Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Euridice100    21/12/2020    3 recensioni
"Mentre stendeva il tabacco, mentre chiudeva la cartina, Leone era assorto. Attento. Meticoloso, come in ogni cosa che faceva. Bruno si chiese per l’ennesima volta se tutte quelle cure non fossero in fondo un altro tentativo per sfuggire da se stesso, per soffocare i pensieri con il peso di incombenze da nulla."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Leone Abbacchio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La morte
(non esiste più)
 
 

Love of mine,
someday you will die
but I'll be close behind,
I'll follow you into the dark.

 

Leone Abbacchio è morto.
Bruno Bucciarati stringe i pugni, le unghie che affondano nei palmi delle mani. Non riesce a guardare quel corpo esanime che, fino a manciate di attimi prima, è stato il suo secondo in comando. Il suo migliore amico.
È immobile, Bruno. Non muove un muscolo, neppure per fingere di respirare come ormai fa per non allarmare la gang. Le parole degli altri sono rumore di sottofondo nel gelo della mente.
Non c’è più niente da fare per Abbacchio. È morto in nome della missione che ora spetta loro portare a termine. Restare lì significa solo rendere vano il suo sacrificio. Non è il momento di fermarsi a piangere perdendo minuti preziosi.
Un vero capo sa sempre cosa fare.
Bruno sa benissimo cosa fare, e sa benissimo che lo farà.
Un vero capo pensa ai vivi – pensa a Trish.
Si sente pronunciare l’ordine più assurdo e razionale al mondo, quello per cui nessuno lo redarguirebbe. Sente ancora – come in un sogno, come sott’acqua – le urla di Narancia, il suo pianto inframmezzato a preghiere
Bruno ripete. Ordina.
Non ascolta ragioni – non stavolta.
Presto lo raggiungerai.
Un pensiero che non è di alcuna consolazione.
Presto lo raggiungerai, ma nulla sarà come prima.
Perché Leone Abbacchio è morto, e Bruno Bucciarati prima di lui, ma in questo momento, nel profondo del cuore, Bruno maledice il potere di Giorno che gli permette di muoversi ancora su questa terra, di percorrere uno dietro l’altro i passi che lo conducono lontano da lui.
Non trema, ed è giusto così per un corpo morto. Si morde a sangue le labbra, un rivolo che gli sporca il mento, ma non ne percepisce l’odore né il sapore.
Mentre si allontana senza voltarsi a guardare per l’ultima volta Leone Abbacchio – il suo secondo in comando, il suo migliore amico, Leone – Bruno Bucciarati non sente nulla.
La sua anima non esiste più.
  

No blinding light
or tunnels to gates of white,
just our hands clasped so tight
waiting for a hint of a spark.

 

