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Autore: Tenar80    19/12/2020    1 recensioni
Jude odia essere quello che è, ma non può farci niente. Odia essere basso, avere una voce ancora infantile e un viso da ragazzina. Odia essere un uccisore d'angeli, ma non può farci niente. E il mondo non può fare a meno di lui.
Questa fic è autoconclusiva e autonoma, ma fa parte della raccolta "L'assedio degli angeli - Preludi"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'assedio degli angeli – preludi'
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Forse, ha pensato Jude la prima volta che ha varcato la porta delle dimensioni, gli angeli li odiano per invidia.

    Non fluttua davvero nel vuoto, in nessun luogo abitabile esiste davvero il vuoto, ma la sensazione è quella. Non c’è nulla. Una distesa, per quel che ne sa sterminata, di un buio che non è propriamente nero, senza un sopra né un sotto. Forse, assomiglia alle profondità oceaniche, dove nessun pesce riesca a vivere.

    Jude si guarda intorno. Si era aspettato di essere catapultato al centro della formazione, nel cuore di una battaglia. Invece no. Non è neppure vicino al margine. 

    Gli angeli, in qualche modo, mantengono visibile il margine congruente delle dimensioni. Osservano la Capitale dell’Impero come gli uomini fanno con i pesci di un acquario. Considerando l’assoluta noia del resto Jude non si sente di biasimarli. Forse, se il suo unico passatempo fosse osservare un acquario ogni tanto gli verrebbe voglia di infastidire i pesci, prenderne uno o due per la cena. Ma non c’è il margine, lì, e neppure ci sono i suoi compagni. Non ci sono neppure punti di riferimento. Jude potrebbe essere ovunque. Perché mai George ha forzato il passaggio per mandarlo lontano da loro?

    Poi intuisce, più che vederlo, un lampo di luce. Poi un altro. Lontano, in basso, o meglio, sotto i suoi piedi. Nonostante l’addestramento, è sempre difficile per una creatura della superficie terrestre ragionare su quattro dimensioni. Non gli era venuto in mente di guardare sotto i propri piedi. Bene, Il nero che non è nero in «basso» sfuma in grigio più chiaro. È laggiù che ci sono esplosioni di luce, che stanno combattendo.

    Se fosse davvero «giù», se ci fosse la gravità ad aiutarlo, Jude scenderebbe in picchiata. Invece deve volare, senza potersi dare una spinta per partire. Le ali della tuta sono forti, ma i muscoli della sua schiena non sono nati per quel lavoro, fendere l’oscurità è faticoso. C’è ossigeno in quell’oscurità. Lo assorbe attraverso la tuta, che poi lo concentra e lo convoglia al respiratore che tiene in bocca. È questo il motivo per cui le sue imprecazioni non si propagano oltre la sua mente.

    George potrebbe parlare alla sua mente. Ma non lo ha fatto. Non lo fa neppure mentre Jude si avvicina. Neppure lui gli trasmette qualcosa. Non lo sanno per certo, ma hanno il sospetto che almeno alcuni angeli possano sentirli, proprio come se stessero urlando.

 

    Adesso capisce perché George non lo ha voluto direttamente con loro.

    Dodici essere umani e una decina di angeli stanno combattendo proprio «sopra» il margine.

    Dall’alto sembra che tutti fluttuino proprio sopra il centro della Capitale.

    Dalla città non li possono vedere. Il margine non è stato (non ancora) infranto. Il gruppo di George sta tenendo occupati gli angeli, impedendo loro di aggredire la città. Ma hanno dovuto raggrupparsi. Gli angeli si muovono nel loro ambiente. Sanno trasformare gli atomi in plasma con il proprio sguardo. Gli uomini no. A confronto dei fluidi, velocissimi movimenti degli angeli, sembrano creature sgraziate, uccelli feriti che si librano in volo a stento.

    George tiene le enormi ali della sua tuta dispiegate. Sono resistenti agli attacchi degli angeli ben più delle altre e le usa come scudo dietro cui i compagni possano nascondersi. Ma dal momento che i nemici li hanno circondati, non c’è modo di proteggerli tutti. Dai movimenti Jude intuisce che almeno uno di loro (Miles?) è ferito. Ben presto dovranno scegliere se salvare la propria vita, rientrando, o salvare la città.

