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Autore: Facy    23/08/2009    17 recensioni
"Vendesi anima incorrotta di sedicenne. Astenersi perditempo" : è il trafiletto che un giorno compare su una rivista di inserzioni parigina. Tra le persone che lo leggono c'è Samael, l'angelo caduto, il diavolo che tentò Eva con una mela proibita. Pur sospettando uno scherzo decide di comporre il numero stampato sotto quelle enigmatiche parole... Tra le vie della città più bella del mondo, luminosa come il paradiso e misteriosa come l'inferno, una storia piena di sfide pericolose e desideri troppo sfrenati. Buona lettura. (RIPRESA DOPO UNA LUNGA INTERRUZIONE).
Genere: Sovrannaturale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap

Cap. 5: Ribelle tra i ribelli

 

 

E discese nelle profondità infernali.

 

Si liberò della carne mortale come da un abito troppo stretto, abbandonò il corpo di giovane parigino e penetrò nelle viscere della terra in qualità di puro spirito.

 

Non lo avvolse una normale oscurità, ma il buio mortuario del vivo sottosuolo.

 

Gli vorticarono attorno i colori indefinibili del Nulla. Non se ne curò. Niente di quel regno ineffabile lo attraeva né lo incuriosiva: aspettò fino a quando non scomparve del tutto dalla sua vista.

 

L’Averno emerse dalla nebbia.

 

Noti contorni si disegnarono davanti ai suoi occhi: rocce a strapiombo, dirupi, declivi scoscesi e moncherini d’alberi bruciati dal gelo, con i rami ritorti.

 

Il terreno sembrava ricoperto di cenere.

 

L’aria era plumbea e gelida, chiara ma straordinariamente priva di luce.

 

Lo accolsero i sussurri e i fruscii delle anime: contrariamente al pensiero comune, l’Inferno non risuonava di urla e di sferzate. Il tormento dei dannati era tutto interiore.

 

Samael si trovava sul ciglio di un burrone, seppur quello era il modo giusto per indicare la posizione di un’entità immateriale priva di corpo.

 

Ad ogni modo, da lì poteva scorgere un’amplissima vallata: grossi massi grigi si erano staccati dal fianco dell’altura, andando a costellare la ripida discesa.

 

Sotto la volta infernale, cinerina e irreale come tutto il resto, volteggiava una fitta schiera di anime dannate.

 

Erano innumerevoli e quasi trasparenti, dai profili indefiniti: sembravano fatte di fumo. Le sospingeva un vento spietato, così impetuoso da sembrare quasi più consistente degli spiriti.

 

Era uno spettacolo indescrivibile, simile a un fiume in piena che trasporta con se pietre e detriti. Le anime piroettavano su se stesse, scorrendo nel vento implacabile.

 

Il diavolo restò ad osservarle per un momento, godendo della semplice vista di quel cielo vorticante.

 

Non provava mai un moto di pietà o di comprensione nei loro confronti. Non gioiva delle loro sofferenze. Semplicemente, freddo e grigio come la cenere, osservava quella scena e ne traeva una certa bellezza.

 

A strapparlo dalle sue riflessioni estetiche fu un soffio diverso dagli altri, un fruscio lievemente più consistente: un altro diavolo, che gli fu accanto nello spazio di un battito di ciglia.

 

Samael

 

La voce non risuonò tra le pietre dell’altura, né sotto il cielo infernale. Eppure Samael la percepì perfettamente mentre pronunciava il suo nome.

 

Non parlava e non pensava. Diceva e basta, articolando parole in una lingua che non era francese né inglese, né un’altra lingua conosciuta sotto il sole.

 

Samael riconobbe subito quella voce, densa e arrogante, ricca di sfumature color granato.

 

Belial, rispose.

 

La voce dell’altro demonio fu scossa da una risata.

 

Non credevo di rivederti tanto presto. Non ti degni spesso di venire qua giù

 

Se Samael fosse ancora stato in possesso di un volto, lo avrebbe distorto in una smorfia agra.

 

Ho avuto da fare, rispose malvolentieri.

 

Una nuova vittima?

 

Esattamente

 

Chi è? domandò Belial con la sua solita, insopportabile curiosità.

