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Autore: NyxTNeko    20/12/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Napoleone, assieme ai suoi tre aiutanti da campo, fresco di promozione, aveva preso la decisione di andare a trovare la sua famiglia, ubicata a Marsiglia, prima di dirigersi a Nizza, all'Armèe d'Italie. Voleva accertarsi delle loro condizioni, controllare che fossero a posto - O anche proporgli di venire con me, se possono - aveva riferito poi a Junot, Marmont e Muiron. Quest'ultimo rimase sorpreso dalla proposta del generale di farlo diventare il suo terzo aiutante di campo. Non che non se lo aspettasse, però non credeva che un militare del suo calibro fosse così importante per lui.

Una volta sistemate le sue modeste robe per partire, libri, cartine e l'immancabile cannocchiale tascabile, Buonaparte riprese il discorso - Sarebbe più facile per me avere informazioni riguardo la loro salute... - un tenue sorriso si formò sulle labbra sottili, nel ripensare ai fratelli e alla madre. Sicuramente avevano saputo della sua promozione, per lo meno non sarebbe stato assalito dall'ansia, durante il viaggio.

- È un desiderio più che legittimo - gli riferì Junot con ovvietà. Aveva intuito che per il loro comandante, la famiglia era il tesoro più prezioso, aveva un valore che difficilmente poteva essere compreso dai francesi, decisamente meno attaccati ad un 'clan'. Era un atteggiamento tipicamente corso, italico e lo trovava curioso, e al tempo stesso interessante. Eppure il giovane aveva cercato di calarsi nei suoi panni, aveva provato una strana sensazione di pace e nostalgia nel rimembrare anche alla sua di famiglia, chissà che opinioni si erano fatte su di lui, le mancava.

- Specialmente per voi, generale - continuò il collega Marmont ricambiando il dolce sorriso di Buonaparte - La vostra origine è ciò che vi unisce ai vostri parenti, è naturale che sentiate un legame molto forte, specialmente se c'è affetto e amore - spiegò, poi, con profondo rispetto l'aiutante di campo di ascendenza aristocratica. Napoleone lo guardò fisso, Marmont sapeva bene cosa indicasse il termine famiglia, essendo nobile d'origine.

Anche se era al corrente del fatto che non sempre vi era quel calore tra le mura dei gelidi palazzi nobiliari. In un certo senso il corso aveva compreso che, escludendo il lungo periodo trascorso in Francia per diventare ufficiale, sulla sua isola natia aveva vissuto un'esistenza felice, serena. Il dolore lo aveva sfiorato, ma mai toccato, allora. La severità matronica e composta della madre non era minimamente paragonabile a quella fredda e impassibile degli insegnanti francesi. Così come gli scherzi dei suoi conterranei erano innocenti, semplici bazzecole, se messi al confronto con quelli dei compagni di accademia, che difficilmente riusciva a dimenticare. Ad Ajaccio sceglieva di restare da solo quando voleva, nessuno lo aveva obbligato o glielo aveva negato, a Brienne e a Parigi si era sentito quasi costretto, per non cadere nella trappola della compagnia forzata, generata dalla noia.

Chiuse gli occhi e li riaprì, dopo aver sbattuto ripetutamente le palpebre e le lunghe ciglia - Vi va di venire a Marsiglia con me? - domandò poi il generale, poggiando le mani sui fianchi coperti dalla fascia tricolore, incamminandosi verso il suo fiero arabo.

- Lo chiedete anche, generale? - chiese a sua volta, sarcastico, il diciottenne Muiron, imitandolo nella posa, con un sorrisetto sornione. Buonaparte non poté trattenersi e scoppiò a ridere fragorosamente fino a quando la scabbia riprese a tormentarlo. Si grattò dietro la nuca; non l'aveva ancora trattata, ma aveva dato le lozioni, offerte dal medico che l'aveva curato, ai suoi sottoposti, in modo che almeno loro potessero prevenire i sintomi più comuni ed evitare di peggiorarla - Certo che veniamo con voi, siamo i vostri aiutanti, perché dovremmo lasciarvi, ci avete scelto no?

