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Autore: 7kannibalk7    22/12/2020    0 recensioni
Lasciami degradare così. Sarò sempre qui?
Me ne andrò con la consapevolezza di aver realizzato un sogno.
Lascerai che io sia sempre qui?
Sarò la tua dolce iniezione, flebile e marcescente.
Gli anni ottanta mi divorarono, gli anni novanta mi buttarono giù, ma solo lui poteva uccidermi.
Genere: Drammatico, Noir, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 1
CAMBIAMENTI

“ 'Come on and lay with me, 'come on and lie to me, tell me you love me, say I'm the only one.”

Cambiamenti

 

La mia mente.
Non mi é possibile manovrare i pensieri verso direzioni opposte a lui. Ha invaso le mie sinapsi, i miei collegamenti nervosi, la mia percezione di mondo e quindi anche le mie circostanze.
Ogni cosa mi rimanda alla sua figura, la sua anima, il suo profumo... e la sua voce. Maledizione.

“Mi ha fatto così male.” - eppure non riesco a dimenticarlo, penso ad alta voce.

 

Immaginate di vivere in un piccolo paesino di provincia. 
Sono gli anni ottanta e mentre vorresti girare con i capelli cotonati e la matita nera sotto gli occhi, ci sono le tue compaesane vestite come se fossimo rimasti agli anni cinquanta.
A scuola nessuno sapeva cosa succedesse dall’altra parte del paese, a Londra. La rivoluzione sociale e musicale degli hippie venne schiacciata dai punk e a sua volta quest’ultimo ... dalla dark wave e new wave! Qualcosa stava cambiando. Non era solo un modo di vivere, non era solo un mood. Era arte. 
La musica era intrisa da nuove misteriose atmosfere, più sofisticate, quanto spesso semplici ed efficaci.

Dove abitavo da adolescente, era difficile trovare una stazione radio o un negozio di musica che proponesse le novità del momento, soprattutto se per certi versi potevano essere considerate “scandalose”. La chiesa cristiana del paese aveva il “dominio” sulle scelte di ogni concittadino. 
Una domenica mattina mentre ascoltavo i Sex Pistols venni assalita da un gruppo di cinque ragazze. Ero seduta al parco, con me il mio fedele walkman.

“Guardate! Così va trattato questo aggeggio!” - urlò la più grande di loro, mentre prese con violenza il mio Walkman e lo urtò a terra.

Era una sfida essere diversi.
Era un diritto essere diversi.

 

 

 

 
   

 

Mi era permesso ascoltare e conoscere ciò che accadeva dall’altra parte dell’Inghilterra grazie ad un mio cugino che oltre a vivere e lavorare a Londra, faceva anche il musicista. Ogni anno durante le festività veniva in paese, per stare con la famiglia; mi regalava cassette e riviste delle band più in voga.

Nel Natale del 1977 mi regalò “Rocket to Russia”, ricordo mi disse:

“Questi Ramones... Spero tu possa capire quanto siano rivoluzionari. Assapora ogni brano, ma studia. Un giorno so che anche tu potrai raggiungermi”.

 Per me il desiderio di andare via era un tormento, ma soprattutto un bisogno.
Ogni mattina litigavo con i miei genitori prima di andare a scuola. 
Non volevano per alcuna ragione al mondo che mi conciassi come “quelli punk!”, eppure io mi sentivo così vicina a quel mondo, così all’avanguardia, così fresco, così sexy.

 

“Dove credi di andare conciata così?!”

“Cosa penseranno i vicini!? Sembri una drogata!”

“Cambiati immediatamente o te le darò forti!”

Nessuno saprà mai quanto potessero farmi male queste parole, soprattutto quando a pronunciarle erano i miei genitori. Mi sentivo tradita, per niente compresa. Il loro livello di empatia risiedeva a zero. Erano tanto impegnati a farmi la ramanzina, affinché rientrassi nei canoni dettati dalla comunità cristiana che prendeva tutta Winwick, senza accorgersi che lentamente mi stavano perdendo.

All’età di ventidue anni, dopo aver lavorato per qualche anno in un negozio di alimentari ed aver racimolato qualche soldo, decisi di far le valigie. Ero stanca di vivere nel Medioevo, non essere capita, non potermi esprimere con l’arte.
Sapevo che Londra mi stesse aspettando, il suo ambiente artistico-musicale era al culmine... All'avanguardia.
Quella era la mia strada.

