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Autore: mask89    18/12/2020    21 recensioni
“Questa storia partecipa a Prompt nevosi e natalizi indetta da Emy Milicchio nel Giardino di Efp”.
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Non ci poteva far nulla, lei aveva bisogno di lui; sentiva l’impellente necessità di sentirsi toccata dalle sue mani callose, bramata dalla sua bocca screpolata, desiderata dalla sua voce suadente, amata da tutto il suo corpo.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa storia partecipa a Prompt nevosi e natalizi indetta da Emy Milicchio nel Giardino di Efp”.

 

36) X sta tornando a casa, ma all'improvviso scivola sul ghiaccio



 
A new beginning

 

Scese dal letto, nel movimento prese la pesante coperta per coprire la sua nudità; non era la prima volta che faceva sesso, anzi l’amore, con lui, però, non riusciva a non provare vergogna ogni qualvolta finiva. Forse quel gesto era per coprire i sensi di colpa e di vergogna che l’assalivano, inevitabilmente, dopo ogni amplesso. Ma non ci poteva far nulla, lei aveva bisogno di lui; sentiva l’impellente necessità di sentirsi toccata dalle sue mani callose, bramata dalla sua bocca screpolata, desiderata dalla sua voce suadente, amata da tutto il suo corpo. Era ben consapevole che quello che provava l’uomo non era un mero desiderio fisico, lui l’amava, più della sua stessa vita; sapeva che, a causa sua, stava mandando a rotoli un matrimonio, una stabilità affettiva, che si era costruito tra mille difficoltà, per cosa? Solo per accontentarsi di quel surrogato di relazione che lei, caritatevolmente, gli offriva. Bel modo di ripagarlo della sua devozione, del suo sentimento, del suo amore. Ma, al momento, quegli incontri occasionali dettati dalla necessità, ovvero quando sentiva l’impellente bisogno di uscire da quella gabbia dorata che si era costruita con le sue stesse mani, era tutto ciò che gli poteva offrire. Si rivestì in fretta e si sistemò i capelli al meglio delle sue possibilità. 

«Vai già via?» 

«Sì»

«Rimani con me, almeno un altro po’.»

«Non posso.»

«Non puoi mai.»

«Ho una famiglia da cui ritornare e anche tu.» Disse con un tono più affilato di quanto voleva realmente.

«Sempre così cocciutamente razionale, eh?»

Decise di non rispondere, se lo avesse fatto avrebbe tradito le sue vere emozioni. Voleva dannatamente restare lì con lui, in quello che lei reputava il suo angolo di mondo felice, ma sapeva che la realtà non si fermava dinanzi a certe cose. Si mise il cappotto e uscì di corsa da quella stanza di albergo. 

Il freddo di Dicembre la colpì con tutta la sua forza, facendole arrivare il gelo fino alle ossa. Finalmente era sola e il buio del pomeriggio inoltrato era la sua unica compagnia, poteva lasciarsi andare. Le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento, ora erano libere di percorrere il suo viso. Come diavolo era finita in quell’incubo? Apparentemente la sua vita era perfetta, invidiabile; aveva sposato Victor, un rampollo di nobile origine e prossimo a guidare la multinazionale di famiglia, aveva una splendida figlia, eppure non riusciva a sentirsi felice, appagata. La verità era che la sua vita matrimoniale peggiorava ogni giorno che passava; suo marito era sempre assente a causa dei suoi impegni lavorativi, allargando sempre più quel baratro affettivo che ormai era diventato una voragine senza fine; neanche l’amore per sua figlia e il gettarsi a capofitto nel lavoro riuscivano a riempire quel vuoto. Solo lui ci era riuscito. 

Le lacrime aumentarono notevolmente, mentre le gambe cominciavano a lanciare i primi segnali di dolore, a causa del freddo e dello sforzo a cui le stava sottoponendo; considerando che vagava senza una meta precisa ad una velocità sostenuta, in quella metropoli sconfinata, dove la gente non faceva molto caso a chi gli passava accanto.

Come aveva potuto approfittare in quel modo del suo migliore amico, di David? Sapeva che fosse tremendamente sbagliato quello che faceva, che lo stava sottoponendo ad un dolore atroce, visto che dapprima aveva rifiutato il suo amore ed ora lo aveva ridotto ad essere il suo amante; ma non poteva farne a meno, con lui si sentiva viva, completa. 

Un suono di clacson in lontananza la distolse da quei pensieri, ma decise di non farci caso. Uno dei tanti in quella città caotica.

Lei era la causa della sua infelicità, dei suoi continui litigi coniugali, dell’odio che i figli cominciavano a provare verso di lui, motivo delle sue ripetute assenze. Glielo aveva confessato in una di quelle fughe fatte di sesso, passione e lacrime . Si sentiva una persona orribile per ciò che gli stava facendo, ma allo stesso tempo con lui al suo fianco si sentiva libera, autentica, sé stessa. Ma il senso di colpa la stava lentamente dilaniando.

Il suono del clacson si fece più vicino ed insistente, ma non lo degnò di attenzione.