Napoleone li guardò orgoglioso, aveva scelto degli ottimi collaboratori, non lo avrebbero deluso - Assolutamente, era una domanda retorica - ammise. Si fermò, mise il piede sulla staffa, si diede una spinta e salì in groppa, sopra la sella vistosa e morbida, di un rosso particolarmente acceso, dalla bordatura dorata. L'avanzamento di carriera aveva senza ombra di dubbio dei vantaggi che prima non poteva nemmeno immaginare, oltre all'aumento dello stipendio, che però destinava quasi interamente ai numerosi parenti. "I soldi non sono poi così interessanti come molti uomini pensano, non capisco il perché si lascino abbagliare da delle misere monete" rifletteva ogni volta. L'unica pecca, se così si poteva nominare, era la mancanza dei guanti, ma per lui costituivano, in questo periodo della vita, un vizio inutile; le briglie si potevano toccare e usare senza doversi per forza coprire le mani.

"Molto bene, almeno mi sono risparmiato il discorso che volevo far loro per convincerli" pensò Napoleone, gettando una breve occhiata verso Junot e Marmont che si stavano avvicinando, dopo essersi preparati. I due gli si misero accanto, per proteggerlo. Muiron gli stava dietro. Lo avrebbero spalleggiato a qualsiasi costo, perché consci, ormai, delle sue potenzialità, del suo talento. Inoltre potevano, grazie alla propensione di Buonaparte nel premiare i meriti riconosciuti, avanzare di grado e avere, così, la possibilità di mettersi in luce, al pari di lui.

Era l'occasione che stavano aspettando e Buonaparte era l'uomo perfetto per realizzare i loro progetti. Ovviamente, una volta ottenuto ciò, sarebbero rimasti comunque al suo fianco, era loro amico, seppur fosse bizzarro, insolito, oltre che incredibilmente acculturato; le sue conoscenze spaziavano in ogni campo. Un ufficiale decisamente singolare e piacevole, tolti gli scatti d'ira incontrollabili che lo invadevano quando dimostrava ansia e agitazione.

Napoleone, per quanto affezionato ai suoi nuovi compagni, non provava nei loro riguardi quel sentimento di amicizia che ci si potrebbe aspettare. Voleva loro un gran bene e li considerava parte della sua vita, dei fratelli minori, avendo un'età vicina a quella di Luciano, per il giovane corso, tuttavia, il termine amicizia non aveva alcun rilievo, nessuna qualità. La solitudine gli aveva rivelato la durezza della vita, ma pure gli aspetti più gradevoli e quel piccolo viaggio con Junot, Marmont e Muiron lo era senz'altro - Vi farò conoscere la mia famiglia - gli riferì di punto in bianco, scrutandoli con i suoi grandi ed espressivi occhi grigi - Sempre che lo vogliate, non posso certo costringervi - il tono della voce era conciliante e amichevole.

I tre annuirono gioiosi, per loro era un onore - Molto volentieri - risposero all'unisono, compiaciuti, desiderosi di incontrare i consanguinei del loro capo.

Marsiglia, 30 dicembre

Risalendo da est la città da poco riconquistata, i quattro ufficiali di artiglieria attraversarono non pochi paesini e cittadine, nei quali erano riusciti ad ottenere ospitalità, in particolare di notte, approfittando di quelle giornate fredde per rifocillarsi un po' al caldo e recuperare le energie. Secondo il calendario gregoriano dovevano esserci le giornate natalizie, eppure nessuno in Francia aveva reale voglia di festeggiare, sia per paura di finire sbattuti nelle prigioni del governo ed essere ghigliottinati, sia perché erano altre le feste che i rivoluzionari avevano imposto al popolo francese. Solamente coloro i quali andavano contro la Convenzione, sostenendo i realisti, che auspicavano il ritorno di Luigi XVIII, osavano sfidare i piani alti, preparando il Natale come indicato dal cattolicesimo.

Napoleone aveva avuto modo di conoscere a fondo quelle realtà, nonostante fosse uno scettico convinto, ma non ateo e intollerante, iniziava a credere che la scelta di eliminare qualsiasi tipo di religione, da quella cristiana a quella ebraica, e i relativi culti, riti, fosse completamente sbagliata. "La gente comune ha bisogno delle religioni, sono uno dei pilastri della società, il collante che crea identità" valutava tra sé, una volta rimessosi in viaggio. Purtroppo doveva adeguarsi, almeno formalmente, se voleva sopravvivere.