 

Nessuno che possa interessare a Belial il dissoluto, rispose Samael, secco.

 

Ma a Samael il velenoso sì,  a quanto pare, intervenne qualcun altro.

 

Una terza presenza, un terzo soffio vitale, li aveva raggiunti sull’altura. Era morbido, sinuoso e di natura femminile.

 

Lilith, la salutò Samael.

 

Il demone Lilith un tempo era stato una donna: la prima moglie di Adamo. Conosceva meglio di ogni altro la natura dei mortali.

 

Che cosa ti porta a visitare l’Averno, Sam-el?, chiese lei, usando il nome ebraico di Samael.

 

Lui mi vuole vedere, rispose quello in tono allusivo.

 

Sia Belial che Lilith tacquero. Samael si compiacque del timore reverenziale che era riuscito a imporre loro, pur sapendo bene che non era rivolto a lui.

 

Se è così, disse Lilith dopo un lungo istante, non devi farlo aspettare. Il Portatore di Luce non è paziente

 

Non è lui a doversene andare, Lilith

 

A parlare era stata una quarta voce: i tre diavoli sospirarono alla sua carezza.

 

Il timbro era androgino, dolce e leggermente vibrante. Se Samael era grigio cenere, Belial rosso granato e Lilith blu notte, l’ultimo arrivato era bianco sfolgorante... o forse nero profondo?

 

Mio Signore... lo riverì Belial.

 

Se Samael fosse stato ancora in possesso di un corpo avrebbe alzato gli occhi al cielo: il servilismo di Belial era quasi ridicolo. Anche Lilith si prostrava mentalmente in adorazione, mormorando parole di omaggio in tono sottomesso.

 

Samael scelse di restare in silenzio.

 

La quarta voce concesse ai due demoni di riverirla ancora per qualche istante: Samael la percepì crogiolarsi nell’adorazione come un gatto nella luce solare.

 

Poi gli spiriti di Lilith e Belial si precipitarono giù per la scarpata pietrosa. Samael li osservò senza interesse mentre si libravano, intrecciandosi in una danza invisibile.

 

Al suo fianco ondeggiava la quarta presenza.

 

Mio Samael

 

Il demone non potè impedirsi di sospirare nuovamente. La voce di Lucifero era irresistibile.

 

Non sono vostro, si costrinse a dire, utilizzando tutta la propria forza di volontà.

 

Come posso crederti se la tua voce dice tutt’altro?

 

Non sono vostro

 

Ma brameresti esserlo

 

Questa volta Samael non disse niente, sopraffatto dalla verità nelle parole dell’altro. Lucifero continuò, apparentemente soddisfatto da quel gesto di resa.

 

Chi è?

 

Una giovane di sedici anni. Mi ha offerto la sua anima in cambio dell’immortalità

 

Ci fu una pausa. Poi la mente millenaria e incommensurabile di Lucifero si insinuò in quella altrettanto antica di Samael e cominciò a frugarla.

 

Lo spirito incorporeo del diavolo rabbrividì, mentre gli venivano strappati i ricordi dei giorni precedenti.

 

Rivide come in una sfilata le immagini del volto di Sibylle nella cornice delle Tuileries, poi

della mano che vergava una firma sicura, dei capelli scuri che si gonfiavano al vento. Riascoltò il tono esatto con il quale aveva risposto al telefono la prima volta che si erano parlati.

 

Represse un moto di fastidio quando riudì la voce di lei compitare il suo nome alla francese, come se fosse stato scritto “Samaelle”. L’aveva chiamato per nome una sola volta.

 

Lo spirito di Lucifero parve bearsi e nutrirsi di quei ricordi.

 

Allora è così che stanno le cose... disse in un sussurro.

 

Sì, rispose Samael, rigidamente. Sai cosa significa, questa richiesta di vita eterna?

 

Seguì un lungo silenzio.

 

No, ammise infine la voce del Principe dei Diavoli. L’accesso alla sua mente mi è sbarrato come lo è per te: l’Altro la protegge ancora

 

Com’è possibile? esclamò Samael, sconvolto.

 

Evidentemente, l’Altro crede di avere ancora una possibilità di salvarla

 

Ma la sua anima appartiene a me! Come...

