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Autore: Asmodeus    18/12/2020    1 recensioni
[MartiNico/Rames | Niccolò POV]
Le prime due settimane di dicembre 2018 sono state molto difficili per Martino, insicuro sulla sua relazione con Niccolò.
Ma lui invece, come le ha vissute? Come sono stati Bracciano, "Share the Love", Milano e quel "Tu non sei solo", visti con gli occhi di Niccolò?
[Dal testo]Niccolò ha agito d’impulso, come sempre, ma adesso non sa se andare davvero avanti fino in fondo.
Per una volta, sa bene ciò che vuole.
Altrimenti non si sarebbe fatto quell’ora di viaggio da solo fino a Bracciano, per di più rubando l’auto a sua madre e lasciandola a urlare sull’uscio senz’altra spiegazione se non «Devo andare».
Il suo telefono ha vibrato per un quarto d’ora buono, tra le telefonate di sua madre e quelle di Maddalena, prima che lui si fermasse per spegnerlo e continuare ad andare avanti, deciso.
Ma sapere ciò che vuole è abbastanza?

- Questa storia partecipa alla challenge “I like that quote, said the month” indetta da Mari Lace sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Martino Rametta, Niccolò Fares
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Wish Upon A Star

When you wish upon a star
Makes no difference who you are
Anything your heart desires
Will come to you
Pinocchio - Disney

 

SABATO
21:42
1 dicembre 2018
 


La Luna splende timida sulla superficie del lago, una enorme falce che sembra volere un po’ nascondersi e un po’ rivelarsi e per questo oscilla insicura tra le placide onde della riva.
Niccolò ha agito d’impulso, come sempre, ma adesso non sa se andare davvero avanti fino in fondo.

Per una volta, sa bene ciò che vuole.
Altrimenti non si sarebbe fatto quell’ora di viaggio da solo fino a Bracciano, per di più rubando l’auto a sua madre e lasciandola a urlare sull’uscio senz’altra spiegazione se non «Devo andare».
Il suo telefono ha vibrato per un quarto d’ora buono, tra le telefonate di sua madre e quelle di Maddalena, prima che lui si fermasse per spegnerlo e continuare ad andare avanti, deciso.
Ma sapere ciò che vuole è abbastanza?

Il dado è tratto, Nicco.
Continua a ripeterselo, per farsi coraggio e continuare ad avanzare, nonostante tutto.
Si è fermato in un piccolo parcheggio di Bracciano, proprio a ridosso della riva del lago.
Anche perché non sa bene dove andare.
E perché non sa se lui lo vuole.

Maddalena lo ha riempito di dubbi, e il caos nella sua testa non lo aiuta a pensare con lucidità.
Il comportamento di Martino è stato altalenante – probabilmente solo per colpa sua.
Niccolò sa di non essere stabile, di essere una tempesta improvvisa che travolge le vite di coloro che lo circondano e li obbliga a scendere a patti con il suo essere così strano.
Diverso.
Molteplice.
Unico.

Osserva la Luna specchiata sul lago, le increspature che fluttuano su quella falce lontana e ne distorcono la forma in mille modi differenti, rivelandone riflessi mai visti prima e che durano una frazione di secondo prima di svanire per l’eternità.
Le stelle la circondano, e sembrano migliaia di piccoli pesciolini scintillanti che si muovono appena al di sotto della superficie dell’acqua e formano banchi sempre nuovi e mutevoli.
Già, la Luna e le stelle sono proprio questo: mutevoli.

Maddalena direbbe che quelle sono solo sue fantasie, e che sia la Luna che le stelle sono belle fisse lassù nel cielo, tutt’altro che mutevoli.
Lei ha sempre cercato di portare stabilità e solidità nella sua vita: ancorando ogni cosa, inscatolandola, catalogandola, fossilizzandola in delle forme predefinite e in dei limiti ben precisi di modo che si potesse mettere ordine all’interno del suo caos infinito e incomprensibile.
Ci ha provato ad ascoltarla, a seguire i suoi consigli e a credere alle sue interpretazioni della sua realtà – lei che è normale sicuramente sa cosa è giusto meglio di lui, no?
No.
Non lo sa, non lo ha mai saputo.
Il suo caos è sempre stato più forte di Maddalena, sempre più distruttivo delle barriere sempre più alte che lei ha via via innalzato per proteggerlo da quel disordine, da quell’uragano che tutto spazza via.
Da lui stesso.

Ma Martino?
Cosa direbbe della Luna e delle stelle?
Cosa vedono quegli occhi da cerbiatto, così meravigliosi perché sempre aperti al nuovo, alla sorpresa?
Le stelle sono fisse o sono erranti nello spazio, danzatrici ubriache sul grande palcoscenico della notte?
E la Luna? È una dea capricciosa e caotica, che fa impazzire gli uomini col suo disordine e li conduce alla bestialità? O è un punto di riferimento fisso, che li ancora coi suoi raggi bianchi portando la luce nel caos della notte?
E soprattutto, cosa direbbe Martino di lui?

