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Autore: inzaghina    22/12/2020    12 recensioni
È la Vigilia di Natale e Ron spera di riuscire a sorprendere la moglie con un regalo speciale, che riuscirà a farle rivivere alcuni dolci ricordi d'infanzia sepolti nella memoria.
Non può proprio immaginare che sarà Hermione a riuscire a sorprenderlo con un regalo ancora più speciale del suo, che finirà con lo sconvolgere le loro vite.
“Avevo cinque anni l’ultima volta che ci fu un Natale così bianco in città,” mormora Hermione, osservando le luminarie riflettersi sulle acque calme del fiume, “fu l’anno in cui io e papà assistemmo per la prima volta allo Schiaccianoci...”
Al sentir nominare il balletto per cui Ron, con l’aiuto della suocera, ha recuperato i biglietti l’uomo è pervaso dall’impazienza di consegnarle il proprio regalo di Natale.

[Storia partecipante all'iniziativa “Un regalo tutto per te” organizzata all’interno del gruppo facebook “Caffè e Calderotti” e alla Challenge "Let's Hope this Challenge will make this Christmas right" indetta da Asmodeus EFP sul forum efp]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley, Rose Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questa storia partecipa all'attività scrivimi del gruppo facebook "Caffè e Calderotti" utilizzando come prompt la frase di Jung riportata sotto al titolo, propostami da Paige e anche all'iniziativa "Un regalo tutto per te" del medesimo gruppo, come regalo a Paige e Ferao; la storia partecipa anche da edita alla Challenge "Let's Hope this Challenge will make this Christmas right" indetta da Asmodeus EFP sul forum efp.


 

 

Butterfly kisses
 
 
 
“Non c'è luce senza ombre e non c'è pienezza psichica senza imperfezioni.
La vita richiede per la sua realizzazione non la perfezione, ma la pienezza.
Senza l'imperfezione non c'è né progresso né crescita.”
Carl Gustav Jung


 
 
24 dicembre 2005
 
I fiocchi di neve, che hanno iniziato a cadere nel pomeriggio, mulinano nell’aria fredda della metropoli causando ancora più traffico del solito, ma anche molti più nasi rivolti all’insù e gridolini eccitati da parte dei bambini assiepati sui marciapiedi londinesi. Un uomo avvolto da un lungo cappotto blu, con il bavero tirato su e un cappello variopinto calato sulle orecchie, cammina con passo affrettato tra la folla maledicendosi per la brutta abitudine di ridursi all’ultimo di cui, troppo spesso, cade vittima. La colpa non è interamente sua, eppure si ritrova a sperare che ciò che cerca sia ancora in vendita tra le bancarelle di Portobello Road: ha fatto del suo meglio per sorprendere la moglie questo Natale e crede di aver avuto l’idea giusta. Avvista finalmente l’imponente figura dell’uomo che sta cercando e si avvicina a lui, impaziente di scoprire se il regalo che cerca sia ancora disponibile.
“Buongiorno, non so se si ricorda di me…” esordisce, togliendo il cappello e ficcandoselo in tasca.
“Ma certo, lei è l’uomo con la moglie che ha guardato a lungo il carillon del Lago dei cigni,” annuisce l’altro, “è difficile dimenticare certe emozioni, anche dopo tanti anni e numerose facce.”
“Sono venuto la scorsa settimana, ma lei non era qui e mi chiedevo se quel carillon fosse ancora disponibile,” esala Ron, osservando nervosamente i prodotti esposti e non riuscendo a rintracciarlo.
“Non so perché, ma avevo la sensazione che sarebbe tornato…” borbotta l’anziano uomo, mostrando una fila di denti sorprendentemente bianchi e chinandosi per recuperare qualcosa da una scatola ai suoi piedi. Porge l’oggetto a Ron, che ne ricalca brevemente il bassorilievo con cui è decorata la base dell’oggetto tondeggiante, prima di aprirlo e osservare la coppia di ballerini danzare al ritmo della famosa canzone conosciuta perfino nel mondo magico.
 