 

Chiusi la porta della casa dove crebbi e non guardai indietro, nemmeno una sola volta. Mi incamminai verso la stazione, che mi avrebbe portato all’aeroporto più vicino, osservando il paesaggio collinare che vidi mille volte, ma era diverso. I miei occhi erano diversi, io lo ero.Ogni cosa iniziava a sapere di libertà.
Quelle colline che anni prima delimitavano un confine, come delle sbarre di una cella, in quel esatto momento definivano l'oltre.


Questa non è altro che una breve prefazione di come son giunta qui, ma ancora non avete idea di come conobbi l’uomo che porto nei miei pensieri ogni giorno, come un fardello. Un dolce fardello.


Una volta arrivata a Londra mi adattai subito, iniziai a lavorare in una galleria d’arte contemporanea potendo esporre delle opere personali di tanto in tanto, frequentavo locali e discoteche dove si incontravano persone interessanti ed appassionati di musica e ovviamente, iniziai ad andare a molti concerti. Nonostante ciò, ebbi poche occasioni di incontrare rock star. Sono sempre stata attratta dal fascino degli artisti, della gente di spettacolo, ma l’effetto che mi davano le rock star era ben diverso. C’era adrenalina, sensualità, estetismo, passione, oscurità, tormento... un cocktail letale per una come me.

 

Mi incontrai con mio cugino, il parente di cui parlavo poc'anzi. 

Eravamo a Camden Town per prendere un caffè in un bar frequentato da artisti e gente che credeva di esserlo.
“Ti trovo bene! Sembra che ti sia ambientata bene qui, ma dimmi... Ti manca casa?” -  chiese con aria divertita.
Ovviamente sgranai gli occhi e risposi con un secco “No!” - proseguendo - “neanche per sogno! Non metterò mai più piede in paese, se é questo quello a cui ti riferisci!”.
“Neanche per ricevere a Natale i regali orribili di Zia Joanne?” - scoppiamo in una risata coinvolgente.
Mio cugino Tom era davvero una bella persona.  Era bello poter contare su di lui, avere vicino qualcuno  che sentissi davvero parte della mia famiglia.

“Perciò... Sta sera che farai?” - chiese con sguardo malizioso.
“Perché me lo chiedi con questa faccia?!” - lo interrogai perplessa, quanto curiosa.
“Beh... Diciamo che sta sera potrei portarti ad una festa che non dimenticherai mai!” - disse, poggiando il braccio sulla spalla della poltroncina del locale, con aria convinta.
“Addirittura? Che ne sai!” - esclamai divertita.
“Knightsbridge, numero 13, primo piano, porta in fondo a destra. Ci vediamo lì alle 11 di sta sera.” - lasciò i soldi del caffè sul tavolino e fece per andarsene, con il sorrisino di chi stava tramando qualcosa.
“Non verrò!” - esclamai, mentre Tom usciva dal bar.
Mentre gustavo le ultime gocce di caffè rimaste sul fondo della tazzina, pensavo a come mi sarei dovuta vestire la sera. Tom non mi aveva dato alcuna informazione! Solo il luogo dove avrei dovuto recarmi... che diavolo!
Mettere i pantaloni di pelle? O meglio i Jeans? No! La gonna con le frange?!
Tra un pensiero e l’altro si fecero le quattro di pomeriggio ed era già ora di ritornare a lavoro, quindi mi alzai e lascia scivolare via i pensieri, incamminandomi verso la galleria.

“Chissà...” - dissi quasi ad alta voce.

 

Dopo lavoro, mangiai qualcosa fuori e tornai a casa, erano le otto di sera. 
Aprì la porta del mio appartamento... Dio che puzza di umidità lì dentro! Era un pò sudicio, ma più o meno accogliente. 
Lasciai scivolare le chiavi sul tavolo, tolsi il cappotto e mi affrettai a raccogliere i capelli in una coda. In quel momento, ricordo di aver avvertito una strana sensazione di ansia... Mancavano poche ore alla festa, non avevo idea di cosa sarebbe successo, chi avrei conosciuto, che ambiente sarebbe stato! Iniziai ad ipotizzare che, trattandosi di Tom, sicuramente le persone alla festa sarebbero stati musicisti, artisti, rivoluzionari... Iniziai ad entrare nel panico totale! Chiamai Tom per saperne di più, ma ovviamente non rispondeva al telefono.

“Cazzo!” - esclamai, mentre mi accendevo una sigaretta - “Ok, calma...” - dissi tra me e me, mentre mi incamminavo verso l’armadio nella camera da letto.
Iniziai a tirar in aria magliette, jeans, camicette, giacche, gonne, scarpe... misi sottosopra l'armadio!