 

La domanda non è “come”. La domanda è “perché”

 

Samael guardò la piana di cenere, il vortice di anime dannate. Non sapeva che cosa fosse andato storto con Sibylle. Avrebbe voluto potersi scordare di lei e del contratto che aveva siglato.

 

Che devo fare? si risolse a chiedere infine.

 

Prendila. Prendila ora. Fa che sia tua per sempre

 

Ci vorrà tempo per spingerla al passo finale.  La sua anima appartiene all’Inferno ma il suo cuore non è ancora mio

 

Forse dovrei affidare l’incarico a Mefistofele. Mi sembra che Samael abbia perso la sua bravura

 

E a me sembra che Lucifero abbia perso il senno, ribattè Samael, piccato.

 

Una risata scosse lo spirito del Signore delle Tenebre.

 

Mi piaci, Samael, confessò con voce divertita. Mi sei sempre piaciuto più di ogni altro

 

Lusingato, tagliò corto Samael.

 

Non riusciva a capire dove volesse arrivare Lucifero e stava sulla difensiva, consapevole di trovarsi in una posizione di inferiorità.

 

Eppure Samael e Lucifero erano ugualmente antichi. Entrambi erano stati tra gli angeli prediletti di Dio, prima della Caduta e quando Lucifero si era ribellato, Samael era stato uno dei primi a seguirlo.

 

Intanto Lucifero continuava.

 

Io ti guardo, Samael e vedo il tuo sogno di rivalsa... so che sono invidia e rancore a muoverti. Avresti potuto essere tu il Principe dei Diavoli eppure sei solo un servo qualunque, adesso

 

La mente di Samael insorse.

 

Tacete!, gridò.

 

Lucifero rise ancora.

 

Cova pure la tua ira, mio prediletto. E’ per questo che ti amo... ribelle nella ribellione eppure anelante ad essere sottomesso. Dove potrei trovarne uno uguale?

 

Non capisco quello che dite... divagò Samael. Non voleva che quella conversazione continuasse.

 

Ma Lucifero non sembrava intenzionato a fermarsi.

 

Seppure i giorni scorrano ancora per coloro che sono caduti dalla grazia, sempre ti tormenti. Guardi Belial, che è come tutti gli altri: semplice nella sua malvagità. Che cos’altro brama se non continuare a fare del male? Tu invece desideri attorcere  i fili dell’Averno oltre a quelli delle vite umane. Eppure sai di non averne la forza e ti torturi anelando a quell’agevole esistenza... pur senza mai cessare la tua lotta silenziosa. Troppi pensieri, amato Samael. Noi non siamo fatti per i pensieri, rammentalo sempre

 

La voce di Lucifero irretiva in un vortice di morbida incoscienza: il Signore delle Mosche fraseggiava con consumata abilità.

 

Penso, mio dilettissimo, continuò, a come sarebbe semplice se tu ti sottomettessi... fallo, mio caro. Arrenditi a me. Ti prometto che non sarai più tormentato

 

Fu con tutta la sua forza che Samael si rivoltò contro quel tentativo di seduzione.

 

Non sono un servo e non desidero un padrone. Potrò chiamarvi Signore, ma non mi avrete mai. E ora voglio tornare sulla terra per occuparmi della ragazza

 

Nella sua immaterialità, Lucifero fece un cenno accondiscendente con il capo. Samael avrebbe voluto poterlo colpire. Ma il Signore delle Tenebre non dette segno di accorgersene.

 

Va, concesse. Va dalla tua vittima mortale, e prendila in fretta. Non tollererò errori. Non da parte tua, mio Samael

 

Mentre stava per innalzarsi verso la volta infernale, Samael fu trattenuto dalla volontà dell’altro, silenziosa quanto inequivocabile.

 

Non sottovalutare la ragazza. E’ più forte di quel che tu credi

 

Sì... mio Signore, aggiunse Samael a malincuore ben sapendo che Lucifero non l’avrebbe lasciato andare fino a quando non avesse pronunciato quelle parole.

 

Un istante, una carezza incorporea e sfuggente e infine, il Principe dei Diavoli disparve.