“Non credo di avertelo mai detto, ma da piccola ho fatto danza classica…” confessa Hermione, ammirando l’oggetto intagliato.
“Quindi indossavi un tutù?” domanda Ron, cercando d’immaginare la moglie vestita di tulle rosa.
“Sì e lo adoravo! In realtà non ero molto brava, ma mi divertivo comunque…”
“Non riesco immaginarti non brava a fare qualcosa,” ribatte Ron, innamorandosi del sorriso nostalgico che le accarezza le labbra.
“Per essere bravi ballerini ci vuole la capacità di seguire il ritmo e io non ce l’avevo… però adoravo stare sulle punte con il mio tutù rosa cipria e l’anno in cui compii cinque anni fu particolarmente speciale, perché papà mi portò ad assistere proprio allo Schiaccianoci subito dopo il mio saggio di danza. Purtroppo, mamma era influenzata e non ha potuto essere con noi, ma è un ricordo che serbo nel cuore…”
“Anche Ginny e mamma hanno sempre adorato la storia dello Schiaccianoci.”
“Hanno visto il balletto anche loro?”
Ron scuote la testa, “è una cosa che non esiste nel nostro mondo, però credo che potrebbe piacere a entrambe…”
“Andare a teatro è un’esperienza magnifica,” concorda Hermione, tornando a scrutare il carillon e perdendosi tra le note del capolavoro di Cajkovskij. 
 
Nonostante la sua insistenza, Hermione ha preferito non acquistare il carillon quel giorno e Ron ha la perfetta opportunità di sorprendere la moglie quell’anno. “La ringrazio davvero tanto, quasi non ci speravo…” dichiara, richiudendo l’oggetto, “se non l’avessi trovata oggi mi sarei dovuto limitare ad accompagnarla al balletto, ma così potrà anche riviverlo ogni volta che aprirà il carillon…”
“Sua moglie è una donna fortunata,” ribatte l’altro uomo, infilando l’antico soprammobile in una scatola di cartone e poi in un sacchetto di carta.
“Quello fortunato sono io,” si schermisce Ron, recuperando il portafoglio contenente le sterline e tentando di ricordare ciò che gli ha detto Harry riguardo all’utilizzo della moneta babbana.
“Sono 40 sterline,” annuncia il venditore, passandogli la borsa.
Ron tira un sospiro di sollievo occhieggiando una banconota da cinquanta prima di passarla all’uomo e dirgli: “tenga il resto!”
“Grazie, che Dio la benedica.”
“E buon Natale,” conclude Ron, prima di allontanarsi alla ricerca di un luogo appartato in cui smaterializzarsi e raggiungere i Tiri Vispi.
 
Durante il resto del pomeriggio ha a malapena il tempo di fermarsi, con la folla di clienti che si sussegue nel negozio, e per un attimo si chiede cosa lo abbia spinto a chiedere qualche giorno di ferie al dipartimento Auror per aiutare George; scelta maturata, considerando anche l’assenza per malattia di Verity. Quando finalmente arriva il momento di chiudere però, gli basta intravedere la gioia illuminare gli occhi del fratello per rendersi conto che quella è stata l’opzione più giusta e che potrà riposarsi il giorno dopo e quello successivo.
“Che incasso stratosferico, fratellino!” esclama George, chiudendo la cassa e infilando i proventi in una borsa da portare alla Gringott.
“I prodotti che hai lanciato durante l’autunno hanno riscosso un gran successo,” concorda Ron, infilandosi nel retro per recuperare il prezioso pacchetto.
“Già, ora non rimane che consegnare questo alla cassa di deposito dei folletti e poi potrò raggiungere Angie e Freddie…”
Alla menzione del nipotino, nato da poche settimane, Ron si morde il labbro, prima di decidere che Hermione sicuramente capirà, “lascia che vada io in banca, così potrai tornare qualche minuto prima a casa.”
“Ne sei certo?” domanda George, piegando gli angoli della bocca in un sorriso grato.
“Ma certo, cosa vuoi che cambi per me? Tu invece hai un bambino a cui preparare un primo Natale perfetto…”
“Beh, in effetti so che ad Angelina servirebbe un po’ di aiuto, quindi approfitterei di questa tua offerta.”
“Consideralo un regalo di Natale anticipato, George.”
“Fortunatamente ad acquistare i regali solitamente ci pensa Hermione,” lo rimbecca il fratello, chiudendo la porta del negozio alle loro spalle e passandogli l’incasso.
“Non farmi rimangiare tutto,” lo rimbrotta Ron, roteando gli occhi spazientito.
“Scusa sai, volevo solo vedere se riappariva il mio fratellino un po’ brusco e poco paziente,” celia in risposta l’altro, strizzandogli l’occhio, “grazie per tutto l’aiuto che mi hai dato in questi ultimi giorni.”
“Sai com’è, a Natale siamo tutti più buoni…” bofonchia in risposta.
“Grazie a domani…”
“Dai un bacio ad Angelina e Freddie.”
“E tu a Hermione,” ribatte svelto George, ghignando alla vista del lampo di gelosia che adombra le iridi cristalline del fratello, “eccolo qui, il Ronnie che conosco…”
“Stupido!” s’infiamma Ron, scuotendo la testa.
George sparisce in un pop e il più giovane si avvia verso la banca per effettuare il deposito, lanciando un’occhiata distratta all’orologio e decidendo di avere comunque abbastanza tempo per prepararsi alla cena dai suoceri.
 