Dopo un’ora d'infiniti cambi d’abito per capire quale fosse il più opportuno per la festa, decisi di indossare una mini-gonna di pelle nera, una camicetta bianca e degli stivali in pelle nera, qualche accessorio, un pò di trucco e il mio outfit sarebbe stato pronto per cavalcare la cresta della serata.

 

 
   
 

 


La luna risplendeva sul buio della città. Presi la metro e arrivai a Knightsbridge in perfetto orario, la musica si sentiva dalla strada, mi sarebbe bastato seguirla per arrivare all'appartamento.

“...When I get to be in your arms, when we're all all alone, when you whisper sweet in my ear, when you turn, turn me on...”

Mentre salivo le scale sentivo i Dead or Alive con la loro cover di “that’s the way I like it”, pensai immediatamente che una festa con musica del genere sarebbe stata davvero una figata.
La porta era socchiusa, aprì senza esitare un attimo.


“Hey! Tu devi essere Claudia, la cugina di Tom! Vieni! Accomodati!” - disse un ragazzo dall’aspetto androgino, con dei capelli biondi cotonati e la matita nera sotto gli occhi. Aveva un aspetto familiare.
Mentre posavo il cappotto su una sedia del salone vidi arrivare dal corridoio mio cugino, il quale mi salutò con un caldo abbraccio.

“Eccola la mia cuginetta!” - che imbarazzo - “hai già conosciuto qualcuno?”
“Beh, sono appena arrivata, ma quel ragazzo là giù mi ha fatto accomodare!” - lo indicai a Tom.
“Martin! Hai idea di chi sia?!” - disse sgranando gli occhi.
“Ehm? No?” - ero più confusa che persuasa.
“Martin Gore! Dei Depeche Mode! Dai! Non mi dire che non li conosci!”
“Tom!!! Mi hai portato ad una festa con persone famose e non mi hai detto nulla! Davvero!?” - dissi scioccata - “Non credo nemmeno di conoscere questo gruppo, é imbarazzante!”
“Vieni!” - mi prese dal braccio, trascinandomi al centro della stanza dove vi erano altri invitati.
“Tom!...” - volevo sprofondare.

Uno dei ragazzi lì presenti abbassò un pò il volume della musica, mentre Tom mi annunciava a tutti, presentandomi come la sua cuginetta rock n' roll appena arrivata a Londra. 
Un ragazzo arrivò dal corridoio. Rimasi folgorata dal suo aspetto.
“Ciao, sono Dave. Piacere di conoscerti!” - disse mentre si accendeva una sigaretta - “Ti stai divertendo?”
“Claudia!... piacere mio!” - non sapevo che diavolo dire - “beh, sono appena arrivata... la musica é ottima.”
“Ti facevo più da Dark Wave” - disse divertito, con un sorrisino stampato sul viso.
“Beh, infondo non mi conosci, giusto?” - gli altri ci guardavano divertiti.
Lui mi guardò mentre aspirava la sigaretta, poi distolse lo sguardo altrove.
Me ne andai in cucina a vedere cosa ci fosse da bere, per fortuna c’era un pò di jägermeister, ma qualcuno interruppe la mia contemplazione verso l'odore di anice.
“Hey, me ne versi un pò?” - disse un altro ragazzo del gruppo.
“Certo!” - presi il suo bicchiere - “come hai detto che ti chiami?”
“Andy” - disse mentre prendeva il primo sorso di liquore dal suo bicchiere.
“Quindi... anche tu fai parte dei Depeche Mode?” - mi sentivo terribilmente a disagio, ma almeno provai ad integrarmi.
Andy sorrise e rispose “sembra proprio di sì, ma non preoccuparti eh. Abbiamo incominciato quattro anni fa... Non siamo mica i Led Zeppelin!”
Mi sentì sollevata, “per fortuna Andy, avevo paura di fare una grossa figura di merda!” - il sorriso ci contagiò a vicenda.

“Aahhh!” - urlai - “TOM! MA CHE CAZZO FAI?!”
Mi prese in braccio mentre ero indaffarata a finire il primo di una serie infinita di bicchieri di jäger. Mi portò nel salone dove tutti stavano ballando e cantando. L’aria era intrisa di odore di sigarette, erba, alcool.
La musica era fortissima, non riuscivo a sentire parlare nessuno, poi appresi che non serviva, bastava solo lasciarsi andare al ritmo della musica, dell'eccesso. Le luci erano spente, c’era solo qualche candela ad illuminare in maniera fiacca il salone. C’erano una ventina di persone, qualcuno di loro si baciava, qualcun altro era intento a scolarsi una bottiglia di vodka, ma la maggior parte di loro facevano l’amore con la musica, danzando e cantando. Mi lasciai totalmente andare, iniziai a scatenarmi.

