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Autore: heliodor    17/12/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Promettimi che sarai prudente
 
“Una maledizione?” domandò Valya.
“O tu che mi possiedi” disse il ragazzo come recitando un verso che aveva imparato a memoria. “Diffida del potere che si nasconde dentro di me, perché per ogni momento di gloria di cui io ti farò dono, ti porterò via qualcosa a cui tieni.”
Valya lo fissò in silenzio.
Doryon strinse le labbra.
“Sembra proprio una maledizione” disse infine tornando a respirare come prima.
“Non vuoi dirmi dove l‘hai trovata?”
Lei sospirò. “Credimi, sarebbe meglio non saperlo. È stata solo una stupida curiosità. Forse non dovevo parlartene.”
“No, no” si affrettò a dire il ragazzo. “Se vuoi mantenere il segreto, ti capisco. Solo…”
“Cosa?”
“Sii prudente.”
“Dem…” iniziò a dire.
“Val” fece lui con voce tremante. “Questi simboli sono molto antichi. E per molto antichi intendo che potrebbero risalire all’epoca dei maghi supremi.”
Valya aveva sentito parlare di quella leggenda dagli anziani a Cambolt. La raccontavano per spaventare i bambini e ridere di loro. Le storie che si raccontavano erano sempre piene di maghi e maghe crudeli che opprimevano il popolo facendolo soffrire. Per fortuna ognuna di quelle storie finivano con un eroe, di solito una strega o uno stregone, che insorgeva contro il mago crudele e lo abbatteva dopo un’epica battaglia.
“I maghi sono solo leggende” disse sicura.
“Maestro Dyffron non la pensa come te” rispose il ragazzo. “E ci sono molti saggi scritti da famosi eruditi in cui parlano dei maghi antichi e delle loro crudeltà. Erna Dorgell ha persino scritto un diario sulla sua ricerca del santuario di Urazma. E c’è la storia di Malvina la Nera che sterminò tutta la sua famiglia…”
“I maghi non esistono più” disse lei alzando un po’ la voce. “E anche se esistessero ora ci sono gli stregoni che ci proteggono.”
“Io sono uno stregone” disse Doryon. “Anche se non mi alleno come dovrei. E se dovessi trovarmi di fronte un mago o una maga non so quanto potrei proteggerti.”
“Non accadrà niente del genere. Io non conosco maghi o maghe.”
Lui la guardò negli occhi.
“Sul mio onore” disse Valya appoggiando il palmo della mano sul petto.
“Dico sul serio Valya” fece Doryon. “Se c’è qualcosa che…” Si piegò in due e tossì. “…posso fare…” Altri colpi di tosse, più forti. “… io vorrei che…” Inspirò una boccata d’aria a fatica e quasi cadde dalla sedia.
Valya si sporse in avanti per sostenerlo. “Che hai?”
“Niente” disse a fatica.
“Non è vero. Non riesci a respirare.”
“Sto bene, ora mi passa.” Fece altri due colpi di tosse e si raddrizzò. Guardò il letto. “Forse è meglio che riposi. I guaritori dicono che non devo stancarmi troppo se voglio recuperare le forze.”
“Ti aiuto” disse Valya sostenendolo fino alla sponda del letto.
Lui si lasciò cadere e giacque immobile, gli occhi chiusi e il petto che si alzava e abbassava lento.
“Fa male?” gli chiese preoccupata.
“Solo quando tossisco. Per il reto sento come un peso sul petto, che mi opprime. E lo stomaco mi brucia anche se non ho mangiato nulla.”
Lei rimase al suo capezzale in silenzio.
“Valya?” chiese Doryon con voce debole.
“Sì?”
“Promettimi che sarai prudente.”
“Lo sarò.”
Doryon annuì e chiuse gli occhi.
Valya attese finché non fu sicura che si fosse addormentato e uscì dalla stanza quasi in punta di piedi. Nel corridoio la guardia attendeva impassibile come l’aveva lasciata poco prima. Non perse tempo a guardarla e si avviò lungo il corridoio.
Quella sera, a cena Doryon non si presentò e nemmeno Hylana.
“La governatrice cenerà col figlio nelle sue stanze” disse Olethe.