***
 

Faceva freddo, quella sera. Il vento sferzava Napoli, feriva le guance, le labbra. Non che la città ne fosse intimidita, anzi: una fiumana di gente si era riversata sul lungomare, complici il Natale alle porte, la corsa ai regali e l’immancabile struscio del sabato.
Bruno accelerò il passo e si strinse la sciarpa al collo. Era di ritorno dall’ennesima incombenza di quel lavoro che, negli ultimi tempi, tendeva a stomacarlo sempre di più.
Un gruppo di adolescenti gli passò a fianco. Quanti anni potevano avere, tredici, quattordici? Erano spensierati, come tutti i ragazzini sarebbero dovuti essere… Salvo che fossero incappati nella sua organizzazione, quella stessa Passione cui Bruno aveva giurato fedeltà e che, ora, era responsabile dei buchi sulle braccia di sempre più bambini.
Possibile tu sia stato così idiota da illuderti? Da pensare che foste diversi, che aveste una morale?
Strinse gli occhi, la cecità di un istante a condonare l’ignavia di settimane… Ma il brusco incontro, anzi, scontro con un tale lo restituì al presente. Un tale più alto di lui e dai capelli chiari che biascicò una bestemmia assai poco velata.
- Abbacchio! Che ci fai in giro?
- O uscivo o facevo una strage. Me ne stavo per i fatti miei quando quell’idiota di Mista ha detto non so cosa e Narancia è scattato. Hanno cercato di tirarmi in mezzo, ma non mi mischio certo a dei poppanti. Quando me ne sono andato, Fugo stava cercando di inforchettare Narancia. Magari stavolta ce l’ha fatta.
Bruno sorrise. A differenza dell’altro, a lui piaceva il caos che quella banda di ragazzacci gli assicurava: rendeva vivo un luogo che, altrimenti, sarebbe stato un freddo susseguirsi di stanze e arredi. Lo rendeva casa. E casa, aveva imparato da piccolo, valeva bene la confusione, le grida, le liti furibonde che culminavano in abbracci spaccaossa.
- Sono ancora immaturi. Cresceranno.
Leone strinse le spalle nel cappotto nero.
- Ineducati, vorrai dire. Manca loro la disciplina. Alla loro età, studiavo giorno e notte per il concorso. Sarebbero stati guai se mi fossi comportato così. Anche se poi, – lo sguardo dell’uomo si perse verso il mare – Ho mandato tutto a fanculo.
Bruno represse un sospiro.
Tutti conoscevano la storia del poliziotto rinnegato; non tutti, però, conoscevano le conseguenze di quel tradimento su Abbacchio. Cresciuto a pane e rigore, aveva interiorizzato un senso del dovere più unico che raro, che però faceva a pugni con la realtà in cui era immerso. La morte del collega era stata la goccia che aveva fatto traboccare un vaso già colmo.
A Bruno, Leone piaceva, e tanto. Forse gli era piaciuto dal primo istante perché era un po’ il suo tipo, alto, con le labbra carnose e avvolto da un’aura tenebrosa; o forse gli era iniziato a piacere col tempo, quando aveva scoperto che dietro tanto astio, tanto rancore, si nascondeva il più debole della cucciolata. Perché – per riprendere le parole appena pronunciate – se Narancia e Mista erano in un certo senso capaci di guardare al passato con più leggerezza proprio grazie alla giovane età che permetteva persino a Fugo di fronteggiare gli orrori vissuti, con Leone… Con Leone era tutto un altro paio di maniche.