 

***

 

Samael, di nuovo sotto spoglie mortali, ammirava le statue del Panthéon con distaccato interesse.

 

I monumenti funerari di Hugo, Zola, Rosseau e tanti altri lo attraevano in modo indefinibile, perché ricordavano i più grandi degli uomini francesi. Dal momento che i comuni mortali annoiavano immensamente Samael, il demone rimpiangeva di non aver avuto l’occasione di conoscerli.

 

In fondo, si disse, a ricorrere ai suoi servigi era proprio il mediocre, chi non riusciva a raggiungere un obiettivo con le sole proprie forze.

 

Lanciò un ultimo sguardo al monumento di Diderot. Il tempio era deserto: non erano ancora le sette del mattino.

 

Una luce fioca filtrava dalla lanterna della grande cupola in ferro, creando giochi di luce e ombra con le colonne corinzie delle quattro navate disposte a croce greca.

 

Il pavimento intarsiato non riecheggiava sotto i passi di Samael. Qualche momento dopo se ne aggiunsero altri, ugualmente silenziosi.

 

Samael non sussultò né diede alcun segno di stupore: era impossibile coglierlo di sorpresa.

 

Il Panthéon, gioiello in stile neoclassico del Quartier Latin, era nato come chiesa dedicata a Santa Geneviève, ma nel 1885 era stata sconsacrata e destinata ad edificio pubblico. Ciò consentiva a Samael e ai suoi simili di camminarvi indisturbati.

 

Gli altri passi seguirono quelli di Samael senza che lui si voltasse. Il demone attraversò tranquillamente la navata, sempre affiancato da quella presenza silenziosa.

 

Mentre osservava la serie di affreschi che descrivevano la vita della santa a cui la chiesa era originariamente consacrata, l’altro parlò.

 

- Samael. Non mi aspettavo di vederti qui -

 

Ovviamente non era vero. C’erano ben pochi posti di Parigi frequentati dai diavoli dell’inferno e le chiese sconsacrate si trovavano tra questi.

 

Ma Samael non fece commenti e si voltò semplicemente in direzione dell’altro. Aveva l’aspetto di un’adolescente minuta, dai capelli castani. Non c’era molta luce ma poteva vedere chiaramente che indossava una divisa scolastica.

 

- Mefistofele - lo salutò.

 

La ragazzina scosse la testa e la coda di cavallo le ondeggiò sulle spalle strette.

 

- Lucille, per favore. Mi chiamo Lucille -

 

Samael dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. Tranne Lilith, che una volta era stata una donna, nessun demone aveva sesso: ne assumevano automaticamente uno quando prendevano spoglie mortali. Non era convenzionale prendere un altro nome oltre il proprio.

 

Ma Lucille era carina e non molto alta. Non dimostrava più di quattordici anni.

 

- Cosa vuoi? - chiese Samael, bruscamente.

 

Era stanco: il colloquio con Lucifero aveva portata all’esasperazione la sua già scarsa pazienza. La ragazzina aggrottò le sopracciglia fine e chiare.

 

- Perché mi tratti male? - domandò per tutta risposta.

 

Poi abbandonò in un secondo l’atteggiamento civettuolo e innocente: parve di vedere una maschera che cadeva. Improvvisamente il visetto pallido si indurì e assunse un’espressione densa di malizia.

 

Anche la voce sottile sembrava diversa, più antica.

 

- Hai parlato con il Portatore di Luce - esordì.

 

L’affermazione conteneva una domanda che Samael finse di non aver compreso.

 

- Così si dice - affermò distrattamente.

 

Senza badare più a lei, scese i tre gradini che portavano alla navata centrale, passando in rassegna i bassorilievi. Ma Lucille/Mefistofele non sembrava intenzionato a lasciarlo in pace.

 

- Ogni diavolo che cammina sulla terra ha sentito il suo richiamo - gli disse, seguendolo. -Egli desiderava vederti, perché? -

 

Samael non rispose.

 

Mefistofele e Belial si assomigliavano un poco: avevano lo stesso manieroso formalismo, che li portava a non pronunciare il nome del loro Signore. Tanto bastava per odiarli, poiché Samael detestava la tendenza a mitizzare Lucifero come se fosse stato un essere superiore. Ma, mentre Belial era stolidamente malvagio, Mefistofele era scaltro e abile: non raffinato, tuttavia ricco di inventiva.