Per fortuna la meta non era lontana, infatti superato il mezzodì, finalmente gli artiglieri giunsero a Marsiglia. Il mare aveva protetto la città dal freddo pungente e dalla neve, per cui almeno lì non sarebbero lamentati del gelo esagerato dell'inverno - Sapete la strada generale? - chiese Junot, strofinando le mani sul cappotto per non disperdere calore, intuì dallo sguardo dei suoi colleghi che non avevano idea di dove si stessero dirigendo.

- Sì non allarmatevi, mi sono fatto dare l'indirizzo e il percorso da mio fratello Giuseppe tramite corrispondenza - rispose sicuro e attento il generale e riferì loro, invogliandoli a cercarlo assieme a lui. La città aveva una conformazione molto irregolare, che partiva dal porto, denominato comunemente Porto Vecchio, posizionato al centro, per poi irradiarsi in innumerevoli vie e strade che si diramavano disordinatamente. Come fosse un corpo, il cui cuore era costituito dal porto.

Senza sprecare tempo, raggiunsero, interrogando a volte anche qualche marsigliese di passaggio, la modesta casetta su cui era incisa la via riportata nella lettera. Era proprio l'abitazione che stavano cercando da alcune ore - Abbiamo fatto presto per fortuna, i cavalli cominciavano ad essere stanchi - emise sollevato Muiron, tirò le briglie, accarezzò il muso del suo fido destriero che stava schiumando leggermente.

- Avranno tutto il tempo per riprendersi - li rassicurò Buonaparte balzando a terra, diede dei leggeri colpetti sul collo del suo - Voi restate dove siete, ci penso io, non dubitate amici - e avanzò fino alla porta ricca di intricati rami e foglie, bussò delicatamente. Nel mentre che aspettava si era messo a fissare la porta, la vernice e le decorazioni che lo ipnotizzarono quasi. Distolse l'attenzione solamente quando si trovò davanti il faccione benevolo e cordiale del fratello maggiore.

- Na...Nabulio - emise immediatamente Giuseppe e, mosso dall'istinto, lo abbracciò - Sei tornato... finalmente - sussurrò gioioso. Il suo caro e irruente fratellino era giunto sano e salvo da un assedio terribile, in cui aveva partecipato attivamente, si era tenuto aggiornato, con il fiato sospeso, sulla sua evoluzione. Avevano scongiurato che non gli fosse accaduto nulla, quando seppero della sua promozione a generale di brigata, esultarono felici: era ciò che il secondogenito si meritava, specialmente dopo tutto quello che aveva passato sul campo e, anche prima, con la fuga dalla Corsica.

Napoleone ricambiò la stretta affettuosa e confermò l'esclamazione annuendo tacitamente - Giuseppe, fratello mio, a giudicare da come mi stai stringendo, devo dedurre che sia mancato molto a te e agli altri - ridacchiò infine, con il suo solito tono scherzoso.

I tre aiutanti, intanto, restavano immobili ad attendere ordini, osservando la popolazione che si accalcava, in lontananza nei mercati e malediceva l'inutile cartamoneta. Rivolsero l'attenzione nuovamente sul generale, senza comprendere una sola parola di ciò i due fratelli si stavano dicendo, poiché stavano parlando in italiano, ma la risatina era giunta alle loro orecchie e li allietò.

Giuseppe lasciò la presa, gli sistemò le pieghe dell'uniforme, affermando - Sei sempre il solito burlone, Nabulio, non cambierai mai, prima ci fai stare in pensiero e poi ci scherzi sopra... - ridacchiò a sua volta, lo invitò ad entrare in casa per essere accolto come si deve dagli altri membri.

- Aspetta un attimo, fratello - lo frenò Napoleone poggiando le sottili e arrossate mani sulla giacca verde scuro di Giuseppe - I miei aiutanti di campo stanno tenendo i cavalli, appena fuori di qui - fece segno con il pollice dietro di lui, nella direzione in cui i tre giovani ufficiali stanchi e un po' straniti, stavano in piedi, tenevano fermi i cavalli con le briglie.

- Hai degli aiutanti da campo? - domandò Giuseppe incredulo, sporgendosi di lato, vude di sfuggita tre individui prestanti ma dall'aspetto malandato. Sbatté le palpebre numerose volte e si grattò la testa coperta dalla parrucca incipriata.