Lui tornava e ritornava al giorno in cui aveva ucciso il suo futuro e, ogni volta, era una discesa nell’abisso.
Quand’è che Abbacchio è diventato Leone?
Non lo ricorda più.
Il fatto che gli piacesse anche per queste debolezze suonava sbagliato, sbagliatissimo. Passi la generosità, passi la vocazione quasi maniacale ad aiutare il prossimo fino a diventarne punto di riferimento, ma questa sarebbe stata dipendenza in piena regola. E Bucciarati non voleva che Abbacchio fosse dipendente da lui – non voleva fosse dipendente da niente, da nessuno, tanto meno da lui. Ecco: se un giorno Leone gli avesse detto che basta, fanculo tutto, se ne andava ad allevare lama sulle Ande, una parte di Bruno avrebbe esultato. Avrebbe significato solo una cosa: Leone era libero.
E pur di saperlo libero, Bruno era pronto a rinunciare a Leone. A rinunciare al suo disincanto verso il mondo intero e ai rari sorrisi che regalava a lui e lui solo. Al suo innato senso di giustizia e alla fedeltà certa e smisurata in ogni incarico. Ai caffè bevuti in silenzio alle sette di mattina, quando erano gli unici svegli e la casa ancora in pace – e quante volte Bruno avrebbe voluto poter fermare il tempo in quegli istanti, per restare ad ammirare ancora un momento la curva delle labbra di Leone.
Ma quello con Passione è un matrimonio.
Finché morte non vi separi.
Leone gli piaceva in un modo viscerale e autentico, indefinibile, ma diverso dal modo in cui gli erano piaciuti gli uomini con cui era stato finora. Ne era innamorato? Non osava neanche pensare quella parola. Non perché troppo impegnativa, ma perché semplicemente assurda. Possibile innamorarsi, se non si era neanche certi di vedere un’altra alba? E soprattutto, come ci si poteva innamorare di un sottoposto? Avrebbe mandato al diavolo ogni equilibrio, ogni logica. E la razionalità era tutto, se un – futuro – capo e i suoi volevano sopravvivere…
- Brutti pensieri, oggi?
- Al solito. Personalmente, andrei a bermi l’anima, – Abbacchio sfidò l’espressione accigliata dell’altro – Ma mi limiterò. Non tocco alcool da giorni, lo sai.
La frase conteneva forse una velata accusa? Leone lo considerava una sorta di controllore che lo seguiva passo dopo passo? Se aveva frainteso – ok, forse un pochino indovinato – le preoccupazioni di Bucciarati, allora forse aveva intuito anche altro. Era pur sempre un ex poliziotto dal fiuto incredibile…
- Vieni con me?
Bruno si impose calma.
- Sono sicuro tu sappia regolarti da solo.
Un lampo di perplessità attraversò il volto di Abbacchio.
- Il mio è un semplice invito, – quando parlò, la sua voce suonò distaccata come al solito – Fossero stati qui gli altri, l’avrei chiesto lo stesso. Solo, a quel punto sarebbe stato ovvio che fossi stato già sbronzo.
Quali erano le alternative, in fondo? Tornare a casa, mettersi a letto e sperare di scivolare presto in un sonno senza sogni? A essere sincero, Bruno non ne aveva voglia.
Bruno Bucciarati aveva vent’anni e, per una sera, aveva voglia di essere un ventenne qualunque.
Niente di più.
Non un criminale già a guida di una banda e con tante, troppe responsabilità.
Solo un ventenne senza pensieri.
Anche se per avere vent’anni ci vuole coraggio.
- D’accordo, – sorrise – Dove si va?
 
