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Autore: Miryel    13/12/2020    10 recensioni
L'immenso dolore che provoca la perdita di un amore troppo grande, deriva dalla consapevolezza che in ogni individuo v'è qualcosa che è solo suo e che, attraverso la morte, è perduto per sempre.
Tony lo ha perso una volta, Peter, e basta per una vita intera. C'è la possibilità che ritorni, ma è solo un Protocollo scientifico, a cui non crede più e a cui non vuole dare Speranza.
[ Tony Stark - Past!Tony x Peter - Post Infinity War - Angst - Prequel di "Protocollo Speranza" ]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harley Keener, Harley Keener, Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales About a Spider Kid and an Iron Guy'
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Questa storia fa parte della raccolta di One Shots “Tales About a Spider Kid and an Iron Guy”.
 
 
 
 
 

proof that tony stark has a heart by Wolfenwarrior101 on DeviantArt


For The Damaged Heart of Tony Stark

 
We lay my love and I beneath the weeping willow. A broken heart have I. 
Oh willow I die, oh willow I die.

-The Innocents - O Willow Waly

 

| Capitolo IV


 


          

 

In attesa che il sole tramonti e la notte cali sul mondo col suo velo bucato di stelle, Tony lascia scivolare la mano sulla spalla di Peter. Si compiace di un leggero mugolio di approvazione dell’altro, mentre gli accarezza poi il braccio e lo stringe di più a sé, come se la notte potesse, in qualche modo, portarglielo via. Non ha idea del perché, da qualche ora, un pungente bisturi lo stia aprendo in due dall’interno, lentamente. Gli fa male la bocca dello stomaco e cerca di controllare quel dolore con respiri più lunghi del solito, perché quella sensazione lo bracca, come se lo scheletro della sua coscienza gli stesse stringendo le dita ossute intorno alla testa. Una trappola fatta di paura. Non sa perché, ma la avverte dentro, come un peso. Il corpo risponde a quelle sensazioni come se sfogasse i suoi non detti al posto della sua bocca. China la testa e bacia quella di Peter, e sente per un secondo – quello in cui le sue labbra toccano il profumo dolciastro della cute dell’altro – di nuovo le cose appianarsi. Una sensazione che dura troppo poco, il tempo di un secondo, poi è di nuovo dolore. Non lo sopporta, ha bisogno di dimenticarlo. O di capire. 

Ma Tony lo sa, che forse non ha mai capito davvero cos’è che lo distrugge. Forse tutto. Forse niente.

Peter alza la testa; gli lascia ammirare la folta corolla di ciglia; la sbatte lentamente e ogni secondo il suo sorriso diventa più largo, ma la sua malinconia pare una sinfonia distorta che si alza di due terzi ogni secondo che passa. Finirà per ferirgli le orecchie. 

«Vado a casa, si sta facendo tardi», dice, e tutto si rompe nel suono di un vetro infranto. Non è un vetro, né un coccio distrutto, è il cuore di Tony che rimbalza nella gabbia toracica e perde battiti. Si riempie di crepe, rumorose e dolorose. 

Se ne va perché non vuole restare con chi lo condivide. Tony lo sa, lo pensa, ma non lo dice. Perché è vero. Perché ha il diritto di non sentirsi a suo agio, con lui, ora che sa quello che sa. 

«Pensavo restassi al complesso, stanotte», gli dice, calmo e quando Peter si alza da quel divano, lui lo occupa interamente, come se inconsciamente non volesse lasciargli più spazio per tornare a stargli accanto. Poggia una gamba sul ginocchio, chiude gli spazi. Allarga le braccia sullo schienale, e mette su la barriera di perenne distacco che non vorrebbe lo abbandonasse mai; persino con Peter.

L’altro accenna un sorriso e alza le spalle. Non dice niente, perché Tony lo sa che non sa cosa dire. Oppure sì, ma non vuole. La non comunicabilità è un difetto che li accomuna, perché ci sono delle cose che rimangono in fondo all’anima e maturano, poi esplodono, e rovinano le cose. 

La loro relazione è una di queste.

«Dunque non resti?», lo incalza.

Peter prende la giacca blu poggiata su una sedia e la infila, poi recupera lo zaino e lo mette in spalla. Minuti interi, lentissimi secondi che non passano mai e non colmano quei silenzi. Peter non parla e Tony si sente sempre più lontano. 