“Doryon sta migliorando?” le domandò giocando con le verdure nel piatto.
“Finisci di mangiare e poi ne riparleremo” disse la donna.
Valya mangiò il resto ma Olethe andò via prima, chiamata da un valletto. Quando le fu chiaro che non sarebbe tornata, andò alle sue stanze e si preparò per la notte.
Faticò ad addormentarsi, tormentata dal pensiero dei simboli incisi sulla spada.
Diffida del mio potere, pensò. Ti porterò via ciò a cui tieni. Ti donerò gloria.
Gloria.
Su quel pensiero il sonno la raggiunse.
 
La sala d’armi era vuota e il cortile anche, a parte le due figure che si scambiavano colpi di spada al centro dello spiazzo.
Uscendo, Valya cercò con lo sguardo Ferg Abbylan, ma lui non c’era. Al suo posto, un valletto che le rivolse un’occhiata speranzosa.
“Ho un messaggio di maestro Abbylan per te” disse.
“Un messaggio?”
“Ho da fare in città. Devo organizzare il torneo. Oggi niente addestramento. Dilettati con le gonne e i nastri di sua eccellenza Olethe.”
“Sua eccellenza? Ha usato proprio questa parola?”
Il valletto arrossì.
“D’accordo, puoi andare.”
Il ragazzo sparì in una delle porte e lei rimase sola. Al centro dello spiazzo le due figure si erano fermate e una di esse guardava verso di lei.
Impugnava la spada e la stava osservando con sguardo perplesso. L’altra figura disse qualcosa a lui scosse la testa facendogli un cenno con la mano. Poi mosse qualche passo verso di lei.
“Tu” disse puntandole contro la spada.
Valya si guardò attorno.
“Sì, dico a te” fece lui.
Vedendolo avvicinarsi non poté non notare i folti capelli castani e la figura slanciata. Camminava sicuro, come se quel cortile gli appartenesse e fosse casa sua, anche se forse era la prima volta che ci metteva piede.
Quel viso le ricordava qualcosa.
L’altra figura era quella di un uomo più maturo, forse sulla trentina e sembrava seccata da quella interruzione. “Che stai facendo?”
“Abbi un attimo di pazienza” disse il ragazzo dai capelli castani. “Io ti conosco” aggiunse rivolgendosi a Valya. “Eri nel cortile quando sei quasi finita sotto gli zoccoli del mio cavallo, ricordi?”
“Il cavaliere distratto” disse Valya ricordando quel viso e il tono di voce arrogante.
Il ragazzo fece un ghigno. “Arrogante come al solito. Proprio non conosci il rispetto per un tuo superiore.”
“Il rispetto devi guadagnartelo.”
Il ragazzo la guardò perplesso.
L’altro uomo lo affiancò. “È solo una ragazzina. Lasciala stare.”
Solo una ragazzina? Si chiese Valya.
“Come ti chiami?” chiese il ragazzo.
“Chi me lo sta chiedendo?”
Lui si accigliò. “Devi presentarti a me.”
“Presentati tu” rispose incrociando le braccia sul petto.
L’uomo sbuffò. “Lui è il comandante Stanner” disse. “Zane Stanner.”
“Che fai?” lo ammonì il ragazzo. “Stai dalla sua parte?”
“Voglio solo tornare ad allenarmi. Mi serve per recuperare dopo la lussazione.”
“La tua spalla può attendere” disse Zane. “Devo prima sistemare questa qui. Ti ho chiesto come ti chiami.”
“Valya” rispose.
“La prossima volta stai lontana dal mio cavallo o farai una brutta fine. Potevo calpestarti a morte nel cortile.”
“Non ne dubito, distratto come sei.”
“Io procedevo lungo la strada e avevo il diritto di passaggio. Tu ti sei infilata in mezzo.”
“Io vado dove mi pare. Il cortile non ti appartiene.”
Zane fece un mezzo sorriso. “Ma la senti, Alder? Parlano tutte così le ragazzine di Talmist?”
Valya strinse i pugni.
Il ragazzo chinò la testa di lato. “È una spada quella che tieni legata al fianco?”
