Il primo ululato si propaga per chilometri, ben presto molti altri giungono in risposta.
Il cielo è spoglio di nubi, la luna brilla radiosa in cielo, il vento soffia impetuoso, la caccia può avere inizio.
Ma da alcune nottate, oramai, in quel concerto di voci possenti che tanto risalto hanno dato al Wolvendom, rendendolo protagonista di tante leggende che affascinano e terrorizzano gli abitanti di Mondstadt, vi è una voce in meno.
Razor, come ogni lupo, conosce le regole del branco sin da piccolo, sono semplici e chiare: la famiglia prima del singolo, proteggere la famiglia anche a costo della vita, chi viene esiliato dalla famiglia non può più farvi ritorno.
Conosce bene i confini che delimitano il Wolvendom; non quelli tracciati dagli umani sulle loro cartine, ma quelli che solo l’istinto delimita, quelli che i lupi riconoscono tramite i sensi, quelli nei quali sono a casa.
Conosce quei confini… e sa di non potervi più accedere.
I denti tranciano con voracità la carne di cinghiale, le ossa gli fanno presto compagnia nello stomaco, d’altronde, un lupo non può mai sapere quando sarà il prossimo pasto, niente va sprecato.
Non era stato difficile catturare la preda, i fulmini rendono tutto più semplice, ma della carne bruciacchiata non può certo restituirgli il calore nel petto che il -Sei umano, Razor!- di Andrius ha spento.
Non serba rancore verso il Sovrano dei Lupi, ogni decisione presa è sempre per il bene della collettività, sente però il senso di colpa gravargli sulle spalle, insieme al freddo vento della sera che soffia su Springvale.
Perché forse la colpa è solo sua.
Dall’incontro con l’uomo alto il crescente desiderio di scoprire la sua vera natura è divenuto sempre più impellente, Andrius sosteneva che lo avesse reso più indisciplinato.
-Tipico degli umani agire di testa propria, anche a scapito degli altri.-
Quelle parole, ora fanno decisamente più male.
La pancia è piena, ma continua a sentire il petto leggero come nei periodi sfortunati in cui il branco non catturava prede per giorni.
Espira mentre adagia la schiena sul tronco dell’albero cavo che ha scelto come rifugio, una piccola nuvola biancastra aleggia nella fredda serata, volteggia per alcuni istanti leggiadra per poi dissiparsi.
Sopprime un brivido e si stringe nelle spalle, un lupo, con il suo folto pelo, non avrebbe questa difficoltà, altra crudele prova che lupo lui non è.
Inconsciamente lo ha sempre saputo, di essere diverso, ma nell’animo si era sempre sentito un membro del branco.
Per quanto la consapevolezza facesse male, aveva sempre tenuto dentro quel bisogno di scoprire le sue origini senza problemi, non aveva mai arso in modo ardente il desiderio di sapere.
Prima dell’uomo alto.
Ma per i lupi non esiste spazio per i rimpianti, ogni errore va pagato, perché l’egoismo tradisce il branco, lo mette in pericolo, è roba da umani.
E lui si è dimostrato umano.
Gli ululati continuano a riecheggiare, vorrebbe unirsi a loro, ma quel privilegio ormai gli è negato.
Dopo tanti anni ormai li sa distinguere, il branco ha avuto fortuna nella battuta di caccia.
Gli si alleggerisce un po' il cuore al pensiero che il Lupical potrà sfamarsi, almeno sa che stanno bene.
Solo che adesso non è più il suo Lupical.
Adesso lui è solo.
Da una piccola fessura del tronco si intravede in lontananza Mondstadt, lucente e ricca di vita, casa degli umani.
Ripensa alle parole dell’altra ragazza rossa e del suo Lupical tra gli umani.
Per un istante il pensiero scorre nella sua mente proprio come i fulmini che solitamente gli crepitano tra le dita: provare a divenire umano.
Ma gli umani lo accetterebbero?
O meglio, lui è disposto ad accettare l’umanità?
Li ha visti negli anni, ha osservato da lontano e storie di egoismo puro e tradimenti, narrategli da Andrius, sono marchiate nella sua testa.
-Si pugnalano alle spalle per le ragioni più insulse, non meritano fiducia.-
Però Aether lo ha aiutato, è stato gentile con lui, lo aiuterebbe ancora se tentasse?
Sospira, non sa cosa deve pensare.
La verità è che non sa nemmeno più chi è.
-Sono umano, o lupo?- è la domanda che ormai rappresenta la costante della sua esistenza: insicurezza!
Razor si addormenta con la testa in subbuglio e solo, ripensando al calore di quel branco a cui non appartiene più.
 
 
 
Angolo dell’autore:
Questo capitolo è solo un prologo, dal prossimo penso che la lunghezza sarà maggiore. Sarà una piccola raccolta di slice of life con protagonista Razor, in tutta onestà non ho nemmeno un’idea precisa di dove andrà a parare questa storia o quanto durerà, ma ormai le parole le avevo scritte.
Spero di fare un buon lavoro, arrivederci a tutti.