«No, preferisco di no», dice Peter, solo, alla fine. Non si avvicina e non scappa via, resta lì, al centro della stanza. Le mani strette tra loro davanti alla pancia, mentre si tartassa pellicine attaccate a dita martoriate dai morsi. 

«Perché non vuoi?» 

«Perché non me la sento. Non oggi.» 

La doccia fredda arriva. I non detti sono una loro peculiarità, ma Peter è sempre quello più propenso a parlare per primo. Tony ha il vizio di celare tutto, e fingere che vada bene ogni cosa. Non è così. Per nessuno. Per lui specialmente.

Non si alza da quel divano. Schiocca la lingua in un suono che lo infastidisce, e vorrebbe non averlo mai fatto. È come il click di un interruttore che lo trasforma in Mister Hyde

«Non te la senti? E allora perché questo pomeriggio sei venuto qui?» 

«Tony, è diverso. E non me la sento, ora. Non me la sento di restare stanotte. Mi dispiace, non ho nessuna intenzione di farti arrabbiare o chissà che altro, ma preferisco così.»

«Preferisci scappare senza dirmi perché non te la senti? Non ti sto dicendo di restare, non è da me costringere nessuno a fare quello che voglio», dice, e Peter alza le sopracciglia, visibilmente scosso da quella bugia. Perché è una bugia. «Sai cosa intendo, in certi casi non sono così. Sei libero di andare quanto lo sono io di sapere il perché.»

«Lo sai, il perché. Non c’è bisogno di tornare sull’argomento, perché sarebbe inutilmente sciocco e triste. Mi ci vuole tempo. Per capire cosa voglio.»

«Tu lo sai, cosa vuoi. O non saresti qui con me», ribatte Tony e Peter fa un passo avanti, dopo una breve pausa che ha passato a mordersi il labbro inferiore. 

«Certo che lo so, ma non così. Tony, non è così che voglio. Non mi piace come mi fa sentire questo tuo… averci entrambi

Tony allora si alza, e lascia la sua prigione comoda fatta di cuscini morbidi e odori impressi di una colonia giovanile. Lo raggiunge a lunghi passi, lo fronteggia e non dice niente. Lo guarda, e non sa che dire. Lo sa che il motivo è quello, lo sa che Peter non si sente di proseguire, che probabilmente prima o poi se ne andrà e si sforzerà di fingere che nulla sia successo. Lo sa, perché succederà lo stesso a lui, quando prenderà quella decisione. Perché Peter è troppo giusto e Tony… Tony dopotutto si sente in colpa per entrambi ogni giorno di più, eppure non sa scegliere e non smette di averli entrambi.

«Non farlo», lo supplica Peter, corrugando la fronte e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, stanco. Stanco di tutto, di pensare, di credergli, di amarlo. Stanco di dover fingere che quella storia non li stia distruggendo. Tutti e tre. 

«Fare cosa?», chiede, con un filo di voce rauca, prima di sospirare e fare un altro passo avanti. Peter indietreggia e il cuore fa un altro crack.

«Questo. Tentare di farmi restare.»

«Non tento di farti fare niente che non vorresti, Peter.» 

«Allora fermati. Per favore. È difficile per tutti e due, e lo so, ma non… farlo. Non farle questo. Per favore. Non a lei. Non se lo merita.» 

Si richiudono per un attimo in occhi stanchi, così carichi di domande che fa quasi paura, vederle spuntare apertamente tra le ciglia e non trovare, lì nel mezzo, nemmeno una risposta. Nemmeno una. Solo domande. Sempre e solo domande. 

«E allora cosa vuoi fare?»

«No, tu cosa vuoi fare. Io ho scelto e so cosa voglio. Non ho vincoli, ne terze persone a cui spaccare il cuore. Tu invece sì. Sta a te, Tony. Che cosa vuoi fare?»

«Non lo so!», esclama, duro, e quando fa un altro passo avanti Peter ne fa due indietro, e legge la paura nei suoi occhi, solo per un attimo, poi sparisce e la sostituisce con la tenacia, la rabbia, l’amor proprio.

«Non possiamo lasciare che le cose vadano avanti in questo modo senza che tu prenda una posizione! Non possiamo, e lo sai e io non voglio proseguire così! Non resto, non me la sento e non voglio rovinare la vita di nessuno.»

