Giochi di Ruolo > Altro
Ricorda la storia  |      
Autore: DanieldervUniverse    19/12/2020    2 recensioni
[7th sea]
Il Principe Villanova e il Cardinale Juan Carlos de Malaga stanno per portare a termine uno dei loro nefasti piani quando imprevisti avversari gli guastano le uova nel paniere.
Questa storia partecipa al Contest per l'undicesimo anniversario del XIII Order Forum
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La piazza era gremita di gente preda di una frenesia incontrollabile. Per il Cardinale Juan Carlos Alfonso Ruiz y Contega de Malaga poter assistere a quella reazione a catena che trasformava una singola goccia di pioggia in un’ondata di entusiasmo era un piacere impareggiabile. Per questo stava comodamente seduto, dentro una carrozza, a godersi la scena da dietro i tendaggi, mentre Padre Fortuna era sul palco con la condannata a incitare gli abitanti.
-Si è dato molto da fare per impedire un matrimonio- commentò il Cardinale, rivolgendosi all’uomo seduto di fronte a lui, ovvero il Principe Villanova in persona, il più potente dei sette principi in lotta per il dominio sulla nazione di Vodacce.
-È una scommessa. Lo sa bene che non mi piace perdere, eccellenza- spiegò placidamente l’uomo. Indossava un abito nero, sobrio, con pochi finimenti e privo di fronzoli ma che sottolineava bene la sua figura; lo rendeva anonimo e allo stesso tempo elegante. Il volto era coperto da un cappello e un velo scuro che lasciava visibili solo i glaciali occhi scuri del nobile.
-Come lei dice, sire- rispose il Cardinale, tornando a guardare fuori dal finestrino. La giovane Lucia Agniella, vestita con una bianca veste che lasciava le braccia, le spalle e il collo scoperti, era legata al palo in mezzo al palco, con la paglia e le fascine di legno già raccolte attorno ai suoi piedi. Padre Fortuna, un uomo sui cinquant’anni, canuto e con un naso aquilino, era nel mezzo di uno dei suoi famosi sermoni, e sembrava che la furia divina animasse i suoi gesti.
-Perché ci mette tanto?- domandò il Principe, lasciando trasparire una punta di impazienza.
-Padre Fortuna ha un talento impareggiabile. È un mago della parola…
-Credevo che voi Castilliani non apprezzaste la magia.
-Non tutta la magia è necessariamente contraria alle leggi di Dio o della Chiesa del Vaticinio, sire: alcuni di noi sanno usare strumenti mondani in modo tale da compiere veri e propri miracoli, e come può ben vedere i sermoni di Padre Fortuna hanno qualcosa che sfugge alla comprensione razionale delle cose. Mi sbaglio?
Il Principe scosse le spalle.
-Lasci fare: la folla pende dalle sue labbra, presto avrà tutto ciò che…- continuò Juan Carlos.
-Da dove ha preso quel pugnale?– lo interruppe Villanova, sorpreso.
Padre Fortuna aveva estratto l’arma dalle pieghe dell’abito monacale con un gioco di mani, annunciando l’arrivo della Lama Purificatrice del Signore che avrebbe vendicato le povere pecore del suo gregge. L’uomo si era superato.
-Magia– rispose con una punta di ironia il Cardinale, stringendo le spalle e agitando le mani come un artista di strada.
-Quello è il mio pugnale– protestò il Principe.
-Non si preoccupi sire, il sermone è quasi finito. La lama…
-Il mio pugnale.
-… è stato consacrato e la condannata preparata. Ora bisogna solo versare il suo sangue e dare fuoco al corpo.
Padre Fortuna sollevò l’arma alta sopra la testa, nella trepidazione generale: il coronamento del suo sermone era giunto, e tutti, persino il Principe, trattennero il fiato.
-CHE SIA FATTA LA SUA VOLONTÀ!- gridò infine il monaco. La lama calò, in un arco rapido e letale; il grido unanime della folla accompagnò il gesto. Poi una detonazione ruppe l’impeto come uno scoglio l’onda e l’intera piazza si immobilizzò. Il pugnale era volato via dalle mani del monaco.
-CHI HA OSATO!?- esplose Padre Fortuna, mentre l’intera folla iniziava a vociare confusa.
-Cosa significa questo?- disse il Principe, furioso.