La mano di Valya corse d’istinto all’elsa della spada che aveva scelto dalla rastrelliera e aveva infilato nella cintura come Ferg le aveva insegnato.
“Dove l’hai presa?”
“Dalla rastrelliera” rispose.
“Rimettila subito a posto o potresti farti male” disse Zane. “Quelle armi sono pericolose in mani poco esperte.”
“Le mie mani hanno tutta l’esperienza che serve” rispose seria.
“Vuoi dire che la sai anche usare?”
Valya estrasse la spada e gliela puntò contro il petto. “La punta è la parte pericolosa, no?”
Zane non indietreggiò né smise di fissarla. “La tua ha tutta l’aria di una sfida, ragazzina.”
“Mi chiamo Valya.”
“Potresti anche essere la regina di Malinor, ma se mi punti contro la spada, devi prepararti al peggio” ringhiò Zane.
“Avanti” disse Valya con aria di sfida.
Una mano si poggiò sul suo braccio facendola trasalire.
“Non posso lasciarti sola un attimo che ti infili in qualche guaio” disse Ferg Abbylan lisciandosi uno dei baffi.
Valya lo guardò con la coda dell’occhio. “Sei in ritardo.”
“Sono solo arrivato al momento giusto. Ora metti giù la spada e chiedi scusa al comandante Stanner.”
“Io non…”
La presa di Ferg sul suo braccio si fece più forte. “Ti ho detto mettila giù. Ora.”
Valya sospirò e abbassò l’arma. “È lui che mi ha provocata per primo.”
Ferg si frappose tra lei e Zane. “Ti porgo le scuse da parte sua e da parte mia, onorevole comandante.”
Zane lo fissò accigliato.
“La mia allieva deve ancora imparare a tenere a bada la lingua” aggiunse.
“Deve imparare a stare zitta e a portare rispetto” disse Zane.
Valya fece per protestare ma Ferg le fece cenno di tacere.
“Imparerà sia l’una che l’altra cosa, comandante Stanner” disse Abbylan. “Possiamo chiudere qui questo increscioso incidente? La mia allieva e io vi porgiamo le nostre scuse.”
Zane rispose con un grugnito e si voltò senza aggiungere altro.
“Che hai fatto?” fece Valya infuriata. “Lo lasci andare così?”
Abbylan la guardò stupito. “Volevi per caso sfidarlo?” sussurrò.
“Sì” esclamò lei. “Mi ha offesa. Mi ha trattata come se fossi uno straccio per i pavimenti.”
“Forse perché te lo sei meritato?”
“Non è vero” esclamò indignata. “Gli ho solo ricordato che stava per travolgermi col suo dannato cavallo.”
“Lo stava per fare perché tu ti eri distratta.”
“Non è un buon motivo per essere maleducato.”
“Lui è il comandante Stanner” disse Abbylan, come se quello spiegasse tutto.
“E allora?”
“È venuto fin qui da Lormist con un’armata, per aiutarci nella guerra. Se lo facciamo arrabbiare e lo offendiamo, che cosa credi che accadrà?”
Valya si strinse nelle spalle. “Non lo so. Andrà via? Smetterà di aiutarci?”
Ferg scosse la testa con vigore. “Niente affatto. Andrà dalla governatrice a dirle che tu l’hai offeso. Lei concluderà che tu sei la mia allieva e che eri affidata a me e mi chiamerà per risponderne.”
“Quindi stavi solo proteggendo te stesso?” domandò accigliata.
“E per quale altro motivo sarei intervenuto secondo te?”
“Quindi non pensi che Stanner mi avrebbe battuta e hai voluto mettermi al sicuro?”
“Certo che no” esclamò Ferg. “Ovvio che ti avrebbe battuta, ma non ti avrebbe di certo uccisa. Per te sarebbero bastati un paio di colpi e ti saresti ritrovata a fissare il cielo distesa sulla schiena.”
“Tu mi stai addestrando e non credi affatto in me.”
“Valya” disse Ferg abbassando la voce. “Sei una ragazza intelligente e piena di entusiasmo e vuoi imparare in fretta, ma c’è una grande differenza tra l’allieva di un guerriero che combatte con armi spuntate in un cortile e uno stregone che è al comando di un’armata di Lormist e ha già combattuto le sue battaglie. Stanner è un’Aquila Dorata. Lo sai chi sono? Cosa, sono?”