È passata quasi mezz’ora quando si smaterializza nel salotto di casa, visto che il nuovo proprietario della gelateria gli ha fatto perdere venti minuti buoni insistendo per accompagnare il goblin di turno a effettuare il deposito nella sua camera blindata.
Hermione è seduta sul divano, con le ginocchia abbracciate a sé e un enorme tomo tra le mani; alla luce del camino e della lampada da lettura il suo viso concentrato è ancora più grazioso del solito: le fiamme creano ipnotici giochi di luce con le ombre prodotte dalle sue ciglia sulle guance e con i suoi riccioli ribelli e il vestito rosso ne fa risaltare l'incarnato.
“Scusami se sono in ritardo, ma mi sono offerto per andare a depositare l’incasso al posto di George, così è potuto tornare prima a casa,” esordisce, togliendosi il cappello.
“Mi ha contattato George via camino, stavo iniziando a preoccuparmi…”
“Già, forse avrei dovuto mandarti un Patronus,” borbotta Ron, togliendosi il cappotto e chinandosi per sfiorarle le labbra, il profumo che indossa inebria i suoi sensi e lo fa sorridere ricordando il momento in cui lo ha acquistato per la prima volta
— in occasione del Natale del quinto anno a Hogwarts.
“In effetti sì, però è stata un’idea molto premurosa,” gli sorride Hermione, “credi di farcela a prepararti in venti minuti?”
“Certamente,” annuisce, prima baciarla di nuovo, “se magari mi preparassi dei vestiti poi farei anche prima…”
“Già fatto,” lo rassicura lei, ridacchiando, “per chi mi hai presa?”
Ron ricambia il sorriso, “faccio prestissimo…”
“Ci conto!”
Hermione lo guarda sparire al piano superiore, pregustandosi la serata a casa dei suoi genitori e il momento dello scambio dei regali allo scoccare della mezzanotte — tenta invano di tenere a bada il turbinio di emozioni che l’assale all’idea di consegnargli il proprio, anche se come da tradizione lo faranno nella solitudine del loro salotto.
Quando la raggiunge nuovamente, appena quindici minuti dopo, le sorride e le porge il suo cappotto, “visto che abbiamo qualche minuto in più possiamo fare due passi nella neve, se ti va…”
“Londra innevata è quasi magica come la sala grande di Hogwarts addobbata, non credi?”
Ron annuisce, abbracciandola e lasciandosi smaterializzare da lei in una viuzza laterale a pochi passi dal Tamigi e dalla torre del Big Ben coperta da una soffice coltre bianca.
“La neve rende questo periodo ancora più magico, eh?”
Ron annuisce, “alla Tana c’era quasi sempre la neve per Natale, ma ciò non toglie che la adorassi.”
“Avevo cinque anni l’ultima volta che ci fu un Natale così bianco in città,” mormora Hermione, osservando le luminarie riflettersi sulle acque calme del fiume, “fu l’anno in cui io e papà assistemmo per la prima volta allo Schiaccianoci...”
Al sentir nominare il balletto per cui Ron, con l’aiuto della suocera, ha recuperato i biglietti l’uomo è pervaso dall’impazienza di consegnarle il proprio regalo di Natale.
I rintocchi dell’orologio rammentano loro l’appuntamento per la cena e i due raggiungono un altro vicolo buio, prima di smaterializzarsi in una via laterale nelle vicinanze di casa Granger e suonare il campanello.
La serata procede senza intoppi, tra le risate, il buon cibo e la piacevole compagnia; da un paio d’anni anche i Granger sono invitati alla Tana per Natale e solitamente raggiungono la casa affollata in tempo per il dolce, dopo aver mangiato con la madre, la sorella e il cognato di Paul. Quando la Vigilia lascia spazio al Natale, i quattro si scambiano abbracci e auguri, baci e regali, leggendo biglietti scritti a mano e aprendo pacchetti variopinti.
“Grazie per gli spazzolini elettrici,” ripete per l’ennesima volta Hermione, poco prima di lasciare la casa dei genitori.
“Anche per voi maghi l’igiene orale è importante,” ribadisce Paul, facendo sorridere i due ragazzi.
“Ci vediamo domani pomeriggio?” domanda Ron, abbottonandosi il cappotto.
