiamo peggio di Shiro e Allura.”

Vero?!” Disse Hunk, e nello stesso momento Pidge gemette un: “Oh mio dio, lo so.

Lance rise, sentendosi subito più leggero ora che non era più al centro dell’attenzione. “Sul serio, però, da quanto si stanno ballando intorno?”

“Era una battuta voluta?” Gli chiese Hunk.

“Ovvio.”

“Stupenda.” Si diedero il cinque e Pidge gemette esasperato.

“Battute a parte, da troppo tempo. Non ricordo neanche com’era Shiro prima della sua cotta per Allura.”

Hunk inarcò un sopracciglio. “Non lo conosci da tipo… una vita?”

Pidge alzò le braccia al cielo. “Esatto! All’inizio era anche divertente, ora è solo patetico.”

“Prima o poi…” Disse Lance, malinconico.

Pidge sbuffò col naso. “Già, sarò vecchio e coi capelli grigi prima di allora.”

***

Se c’era una cosa nella vita che Keith non era mai riuscito a fare era resistere ai suoi impulsi.

Era sempre stato un po’ troppo impulsivo, agiva d’istinto e pensava alle conseguenze solo quando era costretto ad affrontarle. Beh… ora era costretto ad affrontarle nella forma di un Lance estremamente a disagio e di un’atmosfera fin troppo strana.

Quando lo aveva baciato, non aveva pensato a come avrebbe cambiato la loro amicizia. Non aveva pensato a come avrebbe influenzato il loro ballare insieme. Non aveva pensato affatto a come avrebbe influenzato le loro vite. Non ci aveva pensato per niente. Sapeva solo che Lance era triste e distratto e faceva tutte quelle facce da cane bastonato che gli facevano piangere il cuore. Sapeva solo che quelle facce sparivano quando Lance si concentrava su di lui. Sapeva solo che lo aveva fatto sorridere di nuovo e che tutto quello che aveva voluto era farlo sorridere.
Erano così vicini e l’atmosfera era così intima e sembrava così giusto. Quindi l’aveva baciato. Beh… circa. Aveva dato lui il via, di questo era abbastanza sicuro. Ma non riusciva bene a ricordare chi avesse baciato chi per primo. Forse si erano solo… baciati a vicenda così, all’improvviso. Era stato breve. Era durato solo cinque secondi… forse quindici. Forse mezzo minuto? Nessuno aveva tenuto il conto.

Sapeva solo che il bacio era stato interrotto fin troppo bruscamente da Pidge, che si era fatto strada a gomitate tra la folla finendo addosso a loro con Shiro alle calcagna. Che lui e Lance non avevano più condiviso nessun tipo di intimità quella sera. Che, chissà come, si era ritrovato con un braccialetto luminoso al polso per cercare di far sorridere Lance di nuovo. Che era arrivato a casa e si era addormentato coi vestiti addosso. Che si era svegliato il giorno dopo con un mal di testa perforante e una sensazione di schifo addosso. Che aveva continuato a pensare e ripensare a quella sera, al bacio e a tutto ciò che aveva portato a quel momento mentre era steso sul letto, sofferente.

Che gli era piaciuto.

Non si pentiva di ciò che aveva fatto, ma ora avrebbe voluto che Lance non se ne ricordasse. Sarebbe stato molto più facile fingere che non fosse successo niente, lasciando che tutto svanisse come un sogno inafferrabile.

Seduto a cavalcioni sulla sua moto, portò lo sguardo verso l’appartamento di Pidge e Hunk con apprensione crescente; sperava con tutto il cuore che quella situazione ritornasse presto alla normalità. Gli mancava la normalità. Gli mancava uscire con Lance senza tutta quella tensione. Gli mancava vederlo sorridere in modo genuino. Gli mancavano quei tocchi casuali che non volevano dire niente. Gli mancava il modo in cui gli occhi di Lance si accendevano di sfida o di provocazione. Gli mancavano i suoi bronci giocosi. Merda, gli mancavano perfino i suoi sorrisini arroganti.

Qualunque cosa era meglio di un Lance che lo trattava come se avesse paura che stesse per esplodere da un momento all’altro.

Voleva solo… Voleva indietro Lance. E per quanto gli fosse piaciuto quel bacio, per quanto ci fosse stato così bene, adesso avrebbe voluto avere più autocontrollo quella sera. L’avrebbe rifatto? Non… non ne era sicuro. Avrebbe voluto dire no. Non voleva rovinare la loro amicizia o la loro partnership o rendere le cose più imbarazzanti di quello che erano. Eppure, al tempo stesso, se gli si fosse presentata l’occasione non era sicuro che avrebbe detto no. Voleva una relazione? Col cavolo. Gli era piaciuto baciare Lance? Sfortunatamente, sì. Porca puttana, odiava i sentimenti. Erano fottutamente problematici. Non ci aveva mai messo la firma. Infatuarsi era una cosa. Poteva superare un’infatuazione. L’aveva già fatto molte volte. Pensava che un ragazzo fosse carino? Ottimo. Dopo un paio di settimane era tutto sparito. Sfortunatamente per lui, limonare con il soggetto dell’infatuazione non l’aveva per niente aiutato a tenere i suoi sentimenti fuori dall’area cotta.

Sfortunatamente, non l’aveva fermato dal riproiettare nella sua testa quel bacio ogni volta che aveva un momento libero: quando cercava di dormire, quando cercava di lavorare, quando stava cazzo guidando.

Voleva solo che le cose si calmassero di nuovo. Il che sarebbe stato decisamente più facile se lui non fosse così fottutamente a disagio e se Lance non fosse così fottutamente a disagio rendendolo così ancora più fottutamente a disagio.

Passò circa tre minuti seduto sulla sua moto a fissare l’appartamento, chiedendosi se non avesse dovuto semplicemente filarsela, quando il suo telefono vibrò.

caw caw motherfuckers: keith vedo che sei lì fuori
caw caw motherfuckers: porta subito il tuo culo qui, ho fame e hunk non ci lascia mangiare se non ci sei anche tu

Sospirò e si rimise il telefono in tasca. A quanto pareva, non poteva filarsela adesso. Hunk e Pidge lo avevano invitato la settimana prima, prima che succedesse tutta quella storia della discoteca. Sarebbe stato strano se avesse rifiutato solo ora. Dopotutto, se voleva che quel bacio non significasse niente, avrebbe dovuto comportarsi come tale, giusto? Giusto.

E così si ritrovò davanti alla porta dell’appartamento di Pidge e Hunk, passandosi le dita tra i capelli. Sospirò tra sé e sé e sollevò una mano per bussare. La porta si aprì prima ancora che le sue nocche la toccassero e si ritrovò faccia a faccia con Lance.

“Keith!” Disse a voce un po’ troppo alta, e Keith non riuscì a trattenere un sussulto. “Amico! Amichetto! Amicone! Compare fratello! Come te la passi?” Disse con entusiasmo forzato, il tono di voce leggermente troppo alto. Teneva la porta spalancata con una mano e poggiava l’altro l’avambraccio sullo stipite, sporgendosi in avanti. Gli rivolse un sorriso che Keith sapeva avrebbe dovuto essere il suo sorriso fascinoso, ma sembrava solo un po’ troppo tirato e non gli si rifletteva negli occhi.

“Uh.” Disse, sconclusionato, la mano ancora a mezz’aria prima di lasciar ciondolare il braccio. Si ficcò le mani in tasca per impedirsi di cincischiare. “Sono stato… invitato?” Fantastico. Un meraviglioso inizio.

“Certo.” Disse Lance, togliendo la mano dalla porta per fargli il gesto della pistola. Ci aggiunse un occhiolino e il tutto sembrava così orribile e imbarazzante che Keith rimase a fissarlo. Non… sapeva come comportarsi. Era ancora più strano del solito. Era un livello di stranezza di Lance che non era pronto ad affrontare. “Lo so.” Continuò, ridendo in un modo così forzato che faceva male solo a sentirlo.

La sua voce si spense e rimasero a fissarsi.

“Quindi, uh…” Riprese, schiarendosi la voce, e sollevò una mano per massaggiarsi la nuca. “Mi lasci entrare…?”

Lance sbatté le palpebre una, due volte, il suo sorriso si spense e riportò la mano sulla porta, chiudendola appena. “Parola d’ordine?”

Keith sbatté le palpebre. “Cosa?”

Lance alzò gli occhi al cielo e il sorriso che gli increspò le labbra era cento volte più genuino ora. “Ho detto parola d’ordine Keith. Qual è la parola d’ordine?”