Valya scosse la testa, le labbra serrate. Voleva piangere ma non davanti ad Abbylan, non lì nel cortile dove quel dannato comandante poteva udirla e ridere di lei.
“Stregoni guerrieri” disse Ferg. “I migliori del continente. Selezionati e addestrati per essere i perfetti combattenti. Non hanno mai perso una battaglia e ogni volta che scendono in campo i loro avversari tremano alla loro vista. A volte è bastata la loro presenza a capovolgere l’esito di uno scontro che sembrava già scritto.”
“Va bene, ho capito, non ho nessuna speranza contro quello lì” disse Valya. “Ma non mi sembra un buon motivo per rinunciare a lottare.”
Ferg la guardò con compassione. “È molto nobile ciò che dici, ma le cripte sono piene di coraggiosi dal cuore pieno di nobiltà. Vuoi essere una di loro?”
“No” disse Valya. “Ma dimmi una cosa.”
Ferg rimase in attesa.
“Quelli che hanno affrontato le Aquile Dorate e non sono fuggiti, dove sono adesso?”
“Morti. Chiunque affronti le Aquile Dorate muore.”
 
Valya entrò nella sala in silenzio, come se si stesse recando a una processione. Solo che era lei quella che veniva commemorata.
Prese la spada che aveva rubato dal baule e la soppesò nella mano. Come in precedenza, avvertì il potere fluire dall’oggetto dentro di lei, rendendola più forte, decisa. Sicura.
In quel momento era la rabbia a prevalere su ogni altra sensazione. Le parole di Abbylan risuonavano ancora nella sua mente e lei non riusciva a spezzare il flusso di quei pensieri.
Non ce la farò mai con le mie forze, si disse.
Ci aveva provato. Aveva sperato di potercela fare. Aveva sperato che Abbylan potesse condurla lì dove suo padre non aveva voluto che andasse.
Ma lui non credeva in lei.
Sono solo un modo per compiacere la governatrice, pensò.
Nessuno aveva mai messo in dubbio le doti di Margry Mallor. Lei era diventata famosa a tredici anni, quando aveva affrontato un pericoloso mago che stava tormentando il suo villaggio.
A lei era toccato fare a fette un paio di piante poco fuori la sua casa.
A Margry era stata donata la spada a quattordici anni, come segno di gratitudine e amore da parte di un principe del continente antico, grato che lei avesse liberato il suo regno dalla minaccia di un pericoloso serpente marino.
A lei era toccata una spada spuntata e storta che aveva dovuto nascondere nell’incavo di un albero per non farla scoprire a suo padre.
Gli elfi avevano forgiato per lei una meravigliosa armatura per ringraziarla di averli liberati da un incantesimo. E i nani avevano scavato per lei una reggia degna delle sue imprese.
A lei era toccata una città puzzolente come Ferrador.
Persino i draghi si inchinavano al suo passaggio, omaggiandola.
Non è giusto, si disse. Non è giusto.
Strinse l’elsa della spada fino a sbiancare le nocche.
Se ora Stanner fosse qui, si disse. O se ci fosse Abbylan o suo padre o uno qualsiasi dei figli di Chernin. Se chiunque fosse qui, gli farei capire che io sono Valya Keltel e che devono trattarmi come merito.
Sollevò la spada fino agli occhi e osservò il riflesso di una ragazzina dai capelli neri e mossi, il naso un po’ a punta e il viso rotondo.
Ti porterò via ciò che ami. Ciò a cui più tieni.
Cos’è che amo? Si chiese. E a cosa tengo di più?
Ma ti darò la gloria.
Potrei rimetterla nel baule e dimenticarmi di lei, pensò. Posso farlo stasera stessa, mentre nessuno è di guardia. Da domani tornerò a essere la Valya di sempre e magari quella che Olethe, suo padre e Abbylan si aspettano che sia.
Che quell’arrogante di Stanner crede.
Soppesò la spada nella mano prima di sistemarla di nuovo negli agganci dietro lo scudo.

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