Il dado è tratto, Nicco. Chiamalo.
La voce nella sua testa vuole spingerlo ad agire, a buttarsi come ha sempre fatto, anche stavolta.
Basta riaccendere il telefono, comporre il suo numero che già sa a memoria e…
Avrebbe la verità.

Ma non la hai già avuta, Nicco?
La voce di Maddalena lo raggiunge anche lì, sulle rive del lago, anche se il telefono è ancora spento e lei non sa dov’è né può raggiungerlo.
Ti ha solo detto dov’era, non ti ha chiesto di venire a trovarlo. È coi suoi amici, tu che c’entri? Sei solo un disturbo. E loro non ti vogliono.
Zitta Maddalena, zitta.
Vorrebbe far sparire quella voce dalla sua testa.
Quelle voci.
Hai guidato per nulla, Niccolò. Ridammi la macchina, adesso.
Anche sua madre è lì.
La sente, dietro di sé, il suo respiro apprensivo che si mescola con quello di Maddalena.
Lo sa che sono solo dei fantasmi, e che loro non sono lì fisicamente.
Sa anche che loro vogliono proteggerlo, fare il suo bene e non farlo soffrire.
Hanno sempre avuto ragione, e lui torto.
Sempre.
Perché dovrebbero sbagliare proprio ora?

Niccolò ha la nausea, sente che sta cedendo alla confusione dentro la sua testa.
Le onde del lago non sono adatte a portargli chiarezza, perché mescolano tutte le carte in gioco e riproducono solo del disordine – e nel disordine, come fai a orientarti?
Si accascia per terra, appoggiando di fianco a lui il suo telefono ancora spento.
Gli fanno male le mani, dal tanto che lo ha stretto con forza fino a quel momento.
Il suolo è freddo, e spira anche un po’ di vento. Se continua a star lì si ammalerà.
Ha già il fiato corto, e l’aria gelida gli mozza il respiro.
Alza gli occhi al cielo, per riprendere fiato per un istante grazie a quell’immensità sopra di lui.
Le stelle sono gemme incastonate nel tessuto del cielo, che gli antichi utilizzavano per tracciare la rotta e scoprire dove andare quando tutto il resto falliva.
Forse è capace di sfruttarle anche lui, anche se non ha mai imparato come si fa e loro sono lontane, fioche, deboli e… fisse.
Sono fisse.
Come dice Maddalena.
Vedi? Non si muovono!
“Queste no. Ma quelle cadenti sì, Maddi!” ribatte lui: la certezza di ciò che vuole lo spinge a lottare, a non darsi per vinto a quella voce maligna. “Come la mettiamo adesso? Se alcune stelle si muovono, allora anche io posso avere ragione!
Sarà sufficiente?
Quelle non sono stelle, Nicco, lo sai anche tu. Sono meteoriti, e ci sono ad agosto.” La voce di Maddalena risuona beffarda nella sua testa. “Un po’ tardi per esprimere un desiderio, non trovi?
Niccolò vorrebbe solo piangere, ma ciò vorrebbe dire dargliela vinta anche stavolta.
Si fa coraggio, prende un bel respiro, e le risponde a voce alta.

«Non chiedo alle stelle di esaudire i miei desideri, Maddi. Sto chiedendo loro di continuare a splendere, così da poter trovare la mia via nel buio della notte».


«Che hai detto?»
Questa voce nella sua testa è nuova, non l’ha mai sentita prima.
Non è Maddalena, né sua madre o suo padre, né uno dei mille demoni che affollano i suoi pensieri nei momenti bui.
Impossibile. Me la sarò immaginata.
«Ragazzo? Mi senti? Che cosa hai detto?»
Niccolò si volta di lato.
Una signora sulla settantina lo guarda preoccupata da poco lontano: è tutta infagottata in un lungo e pesante cappotto color giallo, e porta al guinzaglio un volpino rosso.
«Ah, allora ci senti! Che stai facendo lì a terra? Alzati, o prenderai freddo!»
La signora continua a guardarlo, e gli fa gesto di alzarsi in piedi.
Niccolò obbedisce, provando a farfugliare qualche spiegazione: «Mi scusi, io… stavo riflettendo ad alta voce, non l’avevo vista…»
«Sì, l’ho notato» sorride bonaria lei. «Non ti ho mai visto qui, sei della città, vero? Che ci fai qui fuori tutto da solo? Fa un po’ freddo, non hai dove andare a scaldarti?»
Niccolò non riesce a pensare, non sa se per il freddo che gli sta già congelando la testa o per quella presenza improvvisa con quelle domande scomode.
«Sì, io… Dovevo incontrare un amico. Ha casa qui a Bracciano, ma… mi sono perso, e non mi ricordo l’indirizzo».
Niccolò non vorrebbe mentirle, ma spiegare tutto sarebbe troppo difficile.
La signora lo guarda dubbiosa.
Non se la beve.
«E quindi? Che intendi fare?»
«Mi sa che me ne tornerò a casa. Non posso certo suonare a tutti i campanelli qui intorno…»
«E quello?» La signora indica il suo telefono, rimasto a terra. Non si era nemmeno accorto di averlo lasciato lì. «È scarico?»
Gli occhi di Niccolò seguono il dito della strana signora fin verso il suo telefono, poi lui torna a puntarli su di lei.
«No. È solo spento» spiega, raccogliendolo finalmente da terra.
«Allora… non è forse più semplice accenderlo, chiamare il tuo amico, e farsi dare l’indirizzo?»
Niccolò fissa la signora interdetto, pieno di domande che non trovano modo di concretizzarsi in una frase compiuta.
«Lei ha… ha ragione» ribatte semplicemente, tornando a spostare lo sguardo sul suo telefono.
«Grazie. Come ha detto che si chiama scusi?»
Niccolò schiaccia il tasto di accensione, e lo schermo da nero si illumina di nuovo, mentre lui alza lo sguardo sulla donna.
La signora in giallo sorride, stranamente gioiosa, ma non risponde subito.
Il suo telefono fa un rumore strano, e Niccolò abbassa di nuovo lo sguardo.
Quattro chiamate perse di sua madre. E cinque di Maddalena. “Sempre a esagerare, eh Maddi?
«Stella, mi chiamo Stella. E questo batuffolo qui è Martino, invece» annuncia la donna. «Buona fortuna col tuo amico. E se ti verranno ancora dei dubbi, come stasera…tu buttati, Niccolò!»
Niccolò trasecola, alzando di scatto lo sguardo verso la signora in giallo.
Non può essere una coincidenza! E poi, come sa il mio nome?”, si chiede.
Ma della signora non c’è più alcuna traccia, e lui è di nuovo solo nel parcheggio.