Keith strinse le labbra in una linea sottile e assottigliò appena lo sguardo, lasciando cadere il braccio lungo il fianco. “Pidge non ha detto niente su una-”

“La porta si sta chiudendo, Keith!” Canticchiò Lance, facendo un passo indietro e iniziando a chiudere lentamente la porta.

“Lance-”

“No no, mi dispiace! Parola sbagliata!”

La porta si era quasi richiusa quando Keith fece scattare la mano per bloccarla. “Lance!”

“Parola d’ordine, Keith!”

Lance!”

“Yeesh, fai proprio schifo. Va bene, ripeti dopo di me: Lance è il migliore.”

“No.”

“Oh, guarda, la porta mi sta sfuggendo-”

Keith cercò di aprirla, ma Lance ci si premette contro dall’altro lato, usando il suo corpo per bloccare la fessura aperta in modo che Keith non potesse infilarcisi dentro. Gli stava rivolgendo quel suo sorrisino di merda e Keith si chiese perché gli era mancato quel suo stupido sorriso. Digrignò i denti. “Lance, fammi entrare.”

“La parola d’ordine, Keith.”

“No.”

“Sì!”

Keith lo fissò, le sopracciglia corrugate e le labbra strette in un piccolo broncio. Messi a quel modo, pressati contro la porta, erano sorprendentemente vicini. Cercò di non pensarci mentre lo guardava negli occhi e borbottava con riluttanza: “Lance è il migliore.” Cercò di fare una voce il più brusca e monotona possibile, ma sentì uno strano sfarfallio nello stomaco che non volle analizzare affatto.

Il ghigno di Lance si dissolse di botto e la sua espressione impietrita aveva un che di comico. E Keith pensò che fosse arrossito per avere le guance così scure, ma prima di riuscire a capirlo davvero Lance si era allontanato dalla porta e Keith si ritrovò catapultato dentro. Spalancò gli occhi e incespicò nell’ingresso, scoccandogli un’occhiataccia da dietro la spalla quando si ricompose.

“Scusa.” Farfugliò Lance, chiudendo la porta. Poi gli passò di fianco, circumnavigandolo alla lontana, e si affrettò oltre la cucina e in soggiorno. “È arrivato!”

“Lo sappiamo, Lance.” Borbottò Pidge.

“Ehi, Keith!” Disse Hunk con un grande sorriso amichevole quando lo vide fermo sull’entrata della cucina.

Keith ricambiò il sorriso con uno più piccolo e sincero. “Ehi, Hunk. Hai bisogno di una mano?”[2]

Hunk fece una breve risata nasale. “No, quella servirebbe a Shiro.”

Gli ci volle un momento per capire che si riferiva al nickname di suo fratello in chat, e quando lo capì alzò gli occhi al cielo. Si poggiò al muro dell’ingresso della cucina, incrociò le braccia al petto e rispose con voce piatta: “Fottiti.”[3]

Hunk sobbalzò un poco, spaventato, e lo fissò con occhi spalancati, a bocca aperta. Keith sentiva un sorrisino tirargli l’angolo della bocca. Dovette notarlo anche Hunk perché il suo volto allarmato si fece sorpreso. “Oddio…” Farfugliò. “Keith, hai forse fatto…?” Il sorriso di Keith si allargò e inarcò un sopracciglio. “Keith! Hai fatto una battuta! Ragazzi! Keith ha fatto una battuta!”

“Ve l’ho detto che sotto sotto è simpatico!” Urlò Lance dal soggiorno. “È solo che lo nasconde sotto tutto quel suo essere emo! Come se l’umorismo fosse la sua… ultima risorsa[4].” Keith non aveva bisogno di vederlo in faccia per sapere che aveva quel suo sorrisino di merda sulle labbra.

“Oooh! Questa era bella, Lance!” Rise Hunk.

Sentì il lamento di Pidge unirsi al proprio prima di sentire la sua voce. “Ho troppa fame per aspettare i vostri comodi. Possiamo mangiare, per favore? Non voglio ridurmi a dover mangiare Lance. E’ tutto pelle e ossa.”
Come prego? Questi sono muscoli! Muscoli magri e scolpiti!”

Pidge sbuffò col naso. “Sì, come no, fagiolino.”

Hunk lanciò a Keith uno sguardo divertito e beffardo per poi indicargli i piatti e il cibo che aveva sistemato sul bancone. “Ti dispiace aiutarmi a portarli di là prima che quei due si uccidano a vicenda?”

Keith inarcò un sopracciglio. “E sarebbe davvero così brutto?”

Hunk si picchiettò il mento, pensieroso. “Per quanto divertente da guardare, non voglio pagare l’affitto da solo.”

Keith fece un verso pensieroso. “Onesto.”

La cena di quella sera consisteva nei nachos più conditi che Keith avesse mai visto. Ne portarono in sala ben due vassoi, sistemandoli sul tavolino da caffè. Ognuno aveva il suo piatto e prendeva ciò che voleva. C’era così tanto cibo che Keith si arrese e usò una forchetta, proprio come Hunk. Lance e Pidge, invece, si avventarono sulla cena a mani nude dandogli dei perdenti per poi scambiarsi un cinque unto.

Nel mentre, guardarono Shrek. Quando Keith chiese il perché, Pidge sussurrò un flebile “Non farlo” prima che Lance si lanciasse in un discorso che sembrava mezzo preparato e mezzo campato per aria. Qualcosa su come fosse una vera fiaba romantica e una saga emozionante di crescita personale, concludendo il tutto con un: “E suvvia, chi non vorrebbe essere stretto da quelle grandi e verdi mani da orco bara?”

A quelle parole, Pidge, Hunk e Keith alzarono la mano in silenzio.

Non fu così male e dopo che Keith finì di mangiare si risistemò sul divano sentendosi fin troppo pieno per muoversi. Anche gli altri sembravano condividere la sua sensazione. Notò che Lance era riuscito a sedersi il più lontano possibile da lui. Cercò di non rimuginarci troppo.

Dopotutto, Lance non si era comportato in maniera più strana del previsto. Ma Keith si sentiva come su delle montagne russe infinite. Un attimo prima Lance stava alla grande e scherzava con lui come se niente fosse e l’attimo dopo non lo guardava neanche negli occhi. Un attimo prima sorrideva e quello dopo il suo sorriso era teso e non si rifletteva nei suoi occhi. Un attimo prima lo prendeva in giro e quello dopo neanche gli parlava. L’attimo prima era tutto bello e normale e quello dopo tutto era imbarazzante. E quando non lo evitava del tutto, lo trattava in un modo che gli ricordava il loro primo incontro e… faceva male. Lance finiva sempre col ridere, come se non si fosse accorto di essersi comportato da rivale, ma Keith lo odiava. Era strano. Era caotico. E Keith ne aveva abbastanza.

Era sicuro che anche Pidge e Hunk sentissero quella tensione perché continuavano a lanciare occhiate penetranti a Lance ogni volta che si comportava da idiota, e a lui sorrisi di scuse.

Sperava con tutto il cuore che non sapessero perché Lance si stava comportando così.

Quando Robin Hood fece la sua comparsa sullo schermo, Lance scattò in piedi e si appropriò dello spazio libero in soggiorno per la sua resa teatrale della canzone. Hunk rimase sul divano, ma cantò le parti dei compagni della foresta per lui, con tanto di battimani e facce buffe. Pidge sedeva di fianco a lui col telefono in mano per riprenderli. Keith non aveva capito come fosse riuscito a prepararsi così in fretta, ma immaginò che stare con quei due tutto il tempo lo avesse preparato a tutto. Non appena Lance e Hunk si accorsero che Pidge li stava riprendendo, si misero a favore di camera. Pidge si premeva la mano libera sulla bocca per soffocare le risate.

Keith non vedeva quel film da anni. In tutti quegli anni, non ci aveva mai pensato. Ma non cambiava il fatto che lui e Shiro lo guardavano quando erano bambini. E perciò sapeva perfettamente come terminava la canzone di Robin.

Lance aveva evitato di guardarlo per circa venti minuti, perfino durante il suo teatrino, ed era concentrato su Pidge e il suo telefono. Quindi non lo notò quando Keith scivolò giù dal divano con un cuscino in mano. Strisciò di fianco al tavolino da caffè e si mise proprio dietro Lance, nel suo punto cieco. Non che dovesse poi essere così cauto. Lance era totalmente preso dalla sua performance e dalle sue interazioni con Hunk per intrattenere Pidge. Pidge, però, lo notò. Keith lo capì dal modo in cui i suoi occhi si posarono appena su di lui, nel modo in cui arricciò le labbra quel poco in più che bastava.