«Non stai rovinando la vita a nessuno, dannazione! Pensi che solo per te sia difficile?»

«No! Certo che no! Ma la scelta spetta a te e quello che non voglio che tu faccia è rinunciare a qualcuno che ti è stato vicino per dieci anni, che continua a farlo, ignara di quello che succede alle sue spalle. Io non sono così, e nemmeno tu! Mi serve che tu mi dica che sceglierai… e che sceglierai lei, perché io non… io non sono niente.» 

Non è vero. Non è vero. Non lo è mai stato, niente. È sempre stato tutto, sin dal principio, sin da quando lo ha scansato milioni di volte e lui si avvicinava sempre di più. Se solo fosse semplice scegliere… se solo fosse semplice non farlo…

«So che non è semplice, per quanto non lo ammetterai mai, ma… non farle questo; sceglila e non ne parliamo più. Farà male, ma andrò avanti. Come sempre. Ma è la cosa più giusta.»

Andrò avanti. Parla sempre per sé, come se a Tony tutto questo non facesse abbastanza male; come se quella decisione non la stia prendendo perché si diverte così, ad avere entrambi perché può. 

 


Quel fottuto televisore. Quel dannato, schifoso televisore. Si ritrova a fissarlo, spento, mentre il riflesso del vetro gli restituisce la sua immagine e vorrebbe solo cancellarsi dalla terra con uno schiocco. Quello stesso che ha fallito nel portarselo via, e si è preso tutti gli altri. Ha le dita strette intorno ai braccioli della poltrona, e il collo che gli duole per quanto lo sta tenendo in tensione in questi giorni. Non c’è un momento di pace, non esiste un solo istante in cui i pensieri smettono di vorticare come trombe d’aria fatte di lava, nella sua testa. 

Sente ogni suono ovattato che rimbomba nelle orecchie, e al di fuori del cottage di solito regna il silenzio assoluto, quello che spacca tutto; perché il silenzio – Tony lo sa – fa più male di qualsiasi altra cosa. È in grado di spalancare porte della memoria che avrebbe preferito tenere sopite, chiuse, sigillate al di sotto della sua corazza. Ma non è Iron Man da un po’, e la sua armatura non protegge comunque dai sentimenti e dai sensi di colpa. 

Vorrebbe alzarsi, prendere una bottiglia qualsiasi dell’alcol più forte, e scolarsela fino a sprofondare nelle viscere schifose dell’inferno, la sua casa. Il luogo a cui è destinato da sempre, e è inutile che cerchi redenzione. Lo ha fatto per anni, senza mai riuscirci davvero. Ogni volta che ha aggiustato qualcosa, poi ne ha rotte molte altre, incapace di rimettere insieme i pezzi. Ed ora è la fine. La fine di tutto. Ha perso ogni cosa: un’identità, la donna che ama, il ragazzo che ama, una figlia che non vedrà mai e un obiettivo. Ha sfasciato tutto, perché non è in grado di tenersi strette nemmeno quelle poche cose che è riuscito a guadagnarsi nella sua miserabile esistenza. 

Poi il campanello suona – il lieve accenno di ruote sul brecciolino sfuma via lentamente, e Tony ha bisogno che qualcuno lo sproni ad alzarsi e di trovare il coraggio per aprire e affrontare chiunque sia alla porta. Ma lo sa, in fondo al suo cuore, che è lei. Che è tornata, che forse l’ha pure perdonato e lui nemmeno lo merita. 

Si alza in piedi con una fatica che gli costa tutto. 

Quando apre si sente quasi in colpa ad averci indovinato. E Pepper lo guarda, con il labbro inferiore stretto tra i denti, il pancione più grande di quanto ricordasse e, negli occhi, infilato un perdono a metà, che è molto più di quanto Tony possa sperare. 

Lei lascia cadere le valigie a terra, sul pianerottolo. Fa così freddo, là fuori, che se non la farà entrare immediatamente, le verrà un accidente. Ma non è il momento per nient’altro che sguardi che parlano al posto delle parole, e di silenzi che fanno quello che nemmeno un miracolo potrebbe compiere.
Pepper lo abbraccia; affonda la testa nel suo petto e respira lacrime. Tony la stringe; le carezza i capelli. Profumano, come sempre, di cocco e vaniglia. Il profumo di Pepper; lo sentiva persino in casa, in quei giorni vuoti, e ora lo ha impresso addosso come una maledizione. 