-No lo se señor1– rispose il Cardinale, sconvolto al punto da dimenticarsi di parlare nella lingua del suo interlocutore.
Quattro voci sovrastarono tutte le altre. Juan alzò lo sguardo e scorse sulla cima della chiesa, che sovrastava il palco, quattro figure umane illuminate dalla luna: erano immobili, fiere, imperturbate, e una aveva anche un cappello col pennacchio ben visibile sulla testa.

Parte la sigla dei Power Rangers

I quattro scivolarono giù dal tetto con l’ausilio di funi, provocando un stridio e una pioggia di scintille, che accesero un gigantesco “4” fiammeggiante sulla facciata dell’edificio. I nuovi venuti estrassero le spade all’unisono e le puntarono verso Padre Fortuna. Ora che erano illuminati dal fuoco il Cardinale realizzò che i colori dei loro abiti erano tutti distinti.
Il primo (da sinistra) vestiva con una giubba di pelle, pantaloni di lana con cintura, stivali di cuoio duro alti a mezza tibia e un tricorno senza pennacchio che lasciava intravedere i lunghi capelli castani raccolti in un codino dietro la testa, e per finire gli zigomi e il naso erano coperti da una maschera con le fattezze di leone, il tutto rigorosamente in sfumature di rosso. Il secondo vestiva blu, e a differenza dell’altro portava un cappello a falda larga con pennacchio, i guanti, una casacca da moschettiere con disegnato sopra un giglio, e la maschera riproponeva l’aspetto di un aquila. Il terzo era verde, e si distingueva per indossare delle scarpe invece degli stivali, una corta cappa fissata sulla spalla sinistra che riproduceva un lupo, che era rappresentato anche dalla sua maschera, e una frusta appesa alla cintura. E infine il quarto era giallo: portava una fusciacca alla vita, un cappuccio calato sul volto, degli stivali a mezza gamba, e la sua maschera riproduceva le fattezze di una volpe.
-Dobbiamo andarcene– sibilò il Principe.
-Que… Che? Perché?
-Esporci in queste circostanze è pericoloso– insisté il nobile, battendo sulla carrozza per segnalare al guidatore di muoversi.
-Di che ha paura sire?- domandò calmo il Cardinale, alzandosi in piedi -Sono solo buffoni in abiti sgargianti, non possono opporsi all’Inquisizione…
Con un grido i quattro misteriosi combattenti si lanciarono sui soldati del Principe e sui membri dell’Inquisizione nascosti tra la folla; si mossero così in fretta e in tale sintonia che al confronto gli uomini d’arme apparvero bambini con spade di legno. Le braghe calarono, gli uomini cominciarono a inciampare, le spade a volare ovunque e presto un fuggi fuggi generale si scatenò tra la folla terrorizzata, trasformò il combattimento in una vera e propria bolgia.
-Basta. Ora ce ne andiamo- ribadì il Principe.
-Aspetti sire...- balbettò il Cardinale. Un attimo dopo Villanova era in piedi e lo teneva per il bavero.
-Se preferisce farsi vedere libero di farlo, ma non dica a me cosa devo fare.
Con questo il nobile lo spinse fuori dalla carrozza senza tanti complimenti. Juan Carlos si volse, esitando brevemente prima di inoltrarsi nella ressa; si fece largo a gran voce e agitando la spada, ma più di una volta dovette spingere i popolani da parte per passare.
Improvvisamente lo spadaccino rosso gli comparve davanti, e il Cardinale esitò a farsi sotto, timoroso. Lo spadaccino ne approfittò e piroettò all’indietro, scavalcando una guardia con alabarda che lo stava caricando alle spalle, per atterrare in perfetto equilibrio su un carretto fuori controllo che stava passando in quel momento. I soldati cercarono di assalirlo ma dalla sua posizione elevata l’uomo mascherato ebbe gioco facile nel spedirli tutti a gambe all’aria mentre si allontanava sull’improvvisato mezzo di trasposto.
Juan Carlos volse altrove il suo sguardo, in cerca di un posto dove avesse sufficiente libertà di manovra, e scorse Lucia, ancora legata al palo, sola e indifesa; senza pensarci due volte l’uomo si lanciò verso di lei, fendendo la folla con le sue spaventose grida. Ma proprio quando era finalmente giunto sul palco qualcosa lo fermò: lo spadaccino giallo si era materializzato davanti a lui, frapponendosi tra la ragazza e il villano.