La canzone di Robin si avvicinò alla fine e Lance puntò una forchetta che aveva raccolto dal tavolo contro Pidge, mantenendo l’ultima nota, e proprio quando Fiona interruppe Robin con un calcio, Keith gli schiaffò il cuscino in testa.

Lance cadde con un verso di sorpresa e Pidge scoppiò a ridere, seguito a ruota da Hunk. Keith gli rivolse un ghigno, ma non si rilassò fino a quando Lance non lo guardò, il cuscino stretto tra le mani e il volto a metà tra l’offeso e l’imbronciato. Poi Keith si lasciò andare. Serrò gli occhi e lasciò che la risata che aveva trattenuto spumeggiasse fuori. Si teneva la pancia con un braccio, l’altra mano sul ginocchio per impedirsi di cadere. Aveva le lacrime agli occhi.

Poi sentì una cuscinata in faccia dal nulla. Si strozzò con la sua risata e si rialzò, ma riuscì a malapena a lanciare via il cuscino prima che Lance lo atterrasse. Caddero entrambi, con Lance sopra di lui che cercava di inchiodarlo a terra. Keith lo spinse via dalla testa, dalle spalle, scostandogli le gambe con le sue. Lance era scivoloso e tutto arti e ogni volta che lo spingeva via si piegava per evitarlo. Come un maledetto gatto.

Finalmente riuscì a trattenerlo con una gamba e invertì la loro posizione, ma Lance non rimase a terra per molto. Tutte le volte che pensava di essere in vantaggio, Lance ribaltava la situazione. Fortunatamente, anche lui ne era capace. Sfortunatamente, questo implicava che nessuno dei due poteva vincere e che finirono a rotolare per tutto il pavimento in un grumo caotico di arti, grugniti e insulti smozzicati. Si rese conto, come un pensiero lontano, che se avessero continuato uno dei due si sarebbe fatto male. Perlomeno si sarebbero slogati una spalla o un polso o storto una caviglia. Poteva sentire Pidge e Hunk che parlavano di sottofondo, ma non riusciva a concentrarsi su di loro con Lance così vicino che gli ringhiava insulti e si lamentava nel suo orecchio.

Aver fatto arti marziali per anni e andare sempre in palestra gli faceva pensare che il tutto combinato con il ballo gli permettesse di avere una buona padronanza del suo corpo per usarlo a suo vantaggio. Ma non significavano niente perché aveva sottovalutato fin troppo l’abilità da maledetto scoiattolo di Lance. Quando Lance riuscì a tenerlo a terra per quasi cinque minuti senza che i suoi tentativi sortissero effetto, sbuffò stizzito e smise di opporre resistenza.

Ci vollero altri trenta secondi prima che Lance gli credesse. Poi si sedette sulle cosce di Keith, a cavalcioni sui suoi fianchi. Gli mise le mani sulle spalle per tenersi su e sorrise con la vittoria che gli scintillava negli occhi. “Atterrato.”

Keith sbuffò di nuovo, soffiando i capelli via dagli occhi, e aggrottò la fronte. “Bravo.” Disse, brusco. “Ora puoi levarti di dosso.”

“Non ancora, mi sto godendo la mia vittoria.” Disse, il sorriso che diventava un ghigno. Keith si limitò a guardarlo male.

“Cavoli, sono così contento di aver filmato tutto.” Disse Pidge, e le loro teste scattarono verso di lui per vedere che il suo telefono era ancora puntato su di loro. Keith vide il sorriso di Lance farsi ancora più grande. Il ragazzo si rimise a sedere e gli tolse le mani dalle spalle, mostrando i muscoli.

Keith alzò gli occhi al cielo e piantò i piedi per terra, facendo scattare le anche verso l’alto all’improvviso. Lance cacciò un urlo, perdendo l’equilibrio, ma riuscì comunque a rimanere sul posto. Ricadde in avanti e poggiò le mani di fianco alla testa di Keith per tenersi su, e Keith si rese subito conto di quanto fossero vicini. Vide che anche Lance l’aveva notato; quello spalancò gli occhi appena, le labbra socchiuse e la mascella molle, e una moltitudine di emozioni gli passò sul volto senza che Keith riuscisse a riconoscerne neanche una. Poi, Lance chiuse le labbra con forza, deglutendo, e il suo pomo d’Adamo si sollevò e si abbassò.

Keith si sentiva la bocca secca.

Sbatté le palpebre e Lance si allontanò subito, mettendosi in piedi e facendo qualche passo affrettato all’indietro. “Ah! Già, ad ogni modo ho vinto io! Fai schifo, Keith.” Farfugliò con un tono fin troppo altro perché la sua nonchalance fosse vera. E poi si rifiutava ancora di guardarlo anche se lo stava stuzzicando. “Wow, ragazzi, che sete. Nessuno di voi ha sete? Io vado in cucina, heh. Non serve che fermiate il film.” Nel mentre, aveva continuato a muovere passi all’indietro, ma quando ebbe finito girò i tacchi e schizzò via dalla stanza, lasciando il resto degli amici a fissare il punto dove si trovava con un silenzio stupito.

Un silenzio che diventava sempre più denso e pesante a ogni secondo. Sembrava che Pidge e Hunk fossero indecisi tra il rivolgergli un sorriso di scuse o evitare proprio di guardarlo.

“Iiiio devo riportare questi in cucina.” Disse Hunk, un po’ troppo ad alta voce, allungandosi per prendere i vassoi dei nachos mentre si alzava.

“Faccio io.” Disse Keith, già in piedi, e prese i vassoi ancora prima di capire cosa stava facendo.

“Ma-” Pidge lo interruppe con una gomitata sul fianco e Keith se ne andò prima di potersi soffermare sul fatto che probabilmente entrambi lo sapevano.

Non era sicuro di cosa avrebbe detto. Non che pensasse di parlarne. Ma ne aveva abbastanza, era stanco. Era stanco che Lance fosse così strano. Era stanco che camminasse sulle uova quando era con lui. La sua impulsività lo aveva messo in quel casino e sperava che la sua stessa impulsività lo avrebbe anche aiutato a risolverlo.

Quando arrivò in cucina, Lance era piegato sulla porta del frigo. Keith entrò, appoggiò i vassoi nell’acquaio facendo rumore e si girò in tempo per vedere Lance che sobbalzava e si tirava su in piedi, girando sui talloni per fissarlo con occhi spalancati. “Keith!”

Keith incrociò le braccia al petto e si poggiò al bancone. “Lance.”

Lance si mosse, nervoso, e spostò lo sguardo per tutta la cucina. “Cosa ci fai, uh, qui? Non che tu non possa essere qui! Ovvio che puoi venire in cucina se vuoi.” Parlava veloce e affrettato e afferrò una coca dal frigo prima di richiuderlo. “Mi stavo solo prendendo da bere, quindi ora vado-”

“Lance.” Ripeté Keith, forse un po’ troppo tagliente, e Lance si bloccò con il piede per aria, guardandolo con occhi spalancati. Keith sospirò, guardandolo a sua volta, e cercò di raccogliere il coraggio per dire quello che doveva. Sentiva le labbra muoversi, ora strette ora rilassate, tirate all’ingiù.

Lance si rilassò un poco e raddrizzò la schiena, aggrottando la fronte, le labbra un piccolo broncio. “Keith, che cosa-”

“Ci siamo baciati.” Spiattellò Keith, perché a quanto pareva non riusciva a capire cosa dire, quindi lo disse chiaro e tondo. Lo stava fissando negli occhi, quindi vide Lance irrigidirsi e chiudere la bocca, gli occhi spalancati anche se aveva aggrottato le sopracciglia. Ingobbì le spalle in quel modo che Keith ormai associava al suo essere difensivo. Il panico nei suoi occhi era chiaro, quindi Keith continuò prima che Lance schizzasse fuori dalla stanza. “Ci siamo baciati.” Ripeté con voce molto più bassa e gentile, le parole che si persero nel suo sospiro. Era… bello poterlo dire.

Lance lo guardava con intensità e Keith trovò che le emozioni che gli danzavano negli occhi erano troppe e troppo travolgenti, quindi spostò lo sguardo sul pavimento. Strinse le dita sul braccio, contraendo la mascella di riflesso.

“Uh… sì, è successo.” Disse lui, finalmente, con voce altrettanto bassa. Quando Keith rialzò lo sguardo, Lance guardava di lato massaggiandosi la nuca. “L’abbiamo fatto…”

“Mi odi?”

“Cosa?” Lance riportò subito lo sguardo su di lui, gli occhi spalancati e la bocca aperta.