Niccolò resta immobile per qualche secondo, chiedendosi che cosa gli è appena successo.
Da quando ha pure le visioni?
Chissene delle visioni Nicco! Allora, lo chiami o no? Che cazzo semo venuti fin qui a fare sennò?
Giusto.
Meno domande, più fatti.
Signora in giallo o no, visioni o no, coincidenze o no, ormai il messaggio è chiaro.
Niccolò compone velocemente il numero di Martino, poi porta il suo telefono preistorico all’orecchio.

Primo squillo.
Osserva la falce della Luna che oscilla placida sull’acqua, e il banco di stelle che la circonda e nuota nel lago.

Secondo squillo.
Forse han ragione Maddalena e sua madre: la Luna e le stelle sono fisse e le sue idee sono solo fantasie come la signora vestita di giallo.

Terzo squillo.
Forse a inseguire questi sogni lui si farà solo del male, andrà tutto male e ne soffrirà.

Quarto squillo.
Però ormai è grande abbastanza per poter decidere da solo cosa fare, di buttarsi e di vedere come va a finire. Quindi… ‘Sticazzi!

Quinto squillo.
«Pronto?»
Ha risposto una voce calda, serena e sorpresa.
Una voce che conosce da poco, ma che sente far parte di lui da sempre.
Una voce che vuol dire rischio e novità e azzardo e dubbio.
Ma una voce che lo fa rabbrividire fin dentro le ossa, gli fa accelerare il cuore e lo fa sentire vivo.
Soprattutto, una voce reale, sicura, affidabile: è la voce di Martino.

 


DOMENICA
10:41
2 dicembre 2018
 


La sensazione di un peso sul petto è qualcosa che conosce fin troppo bene, e che lo accompagna da quando ha memoria.
Non è abituato però ad associare quella sensazione famigliare a ciò che sente ora: amore e felicità.
Normalmente c’è solo un vuoto che pesa come un macigno, o al contrario una cappa oscura che tutto assorbe e annulla.
Invece stamattina le sue narici sono piene dell’odore di Martino, e quella chioma ramata gli solletica la pelle sotto la maglietta man mano che lui si risveglia.
Mentre la sua coscienza riprende il controllo del suo corpo, percepisce Martino muoversi su di lui e di fianco a lui, mentre si risveglia anche lui pian piano.
I ricordi della notte riemergono lentamente: si sono addormentati all’improvviso, abbracciati a farsi le coccole dopo aver fatto l’amore nella casa sul lago.
Quando è arrivato, in casa c’era solo Martino; ma ora, altre voci si mescolano con i rumori del mattino e i movimenti del suo ragazzo che si è finalmente svegliato.
Il suo ragazzo.
È un po’ strano anche solo pensare a queste parole, ma sa che sono realtà.
Anzi: sono la verità che ha spazzato via ogni dubbio che ha avuto fino a ieri sera.
È bastato vederlo, così bello e spaventato e pieno di domande mentre gli apriva la porta e lui entrava in quella casa sconosciuta, e tutte le voci nella sua testa si sono messe a tacere per lasciar parlare i loro corpi.
È stato come ad Halloween: anche lì ha deciso di ascoltare il suo istinto, e sono finiti per baciarsi per la prima volta e poi per dormire insieme a casa sua.
Ma è stato anche profondamente diverso: perché in quel mese qualcosa in lui è cambiato, e se prima il tutto era ancora confuso e indefinito ora gli è decisamente più chiaro.