- Naturale, come qualsiasi ufficiale degno di questo nome - rispose subitamente il fratello minore. Era una cosa così scontata che si stupì nel vederlo così incredulo - Mi dispiacerebbe se dovessero restare lì con questo freddo, hanno fatto tanto per me, a Tolone, vorrei ripagarli come meritano - gli riferì con profondo rispetto. Infatti, per tutta la durata del viaggio, era stato Napoleone a pagare ogni singola spesa dei suoi aiutanti, rifiutando persino che gli restituissero il denaro.

Giuseppe, sapeva che non poteva negare il volere del fratello, riusciva sempre a convincerlo, anche quando non voleva. Se non lo avesse soddisfatto con le parole era più che sicuro che il fratello sarebbe passato alle cattive. Annuì e, avvalendosi del suo ruolo di capofamiglia, acconsentì loro il permesso di entrare - Prima però sistemiamo i cavalli

- Certamente fratello - disse semplicemente Napoleone con le mani dietro la schiena, seguendo Giuseppe, il quale intanto aveva raggiunto i sottoposti del fratello. I tre, nell'incrociarlo, si meravigliarono della straordinaria somiglianza dei due, parevano addirittura gemelli se non fosse per la lieve differenza di altezza, di corporatura e dei lineamenti, meno definiti e più morbidi nel maggiore.

- Seguitemi - indicò loro in un impeccabile francese, con molta disponibilità e affabilità - Vi indico la stalla - l'accento corso era meno pronunciato rispetto al generale, pur avendo vissuto in Francia meno anni di lui. 

- Vi ringrazio a nome dei miei colleghi - rispose il più spigliato e socievole dei tre, Junot - Cittadino Bonnapate - Giuseppe sorrise nel vedere Napoleone mettersi una mano sulla fronte, non riuscivano a pronunciare ancora correttamente il loro cognome.

- Non c'è di che - fece il capofamiglia.

Raggiunsero la modesta e accogliente stalla, già occupata dai cavalli di famiglia, due stalloni purosangue che stavano mangiando la paglia, a cui si aggiunsero i loro, quattro giovani e piccoli arabi. Napoleone intuì che doveva esserci anche Luciano "Probabilmente è riuscito a venire, ottimo" controllava puntigliosamente che a nessun animale mancasse il necessario - Bene qui sembra esserci tutto - emise soddisfatto il generale, scuotendo il tricorno che fino a poco prima teneva in testa e che mise sottobraccio.  Giuseppe attese l'occasione perfetta per fargli i complimenti sulla nuova uniforme e sul grado raggiunto.

Dopodiché poterono finalmente entrare in casa e godersi, specialmente per Napoleone, l'ambiente familiare. Aumentò la velocità del passo e andò ad abbracciare la madre, seduta vicino al camino, che si era alzata nuovamente in piedi non appena aveva visto i suoi figli rientrare - Figlio mio, Nabulio - disse ricambiando a sua volta, constatando quanto fosse ancora pelle e ossa - Non puoi immaginare quante volte abbia pregato per te, per fortuna è andato tutto bene

- Sapete meglio di me che non ce n'era bisogno madre, ma vi ringrazio comunque - riferì il ragazzo ridendo. Non poteva arrabbiarsi con lei solamente perché si attaccava alla fede, o perché aveva compiuto ciò che riteneva giusto fare in quel momento. Amava e rispettava sua madre soprattutto per la sua incrollabilità e fermezza. Aveva preso molto del suo carattere.

- Fammi vedere bene come sta con la nuova uniforme il mio bambino - lo invitò poi la madre, dopo essersi staccata, guardandolo dalla testa ai piedi. Vestito in quel modo era davvero autorevole e affascinante. Napoleone arrossì di colpo, era da molto tempo che la madre non lo chiamava così. Lo imbarazzava, ormai era un uomo, ma al tempo stesso gli scaldava il cuore, si sentiva amato e parte di un gruppo. Ci sarebbe stato un posto dove andare, delle persone su cui poteva sempre contare.

