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Autore: NPC_Stories    10/12/2020    2 recensioni
Mi hanno definita in molti modi, tutti poco lusinghieri. Predatrice succhiasangue, non morta, vampira. Be', hanno ragione, più o meno. Vampier sarebbe una definizione più corretta, o almeno, questo era il nome che aveva scelto mio padre per la cosa che sono. Qualcosa di interamente nuovo. Un vampiro modificato con l'alchimia.
Ma questa è solo la storia di com'è cominciata, e non è una storia allegra. Nascere e morire sono sempre momenti traumatici, soprattutto se avvengono insieme.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Capitolo 4: Una fine, un inizio


29° giorno di Eleasis 861 DR, campagne vicino a Silverymoon

Resistette per più di un anno, di questo bisogna dargliene atto.
Se adesso ci ripenso, a distanza di secoli, riesco a guardare l’intera vicenda come un quadro molto brutto che mi suscita solo un moto di disgusto, una punta di desolazione, e l’inevitabile sollevarsi di un sopracciglio. È un commento cinico, ma necessario: devo dargliene atto, Yao Taman resistette per più di un anno prima di ficcarmi le zanne nel collo.
E qualcos’altro, in qualche altro posto.
Mio padre l’avrebbe impedito, o almeno ci avrebbe provato, ma mio padre era morto.
Credo che sia stato questo a trattenere il vecchio porco per tanto tempo, in fin dei conti, la sua grettezza e cupidigia: voleva il composto a cui mio padre stava lavorando ed ebbe la pazienza di aspettare che fosse pronto, prima di cedere ai suoi bassi istinti.
Voleva me, la freschezza dei miei sedici anni. Voleva una vergine, lo sa il cielo perché gli uomini siano così fissati con le vergini, e alla fine che cos’è un vampiro se non un uomo molto vecchio e molto incancrenito nelle sue perversioni? Voleva anche il lavoro di mio padre, che gli avrebbe permesso di camminare sotto il sole e di disfarsi di molte delle limitazioni dei vampiri, e in teoria anche di riappropriarsi del suo animo umano.
Quello che mio padre non aveva capito, era che il suo animo non sarebbe cambiato poi tanto. Yao Taman era un uomo malvagio e corrotto, lo era da prima di diventare un vampiro. Non era una creatura dannata in cerca di salvezza, era solo in cerca della libertà dai suoi limiti fisici e dal giogo mentale delle ossessioni dei vampiri.

Il composto di mio padre non era perfetto.
Povero, povero vecchio sciocco Rebran Lesmiere. Lo aveva anche detto, al suo vecchio amico e ospite: ‘il composto non è ancora perfetto’.
Ma qualcosa, forse, mio padre stava iniziando a sospettare. Forse aveva visto di sfuggita, una volta o due, il modo in cui lord Yao mi guardava. Credevo che mio padre avesse in testa solo le sue alchimie, ma forse sbagliavo, forse un uomo sa riconoscere la scintilla da predatore negli occhi di un altro uomo. Per questo, mentì sul composto alchemico. Gli disse, è vero, che non era perfetto, ma non gli disse che avrebbe grandemente depotenziato le sue capacità di vampiro.
Non sono sicura del motivo per cui Yao Taman uccise mio padre, forse perché aveva capito che l’alchimista cominciava a sospettare, a non fidarsi più completamente di lui. Forse decise che un composto parziale gli bastava, era sufficiente per poter passare il testimone a me, l’apprendista intelligente e svelta. Una volta ucciso mio padre e trasformata me in una progenie vampirica, sarei stata la sua schiava. Se lui mi avesse ordinato di completare e perfezionare il composto, non avrei potuto esimermi dall’obbedire.
Qualcosa, però, non andò per il verso giusto. Il porco era molto soddisfatto di aver portato il suo piano malvagio a un livello successivo. Era soddisfatto di avermi presa con la forza, mentre attaccato al mio collo mi succhiava anche la vita. Così soddisfatto che alla fine non si accorse che non ero ancora morta.
Avrebbe dovuto seppellirmi. Avrebbe dovuto avere la comune decenza di seppellirmi. È così che nascono i vampiri e le progenie vampiriche, di solito, ma non è strettamente necessario. È sufficiente morire lontani dal sole, e lui aveva portato a termine il suo truce lavoro nei sotterranei della magione, nelle sue stanze private, vicino al laboratorio che era stato di mio padre. Era talmente soddisfatto che non si accorse che ero ancora viva al sorgere del sole, quando lui venne colto da quella sonnolenza, quella debolezza che intontisce i vampiri durante le ore diurne. Mi sono chiesta spesso se questo accada sempre e ovunque, o solo ai vampiri che dormono così vicini alla luce del sole, ad appena un pavimento di distanza dall’aria fresca. Ma in quel frangente non indugiai in simili pensieri. In quel frangente stavo solo lottando per restare viva un momento in più, per fare solo un passo in più.
Oh, vorrei poter dire che camminai fino al laboratorio di papà, che era solo a un corridoio di distanza. La verità è che ci strisciai. Ero così debole, stavo sicuramente morendo, se mi fossi alzata in piedi sarei svenuta. Ma riuscii ad arrivare al laboratorio in qualche modo, mettendo da parte l’orgoglio e concentrandomi solo sull’odio che provavo, sulla rabbia.
La rabbia che si rinfocolò quando dovetti scavalcare il cadavere di papà per arrivare alla sua scrivania, al cassetto con doppiofondo in cui nascondeva l’unica fiala del siero che aveva creato.
Per fortuna quel cassetto non era molto in alto, o non ce l’avrei fatta. L’aprii, con mani deboli e tremanti. Non so nemmeno io come riuscii a far scattare il doppiofondo. La fiala era tiepida al tatto, il tappo venne via senza troppe storie, e senza esitazioni mi cacciai tutto il liquido violetto in bocca. Avevo imparato a bere senza fermarmi a respirare, nelle sciocche feste eccentriche a cui avevo partecipato come nipote di un barone. Sembrava passata una vita. Sarebbe presto passata una vita.
Morii sul pavimento, ma con la speranza di risvegliarmi come qualcosa di diverso. Non una progenie vampirica, non una schiava senza volontà. Qualcos’altro.
Prima di spegnermi lasciai rotolare la fiala vuota sotto la scrivania, sperando che il bastardo non la trovasse, che non capisse quel che avevo fatto. Poi divenne tutto nero.
   
 
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