Quando ha preso la macchina di sua madre la sera prima, non poteva sicuramente immaginare che l’avrebbe poi usata per caricare gli amici di Martino per portarli a fare colazione a Trevignano e sdebitarsi così dell’ospitalità.
Gli amici del suo ragazzo sono un trio di bravi ragazzi, casinari al punto giusto e decisamente molto più amichevoli di quanto si sarebbe mai immaginato.
Martino è molto fortunato: lui, invece, non ha mai avuto amici del genere.
O meglio, non ha mai avuto veri amici punto, perché sono sempre stati gli amici di Maddalena e poi suoi, al massimo. Dopotutto, chi vorrebbe un pazzo come amico?
Però in quei tre ragazzi nota qualcosa di diverso: non lo hanno trattato come un estraneo, né fatto sentire un ospite da tollerare per cause di forza maggiore, bensì come un nuovo amico con cui instaurare un vero rapporto.
In pochi minuti arrivano a Trevignano, e lui parcheggia direttamente davanti al bar mentre i ragazzi si fiondano fuori dall’auto per andare a fare colazione.
Gli fa cenno di entrare – si vede lontano un miglio che il piccolo biondino, Luca, sta morendo di fame – mentre finisce di sistemare alcune cose nella macchina prima di scendere e raggiungerli.
Ha bisogno di un qualche attimo per sé stesso, per riordinare la mente e convincersi che è tutto vero, non una delle sue solite follie.
Martino però è rimasto lì con lui.
«Hai bisogno di una mano?» gli domanda, mentre lo vede cercare di sistemare meglio tutte le cose di sua madre che ha dovuto raggruppare alla bell’e meglio per permettere a tutti di salire sulla piccola automobile.
«Tranquillo, vai pure. Ci metto giusto un secondo».
Non vuole che Martino lo veda così: fragile, insicuro, debole.
La sua vicinanza gli dà forza, ma sa che i suoi demoni potrebbero saltare fuori da un momento all’altro.
«Allora posso benissimo aspettare con te», gli sorride Martino. I suoi occhi brillano di una luce particolare, che ha notato accendersi in lui ogni volta che stanno per baciarsi. È un punto di riferimento, la guida che lo riporta sempre in porto quando si perde nei suoi pensieri più foschi.
Niccolò gli sorride di rimando, poi termina di mettere delle cose nel cruscotto e finalmente sgancia la cintura e scende.
Lui e Martino chiudono le rispettive portiere in contemporanea, poi insieme si avviano verso il bar.
Si trova proprio affacciato sul lago, e Niccolò si ferma per un istante a osservare lo specchio d’acqua con la luce del giorno. I demoni della notte sembrano essersene davvero andati, e questo lo rassicura. Forse gli basta solo sapere ciò che vuole, e tutto stavolta andrà bene.
«È davvero bello qui, sai?» sussurra, mentre Martino si porta al suo fianco e guarda a sua volta quel lago che sicuramente conosce molto bene.
«Già. Ci veniamo con Gio da anni, eppure ogni volta questo posto ci regala qualcosa di nuovo…» concorda il rosso, allungando la mano per cercare la sua.
Niccolò intreccia le sue dita con quelle di Martino, e le stringe forte tra le sue.
La mano del suo ragazzo è calda e la sua stretta rassicurante, molto diversa da quella ansiosa di Maddalena.
Niccolò osserva la placida superficie del lago, ripensando alla sera precedente e a tutto il subbuglio che aveva dentro. Ora sull’acqua vede riflesso il pallido sole di dicembre contornato da tante nuvole, ma sforzandosi un po’ riesce ancora a visualizzare il moto delle stelle riflesse sulla superficie scura del lago.
«Posso farti una domanda?» chiede piano, voltandosi verso Martino.
«Certo» annuisce il rosso, lo sguardo dubbioso ma incuriosito.
«Secondo te, le stelle… si muovono o sono fisse lassù nel cielo?»
Niccolò sussurra quella domanda così strana, eppure così importante, impaurito da quale risposta gli arriverà di lì a poco. Non vuole passare per strano davanti a lui, sa cosa pensa Martino delle persone con problemi come i suoi. Un passo falso, e tutto potrebbe cadere. Ma ha bisogno di avere ora quella risposta: deve sapere chi ha ragione, tra lui e lei.
Martino sgrana gli occhi confuso, ma accetta di rispondergli.
«Beh, non sono un astronomo ma… direi proprio che si muovano, no? Insomma, Keplero, Copernico e tutta quella gente lì, li avrai studiati anche tu immagino!»
Il rosso abbozza un sorriso confuso, ignaro dell’importanza di ciò che ha appena detto.
Niccolò esplode in un sorriso raggiante, e lo abbraccia con forza per ringraziarlo per quelle parole.
Lo sapevo che avevo ragione! Lui è quello giusto!
Martino è sempre più confuso, nonché in imbarazzo per quella situazione, per cui lo lascia dopo un breve istante e gli indica l’ingresso del bar.
«Scusami per la domanda scema, ma una persona voleva convincermi del contrario» spiega, alzando le spalle.
«Che tipo di pasta ti piace?» continua poi, mentre si avviano verso l’ingresso, mano nella mano e il cuore decisamente più leggero.