Forse, chissà, un giorno lo perdonerà per tutte le cose che ha fatto e tutte quelle, invece, che non ha fatto. 

 


«La verità la sappiamo tutti e due: non sceglierai.» Si ritrae con la testa. Niente più baci sulle labbra, per quanto Tony continui ad avvicinarsi al suo viso per reclamarne un altro. Ma Peter non vuole. O forse vuole, ma si impone di non volerlo. 

Tony abbassa gli occhi e osserva la sua bocca, poi sale e incrocia le sue costellazioni color nocciola e non parla. Resta chiuso in silenzi ingiusti, e vorrebbe lasciare che la mente si sciogliesse e che ogni cazzo di cosa che gli passa per la testa venisse fuori senza più trattenerla. 

Peter gli permette di perdersi ancora per un istante nei suoi occhi, poi sospira e gli stringe le braccia all’altezza del gomito, mentre Tony ha le dita serrate intorno ai suoi fianchi, come se non volesse lasciarlo scivolare via. 

Peter inclina la testa; gli concede anche un bacio, lungo, spezzettato da piccoli momenti dove si dividono e si guardano, si cercano, si parlano in silenzio e poi tornano a baciarsi. Peter si alza leggermente sulla punta delle scarpe da ginnastica consumate, per colmare quei sei centimetri che li separano e, di nuovo, si stacca. Arriccia le labbra, lentamente. Tony pensa che stia registrando il suo sapore, come se fosse l’ultima volta che lo sente addosso. 

«Buonanotte, signor Stark», dice solo, con la voce talmente bassa che Tony non sa nemmeno come ha fatto a sentirlo. Peter si stacca, lo allontana gentilmente, poi sparisce dietro la porta – la socchiude, lasciando a Tony la responsabilità di tutto, di scegliere, di lottare e di cadere. Stavolta da solo, come tanto tempo fa. 

Non ricordava che, quella sensazione di vuoto nel cuore, facesse così male.

 

 

Fa male al cuore averla vicino e non sapere cosa fare: se fingere che niente sia successo o se affrontare la cosa, ma non è mai stato bravo, in quello. È goffo, sebbene sia sempre stato un grande intrattenitore. Solo con gli altri, mai con chi ama. Perché, dopotutto, con loro fingere è sempre stato difficile.

Le carezza la pancia, mentre la stringe tra braccia, seduti su quel divano e poi, lento, le lascia un bacio tra i capelli. 

«Ho gli avanzi di un pollo arrosto di ieri, per cena», esordisce, cercando di mantenere il suo tono di sempre, che rimbomba però di una normalità che non è più sua.

«Ed io ho portato una teglia di lasagne; non hai mangiato quasi mai, Tony. Sei dimagrito.» 

«Era anche ora che accadesse! Da quando sei incinta, mangio per tre!», cerca di ironizzare; lei alza la testa e gli posa una mano sul petto. Sorride leggermente, e dietro quel gesto c’è anche una delusione che non è sfumata via. Tony la prende in faccia come uno schiaffo; gli fa male lo stomaco, ma finge che vada tutto bene. Dopotutto, almeno, ora sa che può ancora provare qualcosa, in quel cuore arido e spento. Danneggiato. 

Pepper fa finta di niente; non rimarca ancora su quel suo digiuno dato dal fatto che è satollo di altre cose: tristezza, paura, angoscia, senso di spaesamento che lo devasta e lo annichilisce. Pepper sa sempre quando deve fingere che qualcosa non ci sia davvero e, malgrado non meriti quella premura, lo fa. Gli lascia un bacio sulla guancia, poi si alza in piedi con fatica. La pancia inizia a pesare, sei mesi e mezzo di gravidanza sono un passo sempre più vicino al capolinea e, quando pensa al miracolo che si compirà, Tony riesce quasi a dimenticare tutto il resto, come se Morgan fosse una magia che fa sparire ogni cosa. I bambini sono magici, più di tutto l’attesa del loro arrivo.

«Vado a scaldarla.» 

«Ti do una mano.»

«No, non c’è bisogno», lo ferma lei, alzando una mano.

«Voglio dare una mano», ripete lui e si guardano per secondi interminabili, quando poi si alza in piedi e la fronteggia. 

