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Autore: thors    15/12/2020    2 recensioni
Storia seconda classificata nel contest “In Another Life, In Another World” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP (Settembre 2020).
Rin, Yukio, Bon e tanti altri personaggi di Ao No Exorcist si trovano alle prese con una sanguinosa vicenda di mafia in un Giappone che sta attraversando un periodo di protezionismo in stile americano.
Ad osservare pensieroso quella scena attraverso l’ampia vetrata del suo lussuoso salotto mentre accarezzava distrattamente un gatto nero di nome Kuro accoccolato tra le sue braccia, vi era un uomo di ventisette anni, i cui capelli scuri davano bizzarri riflessi dello stesso colore azzurro dei suoi occhi.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izumo Kamiki, Rin Okumura, Ryuji Suguro, Shiemi Moriyama
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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3 Aprile 1953, Matsumoto – prefettura di Nagano


Rin, Shiemi e la sua scorta partirono alle prime ore del mattino da Maebashi a bordo di due auto di grossa cilindrata e, dopo un viaggio di poco meno di tre ore, giunsero nei pressi del castello Matsumoto con trenta minuti di anticipo rispetto all’orario dell’incontro. Si fermarono in un parcheggio ed attesero lì l’arrivo delle auto di Yukio e Tanasa, soffermandosi a guardare il parco e la nera torre centrale, la cui forma, nel corso dei secoli, aveva guadagnato al maestoso e stupendo edificio il soprannome di “castello del corvo”. Nel vasto parco all’interno delle mura, invece, era lo spettacolo offerto dai ciliegi a farla da padrone. Sebbene non fossero ancora nel pieno della loro fioritura, i fiori di un caratteristico rosa molto intenso offrivano già uno spettacolo meraviglioso a chiunque avesse un po’ di tempo e l’animo adatto per ammirarli.

Le altre auto fecero la loro comparsa dieci minuti dopo. Tanasa, un uomo sui cinquant’anni, quasi pelato se non per due ciocche di folti capelli neri simili a corni demoniaci, salutò Rin sorridendo, ed una luce indecifrabile balenò per un attimo nei suo occhi cinici. Il gruppo percorse a piedi i pochi metri che lo separava dall’ingresso principale, ma, mentre transitavano sul breve ponte di accesso, Yukio si avvicinò a Rin e gli disse sottovoce: «Fingi di guardare i pesci e resta in coda alla comitiva. Dovremo occupare il Kuromo. La porta di accesso è dietro, a destra. Apri il fuoco solo se necessario».

Rin fece come gli era stato detto, e tutto andò bene mentre passavano attraverso la breve galleria in pietra e legno massiccio protetta dalla bassa fortificazione chiamata Kuromo. Non appena giunsero nell’area interna del parco, però, gli uomini di Tanasa si accorsero di quanto stava accadendo alle loro spalle e diedero il via a una furiosa sparatoria. Grazie ai corpi di quattro uomini di guardia usati come scudo, i due fratelli ed il loro seguito riuscirono a mettersi al riparo oltre la porta d’ingresso della roccaforte senza riportare gravi ferite. Ad attenderli all’interno, con le mani in alto durante tutta l’irruzione, trovarono solo un uomo di Watanabe che non sembrava affatto interessato ad ostacolarli. Yukio fece notare a tutti i due corpi senza vita appoggiati in un angolo, si avvicinò all’uomo con le mani ancora levate e gli diede una pacca sulla spalla. «Kinzo, ottimo lavoro», gli disse. «Ora imbraccia un’arma e dacci una mano». Si rivolse poi a tutti i presenti e aggiunse con tono sicuro: «Dobbiamo solo resistere per qualche minuto. Tre persone qui a difendere l’ingresso. Gli altri sopra la galleria. Veloci!»

«Il piano è già andato in fumo!» esclamò Rin mentre sparava attraverso una feritoia a un gruppo di uomini rimasti allo scoperto sotto di lui. «Che diavolo è successo?»

«Nostro padre lo ha scoperto e probabilmente ci aveva preparato una festa tra i ciliegi.»

«Come lo sai?»

«Kinzo mi aveva lasciato un segnale lungo la via.»

«E dove si trovano adesso Bon e gli altri?»

«Tranquillo. Avevo previsto questa possibilità. Loro sono sempre stati al sicuro, e tra poco anche Tanasa verrà informato che nessuno dei nostri è mai arrivato.»

«E come pensi di farci uscire da qui?»

«Grazie alla pioggia. Chiunque si trovi all’aperto dovrà rifugiarsi in tutta fretta sotto un solido tetto, e noi, in quel momento, potremo uscire e iniziare la nostra caccia al castello.»

Il cielo, quel giorno, era perfettamente sereno, e Rin avrebbe voluto una spiegazione più chiara dal fratello, ma il Diablo, nascosto dietro un albero davanti a loro, lo impedì ordinando ai suoi uomini di cessare il fuoco ed urlando poi con voce forte e sdegnata: «Figli miei, come avete osato farmi questo? Dovrò punirvi; è inevitabile. Prima o poi dovrete venir fuori. Fatelo subito e mi troverete generoso: Yukio e Rin, voi due non morirete, ma continuerete a servirmi. Per convincervi a non tentare mai più una cosa simile, mi accontenterò di uccidere solo la vostra scorta».