Keith sostenne il suo sguardo, rifiutandosi di distoglierlo. “Mi odi?”

“Cos- no! Perché dovrei-”

“Allora perché sei così strano?”

Lance aveva la bocca aperta. “Cos- io? Sei tu quello strano!”

Keith aggrottò le sopracciglia. “Hai iniziato tu.”

“Hai iniziato tu!”

Keith sospirò e sollevò una mano per stringersi il ponte del naso, chiudendo gli occhi. “Senti, Lance…” Abbandonò la mano lungo il fianco e lo guardò da dietro le ciocche dei suoi capelli. Lance lo osservava cauto, il fuoco che divampava fino a poco prima ormai spento. Si mordeva il labbro e non avrebbe dovuto sembrargli un gesto così accattivante, eppure lo era. Sentì l’irritazione abbandonare il suo corpo. “Possiamo solo… tornare come prima e basta?”

Guardò il pomo d’Adamo di Lance andare su e giù. Il ragazzo si umettò le labbra prima di fargli eco con un: “Come prima?”

“Sì, alla normalità. A come eravamo prima…” Gesticolò con la mano. “È successo. Ci siamo baciati in discoteca. Non è niente di che. Non voglio-” Si interruppe e distolse lo sguardo, sbuffando, e spostò il peso a disagio. “Non voglio che abbia rovinato la nostra amicizia. Voglio che torniamo… alla normalità.”
Lance rimase in silenzio per un po’, e man mano che quel silenzio si protraeva, Keith sentiva la tensione salire e irrigidirgli le spalle e fargli tenere le braccia incrociate strette al petto. Poi, Lance parlò, e lo fece in modo così normale e calmo che la tensione che sentiva si dissolse all’istante. “Certo, si può fare.” Keith sollevò lo sguardo, il respiro bloccato in gola alla vista del sorriso di Lance, così piccolo e arrogante e genuino e così tanto da lui. Era ciò che gli era mancato. Era quello che non si era accorto di aver avuto bisogno di vedere. Il suo sguardo era dolce e pieno di emozioni a cui non voleva trovare un nome e così concentrato su di lui che Keith dovette trattenersi dall’agitarsi di nuovo. “Beh, io posso farcela. Pensi di esserne all’altezza, mullet?”

Sentì le labbra arricciarsi in un piccolo sorrisino. “Ma come? Niente soprannomi articolati stavolta?”

Lance scrollò le spalle e incrociò le braccia al petto, facendo sporgere l’anca di lato. “Potrei come no aver bisogno di fare ricerche più approfondite.”

Keith sbuffò col naso e scese dal bancone, dirigendosi verso l’uscita della cucina. Riuscì a fare solo qualche passo prima di sentire una mano sul suo braccio che lo fermò con uno strattone. Si girò appena e spostò lo sguardo dalla mano al volto di Lance, inarcando un sopracciglio con fare interrogativo. Lance lo stava studiando, mordicchiandosi di nuovo il labbro inferiore. Ma c’era una scintilla di determinazione nei suoi occhi che Keith conosceva fin troppo bene. Lo fece rabbrividire. “Senti, uh…” Fece per portarsi la mano libera alla nuca, ma si bloccò quando si accorse di avere in mano la lattina. La fissò per un momento, come se si fosse dimenticato della sua esistenza, e poi scosse la testa e riportò lo sguardo su di lui. Quando si guardarono negli occhi, era come se Keith non potesse più distogliere lo sguardo. “Volevo solo chiederti… te ne sei pentito?” La sua voce era quasi un sussurro e così piena di preoccupazione e paura che Keith esitò prima di rispondere.

“No.” Disse, con voce sorprendentemente sicura. Qualcosa in Lance cambiò. Un cambiamento minimo, difficile da individuare, ma il suo sguardo da cucciolo bastonato evaporò come se non ci fosse mai stato. Lasciando al suo posto un Lance del tutto a suo agio e… felice.

“Bene.” Disse, esalando, come se avesse trattenuto il respiro. Le labbra gli si incurvarono in un sorriso. “Nemmeno io.”

Keith sentì il cuore incepparsi nel petto. Non si era reso conto di quanto avesse desiderato sentire quelle parole, di quanto avesse avuto bisogno di sentirle, di quanto era preoccupato del contrario… Sentiva lo stomaco contratto e al tempo stesso il suo petto era più leggero, ed era una sensazione così contraddittoria che lo mise fuori combattimento.

Sentì le sue labbra arricciarsi in un sorriso senza il suo permesso. Un sorriso sincero.

“Sai, siamo solo bros being bros.” Disse Lance con un sorriso sempre più grande, la voce tranquilla e canzonatoria. “Ragazzi che baciano ragazzi.”

Il sorriso svanì dalle labbra di Keith e lui gemette, alzando gli occhi al cielo. “Non rovinare tutto.”

Si liberò dalla presa di Lance tirando via il braccio, e quello lo lasciò andare senza opporre resistenza. “Va bene, ma Keith amico, sul serio, devo saperlo…” Gli disse, e assunse un cipiglio serio, inchiodando Keith sul posto con lo sguardo. Ci sarebbe anche riuscito a sembrare serio se le sue labbra non tremolassero verso l’alto. “Sono bravo a baciare?”

Keith emise un verso frustrato, alzò gli occhi al cielo e diede uno spintone alla spalla di Lance, facendolo incespicare indietro di qualche passo. “Ti ho detto di non rovinare tutto.”

Lance continuò a ridere mentre Keith usciva dalla cucina, seguendolo. “Keith! Devo saperlo! È per la scienza!”

“Cinque su sette.” Disse Keith da dietro la spalla, e quando portò lo sguardo dietro di lui fu soddisfatto di vedere che Lance si era fermato a bocca aperta.

“Keith, hai appena usato un meme?”

Keith inarcò un sopracciglio, l’angolo della bocca che si curvava in un piccolo sorrisino. Inclinò la testa di lato. “Non ti crederà mai nessuno.”

Lance trasalì, la mano al petto. “Sei peggio di Pidge!”

***

“Pidge, ti vibra il telefono.” Disse Hunk, lanciando un pezzo di popcorn, che volò sopra il tavolino da caffè e atterrò con precisione nella bocca aperta di Lance.

“Settantadue.” Disse Lance.

“Lo so, ma sto cercando di concentrarmi.” Disse Pidge, lanciando un popcorn a Keith. Il ragazzo dovette girare subito la testa per prenderlo, ma lo mancò. Gli rimbalzò sul naso e cadde sul pavimento. Keith lo guardò storto e lo raccolse, mangiandolo contrariato.

Lance ridacchiò, mordendosi il labbro inferiore per soffocare il suono. Keith si girò verso di lui e lo fulminò.

“Non mi sembra che stia funzionando.” Disse Hunk pensieroso, mangiando un popcorn a sua volta.

“Già, a quanto sei tu, Keith?” Gli domandò Lance, il ghigno così ampio che gli si erano assottigliati gli occhi.

Keith dovette distogliere lo sguardo, sentendo il calore salirgli lungo il collo. “Cinquantasette.” Borbottò.

“Fate schifo.”

“E perché tu sei così bravo?” Gli domandò Keith, incrociando le braccia al petto.

Lance si mise le mani dietro la testa, incrociando le caviglie e posando le gambe sul tavolino da caffè, vicino a quelle di Keith. Fece spallucce. “Talento naturale.” Keith sbuffò, indignato, e Lance ridacchiò. “Non essere geloso del duo dinamico. Schiaffa qua, Hunk!” Lance sollevò un piede. Hunk si sporse in avanti affossandosi sul divano e sollevò un piede, premendolo contro quello di Lance.

“È colpa di Keith.” Borbottò Pidge, e afferrò il telefono mangiando nel mentre un paio di popcorn dalla ciotola che teneva sulle cosce. Shrek 3 era appena iniziato in tv, ma nessuno di loro lo stava guardando. Keith non era neanche sicuro di come erano finiti in quella situazione, ma era sicuro che avesse a che fare con la competitività di Lance e la propria incapacità di rifiutare una sfida. Ricordava solo che si erano stesi l’uno di fianco all’altro sul pavimento e Pidge e Hunk avevano preso a lanciargli popcorn dall’altro lato della stanza.

Non si poteva lamentare più di tanto, però. Dopo la loro breve chiacchierata in cucina, sembrava che le cose tra loro fossero migliorate. La tensione imbarazzata si era dissipata del tutto, come se non ci fosse mai stata. Al suo posto, c’era un nuovo tipo di tensione. Molto più sotterranea. Una che si palesava nelle occhiate fugaci, nei piccoli sorrisi, nello stuzzicarsi giocoso. Era… non capiva cos’era, ma non era male, quindi se la faceva andare bene. Erano rimasti seduti vicini sul divano per tutto il secondo film, calciandosi per scherzo fino a quando Pidge non si era stancato e si era seduto sulle loro gambe. Quindi, avevano iniziato a punzecchiare Pidge.