    Il primo dei loro ordini è sempre quello di portare lo scontro fuori dalla capitale, o, almeno, nei quartieri più periferici, ma è ovvio che in questo momento le Ali Nere non hanno alcun controllo. Non hanno mai fronteggiato dieci angeli insieme. È probabile che dieci angeli possano radere al suolo il centro della Capitale.

    Arriveranno rinforzi?

    Oltre al Quartier Generale, l’Impero possiede altri quattro distaccamenti delle Ali Nere, nei punti in cui le dimensioni sono più a contatto. Chris li avrà sicuramente avvisati. Ci vorrà del tempo, però. Al momento è Jude il rinforzo.

    Anche se la sua sensazione è che il proprio volo sia del tutto silenzioso, il ragazzo è quasi sicuro che gli angeli possano sentirlo, ma forse non mentre combattono con un tale accanimento.

    Cerca sempre la testa del serpente, diceva Vic. Asseriva che gli angeli non potevano essere così diversi dagli esseri umani. Se è compatibile la loro biologia devono esserlo anche gli schemi mentali.  Magari sono come le api e i leggendari Generali Angelici se ne stanno lontanissimi, nei loro imperscrutabili alveari, e li controllano a distanza (i poteri della tuta di George potrebbero suggerirlo).  Tuttavia secondo Vic devono avere comunque un capo per ogni manipolo. Quindi Jude resiste alla tentazione di prendere la propria arma e di cercare di colpire il bersaglio migliore. Chi comanda lì?

    Il capo degli angeli protegge o viene protetto dai suoi sottoposti?

    Non importa, direbbe Vic. Cerca una qualsiasi variazione allo schema. Il capo può essere uno solo. Chi si comporta in modo diverso?

    Miles (ora Jude è sicuro che sia lui), viene ferito una seconda volta e scompare.

    Il che è un bene e un male.

    È un bene perché vuol dire che Miles era ancora in grado di azionare il dispositivo per il salto dimensionale. Un male perché in questo modo si è creato un varco. Uno dei raggi di plasma degli angeli supera lo schieramento. Jude è troppo lontano per capire dove vada a colpire, ma è certo che sia nel centro della Capitale.

    Serrare i denti non è una metafora. Gli dolgono i muscoli delle mascelle. Deve allentare la pressione, o romperà il respiratore. Presto anche gli angeli, non solo i loro raggi, riusciranno a passare. Le molecole dei loro corpi si modificano nel passaggio, Jude non conosce abbastanza la fisica per sapere il perché, gli interessa solo il risultato. Loro hanno bisogno di usare armi diverse nelle due dimensioni, gli angeli no. Inoltre, come se questo non bastasse, gli angeli sono più difficili da uccidere nei cieli della Terra.

    George sta facendo fatica a dirigere il gruppo. Dovrebbero contrattaccare, invece pare sfinirsi nel tenere il più possibile al sicuro i suoi. E non è possibile. Per quanto resistenti, anche le sue enormi ali si danneggiano se colpite ripetutamente con raggi di plasma. 

    Jude chiude gli occhi. 

    Non deve guardare loro.

    Non sono amici, non ne ha, ma sono comunque persone che dividono quotidianamente i suoi spazi, hanno un volto e un nome. Finire mutilati o morti fa parte del gioco, no? Solo la metà delle Ali Nere si congeda, dopo appena dieci anni di servizio, con ancora tutti gli arti al loro posto. Lo sapeva. Non dovrebbe far male vederlo mentre accade, no?

    Riapre gli occhi.

    Deve guardare gli angeli.

    Sono disposti a semicerchio, ma si muovono veloci, scambiandosi di posto.

    Uno, tuttavia, rimane sempre più arretrato, protetto. Nonostante i loro movimenti frenetici, Jude è sicuro che sia sempre lo stesso.

    O è ferito, decide, e gli altri lo stanno difendendo, o è il capo.

    Se fosse ferito potrebbe semplicemente andarsene, dato che in apparenza sta solo facendo sprecare energie ai suoi compagni. 

    In ogni caso, si rende conto Jude quando un secondo soldato è costretto ad abbandonare il capo, la situazione delle Ali Nere non può peggiorare. 

    Tanto vale tentare.

    Il difficile è arrivare alle spalle del gruppo, abbastanza vicino da colpire, senza essere percepito.

    Gli angeli sentono i movimenti dell’aria. 