 


VENERDÌ
20:50
14 dicembre 2018
 


Roma è bellissima da lassù – di notte ancora più che il primo giorno in cui ha parlato con Martino.
Non sono passati nemmeno due mesi, eppure da quel giorno la sua vita è stata stravolta come mai prima.
Il terrazzo della scuola è ancora più spoglio di come lo ricordava, e stavolta non ha nemmeno una paglia a tenergli compagnia – e soprattutto, nemmeno Martino.
Sono soltanto lui, la luce delle stelle e la bellezza di Roma.
Stanotte è davvero l’ultimo uomo sulla Terra.
E come l’ultimo uomo sulla Terra, è solo.

Niccolò osserva le migliaia di lucine che affollano quella notte gelida, sulla terra come in cielo.
È come a Bracciano: anche qui le stelle stanno danzando, lassù come in mezzo alle strade e tra i palazzi.
Poco importa se quelle in cielo sono masse di gas infuocate, e quelle sulla terra fari delle automobili, lampadari delle cucine o addobbi natalizi.
Anche quaggiù ci sono delle costellazioni, dopotutto: riconosce il Cupolone, lontano e maestoso, la stella polare della città; ma anche le torrette di San Giovanni, e più lontano il Vittoriale.
Ma a cosa serve avere dei punti di riferimento e poter trovare la strada anche di notte, se poi essa non ti porta da nessuna parte?

Anche Milano era piena di lucine, una settimana fa.
Hanno osservato insieme la città illuminarsi per attraversare indenne la notte, prenotando il sushi per cena e poi scherzando insieme sulla sua futura proposta di matrimonio.
E poi hanno fatto l’amore, per quello che è sembrato un tempo infinito e bellissimo.
Ma questo è stato prima della notte che ha disintegrato tutto.
Non è stata la notte, Nicco. Sei stato tu.
La voce lo frusta con violenza, ma lui ormai si è abituato.
Anche perché la voce ha ragione: dopotutto è lui quello che si è messo a correre nudo per la città, di notte e con 2 gradi di temperatura.
Stavolta non è Maddi o sua madre che gli parla, dopotutto, solo la realtà.
Loro si sono zittite a Bracciano: da quella sera, la certezza che Martino è l’uomo della sua vita ha messo radici profonde nel suo cuore, soffocando gran parte dei suoi demoni e dandogli sicurezza e coraggio.
Non ha creduto a Maddi, quando lei gli ha detto che Martino non ha nemmeno chiesto come stava dopo la crisi. Sa che non è vero, checché dica la sua ex fidanzata: sicuramente si è preoccupato per lui, e avrà pure chiesto di vederlo, suppone. Ma poi avrà desistito e sarà scappato.
Nemmeno Martino può sconfiggere la sua pazzia.
Perché nessuno può.
È parte di te, Nicco: pensavi davvero di nascondergliela per sempre?
Una nuvoletta di vapore si allontana dalla sua bocca, andando a perdersi nell’aria gelida della notte. Vorrebbe liberarsi di quella parte di sé come si fa col respiro, minuto dopo minuto.
Ma è impossibile.

Gli torna in mente Martino quel giorno al bagno, e il suo lamentarsi di sua madre in depressione.
Se una persona non sta bene con la testa non puoi farci niente”, gli aveva detto. “L’unica cosa che puoi fare è starci il meno possibile. Sennò finisce che esci di testa anche tu.
Le lacrime cominciano a velare i suoi occhi, confondendogli la vista.
Come ha potuto credere che potesse davvero funzionare?
Le sue crisi sono imprevedibili, e come il suo umore altalenante possono arrivare di botto e sparire altrettanto velocemente – ma esistono.
E Martino non le accetterebbe mai, glielo ha fatto capire chiaro e tondo.
Ma lui è quello giusto! Non mi sono mai sentito così, prima. Con nessuno!”, urla un’altra voce dentro di lui, simile alla prima ma più combattiva.
La voce che lo ha spinto ad andare a Bracciano, a rischiare il tutto per tutto per dimostrare a Martino che ha scelto lui, a prescindere da tutto il resto.
Come può non funzionare tra di loro? Davvero il suo disturbo psichiatrico è più forte di lui stesso?
Davvero può essere solo come hanno sostenuto Maddi e sua madre?