Lo amava, ecco qual’era la verità e doveva lasciarlo andare, per il suo bene. Doveva scappare via da lui prima che fosse troppo tardi, prima che tutto divenisse irrimediabile. Si asciugò le lacrime. Doveva distruggere quello che si stava creando, quello che si era formato tra loro due. Doveva consegnarsi al suo destino, per il suo bene.

Il bip prolungato del clacson della macchina la riportò alla realtà. Si voltò, i fari dell’auto l’accecarono. Sorrise. Una volta tanto il fato era dalla sua parte. L’automobile che si avvicinava sempre più e il prolungato fischio del clacson furono le ultime cose che vide e udì, poi il vuoto.

 

Bip

Bip

Quel fastidioso suono a intermittenza le stava trapanando la testa. Provò a muoversi, ma una forte scossa di dolore le attraversò tutto il corpo, mozzandole il fiato.

«Fa piano.» Le disse una voce a lei nota, ma che non riusciva al momento ad associare a nessun volto. 

Dischiuse lentamente gli occhi. Un soffitto bianco le si parò davanti. Dove si trovava? Girò lentamente la testa, vide dei macchinari alla sua destra, era da lì che proveniva quel suono martellante. Si voltò alla sua sinistra e mise a fuoco il volto della misteriosa persona che era lì presente. 

«David?!» Esclamò con un filo di voce. Era stupita di vedere lì il suo migliore amico.    

«Almeno mi riconosci» disse sorridendo il ragazzo «mi hai fatto preoccupare.»

«Cosa è successo?»

«Non ricordi nulla?»

Provò a rifletterci su, ma non riusciva a focalizzare nulla, stava per mollare, quando un flash si fece largo nella sua testa: era uscita dal lavoro e l’abbondante nevicata e la temperatura rigida avevano reso il fondo stradale scivoloso. Era quasi giunta alla macchina, quando era scivolata su una lastra di ghiaccio, cadendo rovinosamente a terra, sbattendo la testa, prima che tutto si facesse buio, aveva sentito qualcuno urlare il suo nome.

«Che botta.» Disse imbarazzata.

«Già, i medici dicono che sei stata abbastanza fortunata, solo una leggera commozione cerebrale. È proprio vero che hai la testa dura.»

«Dov’è Victor?»

«Appena ha saputo che le tue condizioni non erano gravi è ritornato a casa.»

«E perché tu sei rimasto qui?»

«Che razza di domanda è? Volevo assicurarmi che stessi bene.»

Eve girò la testa verso l’ampia vetrata, la neve aveva ricominciato a cadere abbondantemente. Lunghi brividi percorsero la sua schiena; non era mai stata una tipa che credeva al destino o al caso, ma quello strano sogno che aveva fatto le era sembrato più reale che mai. Si chiese se lei fosse veramente felice con Victor, la risposta che si diede fu impietosa. No. Era ormai da tempo che la loro relazione era finita, solo che non lo volevano ammettere. Indirizzò il suo sguardo verso David e non poté impedire di sorridere. 

«Va tutto bene?»

«David, tu mi ami?» Vide il volto del ragazzo andare a fuoco. Aveva colpito nel segno, ormai conosceva ogni sua singola reazione, e sapeva che diventava così quando qualcuno scopriva un suo segreto.

«Penso che quella caduta ti abbia fatto veramente male. Forse è meglio che vada a chiamare qualcuno.» Ma prima che potesse muoversi la ragazza lo bloccò sul posto, afferrandogli il polso.

«Non sono mai stata meglio in vita mia. Rispondi alla mia domanda.»

«Tu sei fidanzata con Victor e sei prossima al matrimonio.»

«Continui a cambiare argomento, rispondi alla mia domanda.»

«Mi vuoi dire cosa ti prende?»

Eve lo fissò in silenzio. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che aveva fatto un sogno talmente vivido da sembrare reale? Che aveva avuto una premonizione sulla sua vita futura? Sulla sua infelicità? Era difficile accettarlo per lei, figuriamoci se riusciva a spiegarlo. Però, quella caduta, quella visione, erano stati più chiarificatori che mai.

«Cazzo David, sono in ospedale con una commozione cerebrale e Victor non si è neanche degnato di restarmi accanto, mentre tu sì. Te lo ripeto per un’ultima volta e sii sincero, altrimenti considererò chiuso il nostro rapporto: mi ami?»

«Si.» Disse flebilmente il ragazzo. «Dal primo giorno che ti ho vista.»

Eve attirò a sé David, fino a far combaciare le loro bocche. Dapprima il bacio fu casto, poi entrambi sentirono l’esigenza di approfondirlo. Quando la necessità respirare si fece impellente, si allontanarono a malincuore.

«Riuscirai mai a perdonarmi per essere stata così stupida?»

«Non ti ho mai incolpata di nulla.» Sorrise. «E Victor?»

«Appena sarò in forze lo chiamerò. Tra noi è finita, anzi, probabilmente tra noi non è mai iniziata...»

David si distese accanto a lei sul letto. Entrambi guardarono la neve che cadeva lentamente. Quello sarebbe stato il Natale più bello della loro vita, il primo di una lunga serie.





 
   
 
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