“Ma certo, dì a tua madre che porteremo un pudding,” risponde Kathleen.
Il ragazzo annuisce, consapevole che se ne dimenticherà in pochi attimi, ma Hermione arriva in suo soccorso dando un ultimo abbraccio alla madre, “qualsiasi cosa porterete andrà benissimo, già lo sapete.”
I quattro si salutano e i due ragazzi si chiudono la porta alle spalle, prima d’incamminarsi nella tranquilla zona residenziale che ospita casa Granger e tante altre abitazioni simili.
“Vuoi fare un’altra passeggiata nella neve o preferisci tornare a casa?” chiede Ron, spiando la reazione della moglie.
“Vorrei tornare a casa, goderci la neve dal nostro salotto, magari con una cioccolata calda fumane…”
“Mi sembra un’ottima idea,” concorda lui, augurandosi di essere riuscito a mascherare la propria impazienza.
Pochi minuti dopo, indossano i loro pigiami natalizi davanti al camino acceso, illuminati solamente da esso e dalle luci che adornano l’albero di Natale.
“Prima io o prima tu?”
“Sai bene che la pazienza non è il mio forte, quindi vorrei tanto darti il mio per primo,” mormora Ron, inconsapevole di quanto anche Hermione desiderasse ricevere il suo prima di consegnare il proprio.
“Farò questo sacrificio,” ridacchia quindi, accettando il pacchetto che Ron le porge.
“Scusa se non l’ho incartato, ma sono riuscito a trovarlo solo oggi…” si giustifica l’uomo.
“Non fa nulla,” lo rassicura lei, leggendo il breve biglietto scritto nella grafia disordinata che da sempre caratterizza Ron.
Quando solleva il coperchio della scatola e trova al suo interno il carillon che tanto aveva ammirato in quella giornata autunnale, Hermione solleva lo sguardo su Ron, incontrando il suo sguardo dubbioso e trattenendo a stento le lacrime.
“Non ti piace? Mi pareva il modo perfetto per rivivere il ricordo di quel Natale di quando eri bambina…” mormora incerto Ron.
“Sono lacrime di gioia,” chiarisce Hermione, tirando su con il naso.
“Ah, in un modo o nell’altro finisco sempre per farti piangere…” bofonchia l’uomo, sospirando, “speravo di aver imparato dai miei errori.”
“Ma quali errori? Lo adoro Ron, è meraviglioso!” esclama Hermione, posando la scatola e abbracciandolo stretto.
“Ne sei proprio certa? Se non dovesse piacerti lo capirei…” insiste Ron, cadendo preda delle insicurezze che ogni tanto tornano a tormentarlo.
Consapevole che le parole non sono abbastanza in questo caso, Hermione reclama le labbra del marito per un bacio lento al sapore di cioccolata e cannella, un contatto mirato a esprimere a gesti l’apprezzamento per quel regalo tanto gradito. È sicura che lui abbia recepito il messaggio, lo capisce dall’espressione stralunata che fa capolino nei suoi occhi e dalla bramosia che vi legge quando schiude nuovamente la propria bocca su quella della moglie.
“Ci sarebbe un’altra cosa,” sussurra Ron contro le labbra di Hermione, qualche minuto dopo.
“Mhmm, cosa?”
“Apri il cassettino alla base del carillon,” mormora Ron.
Hermione si ritrova tra le mani due biglietti per il balletto che tanto ama, rimpiccioliti fino a riuscire a entrare in quel minuscolo scomparto.
“Oh, Ronald! Che idea meravigliosa,” lo loda, estremamente commossa.
“Credi che saprò essere un buon accompagnatore per una serata a teatro?”
“Ne sono certa,” lo rassicura lei, abbracciandolo.
“Quindi sono riuscito a sorprenderti?” le chiede qualche attimo dopo e il suo tono stupito assume delle tinte compiaciute che fanno sorridere Hermione.
“Mi hai sbalordita, ma spero di riuscire a farlo anche io…” mormora misteriosamente lei, recuperando un pacchetto avvolto da una chiassosa carta natalizia dei Cannoni di Chudley.  
Anche Ron legge prima il biglietto, per poi scartare impazientemente il pacchetto e trovare al suo interno una felpa arancione che recita: MIGLIOR PAPÀ-TIFOSO. Solleva lo sguardo e incrocia quello di Hermione, che si è portata una mano al basso ventre e lo osserva chiaramente emozionata.