 
 
Abbacchio aveva mantenuto la parola. Avrebbe potuto svuotare le dispense dei locali in cui erano stati – tutti gestiti da Passione, ovviamente –, ma si era davvero limitato a un paio di bicchieri, nulla per i suoi standard.
Non che Bucciarati avesse bevuto di più, anzi; ma a lui l’alcool dava subito alla testa. Eredità di quando a dodici anni, appena entrato in Passione, i più grandi si divertivano a farlo ubriacare fino a perdere i sensi? Al momento, non gli andava di pensarci. Al momento, non gli andava di pensare a niente che non fosse il presente.
Incuranti del freddo e del cielo che prometteva pioggia, erano finiti su una panchina, mangiando caramelle raccattate all’ultimo in un bazar ancora aperto.
Se non ci ammazzano stanotte, non ci ammazzano più, Bucciarati si ritrovò a pensare.
Forse si sarebbero pentiti di quella spensieratezza.
O forse no.
Dopo aver commentato una delle ultime voci sulla Squadra Esecuzioni, Abbacchio pescò una caramella e si fece improvvisamente silenzioso. Troppo silenzioso persino per lui.
-  Questa è alla fragola. La preferita di mia sorella, – mormorò infine.
Bruno non nascose un’espressione sorpresa.
- Hai una sorella?
Leone fissava la caramella tra le dita.
- Rita. Ha quattro anni meno di me. Ero il suo eroe, sai? La proteggevo da nostro padre quando disobbediva, suonavo per lei, ogni suo desiderio era un ordine per me…  – la voce gli si tinse di una dolcezza sconosciuta – Negli ultimi tempi tornavo a casa solo per rivederla. È l’unica persona che mi manca.
Ed era una civile.
- Sai che non poss-
- E anche se potessi, non vorrei comunque incontrarla, – il tono netto non stupì l’altro – Dopo quello che è successo, preferisco pensi che sia morto. Soffrirebbe meno.
- Questo non puoi saperlo.
- So com’è stata cresciuta. Abbiamo gli stessi genitori. Per loro, meglio un figlio morto che uno sbirro corrotto e infame come me.
Bruno sentì montare in sé un’ondata di rabbia antica, potente. Verso il mondo, che aveva convinto Leone di poter valere qualcosa solo seguendo binari impostati, e sì, anche verso Leone, per essersene lasciato convincere.
- Trovi sempre le parole peggiori per descriverti. Hai sbagliato, e parecchio, ma non sei un infame. Fammi finire, – Bucciarati bloccò ogni obiezione – Secondo te, un infame si comporta come ti comporti tu nei miei, nei nostri confronti? Tu sei pronto a dare la vita per ciò in cui credi, ti vedo durante le missioni. Un infame lo farebbe? O lascerebbe perdere pur di portare a casa la pelle? – era deciso come quando riceveva i questuanti, come le rare volte che dava ordini. Un capo senza ancora esserlo.
Abbacchio teneva lo sguardo fisso davanti a sé, verso il mare. Ma, se pensava di sfuggire con una qualche cazzata acida delle sue, stavolta cascava male.
- Avanti, Leone. Rispondi.
- Non lo so! – la voce dell’altro fu un ringhio di dolore – Io non so più nulla. Non so chi sono, non so cosa faccio, non so nemmeno se domani sarò vivo, e va bene così. Solo una cosa so, – respirava a denti stretti, come se parlare gli costasse fatica – Quando mi dici che non vi abbandono pur portare a casa la pelle, riesco a pensare solo che io non ho una casa, non ho un posto cui tornare. Io ho solo te.
Forse Bruno aveva bevuto più di quanto credeva, o forse alla fine era andato a dormire e stava sognando. Non poteva essere altrimenti. Abbacchio non aveva davvero pronunciato quelle ultime parole, non stava continuando a parlare.
- L’unico momento in cui mi sento in pace è al tuo fianco.
Finalmente Leone volse lo sguardo verso di lui. Bruno sapeva benissimo cosa potesse vedere: la sua espressione era serena, gli occhi azzurri tranquilli, ombreggiati appena quando il vento muoveva le ciocche corvine. L’esperienza glielo aveva insegnato: tutto in lui comunicava compostezza, fermezza. Nessuno – neanche Leone – avrebbe mai immaginato che dentro bruciava.
Quella di Abbacchio era, doveva essere, riconoscenza. In fondo, era stato lui a dargli un nuovo scopo nella vita quando stava lentamente suicidandosi; era normale che provasse gratitudine nei suoi confronti. Anche gli altri la nutrivano e lo dimostravano, ciascuno nel suo modo. Ecco dov’era il problema: era talmente abituato all’allegria e al chiasso dei ragazzi che tutta quella serietà, quel contegno gli parevano fuori luogo, quasi una dichiarazione. Anche se dichiarazione non era.