    L’atmosfera è rarefatta. Per i canoni di Jude, non c’è mai nessun movimento quell’aria che non è aria, ma è chiaro che lui ci si muove con la delicatezza del proverbiale elefante nel negozio di cristalleria. Solo Vic riusciva a prendere gli angeli di sorpresa alle spalle. Bene, adesso deve riuscirci lui.

    Uno dei soldati non riesce ad attivare il balzo il maniera consapevole. La tuta è programmata per riportarli «giù» in caso di perdita di conoscenza. La speranza è che lo shock del rientro nell’atmosfera basti a svegliare il soldato e che intanto si sia allontanato dallo scontro. A volte, però, è solo una caduta rovinosa.

    Ormai le Ali Nere non sono più abbastanza per parare gli attacchi degli angeli che, disinteressandosi ai nemici, puntano direttamente a colpire la superficie della Terra.

    Che cosa gli avremo mai fatto per generare tanto odio? Si chiede Jude.

    Non vedono nemmeno se colpiscono, cosa colpiscono. Fanno danni alla cieca, senza curarsi di chi uccidano. Non prendono trofei, non hanno alcun vantaggio visibile. Eppure se sono così simili agli uomini come sosteneva Vic devono pur averlo un motivo. Nessuno può essere così stronzo a gratis. Neppure Jude lo è.

    Non c’è copertura. Non c’è nulla lì.

    Si ipotizza che altrove, dove gli uomini non si sono mai spinti, vi sia qualcosa, strutture, una città magari, un terreno di qualche tipo. Dopo tutto gli angeli non hanno braccia, ma le gambe sì, come gli uccelli devono pur avere qualcosa su cui posarsi, di tanto in tanto. Vicino al Margine, però, non c’è nulla. Solo la capacità di Jude di compenetrarsi con le ombre. La speranza che lo scontro assorba i suoi nemici al punto da renderli ciechi al suo movimento.

 

    È lontano per un colpo preciso.

    Avvicinarsi di più, però significherebbe rendere palese la propria presenza.

    George è ferito. 

    Ha dovuto estendere l’ala per coprire Anton e questo gli ha lasciato scoperta la spalla. È stato preso solo di striscio e la tuta è progettata per sigillarsi di nuovo da sola, almeno entro un certo limite. Jude, però, sa cosa vuol dire. Il sangue cola creando uno strato viscido tra la pelle e la tuta. Al netto del dolore, della debolezza che monta come un’onda, diventa sempre più difficile muoversi, persino respirare.

    Gli angeli stanno allargando il loro semicerchio. Se non arrivano rinforzi finiranno per aggirare i soldati e superare il Margine, penetrando nell’atmosfera. Nessun rifugio può sopravvivere a un attacco mirato di plasma angelico scagliato dall’atmosfera. 

    Jude estrae la sua arma.

    Non crede in dio, ma prega chiunque ci sia all’ascolto, che sia la Divina Sapienza o il Caos Puro non importa, che la mira sia salda. Che il livello energetico sia sufficiente. Che non ci sia suo nonno, là sotto, che non siano i quartieri operai dell’est quelli sopra cui stanno combattendo. Hanno già abbastanza disgrazie lì, anche senza gli angeli.

    Jude preme sul grilletto.

    Gli atomi all’interno della sua arma si disgregano. Sulla terra provocherebbe un’esplosione incontrollata e radiazioni. Qui si concentra in un singolo impulso di plasma. 

    Ha mirato al centro della schiena dell’angelo, benché sappia che sarebbe meglio colpirlo alla testa. In queste condizioni, meglio mirare al bersaglio grosso.  

    Appena prima di essere colpito, l’angelo si volta.

    Jude se ne accorge, cerca di serrare le ali, ma sa che è inutile.

    È assurda la luce pura, concentrata, che attraversa il buio verso di lui.

    Perfora le sue ali chiuse a protezione.

    Invade quasi tutto il suo campo visivo. 

    Luce e buio. Senza alcuna sfumatura.

 

    Chissà com’è sentire la propria testa che esplode? Pensa, mentre per riflesso chiude le dita per attivare il salto.

    Il dolore arriva.

 

    Ecco com’è morire, quindi.

 

    Almeno, pensa Jude, per un giorno ho avuto quindici anni.

    Ho salutato il nonno.

    Che la morte sia questo? Un’eterno cadere?

   
 
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