“Avremo un bambino?”
Lei annuisce, “a fine luglio se non ho sbagliato i calcoli…”
“È la notizia più meravigliosa del mondo!” esclama, lasciando cadere la felpa e stringendo la moglie forte a sé, per poi lasciarla e scrutarla con apprensione, “non ti sto facendo male, vero?”
“Non essere sciocco,” sorride lei, trovando nuovamente rifugio tra le sue braccia.
“Un bambino…” sussurra estasiato.
“O una bambina,” aggiunge Hermione.
“Anche meglio,” commenta Ron, “già me la immagino comandare a bacchetta James e Fred…”
“Poveri loro,” concorda Hermione.
“Spero che erediterà il tuo carattere e che avrà la tua perseveranza, non potrei perdonarmi se commettesse i miei stessi errori…” aggiunge l’uomo, accarezzando inconsciamente il ventre ancora piatto della moglie.
“Ron…” cerca invano di interromperlo Hermione.
“Sai bene che è la verità, anche se sono passati anni non dimentico i miei errori e cerco di fare del mio meglio ogni giorno per evitare di ripeterli.”
“Nessuno è esente dagli sbagli, Ronald,” gli rammenta Hermione, “e non saresti l’uomo che sei, se non avessi commesso quegli errori e vissuto quelle specifiche esperienze.”
“Tu e Harry avete sbagliato molto meno di me…” la confessione di Ron è meno di un sussurro, ma Hermione riesce a sentirla senza problemi e a leggere la delusione che adombra i suoi occhi.
“Questo non è vero e lo sai bene anche tu! Solo noi tre siamo a conoscenza di quello che abbiamo passato in quegli anni…”
“Forse hai ragione, ma ogni tanto è difficile ricordarsene…” ammette Ron, sospirando, “credi che saprò essere un buon padre?”
“Non solo lo credo, ne sono assolutamente certa.”
“Nonostante gli sbagli che farò?”
“Che faremo, Ron, che faremo… nessuno nasce genitore e sono più che sicura che entrambi sbaglieremo, prima o poi… l’importante sarà fare del nostro meglio, sempre.”
“Insieme ce la faremo.”
Insieme,” ribadisce Hermione, posando la mano su quella di lui ancora appoggiata al suo ventre.
“Sapevo che non mi avresti lasciato il premio per il regalo migliore,” sogghigna poi, “è evidente che odi perdere…”
“Non possiamo aver vinto entrambi?”
“Mhmm… direi di no.”
“Allora è il momento adatto per farti notare che oltre alla tua felpa c’è un altro indumento all’interno della scatola…”
Ron si allontana per recuperare una tutina della medesima tonalità arancio su cui si legge: MIGLIOR NUOVO TIFOSO!
“Se poi fosse una bambina, modificheremo la scritta…”
“Significa che potrò portarla allo stadio con me?”
“Certo, non puoi aspettarti che le insegnerò io le regole del Quidditch…”
“Quindi abbiamo deciso che sarà una bimba?” insiste Ron.
“Mi pare che sia un’idea soprattutto tua, io mi limito a essere d’accordo… credi di volerlo scoprire quando ce ne sarà la possibilità?”
“A me piacerebbe e a te?”
“Anche io preferirei essere preparata.”
“T’immagini come sarà il prossimo Natale?”
“Sicuramente caotico, ma ancora più meraviglioso di questo,” sussurra Hermione, specchiandosi nel sorriso di Ron e ricambiandolo.
“Sembra quasi impossibile, ma ne sono certo anche io…”
“Preferirei aspettare prima di dare la notizia a tutta la famiglia, se per te va bene; ho preso appuntamento con un Medimago che si occupa di gravidanze nella seconda settimana di gennaio.”
“Certo, sarà bello mantenere il segreto e godercelo per qualche tempo,” ammette Ron nel silenzio soffice della neve che continua a cadere che avvolge la notte, con le ombre delle fiamme che si proiettano sulle loro mani intrecciate e sui loro corpi abbracciati.
“Ti amo,” mormora poi, inspirando il suo profumo speziato che profuma di casa e che associa ai suoi momenti più belli.
“E io amo te,” ribatte lei, prima che le parole perdano importanza e vengano sostituite dai battiti incessanti dei loro cuori, dal calore della pelle esplorata con lentezza e dalle promesse sussurrate a fior di labbra.