-¡En Guardia!2- lo sfidò, sollevando la spada ed estraendo un pugnale dalla cintura. Guardandolo da vicino il Cardinale notò che la sua pelle era lievemente abbronzata, come quella dei contadini, e i suoi occhi erano neri.
Con un grido Juan si lanciò sull’attacco e i due iniziarono a scambiare violenti colpi, ma presto l’uomo realizzò che l’avversario gli era superiore. A nulla valsero i suoi fendenti o giochi di polso; si ritrovò sulla difensiva, costretto ad indietreggiare sotto la serrata concatenazione di colpi. Nel tentativo di ribaltare la situazione azzardò una finta e un affondo con la spada, ma l’altro con uno scatto di polso deviò il colpo, per poi disarmarlo con una torsione. L’attimo successivo il Cardinale crollò a terra, boccheggiante, colpito al petto da un calcio.
Mentre si riprendeva udì Padre Fortuna inveire, e il suono dell’acciaio che risuonava vibrante gli fece capire che il vecchio si era buttato in suo soccorso, tenendo a bada il misterioso avversario. Aprendo gli occhi Juan Carlo scorse il pugnale del Principe, piantato nel legno proprio vicino alla sua testa. Stringendo forte l’arma l’uomo si rialzò, vedendo lo spadaccino giallo dargli le spalle mentre era intento a duellare con il prete, mentre nel frattempo quello verde era salito sul palco e stava liberando Lucia. Il Cardinale colse l’occasione e piantò il pugnale nella scapola destra dello spadaccino giallo, strappandogli un grido di dolore. Ma fece appena in tempo ad estrarre la lama dalla ferita che una frusta gli si avvolse attorno al polso, strattonandolo da parte; un attimo dopo venne proiettato in aria e atterrò duramente sulla superficie della piazza.
Nuovamente intontito, strisciò verso un angolo e si puntellò per recuperare l’equilibrio. Quando ebbe rimesso a fuoco la vista si accorse che lo spadaccino giallo era davanti a lui, con la spada puntata contro il suo petto.
-Estoy feliz de rencontrarla, Cardinal3– gli disse, con tono minaccioso. Disperato, Juan si guardò freneticamente attorno in cerca una via d’uscita e si accorse che all’altro capo della piazza i soldati del Principe stavano armando un cannone puntato verso di loro. Con un gemito strozzato il Cardinale si tuffò di lato appena in tempo, sentendo la detonazione dietro di sé. Non osò sollevare il capo finché i suoi fedeli commilitoni della Chiesa non giunsero a sollevarlo in piedi e ad accertarsi che stesse bene.
Il palco era completamente distrutto, e molti rottami avevano preso fuoco; la piazza era un viavai continuo di persone che urlavano, correvano e si spintonavano a vicenda. Dei quattro spadaccini non v’era traccia.
-¿¡Donde están ellos!?4- gridò Juan. Quando i suoi sottoposti lo guardano confusi, quello insisté a voce più alta -Quei quattro! Quei maledetti diavoli! Dove sono!? Li avete presi!?
Gli uomini si guardarono l’un l’altro, scuotendo la testa. Il Cardinale venne colto da un attacco di furia e iniziò a spintonarli violentemente.
-TROVATELI! TROVATELI! Nessuno dormirà in questa città finché non avremo catturato quei quattro villani!


Percorse le scale e i corridoi col cuore in gola, temendo il peggio. Quando il palco era esploso l’aveva persa di vista, e non si era potuta fermare per cercarla o sarebbe stata catturata. Appena era riuscita a tornare a La Passione aveva subito chiesto sue notizie e l’avevano indirizzata alla sua stanza. Le aveano detto che era arrivata mezz’ora prima e che Elena si stava prendendo cura delle sue ferite.
Giulia Neri raggiunse la porta designata ed esitò: era socchiusa. L’aprì, abbastanza per sbirciare, e la vide: calma e sorridente, immersa nella vasca d’acqua calda, con una benda sulla spalla ferita e Elena, la cortigiana, intenta a conversare amabilmente con lei mentre le accarezzava i mossi capelli bruni. I suoi tratti castilliani sottolineavano la curva dei suoi muscoli e la bellezza austera e rustica del suo volto.