“Chi è?” Chiese Hunk con curiosità, sporgendosi per sbirciare da sopra Pidge, gli occhi sul telefono dell’amico.

“Già, chi sta mandando in tilt il tuo numero, piccioncino?” Gli domandò Lance dal pavimento.

Pidge si limitò a emettere un breve verso divertito. “È solo Matt. Si sta lamentando perché Shiro lo sta facendo di nuovo.”

Hunk sollevò le sopracciglia. “Cosa starebbe facendo?”

Keith sbuffò col naso. “Sta di nuovo progettando il suo primo appuntamento con Allura, vero?”

“Eee già.”

“Aww, è così carino.” Chiocciò Hunk.

“Lo sarebbe se avesse il coraggio di chiederglielo.” Rispose Keith, impassibile.

“Invece di raccontare tutto a Matt, che poi ne parla a me, che poi lo dico a Keith.” Continuò Pidge. “E ora anche a voi, a quanto pare.”

“Credo che ne abbia progettati già dodici, a questo punto.”

“Woah, woah.” Lance si tirò su sui gomiti, guardandoli. “Shiro progetta i suoi primi appuntamenti con Allura?” Un sorriso si stava allargando lento sulle sue labbra.

Keith scrollò una spalla. “Sempre che si possa definire così.”

“Diciamo che ipoteticamente progetta appuntamenti e ne parla con Matt, ma sappiamo tutti che lo fa pensando ad Allura.” Aggiunse Pidge. “Si emoziona così tanto da non accorgersi neanche che Matt si mette le cuffie per distrarsi.”
Lance ritrasse i piedi dal tavolino, tirandosi su a sedere a gambe incrociate. “Oh, ragazzi, è fantastico.” Rise, ghignando. “Allura fa la stessa cazzo di cosa.”

Lo fissarono tutti, ma fu Hunk a parlare. “Come lo sai?”

Lance fece spallucce, il sorriso ora malizioso. “A volte me ne parla. E quando non lo fa, racconta tutto a Coran, che fa con me la stessa cosa che Matt fa con Pidge.”

“Bro.” Hunk sembrava quasi ferito. “Non me l’hai mai detto.”

Lance gli rivolse uno sguardo di scusa. “Scusa, amico, ma era una confidenza. È il codice dei bro.”

Keith fece una risata nasale. “Che non ti ha fermato dal raccontarlo a noi.”

Lance lo guardò mezzo storto, mise su un mezzo broncio e lo spintonò. Keith si limitò a ridacchiare sottovoce e si scambiarono un piccolo sorriso.

“Comunque!” Disse Lance, battendo le mani. “Il punto è che quei due sono senza speranza e lo sono da anni. Progettano entrambi appuntamenti e si rifiutano di invitare l’altro a uscire!”

Hunk si grattò il mento, pensieroso. “Non so se sia una cosa carina e tenera o solo triste.”

“È decisamente triste.” Suggerì Pidge.

“Condivido.” Aggiunse Keith.

“Ho un’idea!” Annunciò Lance, e tutti si girarono a guardarlo. Sorrideva e si prese un momento per guardarli negli occhi uno a uno. Era come se stesse cercando di aumentare la suspense, ma Keith aveva già un’idea di dove volesse andare a parare. “Saremo noi a incastrarli per un primo appuntamento!”

Eh già, se lo aspettava.

Rimasero tutti in silenzio per un momento, poi Hunk parlò. “Uh… e come?”

Lance aveva la risposta già pronta. “Faremo in modo che Matt e Coran li portino nello stesso posto alla stessa ora, dove avremo organizzato il più bello, memorabile e stupendo primo appuntamento del mondo.”

“Lance-” Esordì Keith, ma Pidge lo interruppe.

“No, aspetta. Potrebbe funzionare…” Tutti lo fissarono. Perfino Lance sembrava sorpreso.

“Davvero?” Chiese, poi scosse la testa e incrociò le braccia al petto. “Voglio dire, pffff, già, certo che funzionerà! Sono un genio.”

“Sì, ma certo,” continuò Pidge, picchiettandosi il mento col telefono, “pensateci. Siamo stanchi di vedere come si ballano intorno in punta di piedi – battuta voluta.” Aggiunse, dando il cinque a Hunk. “Praticamente stanno già insieme, ma entrambi si rifiutano di fare la prima mossa. Quindi perché non dargli la spintarella di cui hanno bisogno?”
Hunk emise un verso pensieroso. “Potrebbe essere divertente.”
Keith sospirò e tolse i piedi dal tavolino per tirarsi su a sedere. Sapeva che, arrivati a quel punto, sarebbe stato comunque tirato in mezzo quindi tanto valeva unirsi a loro. Dopotutto, anche lui era stanco di vedere suo fratello che si struggeva inutilmente per una ragazza che era palesemente persa di lui. Era imbarazzante e basta. Si passò le dita tra i capelli. “Va bene, ma che tipo di appuntamento gli organizziamo?”
Lance gli batté una mano sulla spalla. “Lascia fare a me. Sono bravissimo coi piani.”

Una parte di lui voleva ribattere a quell’affermazione, la parte di lui che voleva continuamente sfidare e punzecchiare Lance. Ma sembrava così genuinamente emozionato, gli occhi luminosi, che Keith si limitò a fare spallucce. “Okay.”

Il suo sorriso si affievolì appena. “Cos- non hai altro da dire?”

Keith fece di nuovo spallucce, le labbra curvate in un piccolo sorriso. “Già. Non ho altre idee, quindi…”

Si scambiarono un sorriso piccolo e genuino.

“Deve essere una roba assurda.” Si intromise Pidge. “E niente dice ‘assurdo’ quanto Lance. Ci sto.”

Lance scollò gli occhi da Keith per guardare storto Pidge. “Lo prenderò come un complimento.”

“In questo caso, lo era.”

“Ci sto anch’io.” Disse Hunk. “Sarà fantastico.”

Guardarono Keith. “Ci sto.”

“Sì!” Urlò Lance, alzando un pugno al cielo. “L’operazione Trappola Genitori inizia!”

Hunk rise. “Oooh! Ottimo nome, amico!”

Lance si strofinò le unghie sulla maglia, sorridendo con strafottenza. “Grazie, amico.” Si mise in piedi, stiracchiando le braccia sopra il capo fino a quando non gli scrocchiò la schiena. “Non preoccupatevi, non vi deluderò. Organizzerò il più sdolcinato primo appuntamento di sempre.”

“Ho fiducia nelle tue capacità di renderlo rivoltante.” Disse Pidge.

Lance si era già incamminato lungo il corridoio verso il bagno, ma si voltò camminando all’indietro e gli fece il gesto della pistola con entrambe le mani.

“Mentre non c’è, pensi che potremmo recuperare punti?” Gli chiese Pidge non appena sentirono la porta del bagno chiudersi.

Keith sollevò lo sguardo e lo vide pronto con un pezzo di popcorn tra le dita, pronto al lancio. Scrollò le spalle e si inclinò all’indietro sorreggendosi con le mani, aprendo la bocca.

“Sono abbastanza sicuro che sia barare.” Disse Hunk.

Pidge lanciò lo stesso e Keith riuscì a prenderlo. “Lance farebbe la stessa cosa.” Disse.

Hunk si fece pensieroso, poi annuì. “Hai ragione.” Si poggiò al divano. “Continua pure.”

Riuscirono a segnare altri due tiri prima di sentire un grido raccapricciante dall’altra parte dell’appartamento. Sobbalzarono tutti e Keith girò di scatto la testa giusto in tempo per vedere la porta del bagno aprirsi con foga e Lance che si catapultava fuori.

Hunk!” Urlò, scappando così velocemente che quasi inciampò e finì col correre a quattro zampe per un secondo prima di rimettersi in piedi. Aveva gli occhi spalancati da quello che Keith avrebbe potuto descrivere solo come puro panico.

“Lance, ma che-”

“HunK!” Raggiunse il divano e si arrampicò sul bracciolo, lanciandosi oltre i cuscini. “Hunk! Bagno! Ragno! Juan! HUNK, PRENDI JUAN.”