 

Samael non voleva parlargli ma era difficile ignorarlo. Mentre fingeva di concentrare la sua attenzione in alto, gli occhi grigi puntati sul matroneo che correva lungo tutto il perimetro dell’edificio, Mefistofele continuava a incalzarlo.

 

- Cosa? - sussurrò in tono suadente. - Cosa può avere da dire il Signore dell’Averno a Samael il velenoso? -

 

Anche Lilith lo aveva chiamato così. Quell’epiteto gli era stato attribuito per la sua capacità di alterare in negativo gli stati d’animo. La sua presenza era come veleno per i mortali.

 

Lucille/Mefistofele aveva colpito nel segno e lo sapeva: quando finalmente Samael si voltò per parlargli, fece in tempo a catturare un sorriso soddisfatto sul volto infantile.

 

- Una ragazza mi ha offerto la sua anima. Lucifero desiderava saperne di più - rispose in tutta semplicità.

 

Il volto della ragazzetta fu animato da un caos di espressioni contrastanti a una velocità troppo elevata per un vero essere umano.

 

Ma se ci fosse stato qualcuno nel Panthéon a quell’ora del mattino avrebbe visto semplicemente un giovane sui venticinque anni che discuteva con una ragazzina. Avrebbe ammirato la bellezza pallida e languida del giovane, si sarebbe soffermato sui suoi lunghi riccioli da cherubino botticelliano, sul soprabito nero di ottimo taglio.

 

Difficilmente avrebbe notato che la luce, cadendo dagli archi della grande cupola, non proiettava alcuna ombra delle due figure sull’intarsiatura circolare del pavimento

 

Gli esseri umani raramente si accorgono di queste cose.

 

- Che cosa conti di fare? - chiedeva intanto Lucille/Mefistofele. - Io potrei aiutarti -

 

Samael non si lasciò trarre in inganno e rivoltò la domanda.

 

- E tu, perché sei qui? Chi è la tua vittima? -

 

- Un uomo amante di bambine - tagliò corto l’altro. - Un Humbert Humbert, se non disdegni il patrimonio letterario dei mortali -

 

Il riferimento al romanzo di Vladimir Nabokov sulle sue labbra da ragazzina sembrò quasi osceno e Samael preferì non indagare oltre: non aveva alcun interesse per la missione di Mefistofele.

 

- Non ho bisogno di aiuto - rispose freddamente alla domanda precedente.

 

- Oh, io credo di sì. Vedi, io so che la ragazza... Sibylle, non è vero? Ecco, so che si sta dimostrando un poco più difficoltosa di quanto tu avresti creduto. Non riesci a leggerle la mente. Il contratto è stato firmato ma è come se... se l’Altro avesse ancora una mano posta sulla sua testa. Il Portatore ti ha imposto di prenderla adesso ma tu non puoi ancora... o non vuoi? -

 

Samael non raccolse l’insinuazione e Mefistofele continuò.

 

- Potrei davvero aiutarti... lascia a me questo incarico. Sarà facile... -

 

- Taci -

 

Samael interruppe il tentativo di Mefistofele prima che cominciasse davvero.

 

- Lucifero ripone la massima fiducia in me - continuò con voce calma. - La ragazza si sta dimostrando più resistente del previsto, vero. D’altro canto ha siglato il contratto solo due notti fa. Ma non temere, Mefistofele: presto sarà in mio totale potere -

 

- Quanto presto? - domandò avidamente la ragazzina demone.

 

Samael riconobbe la sfida implicita.

 

- Sette giorni -

 

- Potresti giurarlo? -

 

L’altro rise senza emozione.

 

- Hanno forse valore i giuramenti, per coloro che caddero? -

 

- Abbiamo ancora un codice d’onore, Samael, anche se tu ti ostini a negarlo -

 

Gli occhi serpentini di Samael si assottigliarono fino a diventare due fessure.

 

- Codice d’onore - sputò.

 

Lucille/Mefistofele distorse la bocca in un urlo senza suono.