Niccolò alza gli occhi al cielo, velati da quelle lacrime che non vogliono andarsene.
Le stelle sono immobili, piccoli puntini incastonati nel mantello nero della notte.
Come dice Maddi” pensa immediatamente.
Poi però è la voce di Martino che sente nella sua testa, invece che quella di Maddalena: “E Keplero e Copernico? Non li hai studiati anche tu?
«Certo che li ho studiati», mormora lui verso il cielo: Martino si merita una risposta a voce, e non solo nella testa – anche se quel Martino è solamente una delle tante voci che affollano i suoi pensieri.
E poi è come se risentisse un’altra voce rispondergli da dietro le spalle: «Che hai detto, ragazzo?»
È impossibile che sia lì, stavolta lo sa, ma percepisce comunque la presenza della signora di Bracciano a qualche passo dietro di lui.
«Non mi avevano detto che il disturbo borderline di personalità mi avrebbe fatto avere anche le allucinazioni…» commenta, stanco.
«Chi ti dice che io lo sia?» sorride la signora Stella col suo cane – perché sì, c’è anche lui sul terrazzino, se lo sente.
«Tu non esisti. Sei solo una delle tante voci nella mia testa…» comincia a spiegare, rassegnato davanti a quella discussione a voce alta simbolo evidente della sua follia.
«Quindi le voci nella tua testa non esistono, giusto?» chiede la donna, e Niccolò sa che il suo sorriso è diventato ancora più ampio.
«Esatto. Siete solo dei pensieri, gli unici compagni dell’ultimo uomo sulla Terra…»
Niccolò scalcia via un sassolino capitato chissà come fin lassù, osservandolo precipitare giù dal terrazzino.
«Dovresti smetterla di essere così melodrammatico, Niccolò. Non siamo mica a teatro!» ride la vecchietta. «Ma in tal caso, saresti un ottimo attore, non trovi?»
«Suppongo di sì…» risponde lui, chiedendosi perché stia dando così tanta corda a quella che non è altro che una sua fantasia.
«Comunque», continua la donna, «dicevi che siamo solo delle allucinazioni, giusto?»
«Esattamente» replica secco. Sta cominciando a stufarsi di quel discorso con sé stesso, e gli piacerebbe che la donna se ne andasse. Vorrebbe solo piangere, ma non riesce a fare nemmeno quello.
«Allora perché continui ad ascoltare noi, e non segui il tuo istinto?»
«Il mio istinto?» chiede il moro, spostando finalmente gli occhi dal cielo stellato e trattenendosi dal voltarsi verso la donna. Sa che quando lo farà, lei svanirà nel nulla – e ora ha deciso che vuole ascoltarla.
«Sì, proprio lui!» conferma la vecchietta, mentre il suo cane sottolinea l’affermazione abbaiando. «Halloween, Bracciano… quando l’hai ascoltato ti ha sempre portato sulla strada giusta, non è forse vero?»
Niccolò sente un brivido scendergli giù per la schiena, mentre la pelle gli si rizza sotto al cappotto – stavolta non per il freddo che fa lassù.
Ricorda quello strano fuoco che ha sentito dentro, sia poco prima di fuggire insieme a Martino la notte di Halloween, sia quando ha rubato la macchina a sua madre per raggiungerlo fino a Bracciano. E subito ha davanti a sé la figura di Martino, e il cuore comincia a impazzirgli dentro al petto.
«Perché mi dici questo?» chiede, la voce che gli trema.
«Hai un telefono no? Scrivigli». La signora ha ora una voce ferma e decisa, quasi come se gli stesse dando un ordine per abbattere il muro delle sue insicurezze.
«Non serve a niente, mi avrà bloccato. E comunque, che gli dovrei dire?» Niccolò è confuso: vorrebbe ascoltare la donna, ma a che servirebbe dopotutto? «Sicuramente non vuole più avere nulla a che fare con me» aggiunge difatti, sconsolato.
«Questo non puoi saperlo finché non gli scrivi. Spiegagli cosa senti davvero, apri il tuo cuore».
Niccolò sente nuovamente quel brivido lungo la schiena: ripensa al viso di Martino mentre si avvicina per baciarlo, a quella luce che ha visto brillare nei suoi occhi da cerbiatto tutte le volte che hanno unito i loro corpi per essere una cosa sola.
Può essersela immaginata, quella luce, ma se invece ci fosse davvero? Se fosse realmente Martino l’uomo della sua vita, come sente fin dentro le ossa, tanto da far male?
«Credo di doverti ringraziare ancora una volta, Stella», sorride malinconico, continuando a dare le spalle alla donna. Ciò che sta per fare non è semplice, anzi sarà quasi certamente un fallimento. Ma ci tiene a ringraziare quella proiezione dei suoi pensieri, per avergli indicato nuovamente la strada.
«E per che cosa, Niccolò?» La voce della donna è dolce come una carezza di una notta, e lo fa sentire protetto come in un abbraccio. «Quando avrai bisogno, alza gli occhi al cielo e ricordati che noi continueremo sempre a splendere…»
«… per aiutarmi a trovare la via nel buio della notte» conclude il ragazzo, voltandosi ad osservare finalmente la donna.
Come immaginava, sul balcone non c’è nessun altro oltre a lui – l’ultimo uomo sulla Terra.
Niccolò lancia un’ultima occhiata verso le stelle che splendono alte nel cielo, poi estrae il cellulare dalle tasche e comincia a scrivere.