Mentre ancora parlava, nell’aria si diffuse l’inconfondibile ronzio di elicotteri in avvicinamento, ma nessuno di chi si trovava all’esterno del Kuromo comprese la situazione sino a quando tre Sikorsky H-19, utilizzati principalmente dagli americani nella guerra di Corea ancora in corso, arrivarono proprio sopra il castello ed iniziarono a spazzare il parco con le loro mitragliatrici. In pochi secondi gli spazi attigui all’edificio furono liberati e due terzi degli uomini disposti da Watanabe a difesa della sua proprietà caddero a terra crivellati dai proiettili.

Yukio e Rin uscirono prontamente dalla loro fortezza seguiti subito dai loro compagni. Quasi nello stesso momento, una dozzina di uomini si calarono dagli elicotteri ed altri giunsero a bordo di due auto che fecero ingresso alle loro spalle. Anche le sirene della polizia, però, iniziarono a farsi sentire nonostante il frastuono delle eliche.

«Ora è arrivato anche Bon», urlò Yukio all’orecchio del fratello. «Degli sbirri non preoccuparti».

Ancora una volta, Rin avrebbe preferito conoscere qualche dettaglio in più del piano celato nella mente del fratello, ma fu felice di vedere l’ispettore Ryuji, che aveva ora addosso la sua uniforme da poliziotto, scendere da una delle auto. Da quei due veicoli scesero anche le volpi di Izumo, e lei manifestò più apertamente del suo capo la propria felicità quando l’affiancarono scodinzolando allegramente.

Shiemi venne condotta in tutta sicurezza verso le auto parcheggiate fuori dall’isolotto da una persona di scorta vestita come un uomo d’affari. Nel frattempo, trenta uomini provvisoriamente sotto gli ordini di Yukio attraversavano correndo, armi in mano, gli ottanta metri sul sentiero che li separavano dalla torre centrale. Arrivarono senza problemi ad uno degli ingressi e, dopo un breve scambio di colpi di pistola e di fucilate, riuscirono a penetrare nell’antico edificio.

«Ed ora?» chiese Ryuji, che si era ben presto portato in testa al gruppo, accanto a Rin.

Yukio cambiò i caricatori delle sue due pistole e rispose: «Saliamo nel piano segreto al terzo livello e poi scendiamo nel passaggio costruito da Watanabe. Troveremo lui e Tanasa da qualche parte lungo il percorso. Conosco la strada. Muoviamoci.»

«Come fai a sapere tutto questo?»

Yukio sorrise all’ispettore e si sistemò gli occhiali. «Mi piace essere preparato.»

Liquidando velocemente chiunque trovassero lungo il cammino, percorsero i saloni e i corridoi del castello fino ad una stanza del secondo piano, dove trovarono una scalinata di costruzione ben più recente del resto dell’edificio nascosta dietro una finta parete. Rispetto all’intrattenimento offerto loro da un nutrito gruppo di accoglienza al terzo piano, deciso a sbarrargli la strada ad ogni costo, le sparatorie affrontate fino a quel momento erano state ben poca cosa. Seppur a malincuore, alla fine Ryuji dovette usare una delle granate a basso potenziale che Yukio gli aveva fatto consegnare, e la cui esplosione fu sufficiente a tramortire una decina di uomini saldamente appostati nella sala, ma anche ad annerire e rovinare il pavimento vicino all’ingresso e le pareti adiacenti. Rin con la spada e le volpi di Izumo con zanne ed artigli fecero a pezzi buona parte dei difensori che, ancora intontiti dallo scoppio, cercarono comunque di impugnare le loro pistole per reagire. In quella sala, nella quale probabilmente nessuno aveva mai sentito il rumore di un’arma da fuoco nei quattro secoli precedenti quel giorno sanguinoso, Ryuji sparò diversi colpi di pistola, ma uno lo usò per impedire ad un uomo apparentemente morto di sparare alle spalle di Rin e gli guadagnò uno sguardo riconoscente da parte di Izumo.

Dietro ad un arazzo trovarono un’altra scalinata. Silenziose come fantasmi, le volpi andarono in avanscoperta, mentre il nutrito gruppo di inseguitori scese i gradini più velocemente che poté. Si ritrovarono su un corridoio con diverse svolte, umido e scarsamente illuminato, che passava sicuramente al di sotto del grande fossato allagato. Un vociare animato fece loro capire di esser ormai vicini a Tanasa, e una serie di spari li avvisarono che le volpi si stavano dando da fare. Yukio, Rin, Ryuji, Izumo e Nemu, diversi passi più avanti di tutti gli altri, scavalcarono tre uomini con la gola squarciata e quindici metri dopo si dovettero fermare in tutta fretta in una provvidenziale curva della galleria. Scorsero poco più avanti le volpi, che erano state ferite e sembravano respirare a fatica; poi Ryuji lanciò un’altra delle sue granate. Le pareti rimbombarono il suono assordante dell’esplosione, ma, a parte un po’ di polvere caduta dal soffitto e a un sensibile spostamento d’aria, non accadde nient’altro. Mentre Izumo si prendeva cura dei suoi animali, gli altri continuarono ad avanzare, raggiungendo ben presto una ripida scalinata verso la superficie, sulla quale Tanasa e Watanabe, storditi ed ormai senza scorta, stavano faticosamente arrancando.