 

Improvvisamente il potere demoniaco si erse in tutta la sua spaventosa forza e lui non fu più solo una ragazzina con i braccialetti di plastica. Divenne come un’onda, altissima e terrificante che tentasse di sommergere Samael. Questi resistette all’attacco mentale senza batter ciglio: per un istante i due demoni si scontrarono in un urto silenzioso e terribile.

 

Niente fu visibile ma la violenza dell’impatto li scagliò l’uno dalla parte opposta dell’altro, con uno schianto orribile.

 

Samael fu gettato contro il muro affrescato della navata di sinistra e batté il capo in un colpo che sarebbe stato sufficiente a uccidere un uomo. Non era in grado di percepire il dolore.

 

Alzò lentamente una mano dall’ossatura elegante, appesantita da un vecchio anello d’argento, e si scostò i riccioli dagli occhi: Mefistofele stava afflosciato come una bambola rotta contro una colonna di marmo ocra, a dieci o venti metri da lui.

 

Si fissarono per un lungo istante, entrambi senza fiato: si equivalevano.

 

Il primo a riprendersi fu Mefistofele. Si rialzò con un gesto elastico, come se i suoi tendini fossero stati di gomma. Si aggiustò dietro l’orecchio una ciocca castana che era sfuggita dal fermacapelli colorato e sorrise dolcemente.

 

- Come vuoi, Samael: può darsi che tu abbia ragione. Non ti importunerò più. E’ tuo diritto non accettare la sfida -

 

Girò sui tacchi. Nel momento stesso in cui stava per varcare la soglia del tempio, Samael percepì arrivargli un pensiero. Quattro lettere, un’unica parola.

 

Vile

 

L’urlo di rabbia di Samael fece tremare le colonne.

 

- Mefistofele! -

 

La ragazzina si voltò: incorniciata dal portone aperto la figuretta sembrava ancor più fragile e sottile. Lo guardò con occhi ingenui.

 

- Sì? - domandò in tono argentino.

 

- Accetto -

 

Il volto adolescente si aprì in un’espressione ferocemente estatica. Quando parlò lo fece con voce cavernosa e stentorea, abominevole sulle labbra di Lucille.

 

- Sette giorni - ripeté.

 

- Se vinco, non dovrai mai più contrastarmi - disse Samael.

 

Si erse, alto e sottile come una lama. Gli occhi gli brillarono come tizzoni grigi e perse anche le ultime vestigia di umanità: in fondo era una creatura non diversa da Mefistofele. La sfida, la scommessa... gli davano un piacere sfrenato.

 

- Sarai mio schiavo, Mefistofele - continuò, con voce altrettanto antica e rauca.

 

- Lo giuro. Ma se tu perdi... - aggiunse l’altro. - Se perdi dovrai scambiare la sua anima con la tua. Ti consegnerai al vortice dei dannati, per sempre -

 

Il volto del giovane dai riccioli neri rimase impassibile, una maschera di pietra.

 

- Giura, Samael. Giuralo! - mugghiò Mefistofele.

 

- Lo giuro -

 

La voce di Samael, di nuovo limpida e giovanile, riecheggiò vibrante sotto le volte. Mefistofele gli rivolse un cenno del capo, a metà tra un inchino e un assenso.

 

Poi disparve.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

Non credevo nemmeno io che lo avrei fatto, invece eccomi tornata.

Questo capitolo è stato concepito ed elaborato con grande fatica da parte mia. Non garantisco sul risultato:

 

(...) Ai posteri l’ardua sentenza (A. Manzoni)

 

Cosa ne dite?

E’ valsa la pena di continuare l’avventura di Samael e Sibylle?

Un saluto a tutti, soprattutto a chi mi ha aspettata, inserendo “Voulez-vous mon ame?” nelle storie preferite e in quelle seguite... e uno speciale a chi ha scoperto solo adesso questo mio parto letterario e lo ha apprezzato.

Le recensioni sono, come del resto sempre, gradite e auspicate.

 

Facy

 

PS: un grazie specialissimo a Dante Alighieri, dal cui Inferno (quinto canto) ho preso la descrizione delle anime dannate.

 

  
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