Sono sul terrazzo dove ci siamo conosciuti e ti penso. Niente istinti suicidi non preoccuparti. Solo malinconia.”
Alza gli occhi dal telefono, per pensare e respirare meglio. Le luci di Roma riverberano nei suoi occhi velati, mentre finalmente le prime lacrime cominciano a scendere.
“So che sei laggiù in una di quelle lucine. E ti penso.”
Non si è mai aperto così tanto con qualcuno, e scrivere le successive parole gli costa un’enorme fatica. Ma non si arrende, e va avanti.
“Penso che sono innamorato di te e non ho mai provato prima quello che provo per te.”
Niccolò prende un altro respiro, poi continua. Vuole dirgli la verità, tutta la verità.
“Penso che non mi crederai. Scusami se ti ho spaventato. Se non ti ho detto dei miei problemi. Ma avevo paura di perderti. Ma in fondo siamo già tutti gli ultimi uomini sulla terra. È impossibile perdere qualcuno perché siamo tutti soli.”

Niccolò preme finalmente invio, e quella breve lettera a cuore aperto comincia il suo viaggio nell’etere alla ricerca di Martino.
Chissà cosa stai facendo…
Niccolò si appoggia alla ringhiera del terrazzino, e comincia a fissare lontano, laggiù, verso San Giovanni. Quelle torri che ha indicato quel pomeriggio lontano a Martino.
Poi comincia a piangere in silenzio, lasciando che il vento gelido della sera cristallizzi le sue lacrime e porti via con sé tutto quel dolore e quella malinconia.


SABATO
11:27
15 dicembre 2018
 


Pochissimi posti lo fanno sentire al sicuro quando ha le crisi depressive, l’altra faccia della medaglia della sua mente particolare. Quando il suo animo raggiunge i picchi più alti, o i burroni più profondi, di solito l’unico rifugio è il suo letto: si nasconde sotto le coperte come se fosse un bambino, in attesa che la tempesta che ha dentro si plachi e il mondo la smetta di girare così velocemente. Non vuole nessuno intorno a sé, nemmeno la luce del giorno che lo obbligherebbe a tingere ciò che lo circonda di colore – quando dentro è tutto un’esplosione di bianco e nero e altri contrasti così estremi.
Eppure, anche la camera di Martino sembra dargli una qualche sicurezza, benché non l’abbia praticamente mai vista prima.
Hanno dormito insieme stanotte, dopo che il suo ragazzo lo è venuto a recuperare sulla terrazza, e anche se quelle lenzuola non sono le sue odorano comunque di casa e sicurezza.
Come Martino: l’unico che abbia accettato di dormire al suo fianco mentre tutto implodeva nella sua testa, una solida colonna a cui aggrapparsi mentre tutto il resto crollava giù.
La differenza col resto del mondo è evidente: gli altri hanno sempre cercato di imporsi su di lui, in questi momenti, oppure lo hanno ignorato e lasciato da solo – perché è quello che chiede sempre, di essere lasciato solo per non ferire nessuno.
Martino, invece, è diverso: lo ha riportato a casa, ma facendogli scoprire un nuovo significato per quella parola; ha dormito con lui, ma senza stargli addosso e lasciandogli i suoi spazi; e lo ha pure svegliato e coccolato, senza obbligarlo a uscire dal suo rifugio in modo brusco ma traghettandolo dolcemente al di fuori della tempesta.

E ora, ha saputo pure inventarsi un gioco.
Un gioco.
Per loro due.
Da fare insieme.

Perché «tu non sei solo» – ecco cosa gli ha detto ieri sera, quando è arrivato da lui nel momento in cui si sentiva più solo che mai.
Perché «guardami: non ho la faccia triste» – quando lui, svegliandosi, si è rifiutato di guardarlo per paura di vedere il solito sguardo di rassegnata compassione che tutti hanno quando lo osservano stare così.
Perché «tu secondo me non sai un cazzo» – davanti al suo volerlo allontanare da sé sostenendo che lo avrebbe fatto soltanto soffrire fino a farsi odiare.

«Smettila di pensare al futuro», gli dice, mentre lui continua a dargli le spalle e a provare a innalzare il suo solito scudo – fallendo miseramente per la prima volta.
«Godiamoci questa cosa, ogni giorno, con serenità», continua, il fiato caldo sul suo collo, la voce rassicurante, la sua mano a cullarlo con delicatezza.
E poi Martino lo sorprende ancora, alzandosi sospeso su di lui e obbligandolo a voltarsi per guardarlo – il primo a riuscirci – mentre gli spiega il loro nuovo gioco.
«Facciamo un gioco: si chiama “Martino e Niccolò minuto per minuto”» esordisce, mentre la luce del mattino fa sfolgorare i suoi capelli come se fossero rame scintillante.
«Funziona che praticamente dobbiamo pensare soltanto al minuto successivo. Ci stai?»
Niccolò ci pensa un po’: nessuno ha mai inventato un gioco da fare soltanto con lui, e che porta pure il suo nome.
Nonché un gioco che non può fare con nessun altro, se non con Martino.
Prendere decisioni quando è ancora nel momento “burrone profondo” non gli è mai riuscito bene, né sarebbe saggio, ma Niccolò ha ormai capito che deve buttarsi quando si tratta di Martino.
Per questo decide di starci, di giocare a quel gioco soltanto loro, e di vedere come va.
«E che facciamo nel prossimo minuto?»