…Sicuro?
Le tante volte che avevano parlato, Abbacchio gli aveva confidato che, prima del caos, aveva avuto un paio di storie. Aveva parlato sempre al femminile. Che Bruno sapesse, a Leone non piacevano gli uomini.
Che Bruno sapesse…
Quando i loro occhi si incrociavano, ogni volta era Leone a distogliere lo sguardo per primo. Ma ogni volta, per una frazione di secondo così rapida da sembrare irreale, Leone ricambiava – e non c’era confusione, non c’era rabbia sul suo volto.
C’era meraviglia.
- Tu da quanto non torni a casa?
Nella mente di Bruno si elevarono canti di gioia verso San Gennaro, Maradona e Dio. In quel momento, avrebbe baciato Leone anche solo per ringraziarlo per aver sbloccato l’impasse in cui l’aveva fatto finire, per avergli ridato il controllo della situazione.
- Tristi e filosofici stasera, eh? – fece accondiscendente e divertito mentre accennava al mare – Sai che sono a casa ogni volta che guardo qui.
L’altro rimase serio.
- Intendevo la casa dove sei cresciuto. Quella fuori Napoli.
Oh cazzo.
Avergli ridato l’illusione del controllo della situazione.
- Da più tempo di quanto vorrei. Potrei dire che non trovo il tempo, che ho troppo da fare, ma so che non è la verità, – dopo un istante le parole fluirono libere, come sempre quando erano insieme – In fondo, una piccola parte di me non vuole tornarci spesso. Quando ci metto piede, rivivo le sere sul peschereccio con papà, c’è ancora mamma che mi aiuta a fare i compiti. All’epoca non avrei mai immaginato che sarebbe andata a finire così. Andava tutto bene – o almeno lo pensavo.
- Anche se tornassi indietro, non cambierei nulla. Non c’era scelta: dovevo proteggere mio padre, lo rifarei mille altre volte. Eppure… Eppure, quando vado a casa, rivedo me bambino e mi chiedo cosa sarebbe successo se. Se mio padre non avesse visto lo scambio. Se ci fosse stato qualcun altro, non Passione, a proteggerci.
Abbacchio annuì.
- Tutti vorremmo tornare al giorno che ha cambiato le nostre vite. Anche se non possiamo. Anche se è inutile.
Cadde un silenzio denso, carico di parole non dette. Per un momento, le voci di strada, i rumori di gente furono lontani come le loro vite precedenti.
- Hai l’accendino? – in quella strana serata, fu di nuovo lui, di solito così taciturno, a ridarli al presente.
Bruno glielo passò.
- Ho finito le sigarette.
- Fa niente, le giro io.
Mentre stendeva il tabacco, mentre chiudeva la cartina, Leone era assorto. Attento. Meticoloso, come in ogni cosa che faceva. Bruno si chiese per l’ennesima volta se tutte quelle cure non fossero in fondo un altro tentativo per sfuggire da se stesso, per soffocare i pensieri con il peso di incombenze da nulla.
- Tieni.
Aveva le dita fredde. Bruno non ricordava di averlo mai toccato dopo il primo incontro, quando gli era quasi collassato addosso. Leone era attento a non sfiorare e a non farsi sfiorare dal prossimo neanche per le cose più semplici, neppure per porgere una posata. Sempre così geloso del suo spazio personale. Guardingo come un gatto randagio.
Ed ora le loro dita si stavano toccando, in un contatto che nessuno voleva realmente spezzare.
All’improvviso, Bucciarati fu stanco di mentire a se stesso. Poteva anche continuare a non dare un nome a ciò che provava, ma non era colpa dell’alcool se bastava uno sguardo e tornava bambino. Avrebbe preferito vivere coi rimorsi di aver agito o col rimpianto di non aver neanche tentato? La risposta veniva da sé. Anche se stava per fare la cazzata più grande della vita e mandare a rotoli tutto ciò che era riuscito a costruire fino ad allora.
Pose la mano su quella di Leone.
L’uomo sussultò appena. Fissò con espressione indecifrabile, ma non si ritrasse.
Alzò lo sguardo.
Negli occhi una muta preghiera.
Tienimi. Non lasciarmi più andare.
Negli occhi il mondo intero.
- Certe cose non hanno bisogno di essere dette, – Bruno gli carezzò il palmo.
La risposta di Leone fu un soffio.
- Già. Certe cose non hanno bisogno di essere dette. Ma si sanno – le sappiamo.
Fu di nuovo Bruno a lasciar scivolare le dita, a intrecciarle a quelle dell’altro.
Ma Leone le strinse – le strinse forte, con disperazione, con coscienza, mentre gettava gli occhi nei suoi.
Faceva freddo a Napoli, quella sera. Il cielo minacciava pioggia.
Ma – quando Bruno baciò Leone, quando Leone rispose al bacio – il freddo non esistette più.
 