Keith osservò con muto stupore Hunk che sospirava e si alzava in piedi, attraversando il soggiorno con tutta la calma del mondo. Sparì alla vista quando si avviò verso l’ingresso, e Keith si girò verso gli altri due. Sembrava che Lance stesse cercando di arrampicarsi su Pidge e arrotolarsi attorno a lui al tempo stesso. Pidge tentava di levarselo di dosso.

“Lance- scendi-!”

Hunk ritornò e si fermò in soggiorno. Keith lo guardò con entrambe le sopracciglia alzate. “Juan?”

Hunk annuì con solennità e sollevo la scarpa. “Juan.”

E poi si incamminò lungo il corridoio verso il bagno.

“Attento, Hunk! È enorme!”

“Lance, dov’è?” Chiese Hunk dal bagno.

“Sul muro tra il water e la doccia! Proprio ad altezza faccia! Mi è quasi saltato in faccia, Hunk!”

“Awww, Lance, non è così grande.”

Uccidilo, Hunk. Ammazzalo con Juan.”

Si sentì un sospiro seguito da un thump attutito. Hunk ritornò e si fermò appena entrato in soggiorno, sorridendo e tenendo alta la scarpa. “Preso.”

“Hunk! Juan! Mio eroe!” Lance spiccò un salto da dove stava stritolando Pidge, sorvolò il divano e atterrò in direzione di Hunk. Hunk doveva esserci abituato perché lo afferrò senza esitare.

Keith guardò Pidge, che si stava togliendo i capelli dalla faccia. “Cos’è successo?”

Pidge sbuffò, scoccando una vaga occhiataccia a Lance. “Ha una paura folle dei ragni e chiede sempre a Hunk di ucciderli. Ha soprannominato la scarpa sinistra di Hunk Juan Scarpa, Il Salvatore. ogni volta che vede un insetto in giro per l’appartamento chiede di Juan.”

Keith inarcò un sopracciglio. “Sempre e solo la scarpa sinistra?”

Pidge annuì. “Sempre e solo la sinistra.”

Keith riportò lo sguardo su Hunk che, divertito, teneva in braccio Lance che intesseva le lodi sue e di Juan. Senza averci neanche pensato, Keith sentì il volto rilassarsi, le labbra incurvarsi agli angoli per il divertimento e una sensazione calda e strana farsi strada nel petto. Era tutto così drammatico e ridicolo, ma anche divertente e tenero e così incredibilmente Lance.

Quando Lance lo sorprese a guardarli, si liberò dalla presa di Hunk, afferrò la scarpa e strisciò fino a lui per presentargliela. Per tutta la durata del suo discorso esagerato sull’incredibile Juan, Keith non riuscì a staccare gli occhi dal suo volto, così animato ed espressivo. Ogni volta che Keith rideva, l’entusiasmo di Lance si ravvivava. Keith si accorse che gli dolevano le guance da quanto sorrideva. Era una sensazione strana.

Che carino. Quel pensiero affiorò spontaneo e gli riecheggiò leggero nel petto, seguito a ruota da un peso sullo stomaco e un Oh no… di vago terrore.

***

Alle sette di venerdì sera, Lance e Keith erano fuori dall’entrata secondaria della scuola di ballo. Matt parcheggiò con Shiro in macchina. Dopodiché, fece scendere il suo compagno di stanza bendato dall’auto e lo guidò attraverso il parcheggio.

“Consegna speciale!” Annunciò, la mano sul braccio di Shiro.

Shiro aggrottò la fronte. “Matt, che stai-”

“Grazie, Matt.”

“Lance?” Le sopracciglia di Shiro schizzarono verso l’alto e la sua espressione si fece più confusa. Lance notò che si era irrigidito e che i suoi passi erano più insicuri, ma Matt lo spingeva in avanti. “Che succede?”

“Ti ho detto che non ti devi preoccupare.” Disse Matt.

“Ed è proprio per questo che mi preoccupo.”

“Sta’ zitto e fidati di noi e basta.” Disse Keith, che sembrava già esasperato.

“Keith?” Si fermarono di fronte ai due e Shiro girò la testa come se stesse cercando di guardarli entrambi. Aggrottò le sopracciglia. “Ora sì che sono davvero preoccupato.”

“Ha ha.” Disse Keith, impassibile. “Grazie, Matt. Da qui in poi lascia fare a noi.”

“Nessun problema.” Disse Matt, e lasciò andare il braccio di Shiro, facendosi da parte. Ficcò le mani in tasca e si dondolò sui talloni, sfoggiando un sorrisino sghembo tale e quale a quello di Pidge. “Lo rivoglio a casa per le dieci.”

“Non ti garantiamo niente.” Disse Lance facendo l’occhiolino.

Sia Keith che Shiro gemettero esasperati, e si beccarono una risata da Lance e Matt, che fece un paio di passi all’indietro e li salutò: “A dopo, ragazzi. Buona fortuna! Dite a Pidge di mandarmi il video!”

“Sarà fatto!” Urlò Lance.

“C’è anche Pidge? Video di cosa?”

Keith sospirò e lo afferrò per il braccio, trascinandolo verso la porta. “Non preoccuparti.”

“Posso togliermi la benda adesso?”

“Proprio no.” Disse Keith, rendendo il suono della ‘p’ simile a uno scoppio. Quando attraversò la porta, lanciò un’occhiata a Lance da dietro la spalla e vide che gli faceva i pollici alzati con un sorriso. Ricambiò con un sorriso più piccolo, ma decisamente più tenero di quanto poteva permettersi. O di quanto Lance potesse incassare.

Lance si girò e fece vagare lo sguardo per il parcheggio. Coran arrivò poco dopo. Parcheggiò proprio di fronte alla porta e non si curò neanche di spegnere la macchina, ma aprì la portella e ciondolò fino all’altro lato.

“Ehi, Coran.” Lo salutò Lance.

L’uomo più grande sorrise, squadrandolo da capo a piedi. “Lance, ragazzo mio! Hai un aspetto magnifico.”

Lance ghignò e si resse il mento tra il pollice e l’indice. “Come sempre.”

Coran aprì la portella del passeggero e offrì la mano ad Allura quando questa scese dall’auto. “Coran, dove siamo? Ho forse sentito-”

“Buonasera, principessa.”

“Lance?”

“Il solo e unico.”

Lei aggrottò le sopracciglia. “Che sta succedendo?”

“Ti fidi di me?” Le chiese Coran.

L’espressione di Allura si addolcì. “Certo che sì.”

“Allora fidati quando ti dico,” la guidò verso Lance e posò la sua mano su quella di lui, “che avranno cura di te.”

Lei fece una smorfia, ma si rassegnò con riluttanza. “D’accordo…”

“Buona fortuna!” Disse Coran, raggiungendo la portella del guidatore. “Dirai a Pidge di inviarmi il video, nevvero?”

“Certo! Grazie, Coran.”

“Video?”

“Non preoccuparti, principessa.” Disse suadente, e la guidò mano nella mano attraverso la porta. Che si richiuse con un click ovattato alle loro spalle.

“Vorrei che la smettessi di chiamarmi così.”

“Impossibile. Stasera sei una principessa.”

“Lance, che significa tutto questo?” Chiese lei, guardinga, trascinando i piedi e dando leggeri strattoni alla mano di Lance per l’apprensione.

“Lo vedrai.” Canticchiò lui, facendola salire in ascensore e premendo il bottone del secondo piano. Quando le porte si aprirono con un ding, la guidò lungo il corridoio.

“Siamo… nella scuola di ballo?”

Lui si fermò col piede a mezzaria, occhieggiandola con curiosità. “Da cosa l’hai capito?”

Un piccolo sorriso le increspò le labbra. “Mi sembrava che fosse questa la direzione verso cui guidava Coran, e poi per entrare nel parcheggio posteriore abbiamo preso quella buca che abbiamo in mente di riempire da tempo. Per non parlare del fatto che conosco la piantina di questo posto da quando ero una bambina. Ha anche lo stesso profumo.”

Lance rise e riprese a camminare guidandola. “Che incredibile ragionamento da detective. E riesci anche a indovinare perché sei qui?”

“Non ne ho la più pallida idea.” Disse lei, ammettendo il suo sconcerto.

Lui ghignò. Bene. Non vedeva l’ora della sorpresa.

Quando arrivò alla stanza 2A, aprì la porta e la fece entrare. Keith e Shiro erano già lì, Keith con la mano sul braccio di Shiro e Shiro a uno degli estremi di un tavolino, vicino a una delle due sedie.

Al rumore della porta, Shiro irrigidì la testa. “Chi è?”

“Shiro?”

“Allura?”

“Lance, che sta succedendo?”