MARTEDÌ
8:19
15 dicembre 2020
 

 

La sveglia suona, e Niccolò si volta nel letto per guardare Martino che mugola assonnato stropicciandosi gli occhi per poi tornare a nascondere comunque la testa contro il cuscino.
Stranamente stamattina è lui quello sveglio da subito – ma dopotutto ha fatto un sogno fin troppo vivido per essere ancora addormentato.
Più che un sogno, è stato un ricordo: dei primi giorni con Martino, di quando tutto gli sembrava appeso a un filo e pronto a spezzarsi a causa della sua differenza. Delle scelte che ha fatto nei momenti cruciali, dei dubbi che ha avuto e di come poi sia sempre finito tutto bene.
Ha anche sognato la signora Stella, ed è stato strano ricordarsi di lei dopo tutto questo tempo – considerato poi che si tratta semplicemente di una delle tante voci che ogni tanto affollano la sua mente.
Un po’ le manca, lei coi suoi consigli sempre corretti e le apparizioni improvvise – ma ricordando che era presente insieme alle voci maligne di Maddi e di sua madre, preferisce non vederla più, possibilmente. Ha fatto pace da tempo con quei lati oscuri della sua vita, irrispettosi anche dei volti che portavano: perché stando con Martino ha capito che né Maddalena né sua madre gli volevano del male, semplicemente non riuscivano a trovare la chiave giusta per il suo cuore.
La sveglia suona di nuovo, e Martino si arrotola ancora di più tra le coperte e schiaccia ulteriormente la faccia contro il cuscino – stamattina non vuole proprio alzarsi.
Niccolò non può fare a meno di sorridere: due anni prima probabilmente anche lui doveva sembrare così agli occhi del suo fidanzato, mentre cercava di risvegliarlo da quel buio in cui era piombato.
Si avvicina al suo ragazzo, sgusciando tra le coperte e abbracciandolo con delicatezza.
Dovrebbe svegliarlo del tutto, eppure decide di godersi qualche attimo in più di quel calore che solo lui conosce, e di cui si inebria ogni mattina da qualche mese ormai.
Scegliere di andare a convivere è stato un passo enorme per entrambi, soprattutto per due persone che hanno scelto di non pensare al futuro se non un minuto alla volta – e quanti minuti sono una vita insieme?
Un tempo una scelta del genere per lui sarebbe stata impossibile, ma come gli ha insegnato Stella, si è fidato del suo istinto e alla fine ci ha preso ancora una volta.
Vorrebbe dirglielo, che ha avuto ragione lei alla fine, ma una parte di lui in qualche modo è certo che la donna lo abbia già saputo.
Martino si accoccola ancora di più tra le sue braccia, mormorando qualcosa di dolce che ha che fare col restare a letto tutto il giorno invece che alzarsi.
Niccolò soppesa quell’idea, incerto su cosa sia giusto fare – e come ha imparato due anni prima, sceglie di non pensare al futuro.
Stringe quindi forte forte il suo Martino, cominciando a baciarlo un po’ ovunque e beandosi di quell’ennesimo momento solamente loro.
La vita continua a scorrere, fuori, e prima o poi una decisione per la giornata dovranno prenderla, ma in quell’istante la cosa importante sono i loro baci e le loro coccole.
Almeno per il tutto il minuto successivo.

🦒🌟🦒


Bentrovati a tutti in un'altra delle mie OS su Martino e Niccolò!

Questo giro sono stato più prolisso e malinconico del solito, ma ho voluto parlare un po' di quella rollecoaster emotiva che è stata l'inizio di questa splendida coppia, visto però dagli occhi di Niccolò. Tutto è partito dalla citazione della challenge di Lita_EFP: non appena ho letto quel prompt l'ho legato indissolubilmente alla scena di Niccolò sul terrazzino del Kennedy che vaga con lo sguardo tra le luci di Roma pensando a Martino, cercando in quelle luci una qualche guida su cosa fare per farlo tornare da lui. Da lì l'idea si è evoluta, e ne è uscita la storia che avete appena letto. Spero di aver sviluppato in modo interessante l'idea, e che ciò che ho scritto vi sia piaciuto nonostante mi sia preso alcune libertà (la questione di queste allucinazioni di Niccolò, per esempio: mi sembrava un modo più "semplice" presentare il suo disturbo psicologico, ma spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno descrivendolo in questo modo). Qualora voleste lasciarmi un vostro parere su questa storia bella corposa, vi attendo nelle recensioni. In ogni caso, grazie a chiunque abbia letto fino a qui e un grosso abbraccio! A presto!

[Prompt: "Non chiedo alle stelle di esaudire i miei desideri. Chiedo loro di continuare a splendere, così da poter trovare la mia via nel buio della notte. (da "Destiny: red string", un webtoon. Traduzione mia.)"]

   
 
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