Con un paio di colpi, Yukio li fece fermare. Poi disse con tono glaciale: «Padre, questo è il capolinea. Ed anche tu, Watanabe, non uscirai vivo da qui. Potrei perdonarti per aver cercato di ucciderci, ma la tua droga è peggio di qualunque veleno e chiunque abbia pensato di produrre una merda simile non merita nient’altro che di sparire».

«Figli ingrati!» esclamò Tanasa al colmo della sua collera. «Vi ho donato potere e denaro e voi vorreste farmi questo?»

Rin ricambiò lo sguardo irato del padre e rispose puntandogli la spada: «Abbiamo cercato più di una volta di farti capire che non potevamo accettare i tuoi sistemi. Ti abbiamo anche dimostrato che tutta la violenza a te cara non è necessaria per far crescere gli affari. Tu, però, non hai mai voluto considerare le nostre proposte, anzi, in tutti questi anni non hai mai smesso di criticarle».

«Padre,» aggiunse Yukio, tenendolo sotto tiro con entrambe le pistole, «sappi che presto quella folle che ti ha seguito per tanti anni e che ci ha partoriti verrà a farti compagnia. Hai un’ultima preghiera da recitare prima di andare all’altro mondo?»

«Bastardi… non può finire così! Vorrà dire che mi seguirete all’inferno!»

Tanasa tentò di estrarre la sua arma, ma Yukio fu più veloce e gli piantò tre proiettili nel petto prima che la potesse alzare. Mentre il suo corpo scivolava esanime sui gradini, Ryuji afferrò sia Rin che Yukio per un braccio e disse loro: «L’ultimo pezzo di merda lasciatelo in vita. Lui non è abbastanza potente da sfuggire ai tribunali».

Mentre i due fratelli annuivano, i loro compagni li raggiunsero, e dalla scalinata si udirono i passi sempre più vicini di una persona. Dopo alcuni secondi, apparve una donna affascinante vestita in pantaloncini e reggiseno, con un giubbetto della polizia appoggiato sulle spalle. Si fermò alle spalle di Watanabe, lo tramortì con un pugno e, mentre lo ammanettava, gridò euforica: «Rin! Quanto tempo è passato! Tu e tuo fratello avete fatto un bel casino, lo sapete?»

«Shura?» esclamò Rin incredulo, mentre la fissava sbalordito.

«Già, la tua insegnante è qui.» Si scostò dal viso una ciocca dei suoi lunghi capelli rossi e scese velocemente i gradini, saltando gli ultimi tre ed atterrando proprio davanti a lui. Poi lo abbracciò con forza, facendogli sprofondare il viso tra i suoi seni sodi e generosi. «Allora? Ti sono mancata? Su, ammettilo!»

«Mi soffochi…» protestò Rin. «E cosa ci fai tu qui? Non dovresti essere di servizio a Tokyo?»

«Come, Yukio non ti ha avvertito? Sono qui per scortarvi fuori. Non c’è fretta, perché nel castello la situazione è sotto controllo.»

Mentre Rin e la sua comitiva sbucavano da un magazzino a quattrocento metri di distanza dal parco dove la battaglia aveva avuto inizio, un uomo vestito di bianco, con in testa un cappello a cilindro dello stesso colore e con uno strano criceto dal pelo verde su una spalla, dialogava bonariamente nei pressi della torre principale con un poliziotto dai lunghi capelli biondi, e in preda ad un’ira violenta.

«Cosa significa che dobbiamo fermarci qui?» chiese quest’ultimo con una espressione omicida stampata sul volto contratto dalla rabbia.

«Quello che ho detto», rispose l’altro, mantenendo una calma perfetta e sorridendo divertito e sarcastico. «Il castello è già stato messo in sicurezza dal commissario Shura. Arthur, il tuo aiuto qui non è richiesto, perciò torna all’ingresso e coordina il passaggio delle ambulanze. Grazie.»

«Maledetto Mephisto…» sibilò l’agente prima di andarsene, «so che stai nascondendo qualcosa, ma io troverò il modo di portare alla luce le tue losche macchinazioni. Ricordatelo!»

«Fa’ con comodo», disse il capitano della polizia di Tokyo quando Arthur era già abbastanza lontano da non poterlo sentire. Mostrò un largo sorriso malizioso al suo animaletto e gli sussurrò: «A quest’ora Tanasa deve essere morto. Che magnifica giornata!»

   
 
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