I tre aiutanti, per non rovinare l'atmosfera creatasi, rimasero fermi in un angolo. Napoleone si sforzava di restare fermo mentre la madre e i fratelli gli facevano ogni sorta di complimento, che ricambiava, prendendo in giro Giuseppe e Luciano per il loro aspetto da damerini - Hai visto che alla fine ho avuto ragione io, Nabulio? - fece il primogenito dando un pizzicotto a Napoleone - Bastava solamente un'occasione per mettere a frutto i tuoi studi, nostro padre sarebbe così orgoglioso del traguardo raggiunto

- Già - emise laconico Napoleone, poggiandosi al bordo del tavolo, tamburellava le dita sul legno - Lo pensavo anch'io a Tolone, quando però fui fatto colonnello - ammise a Giuseppe, lo 
scrutava dritto negli occhi. Lo sguardo cadde poi sui suoi sottoposti, che presentò ai suoi parenti, parlando di tutte le esperienze che avevano vissuto sul campo e su alcuni dettagli riguardo la battaglia finale.

- Accomodatevi pure - li incoraggiò Letizia, vedendoli un po' timidi e impacciati - Vi porto qualcosa da mangiare, per riempire lo stomaco, e in modo che possiate parlare, sazi e sereni, di cose da uomini - si allontanò, lasciandoli liberi di discutere animatamente. Napoleone tradusse ciò che la madre aveva detto loro, essendosi espressa in corso. Solo allora la ringraziarono per l'ospitalità.

- Quindi andrai a Nizza? - gli chiese Luciano, a braccia conserte, accasciandosi su un'ampia poltrona nera.

- Sì - confermò Napoleone deciso, si sistemò la cravatta attorno al collo che sentiva leggermente stretta - Ma voglio prima aspettare la rettifica definitiva, per questo sono venuto qui, a farvi visita, ora che sono un po' più libero - si dondolava un po' e muoveva il piede.

Marmont notò, con piacevole sorpresa, che gli altri suoi fratelli erano decisamente più tranquilli del generale, che, invece, sembrava incapace di restare fermo. Lo attribuì probabilmente alla vita militare. Inoltre si portavano bene gli anni, era dunque una caratteristica di famiglia. "Sono fortunati" riflettè.

- Hai preso la scelta migliore, almeno non sarai per un bel po' rigido - scherzò Giuseppe, consapevole di quello che stava dicendo.

- E soprattutto riflettere attentamente su un piano che ho in mente - precisò Napoleone guardandoli uno per uno con quello sguardo infuocato e tagliente che a Giuseppe non piaceva per nulla, gli faceva venire i brividi. Ogni volta che quella luce sinistra bruciava negli occhi grigi del fratello  la sua ambizione ardeva con passione, un ardore inestinguibile. Non era ancora del tutto sazia; voleva qualcosa in più.

- Sarebbe? - chiese Muiron, che come gli altri rimase di sasso da quell'affermazione. Avevano viaggiato con lui per giorni eppure non ne aveva fatto parola.

Napoleone si raddrizzò di scatto, prese a passeggiare lungo il tavolo e afferrare il centro tavola, iniziando a giocarci - Invadere l'Italia per sconfiggere l'Austria, dividendo le loro forze su due fronti - confessò naturalmente, pur sapendo che li avrebbe sconvolti - È il nemico più potente, che vuole la nostra sconfitta totale, maggiormente rispetto agli inglesi, non dimenticate che abbiamo fatto uccidere una loro principessa, non si fermeranno con delle semplici lettere di scuse

Ancora una volta Napoleone aveva centrato il punto, attraverso il suo ragionamento era arrivato alla causa di tutto e da qui sarebbe partito per elaborare la strategia precisa al fine di annientare il nemico, come aveva fatto a Tolone, sin dal primo istante - Speriamo che riescano a farvelo fare, generale - disse Junot che si era seduto sulla sedia come se stesse in sella, sfregando le mani vicino la fiamma sfavillante.

- Alla fine riuscirò a convincerli, dovessi impiegarci l'intera vita - strinse gli scarni pugni Napoleone, certo che alla fine l'avrebbe spuntata. Intanto i servi erano giunti con del tè e dei biscotti, che tutti bevvero volentieri, era indispensabile con il freddo che imperversava - Ora vado a farmi un bagno caldo, se volete conoscervi meglio, fatelo tranquillamente, non ci sono segreti nella famiglia Buonaparte - ammiccò divertito Napoleone, si sollevò in piedi e si diresse nella sala da bagno, pronto a detergersi per bene come non faceva da tempo.

 

   
 
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