 

“I'd sit alone and watch your light, my only friend through teenage nights and everything I had to know I heard it on my radio...”

Radio Ga Ga. Che capolavoro.
Sembrava ci conoscessimo tutti da una vita, ma era la musica il collante.
Andai a prendere una boccata d’aria nel balcone, sentivo la musica ovattata, il corpo scottava da quanto avessi ballato fino a perdere il fiato.
Il cigolio della portafinestra interruppe per un attimo il mio respiro affannoso, non ero più da sola.
“Hey” - una figura in penombra si avvicinò, la luce esterna illuminò il suo viso tutto ad un tratto.
“Dave!” - per un attimo sussultai.
Si avvicinò a me, mostrò il pacco di sigarette invitandomi a prenderne una con un gesto. Non esitai.
“Hai l'accendino? Devo averlo dimenticato dentro” - chiesi impacciata.
“Avvicinati” - accese la mia sigaretta con un bacio di fuoco con la sua. Non avevo mai visto nulla del genere. Rimasi colpita.
“Quindi è così che accendete le sigarette a Londra?” - dissi ironica.
“Solo con chi troviamo interessante...” -  fece per appoggiarsi sulla ringhiera del balcone.
“Interessante?” - Dave credeva fossi interessante? - “credi che lo sia? Abbiamo appena scambiato due parole”.
“Non importa” - espirò il fumo dalle narici e si sistemò un mano dentro la tasca dei jeans - “da quanto tempo ti sei trasferita qui a Londra?”
Aveva deviato il discorso.
“Da sei mesi più o meno, mi piace qui” - lo guardai.
“Da dove vieni?” 
“Winwick, Cheshire” 
“Uh, cattolici conservatori e torte alle mele” - disse sorridendo.
Scoppiai a ridere - “Esattamente... Non ti nascondo che sono rinata qui a Londra”.
Dave mi guardava con interesse, potevo sentire il suo sguardo curioso su di me.
“Quindi questi Depeche Mode? Mi piacerebbe potervi sentire qualche volta” 
“Posso accontentarti subito” - mise una mano dietro la mia schiena  - “vieni!”
Entrammo di nuovo dentro - “aspetta un attimo”.
Andò a parlare con gli altri del gruppo, Martin, Andy e un altro ragazzo che non avevo ancora avuto il piacere di conoscere. 
Staccarono lo stereo.

 
 
 

“Signori e Signore!” - urlò Martin, probabilmente ubriaco - “Come ben sapete circa un mese fa è uscito il nostro quarto album Some Great Reward, quindi ora voi figli di puttana ci starete ad ascoltare e guai a voi se non ballerete!”
Tutti urlarono in coro in segno di approvazione. Nel frattempo i ragazzi andarono a prendere la strumentazione per suonare nel salone. Dave mi passò accanto e accennò un sorriso. Non sapevo davvero come sentirmi, quindi andai a prendere un bicchiere di Vodka e mi feci qualche tiro dalla canna di Tom, mentre chiacchieravamo un suono interruppe le nostre futili discussioni.

 

“Take a look at unselected cases, you’ll find love had been wrecked by both sides compromising, amounting to a disastrous effect...”

 

Rimasi pietrificata.

La voce di Dave mi trafisse.
La musica che suonavano era qualcosa di totalmente nuovo, non avevo mai sentito nulla del genere. Sembrava tutto così etereo, come se tutto potesse svanire d’un tratto, come in un sogno.

 

“I really like you, I’m attracted to you... The way you move, the things you do! I’ll probably burn in hell for saying this, but I’m really in heaven whenever we kiss, but oh no! You won’t change me!...”

 

Non distolse lo sguardo da me nemmeno per un istante, mentre cantava queste parole, ed io non sapevo cosa fare, se non sfidare quello sguardo. Le sue movenze - per così dire - femminili, riusciva a renderle così attraenti e sensuali agli occhi di tutti.
Sapeva come giocare con la sua voce, con il suo corpo, aveva la stoffa di un grande performer, ma anche di una persona altamente “pericolosa”.
Quello che io non sapevo, ancora, era in quale situazione mi sarei ritrovata per colpa di Dave Gahan.

   
 
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