 
*
 
 
24 dicembre 2006
 
Nella quiete della notte, Hermione percepisce un movimento sotto alle coperte per poi sentire i piedi nudi di Ron percorrere il corridoio per raggiungere la camera di Rose — distante una manciata di passi. Rimane interdetta per un attimo, chiedendosi come mai non abbia sentito la figlia piangere, per poi rendersi conto che la bambina non sta affatto piangendo e rimanere a crogiolarsi al calduccio qualche attimo in più. Spinta dalla curiosità, si decide ad alzarsi e raggiungere la propria famiglia, riuscendo a stento a trattenere le lacrime alla vista della scena che si presenta davanti ai suoi occhi: Ron è chinato sul fasciatoio e bacia i piedini di Rose per farla ridere, solleticandola con il velo di barba che gli adorna mento e guance. Hermione si sente quasi un’intrusa, in questo momento tra padre e figlia, decide di non rendere nota la propria presenza e si limita a osservare i due interagire alla luce fioca della lampada notturna di Rose.
“Devi tornare a fare la nanna, Rosie,” mormora Ron, “se non chiudi gli occhi come farà Babbo Natale a venire a portarti i regali?”
La piccola emette un risolino e afferra un ciuffo dei capelli di Ron tra le dita.
“Hey! Non si tirano i capelli, signorina…” sorride Ron, sollevandola e avvicinandola a sé, fino a che le loro ciglia non si incontrano in un battito che solletica la pelle di entrambi e fa sorridere nuovamente la bambina. Si tratta di baci a farfalla e, da quando ne ha scoperto l’esistenza, Ron non fa che scambiarseli con Rose che li adora esattamente come lui.
Comprendendo che la figlia non sembra essere stanca, Ron decide di prender posto sulla sedia a dondolo per cercare di farla addormentare.
“Ti racconterò una storia, ma dovrà essere il nostro segreto, Rosie… mamma non approverebbe se sapesse che sei sveglia nel cuore della notte di Natale.”
La bambina lo guarda ammaliata e Hermione si sente preda di emozioni che non aveva mai provato prima; nonostante le sue titubanze, Ron si è dimostrato un padre meraviglioso ed è evidente quanto la figlia lo ami in maniera assoluta.
“C’era una volta un ragazzo, che era il sesto figlio maschio di una coppia con sette figli… questo ragazzo era povero, ma era molto fortunato, perché aveva dei genitori che lo amavano e dei fratelli con cui andava tutto sommato d’accordo, nonostante qualche incomprensione. A undici anni ricevette la sua lettera per Hogwarts, un posto magnifico in cui un domani andrai anche tu, e iniziò il conto alla rovescia che portava al primo settembre successivo: il giorno della partenza per la Scozia. Non poteva immaginare che quel giorno sul treno avrebbe incontrato due delle persone più importanti della sua vita, coloro che sarebbero diventati i suoi amici più cari… e se con il bambino dagli occhi verdi, al cui centro della fronte spiccava una cicatrice a forma di saetta, scoccò l’amicizia sin dal primo istante, non si può dire che avvenne lo stesso con la ragazzina dai capelli cespugliosi e dalla risposta sempre pronta…” Ron osserva le palpebre della figlia battere lentamente, placate dal suo tono basso e dalla cadenza leggermente cantilenata. “Era inconsapevole che quella bambina dal tono saccente sarebbe diventata parte del suo quotidiano, che gli sarebbe mancata quando erano separati e gli sarebbe stata accanto nei momenti più belli così come in quelli più brutti e difficili, o che avrebbe imparato cosa fosse l’amore al suo fianco…” gli occhi di Rose sono finalmente chiusi e Ron si alza per riportarla nel suo lettino, accorgendosi in quell’istante della figura di Hermione, appoggiata allo stipite della porta.
“Non ti avevo sentita…”
“Eri impegnato… si è riaddormentata?”
“Sembrerebbe di sì.”
“E così le racconti di noi per farla dormire?”
“Molto meglio di una banale favola di Beda il Bardo, non trovi?”
“Credevo le adorassi crescendo…”
“Certo, ma amo ancora di più la nostra storia e credo sia giusto che Rose la conosca.”
“Praticamente ogni bambino del mondo magico conosce la storia degli amici di Harry Potter…”
“Ma solo noi tre sappiamo davvero quello che abbiamo vissuto insieme e Rosie saprà cogliere i giusti insegnamenti dai miei racconti.”
“Sai di essere un padre fantastico, vero? Rose ti venera, sei l’unico che riesce a calmarla nei momenti più difficili, oltre che quando è malata, e ti ricordo che la sua prima parola è stata papà.”
“Spero di meritare il vostro amore…”
“Non osare dubitarne,” lo rimprovera Hermione, mettendosi in punta di piedi e lasciando che le sue ciglia imperlate di lacrime incontrino quelle di Ron in un bacio a farfalla preludio di una serie di baci che tolgono il fiato a entrambi.
“Sono l’uomo più fortunato del mondo,” mormora Ron, posando la propria fronte su quella di Hermione, tentando di far decelerare il battito del proprio cuore.
“Lasciamo riposare nostra figlia, così mi puoi mostrare quanto esattamente ti senti fortunato…” mormora maliziosamente Hermione, mordicchiandogli il labbro inferiore e precedendolo lungo il corridoio.
“Ti amo,” mormora Ron, ripetendolo ancora e ancora, come un mantra.
“E io amo te,” sussurra Hermione, prima che i loro corpi e le loro anime si uniscano.
Fuori dalla finestra la neve cade silenziosa; sotto le coperte marito e moglie si spogliano dei vestiti e delle incertezze che hanno caratterizzato i loro primi mesi da genitori, consapevoli che hanno commesso errori e che ci sarà spazio per farne altri, ma sicuri che potranno contare sempre l’una sull’altro — come hanno imparato nell’ormai lontano giorno di Halloween del 1991.