I modi seducenti dell’amica non lasciavano dubbi sul fatto che avesse tutte le intenzioni di convincere l’altra donna a farle compagnia nella vasca. Le venne da sorridere. Poi la rabbia, generata dall’angoscia e dalla paura, emerse come la lava dal vulcano. Entrò a passi pesanti, dirigendosi verso l’amica con sguardo truce. Elena capì al volo e prese commiato.
-¡No, espera! Mi amor. ¡Mi hermosa! No me dejes así5- la chiamò Catalina, ma invano: la cortigiana sapeva bene che Giulia non era in vena.
-Dovevi proprio farlo?– le disse l’amica quando si trovarono sole, parlando in Vecchio Tehàno per farsi capire meglio, ma la vodacciana per tutta risposta la spinse sott’acqua con una mano e la tenne sotto per alcuni secondi.
-¿¡Esta loca!?6- urlò appena le permise di prendere una boccata d’aria -Cerchi di ammazzarmi!?
-Si brutta scema!- rispose Giulia -Hai la minima idea della paura che mi hai fatto prendere!?
-Non è stata colpa mia!
-Non è stata colpa tua!? NON È STATA COLPA TUA!?- Giulia la prese per le spalle e cominciò a scuoterla -È tutta la vita che cerchi di vendicarti del Cardinale de Malaga, e casualmente proprio quando ti compare davanti tutto va a rotoli…!
-ALORS!7- le interruppe una voce autorevole, facendole voltare entrambe: Nicole, nel suo sgargiante abito blu, si ergeva sulla soglia della stanza con aria di rimprovero. La donna di Montaigne era sudata e i suoi corti capelli castani le si erano appiccicati alla faccia, e c’era fango sui suoi stivali, segno che anche lei era appena arrivata.
-Que signifie tout ce bruit?8- chiese sbattendo la porta dietro di sé. Invece dello schianto del legno sul legno sì udì un urto e un gemito di dolore. Pochi attimi dopo la porta si aprì nuovamente rivelando Karen, la donna Avaloniana vestita di rosso e ultimo membro del loro allegro quartetto, che si reggeva il naso con una mano.
-Did you not see me?9- disse nella sua lingua natia, lanciando un’occhiata assassina a Nicole.
-Pardonne moi, mademoiselle10– rispose l’altra, con tono sarcastico, prima di passare alla lingua comune in modo da farsi capire da tutte -Ma non ho gli occhi anche dietro la testa.
Karen fece appena in tempo a dire - FUCK … - prima che Giulia facesse schioccare la sua frusta davanti al suo naso, interrompendola.
-C’è già abbastanza animosità stasera. Non vi ci mettete anche voi due – le rimproverò.
-Perché non ti dai una calmata tu, invece?– la rimbeccò Catalina, ergendosi in tutta la sua nuda gloria.
-Tu e io ancora non abbiamo finito– replicò Giulia, sollevando il pugno con fare minaccioso e tornando a parlare in vodacciano.
-Eh no cara, se ho qualcosa da dire io la dico!- protestò Karen.
Presto stavano discutendo a gran voce tutti e quattro, alternando il linguaggio comune alle rispettive lingue madri mentre si scambiavano insulti e minacce. Stavano per mettere mano alle spade quando lo schiocco sordo della porta che si chiudeva le interruppe ancora una volta. In piedi davanti a loro si ergeva Donna Desiderata della Torre, Matrona de La Passione: aveva superato i cinquanta, aveva i capelli grigi e delle rughe sul volto che nemmeno il trucco riusciva a nascondere, ma i suoi occhi castani erano sempre quelli di un tempo, profondi, autorevoli, e agguerriti; invece di comodi abiti da matrona, con le lunghe gonne e le ampie scollature, vestiva abiti da allenamento che facevano saltare la sua fisionomia asciutta e ben allenata: maglia e pantaloni di lana con cintura, guanti di pelle rinforzati e stivali a mezza coscia, e in mano recava la bacchetta di legno con cui puniva le ragazze.
-Sedute– ordinò. Loro esitarono.
-Sedute– ripeté, battendosi la bacchetta sulla mano -E tu, Catalina, rientra nella vasca, o ti prenderai un malanno.