***
 

The time for sleep is now,
it's nothing to cry about
‘cause we'll hold each other soon
in the blackest of rooms.

 

Sono trascorsi appena tre mesi da allora.
Alla fine ci sono andati insieme, nella casa appena fuori Napoli. È stato lì che hanno fatto l’amore per la prima volta, lì che hanno scoperto una dinamica dei sentimenti che va oltre la meccanica dell’atto.
Gli ultimi giorni non sono stati belli. Forse, se non fossero stati così concitati, avrebbero portato a una rottura. Leone è stato geloso di Giorno a prima vista e non ne ha mai fatto mistero. Non certo per lo Stand o la bellezza dell’ultimo arrivato, ma perché il suo dannatissimo intuito gli ha fatto capire subito che quel ragazzo non era solo un nuovo ingresso nel team.
Per Abbacchio, il malcontento di Bucciarati verso Passione non era mistero. Se questi non lo ha coinvolto sin dal principio nel piano di Giorno, però, è stato solo per proteggerlo. Scardinare l’organizzazione, arrivare al Boss era follia; e Bruno poteva mettere in pericolo se stesso, non gli altri.
Ma per Leone, quello è stato comunque un tradimento.
Quando, a Venezia, Bruno ha rivelato tutto, le parole dell’altro sono state gioia e dolore.
Quello che hai fatto equivale ad un suicidio. Ormai non c’è luogo al mondo in cui tu possa fuggire e sentirti al sicuro. E poi, io ho giurato fedeltà all’organizzazione, non a te personalmente…
Tuttavia, anch’io sono un uomo senza casa o altri posti a cui tornare. L’unico momento in cui mi sento in pace è quando sono al tuo fianco, Bucciarati.”
Maledetto, anche nel momento meno adatto ha trovato il modo di fargliela pagare.
E di pronunciare anche dinanzi agli altri la frase più simile a quel “Ti amo” che non si sono mai detti.
(Ma se il vostro fosse stato un sentimento così semplice da poter essere espresso con un “Ti amo” pronunciato con leggerezza, non l’avreste forse già fatto?)
Avevano giurato fedeltà al team prima e a loro stessi poi, ed entrambi sapevano che avrebbero mantenuto la promessa.
A qualunque costo, come quel corpo immobile testimonia.
È un finale già scritto, in fondo. Sono o no malavitosi? È ciò che li aspetta dal giorno in cui, così lontani, hanno imboccato la stessa strada.
Non c’è via di scampo, anche se stanno provando a combattere. Lui e gli altri erano servi del destino e del Boss, sono ribelli contro il destino e il Boss. Perderanno contro entrambi?
Probabile.
Ma comunque vada, stanno agendo, non subendo. E forse è lì la vera vittoria: tutti gli esseri viventi sono schiavi sopiti del destino, eppure loro sono riusciti a rompere l'incantesimo. Sono diventati i protagonisti, non gli spettatori dell’esistenza.
Nel momento in cui sono saliti sulla barca, hanno preso l’altra decisione che ha cambiato il corso delle loro esistenze. Se Bruno Bucciarati guarda indietro, non si pente di alcuna scelta. Accoltellerebbe di nuovo chi ha tentato di uccidere suo padre, sosterrebbe sempre la cieca determinazione di Giorno Giovanna e sì, tornasse a quella notte di dicembre bacerebbe ancora, ancora e ancora Leone Abbacchio.
Anche se la sua morte gli sta strappando l’anima.
Arriverà la pace, aspettata e benedetta, a quietare questo vuoto che tutto e nulla ha a che fare con la vita. Se lo ripete mentre la costa sarda si fa un puntino sempre più piccolo, si ritrova a sperare anche se non può permettersi questo lusso.
Dall’altra parte lo aspetta chi ha amato, chi ama da star male.
Un’ultima battaglia, poche ore e sono da te.
Stavolta non faccio tardi, promesso.
Non è tempo di fermarsi, nonostante la stanchezza. Andrà avanti finché il mistero che vive glielo permetterà, combatterà fino allo stremo con e per i suoi. È così che si comporta un capo, e lui ha intenzione di esserlo fino in fondo.
E allora, solo allora – la morte non esisterà più.
 

 “If heaven and hell decide
that they both are satisfied
illuminate the No's on their vacancy signs
If there's no one beside you
when your soul embarks,
I'll follow you into the dark.
And I'll follow you into the dark.
1
 
 

1: “I’ll follow you into the dark” – Death Cab for Cutie (o la cover de The Nebulous, se preferite)
 
Il titolo viene dall’omonima canzone dei Baustelle. Citazioni sparse da “Le bizzarre avventure di Jojo - Vento Aureo”, “Il sogno di Maria” di Faber e da “Coprifuoco” de Le luci della centrale elettrica.
 
 
 
N.d.A.: Ciao!
Torno con una one-shot che non sarà perfetta, ma va bene così. Non scrivo per divertimento da inizio 2016 e ho perso familiarità col mezzo, ma sono tutto sommato soddisfatta di quanto pubblico e di essermi forse un pochino sbloccata. Ci volevano “Le bizzarre avventure di Jojo” per risvegliare il mio QUORE DA SHIPPER© con Joseph&Caesar prima e con Bucci&Abba dopo.
Soprattutto coi BruAbba dopo. ♥
(Vabbè, lo ammetto: sto infognata come ai tempi dei RumBelle. Chi mi conosce inizi pure a tremare.)
Complice quanto scritto in queste note, vi ringrazio per aver letto i miei sproloqui – gli anni passano, io resto grafomane ed emo – e vi chiederei di scrivere una piccola recensione con la massima onestà. Se la storia non vi piace, se volete rilevare errori e orrori, (probabilissimi) OOC, varie ed eventuali, fatelo senza se e senza ma. Siate gentili, ma impietos*, perché voglio e devo migliorare.
Grazie di cuore per aver letto fin qui e per avermi sostenuta durante la stesura del racconto: significa davvero tanto per me! Una menzione speciale va a G.C.M., che mi ha aiutata a orientarmi impedendomi di scrivere corbellerie geografiche – viva i pedalò sempre, anche a dicembre! – e a B., che mi ha costretta a iniziare l’anime e ora se ne pente amaremente.  
Buone Feste e a presto, spero!
Sempre vostra

Euridice100
 

P.S.: G., se leggi, sappi che qui Rampo non compare, ma muore comunque.

   
 
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