Non le rispose e la fece accomodare all’altro lato del tavolo, di fronte a Shiro. Si scambiò uno sguardo con Keith ed entrambi tolsero loro la benda. Fecero un passo indietro, rimanendo fianco a fianco, e aspettarono che i due si guardassero intorno.

Non venne affatto deluso. La prima cosa che videro fu l’altro, gli sguardi che si incrociarono per un lungo momento prima di osservare cosa stessero indossando. Coran e Matt gli avevano detto di vestirsi bene, ma non gli avevano detto dove li stavano portando. Mentre si squadravano a vicenda, il loro sguardo cadde sul tavolo che li separava: semplice e rotondo, per due persone, apparecchiato con una tovaglia rosso scuro. C’era un doppio set di piatti e l’argenteria e un piccolo vaso al centro con una singola rosa. Vicino a questo, c’era un secchiello di ghiaccio con una bottiglia di vino. Dopodiché, lasciarono vagare lo sguardo per la stanza.

La stanza in sé era il capolavoro di Lance. Era la loro solita sala da allenamento, ma ci aveva messo del buon vecchio olio di gomito per abbellirla. I muri erano tappezzati di stoffe sontuose in toni scuri diversi, appese tutt’intorno per schermare finestre e muri. I lati della stanza erano pieni di candele, alcune a gruppi altre sparse, tutte accese per illuminare soffusamente i bordi. Diversi vasi di rose erano accerchiati a loro volta da candele e c’erano petali di rosa sparsi ovunque. L’atmosfera era riassunta alla perfezione dall’illuminazione, con Pidge che aveva sostituito alcune lampadine con versioni colorate e depotenziate, posizionate in modo che la stanza fosse immersa in rosa e viola.

E il pezzo forte era lo specchio a muro, che rifletteva la scena per loro. Si era impegnato duramente per creare un’atmosfera romantica, confortevole e intima nel posto in cui avevano passato più tempo insieme. E sì, era costato loro una fortuna recuperare tutto quel materiale, ma Coran aveva coperto metà delle spese da solo e poi si erano divisi il resto. Ne era valsa la pena per Shiro e Allura.

Lance li guardò, incapace di nascondere il suo sorriso. Erano entrambi in uno stato di perfetta sorpresa e incanto. Le luci, un misto di luci colorate dal soffitto e candele soffuse dal basso, si riflettevano nei loro occhi. Allura sembrava brillare, ma mai quanto Shiro quando la guardò. Lance notò il momento in cui finirono di guardarsi intorno e capirono il motivo per cui erano lì. Notò come i loro occhi si spalancarono appena, il modo in cui Shiro strinse le labbra nella sua classica espressione di ‘Sto cercando di nascondere il rossore’, il modo in cui la mascella di Allura si rilassò e lei sussultò e si portò le mani al petto, il modo in cui i loro volti sembrarono farsi più scuri nonostante la luce già soffusa.

Si fissarono, e lentamente, così piano che a Lance ci volle un momento per capirlo, sorrisero. I loro volti si addolcirono e il loro corpo si rilassò per la prima volta da quando erano arrivati. Quell’attimo si fece così stranamente privato e intensamente intimo che Lance si accorse di dover distogliere lo sguardo.

Fece l’errore di guardare Keith.

Erano entrambi vestiti di tutto punto. Per l’occasione, Coran li aveva accompagnati a comprare degli abiti coordinati: pantaloni neri aderenti, scarpe abbinate e giacche nere con una camicia colorata. Quella di Lance era blu scuro e quella di Keith rosso scuro. Tenevano entrambi le maniche della camicia arrotolate al gomito, lasciando intravedere i begli avambracci di Keith. Su richiesta pressante di Lance, si erano entrambi pettinati i capelli all’indietro. Voleva semplicemente portare fino in fondo il tema elegante che avevano scelto. Sapeva che Keith sarebbe stato bene, ma non si era aspettato che il suo cuore partisse per la tangente quando Keith era uscito dal bagno con i capelli pettinati che lasciavano libero il volto. Né che fosse così tenero quando aveva spostato il peso da un piede all’altro e l’aveva guardato da dietro le ciglia chiedendogli con un basso borbottio se stava bene.

A guardarlo adesso, Lance vide una falla nel suo piano.

Sapeva di essere bello. Lo sentiva. Lo vedeva nello specchio. Quel look gli stava da dio. Se l’aspettava. Ciò che non si era aspettato era quanto sarebbe stato bene a Keith. Se lui si sentiva bello, Keith era fenomenale.

A guardarlo adesso, con la luce che accentuava il pallore della sua pelle, con i vestiti che gli cadevano perfetti nei posti giusti, con quel sorriso rilassato e divertito sulle labbra mentre guardava suo fratello, con la sua postura rilassata e le braccia conserte… Gli mancava il fiato.

E poi Keith si voltò a guardarlo, e Lance venne catturato da quegli occhi scuri. Sentì che il suo sorriso entusiasta era ancora al suo posto e quello di Keith si allargò appena in risposta.

Poi gli fece un fottuto occhiolino e Lance sentì il cuore incepparsi nel petto.

Non ebbe il tempo di pensarci, però, perché Shiro e Allura si erano girati verso di loro, accorgendosi di come erano vestiti.

“Uh, ragazzi?” Disse Shiro, richiamando la loro attenzione. “Che sta succedendo?” Chiese, ma le sue parole erano calcolate e caute.

Schiarendosi la voce, Lance si esibì in un elegante e raffinato inchino. “Benvenuti a La Cucina di Altea. Keith e io saremo i vostri camerieri per questa sera. Hunk ha già preparato una cena deliziosa per voi, che serviremo a breve.” Si raddrizzò e si portò con grazia dietro ad Allura, scostando la sedia per lei. “Vi invitiamo a sedervi, e vi auguriamo di godervi la serata.”

Allura lo fissò interdetta, poi guardò la sedia e infine Shiro. Lui fece spallucce e lei si sedette. Con una mano sullo schienale della sedia, Lance guardò Keith. Non si era mosso. Lance si portò un pugno alla bocca e si schiarì forte la voce. Keith inarcò un sopracciglio e Lance gli indicò intensamente la sedia di Shiro con lo sguardo. Keith seguì il suo sguardo, poi sospirò pesantemente, abbassando le spalle in segno di sconfitta, e si avviò per scostare la sedia a suo fratello.

Una volta che entrambi furono seduti, Keith si adoperò per stappare la bottiglia di vino. Poi la passò a Lance, che li servì entrambi.

“Quindi, uh…” Shiro si massaggiò la nuca. “Cosa si festeggia?”

Allura farfugliò un grazie a Lance e prese il suo bicchiere, portandolo alle labbra per sorseggiare del vino.

“Il vostro primo appuntamento.” Disse Keith diretto, e arricciò le labbra in un sorrisino quando Allura si strozzò col vino e Shiro lo guardò a bocca aperta, la cicatrice in contrasto col suo rossore.

“Vi lasciamo soli.” Disse Lance, afferrando Keith per il polso e trascinandolo via dal tavolo. “Torneremo a breve con gli antipasti!” Disse da dietro la spalla per poi chiudere la porta. Erano a metà delle scale quando Lance si accorse che stava ancora tenendo Keith per il braccio, e lo lasciò andare. Camuffò il suo imbarazzo sfidandolo a chi arrivava giù per primo.

L’appuntamento procedette a meraviglia. Hunk aveva preparato la cena in appartamento e l’aveva portata quando erano arrivati Shiro e Allura. Si era insediato nella minuscola cucina della sala ristoro e aveva allestito i piatti meglio che poteva. Pidge, da buon piccolo gremlin tecnologico che era, aveva installato con discrezione una telecamera nella sala per controllare l’appuntamento e aveva anche collegato l’impianto audio al suo portatile. Non appena Keith e Lance furono usciti, fece partire della musica dolce per creare atmosfera.

Servirono loro gli antipasti, seguiti dalla portata principale e, infine, dal dessert. Li tenevano d’occhio grazie alla telecamera per vedere se avevano bisogno di qualcosa, ma per il resto li lasciarono soli. La tensione e l’imbarazzo si dissolsero poco dopo l’antipasto e non ci volle molto perché entrambi si sporgessero sul tavolo, sorridenti, presi dalla conversazione.

Come scoprirono, ebbero molto più tempo libero di quanto si aspettavano. Con il cibo già pronto, passarono la gran parte del tempo ad aspettare che Shiro e Allura avessero finito per passare alla portata successiva. Dopo aver frugato qui e là, Hunk riemerse con un mazzo di carte e i quattro si misero intorno al tavolo della sala ristoro a giocare a Tic. Si fermavano quando Pidge decideva che era tempo di servire la portata successiva, cosicché Keith e Lance si precipitassero su per le scale.