Borbottando come una bimba la giovane fece come le veniva detto, e così anche tutte loro, disponendosi in semicerchio affianco alla vasca da bagno in assoluto silenzio. Quando si furono sistemate, Desiderata fece passare il suo sguardo ammonitore su di loro, fissandole una per una finché loro non distoglievano lo sguardo.
-Volete dirmi cosa è successo stasera?- domandò infine, accarezzando la bacchetta.
-È stato…- iniziò Giulia, ma la matrona la colpì duramente sul dorso della non mano appena la sollevò per spiegarsi. Soffocò un grido di dolore.
-Cosa è successo?- ripeté l’anziana donna, chinandosi su di lei.
-È stato tutto molto confuso…
-Esattamente!- esclamò Desiderata. Si portò davanti a Catalina -Perché?
-Perchéééé… Perché non avevamo p-previsto che…
-Infatti!- la donna passò a Nicole -Perché?
-Abbiamo agito in fretta e d’istinto– rispose, cercando di darsi un’aria di autorità. Ovviamente non valse a nulla di fronte all’imperiosa tenuta della matrona.
-E come mai?
-Non abbiamo avuto il tempo di formulare un piano– finì Karen, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo per non far scorgere la proprio vergogna.
-Storie– le rimproverò Desiderata -Avreste avuto tutto il tempo di prepararvi se non aveste sottovalutato la minaccia. Avreste dovuto esplorare la zona prima e assicurarvi il miglior punto d’entrata. Dovevate stabilire delle chiare vie di fuga, allertare i contatti, preparare delle alternative. Non quella pagliacciata del “4” sopra la chiesa.
-Beh è il nostro nome, no? Le Quattro…- Nicole s’interruppe di fronte allo sguardo di disapprovazione di Desiderata -Sì, è stata un’idea stupida.
-Molto stupida. Una di voi ci ha quasi rimesso la pelle.
-Ehi! Non è stata colpa mia!
La matrona si erse in tutta la sua altezza e si fermò di fronte a Catalina, chinandosi verso di lei. Giulia già immaginava il numero di bacchettate che sarebbero calate sulla testa della compagna, e anche sulla sua se avesse provato a intromettersi. Poi, così come si era corrucciato, lo sguardo di Desiderata si addolcì e la donna si rivolse alla castilliana con voce gentile e premurosa.
-Lo so bambina mia, lo so– disse, prima di cingere sia lei che Giulia in un tenero abbraccio -Figliole mie, quali spaventi date a questa vecchia. Almeno cercate di non farlo di proposito.
La cosa più incredibile di Desiderata era con quanta facilità passava dall’essere terrificante all’essere adorabile. Loro quattro avevano imparato quell’aspetto incongruo e imprevedibile della donna durante la loro infanzia a La Passione. Desiderata aveva sempre considerato tutte le piccole orfane come se fossero prole propria, e le aveva protette ed educate con l’ardore e la determinazione di una vera madre: studi accademici, etichetta, morale, etica e anche i vari stili di scherma e di duello, tutta farina del sacco della donna.
Mentre la matrona finiva di abbracciare anche Nicole e Karen, riempiendole di rassicurazioni, Giulia non poté che esalare un respiro di sollievo. Tutta l’adrenalina e la tensione sviluppate nelle ultime ore stavano scivolando via dalle sue spalle, dandole un piacevole senso di tepore e pace. Erano riuscite con successo a sventare uno dei piani del principi Villanova, danneggiando la sua immagine e salvando un innocente dalla sua tela. Per lei era una vittoria.
-Ora sistematevi e rendetevi presentabili– si raccomandò Desiderata, assumendo un’aria più distaccata e prendendo congedo -La cena sarà pronta tra poco. Stasera festeggiamo: una vittoria è sempre una vittoria a La Passione. E poi alla giovane Lucia serve di tirarsi un po’ su il morale.


Traduzioni
1) Non lo so signore!
2) In Guardia!
3) Sono felice di rivederla, Cardinale.
4) Dove sono quelli!?
5) No, aspetta! Amore mio. Mia bella! Non lasciarmi così.
6) Sei matta!?
7) Allora!
8) Cos'è tutto questo fracasso?
9) Ma non mi hai vista?
10) Mi perdoni, madamigella.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Altro / Vai alla pagina dell'autore: DanieldervUniverse