Fammi sentire utile, necessario. Fammi sentire che mi vuoi ancora al tuo fianco. 

Pepper capisce e gli sorride. Pepper capisce sempre e, inesorabilmente, gli dà tutte le possibilità del mondo per rimediare ai suoi errori. 


 


 

Si è addormentato sul quel divano; una mano sulla fronte e una sul cuore, forse intenta a capire se batte ancora o se è davvero fermo come crede. È sonno agitato, pieno di oscure ombre e vibrazioni fastidiose. Peter se n’è andato, l’ha lasciato solo e probabilmente tra loro le cose non saranno più come prima. 

Non ha alcuna voce in capitolo, perché sa che ha ragione; che quello che sta facendo è immorale, stupido, ingannevole e, deve ammetterlo, per nulla da lui. Non avrebbe mai voluto contenderli, non avrebbe mai voluto amarli entrambi. Quando Pepper è tornata non è stato capace di allontanare nessuno dei due dalla sua vita: troppo necessari, gli unici che lo fanno sentire vivo, che gli fanno sentire dentro ancora una fiamma che brucia di vita, e non solo di arroganza e solitudine. È l’uomo più egoista della terra, e il meno etico. Ha deciso di averli entrambi ben sapendo che anche loro hanno diritto di scegliere se la cosa sta bene loro oppure no. Ed è ovvio che non stia bene a nessuno dei due, che l’amore è una cosa diversa per ognuno e che, spesso, si catalizza su una sola persona, e la si lascia splendere immensamente come se fossero custodi di qualcosa di così prezioso da non poterlo perdere. 

L’amore non si può perdere, perché quando svanisce spacca tutto; ogni cosa. Spacca il cuore e la ragione, e diventa una prigione aperta dalla quale non si può comunque uscire. 

Poi sente un peso addosso, sullo sterno. Qualcosa che gli comprime il corpo, e lo scalda. Apre gli occhi e una massa di capelli castani gli blocca la visuale. Profumano di Menta e gomme da masticare alla fragola. Profumano di giovinezza. Profumano di Peter.

«Sei tornato, alla fine», dice, con un mezzo sorriso, ancora impastato di sonno. Gli arruffa i capelli e quel tocco è lontano.

«Mi serve calore», risponde Peter, e non alza mai la testa per guardarlo. Lo stringe, gli accosta l’orecchio al petto e gli ascolta il cuore. Ora anche Tony è in grado di sentirlo. 

Si addormenta con la mano infilata nei suoi capelli, ma  la mattina dopo, quel peso sul petto, non c’è più. Come Peter, svanito come un sogno che si frammenta in mille pezzi dopo un brusco risveglio. 

Forse Peter non c’è mai stato; forse lo ha solo sognato. O forse è solo scappato dalle sue bugie. 

 

 


Fine Capitolo IV

 


 
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Note Autore:
Decorative Lines Png - Clip Art Library #1386553 - PNG Images - PNGio
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em — Here's the thing: they could have used a picture...
Ma salve a tuttissimi!
Come state? Mio dio, quando si pubblica con regolarità sembra quasi che il tempo viaggi al doppio della velocità e non posso crederci che siamo già arrivati a fine dicembre e al quarto capitolo di questa storia (che si concluderà con il prossimo). Che dire? È una grande sfida, questa storia, perché per prima non voglio che questo "avere entrambi" di Tony sia visto come un argomento stuzzicante, che piaccia, che sia il motivo per il quale viene letta. Forse l'ho già detto in altre occasioni, ma Tony non è fiero di quello che sta facendo e nemmeno io lo sono di lui. Ma il canone è il canone e va gestito al meglio, per questo questa storia mi spaventa tanto e, ogni cosa, sembra un cristallo fragile pronto a spaccarsi e rovinare tutto. 
Spero di non aver (ancora) rovinato niente, trattando di questi argomenti un po' complessi, della vita di un uomo che non sa scegliere.
 E spero, sempre, che sia un degno prequel di Protocollo ♥
Vi do appuntamento al prossimo capitolo e grazie a tutti quelli che hanno dedicato del tempo a leggerla e a recensirla o che l'hanno inserita nelle liste ♥ Grazie di tutto ♥

 
Un abbraccio a tutti e a domenica prossima ♥
 
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La vostra amichevole Miryel di quartiere.
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