 


 
Nota dell’autrice:
Ci tenevo tanto a scrivere questa storia, sin da quando la dolcissima Paige mi aveva affidato questo prompt nell’ambito dell’attività “Scrivimi” del gruppo facebook “Caffè e Calderotti” e ho pensato che fosse il regalo di Natale più adatto per lei e, spero, anche per Ferao che desiderava una storia ben scritta avente come protagonista Ron — se ho sovrastimato la mia capacità di scrivere Ron ti chiedo scusa, cara.
Riascoltando per caso la canzone “Butterfly kisses” mi è venuta la giusta ispirazione per mettere per iscritto ciò che avevo in mente; per chi non lo sapesse i butterfly kisses sono quelli che vengono dati facendo sfiorare le nostre ciglia con quelle dell’altra persona, o per lo meno questo è il loro significato nella lingua inglese e quello a cui si fa riferimento nella canzone di Bob Carlisle.
Ci tenevo a mostrare la maturazione di Ron, come uomo ovviamente, ma anche come marito e padre di conseguenza… personalmente immagino che Rose sia molto legata a lui, che condividano alcuni tratti del loro carattere che riescono a far impazzire Hermione e che si comprendano con pochissime parole.
L’idea di Hermione che ha ballato da piccola mi ha colta di sorpresa, ma credo che si adatti alla sua infanzia babbana e al suo essere figlia unica di genitori benestanti; tra l’altro non potevo non sfruttare un’occasione ghiotta come quella di inserire “Lo Schiaccianoci” all’interno di una fanfiction dedicata a Harry Potter.
Spero che questo spaccato della vita di Ron (e di Hermione e Rose) vi sia piaciuto.
   
 
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