Quando i due ebbero finito il dessert da un po’, abbastanza perché entrambi si facessero nervosi, Lance annunciò che era arrivato il momento della fase due dell’appuntamento. Lui e Keith si diressero al piano di sopra ed entrarono nella sala. Fecero alzare Shiro e Allura con un gesto plateale, ognuno portando una sedia sotto il braccio e usando quello libero per spostare il tavolo tenendolo tra loro, dirigendosi verso la porta. Furono così veloci che Shiro e Allura rimasero lì impalati a fissarli mentre si allontanavano.

Riuscirono ad articolare domande smozzicate, ma Lance si limitò a rivolgere loro un sorriso abbagliante per poi chiudere la porta. Lui e Keith lasciarono tavolo e sedie fuori dalla sala e schizzarono giù verso la sala ristoro.

“Ce lo siamo perso?” Chiese Lance, irrompendo nella stanza.

“No no, è appena iniziato.” Disse Pidge, seduto a gambe incrociate sul tavolo, sistemandosi il portatile sulle cosce.

Lance si affrettò ad entrare, seguito a ruota da Keith. Hunk era seduto sul tavolo dietro a Pidge, sporto per guardare il video. Lance piazzò le chiappe vicino a Pidge, un piede a penzoloni e l’altro su una delle sedie, sporgendosi anche lui. Keith incrociò le braccia al petto, poggiato al tavolo all’altro fianco di Pidge per guardare lo schermo.

Si vedevano Shiro e Allura in piedi e a disagio nel bel mezzo della sala da ballo vuota, circondati dall’atmosfera soffusa che Lance aveva curato fin nel minimo dettaglio. Shiro si massaggiò la nuca e Allura si strofinò lentamente un braccio. Ma stavano vicini e sorridevano entrambi. Poi, Pidge interruppe la musica e fece partire la canzone che aveva scelto Keith.

Gli aveva assicurato che quella era stata la prima canzone che quei due avevano coreografato e ballato insieme.

Lance guardò con emozione crescente i due che riconoscevano la canzone, i loro sguardi che cercavano l’altro con timidezza, le espressioni di sorpresa trasformarsi in sorrisi. Poi, Allura gli offrì la mano e Shiro la prese.

Guardarli ballare mozzava sempre il fiato, ma quella era tutta un’altra cosa. Lì, non stavano ballando per un pubblico. Ballavano per loro. Ricordavano a memoria passi e movenze, con un che di languido e rilassato che sapeva di sicurezza spontanea. Non ballavano mirando alla perfezione. Ballavano per stare insieme. E si vedeva. Il tutto, combinato con l’atmosfera nella sala, fece sentire Lance colmo di emozioni. Principalmente, gioia per i suoi amici.

Nessuno di loro parlò, guardandoli con attenzione rapita. Lance era sicuro che anche gli altri stessero trattenendo il fiato. Li osservò di sottecchi. Sembrava che Hunk fosse sul punto di piangere. Pidge aveva un’espressione dolce e adorabile. E Keith… Keith sorrideva di un sorriso piccolo e genuino e i suoi occhi erano così scuri e lui sembrava così tanto felice – Lance riportò lo sguardo sullo schermo, ignorando il cuore che aveva preso a battere all’impazzata.

La parte di Shiro nel ballo era abbastanza semplice. Principalmente, guidava e sosteneva Allura, mentre lei eseguiva quelle mosse meravigliose e complesse. Ma dietro c’era una storia. In quanto loro prima coreografia, l’avevano inventata con l’intento di far avvicinare Shiro al ballo, di capire come muoversi con il suo braccio prostetico, di lavorare sulla fiducia e sul conoscersi come partner.

Quando la canzone fu sul punto di terminare, Keith si sporse verso Pidge, dandogli un colpetto con la spalla. “Hai preparato quello che ti avevo chiesto?” Sussurrò. Non c’era bisogno di parlare a bassa voce, ma l’aria pesante nella stanza rendeva quasi impossibile non farlo. Anche così, la sua voce fu come un tuono nel silenzio.

Pidge annuì, il sorriso arricciato in un che di malizioso. “Certo.”

Sullo schermo, Shiro e Allura erano ancora vicini. Le mani di lui posate sui fianchi di lei, rilassate, e le mani di lei sul suo petto. Si guardavano ed erano rimasti fermi per un buon paio di secondi ormai.

“Vai.”

Pidge premette un bottone e improvvisamente Kiss the Girl proruppe di prepotenza dalle casse.

I due sussultarono, girando la testa per osservare la stanza, i volti sull’attenti per la sorpresa. Lance vide il volto di Shiro farsi rigido per la mortificazione, la bocca aperta. Allura, invece, se la rise. Prima che Shiro potesse reagire, lo prese e gli fece fare un casquè. Videro gli occhi di lui spalancarsi per la sorpresa e poi non videro più niente perché Allura lo stava baciando.

Il gruppo proruppe in cori da stadio e per poco Pidge non fece cadere il computer per l’emozione.

“Sì!” Lance alzò un pugno al cielo.

“Era ora.” Urlò Pidge, alzando entrambe le braccia.

“Era proprio ora, cazzo.” Disse Keith.

“Vai, Allura! Oh mio dio, ragazzi, è stato bellissimo.” Disse Hunk. Teneva le mani sulle spalle di Pidge e lo scuoteva avanti e indietro. “Non ci posso credere, è successo davvero!”

“La canzone è stato un tocco di classe, Keith.” Disse Pidge, dandogli un pugnetto sul braccio.

Lui sorrise un po’ di più. “Vendetta.”

E poi, sullo schermo, Allura tirò Shiro in piedi, e videro bene la sua faccia sbalordita, il volto scuro per il rossore. Sembrava proprio andato, e risero tutti.

E, per quella che sembrava la millesima volta in quella serata, Lance fece l’errore di guardare Keith.

Stava ridendo così tanto che teneva gli occhi socchiusi, piegato in due mentre la risata scrosciava fuori. Lance aveva sentito quella risata un milione di volte, ma non per questo il cuore non gli balzò in gola. Poi, Keith lo guardò, il sorriso luminoso e gli occhi lucidi per le lacrime che si stava asciugando. Le sue guance pallide erano arrossate e con i capelli pettinati all’indietro Lance poteva vedere bene il suo volto, bellissimo nella sua gioia.

Che carino. Quel pensiero, così innocente e genuino, affiorò da sé e si fece posto nella sua mente, e si sentì lo stomaco sottosopra, seguito a ruota da una stretta al petto e un senso di terrore. Oh no…


[1] In inglese, Lance coglie subito la battuta perché Pidge usa il termine “straight”, che ha la doppia valenza di “dritto” e “etero”. Quando Lance risponde che il quadro “è storto”, Pidge lo interrompe dicendo che neanche Keith è “straight”, ovvero “etero”. Purtroppo, non è stato possibile mantenere il gioco di parole e abbiamo optato per far sì che Lance non capisse la battuta perché, di fatto, in italiano non funziona.

[2] In inglese, Keith dice “Need a hand?”, che oltre a significare “Serve una mano?” è anche il nickname di Shiro in chat.

[3] In inglese, Keith dice “Fuck off”, che oltre a significare “Fottiti” è anche il suo nickname in chat. Da qui la battuta.

[4] In inglese, Lance dice “Last resort”, che oltre a significare “Ultima risorsa” era il vecchio nickname di Keith in chat.


Note dell’autrice: Juan Scarpa è una cosa che ci siamo inventat* noi. Quando Sora stava disegnando il photoset per questa au prima che iniziassimo la fic, mi mandava foto dei disegni non ancora finiti. E disegnava sempre i personaggi nudi prima di aggiungere i vestiti. Ma mi ha mandato Hunk completamente nudo tranne che per una scarpa, estremamente dettagliata. E quindi abbiamo avuto questa conversazione: qui e qui.

Se ve lo stavate chiedendo, la scritta sulla maglia di Hunk è “Demi-God” perché lui è demisessuale, ma la maglia può riferirsi anche a chiunque si identifichi come demi- sessuale/romantico/genere. Mi sono inventat* giochi di parole su sessualità/amore/genere per le magliette di ogni personaggio di questa au e Sora prima o poi le disegnerà tutte in un photoset 8D

PER FAVORE, NON RIPOSTATE I DISEGNI DI QUESTA FIC! Rebloggateli dall’artista in persona QUI.
Il mio Tumblr
Il Tumbrl dell’artista
Tumblr di Shut up and Dance With me

   
 
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