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Autore: Dromeosauro394    24/12/2020    1 recensioni
Tracsorso un anno da quando il cucciolo d'uomo Mowgli ha messo in fuga la tigre Shere Khan e poi ha seguito sognante una rgazzina nel villaggio degli uomini. La storia sembrava conclusa. Ma purtroppo il piccolo Mowgli fa fatica ad ambientarsi nel villaggio dove Messua e Kamya che lo hanno preso come figlio lo chiamano Nathoo. Solo Shanti, la bambina che lo aveva condotto gli è amica.
Anche gli amici di Mowgli rimasti nella giungla hanno dei problemi. Baloo non riesce a diemnticare il suo cucciolo. E sebbene Shere Khan non si veda da un anno, giungono rumori su una tigre rimasta zoppa per una bruciatura che si aggira per la giungla.
Un seguito al classico Disney che combina anche elementi dei libri di Kipling.
"Perché era dovuto finire in quel villaggio? Sarebbe potuto restare nella giungla ora che Shere Khan era scappato. Nessuno poteva capirlo. Neanche Shanti per quanto ci provasse poteva capire la vita che aveva nella giungla. Sospirò e alzò lo sguardo verso la finestra. Quanto avrebbe voluto poter stringere il pelo caldo di Baloo in quel momento. Chissà cosa stava facendo il suo papà orso in quel momento?"
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mowgli capitolo 4 tre scimmie

Shanti entrò dalla porta di servizio portando la brocca d’acqua. Appena chiuse la porta alle sue spalle sentì dei singhiozzi dall’altra stanza. Trovò la padrona Messua che piangeva sommessamente seduta sui cuscini. Quando si res conto della presenza della ragazzina la donna si asciugò svelta le lacrime. “Oh, Shanti sei tu”. Di solito a quell’ora la padrona era al tempio. Shanti non sapeva come comportarsi avendola trovata in quella situazione. “Vuole, vuole che vada a svegliare Nathoo”, disse la bambina sperando di poter andarsene da quella scena.

“Oh, che sciocca”, disse la donna ripulendosi con un fazzoletto le guance bagnate, “Come ho potuto dimenticarmi di dirtelo? Specialmente a te poi”.

Un orribile pensiero chiuse la bocca a Shanti: il bramino aveva bandito Mowgli dal villaggio, sicuramente era così. Per questo Messua piangeva disperata. A suo marito, Mowgli non era mai piaciuto per questo se ne era liberato. Oh no, perché? Perché aveva dovuto dire che le piacevano tanto i manghi? Di sicuro era per lei che Mowgli aveva fatto quella stupidaggine. “La prego non lo faccia mandare via”, disse sull’orlo delle lacrime.

“Cosa?”, chiese confusa Messua. “È stata tutta colpa mia. I manghi al tempio li ha presi per me non per sé stesso. La prego, la prego punisca me, ma per favore non fate andare via Mowgli”, appena realizzò di aver detto quel nome si tappò la bocca con le mani. Ma invece della reazione furiosa che si aspettava vide la sua padrona sorridere sommessamente: “Stai tranquilla piccola Shanti. Non è successo niente del genere. Il tuo amico… Mowgli non è stato bandito. L’hanno solo mandato a pascolare i bufali. In effetti con questi lacrimoni avrai pensato il peggio. Sono proprio una vecchia sciocca e troppo sensibile”, un altro paio di lacrime le uscirono dagli occhi. Shanti tirò un sospiro di sollievo a quella notizia. Anzi pensò che fosse grandioso. Se c’era un modo per far venire fuori lo straordinario che c’era in Mowgli, era farlo lavorare con gli animali. “E Shanti?”, disse Messua tirando su un ultimo singhiozzo, “Non pensare assolutamente che la stupidaggine di mio figlio sia colpa tua. Kamya mi ha detto che ha confessato che erano per te ma questo non ti rende colpevole. Credo renda solo più ovvio quanto il mio bambino tenga a te”. Shanti sorrise contenta: “Scusi se ho usato… quell’altro nome prima. So che non vuole. Giuro non succederà più”. Messua la guardò stanca ma sorridente: “Non scusarti neanche per quello. Immagino che forse avremmo dovuto lasciargli usare quel nome dopotutto: Mowgli. Il fatto è che… ho passato dieci anni della mia vita nella speranza che il mio Nathoo tornasse. Dieci anni in attesa di un bambino e quando arriva, è un Mowgli invece del Nathoo che speravo”, tirò su col naso, “Non sono stupida, sai? So che quel bambino, molto probabilmente… anzi sicuramente, non è mio figlio. Ma anche se non fosse del mio sangue io lo amo con tutto il cuore, e ogni volta penso che se anche non è il mio Nathoo, c’è una Messua là fuori da qualche parte che ha sofferto come me per il suo bambino.  Oh, piccola Shanti, se diventerai madre io ti auguro di non provare mai cosa vuol dire perdere un figlio. E Kamya lui… ha sofferto quanto me quando abbiamo perso Nathoo, ma al contrario di me se n’era fatto una ragione. Ora invece c’è questo bambino che non è nulla di quello che sperava in un figlio. Probabilmente tutti e due vogliamo ancora il nostro Nathoo, ma il destino ci ha dato Mowgli. Forse dovremmo trattarlo più da Mowgli, non da Nathoo, o come avremmo voluto che Nathoo fosse. A cominciare dal nome. Grazie piccola Shanti. Ho deciso, stasera ne parlerò con Kamya. Da oggi tutti gli errori di Nathoo vengono cancellati e si apre una pagina bianca per il mio bambino, Mowgli”. Shanti annuì, non  molto sicura di ciò che era appena successo, però era felice. Mowgli sarebbe stato molto felice del cambio di nome. “Bene Shanti va in cucina ad aiutare tua madre. Stasera voglio una bella cena per festeggiare il primo giorno da mandriano di… Mowgli”, pronunciò l’ultima parola assaporandone le sillabe che avrebbero definito suo figlio da quel giorno in poi. “ Però di non dire ancora niente a nessuno. Voglio che sia una sorpresa. E prima dovrò convincere Kamya”. Shanti annuì felice e corse in cucina.

 

Tre teste pelose spuntarono su un albero fuori dalla palizzata del villaggio. Le tre scimmie di re Luigi si scambiarono uno sguardo di intesa e poi saltarono leggiadre oltre il muro di legno. Atterrate all’interno del villaggio si nascosero contro un muro e poi allungarono il collo per spiare gli strani esseri umani. Nessuno fece caso a loro, troppo impegnati com’erano nelle loro faccende.

Una scimmia spiò lungo le bancarelle del mercato: un sacco di uomini e cuccioli d’uomo, ma nessun Mowgli in vista. Bisognava allargare il campo di ricerca. Ma come?  Si grattò la testa pensierosa. Non potevano certo camminare liberamente per il villaggio come nulla fosse… a meno che. La scimmia adocchiò una bancarella che vendeva stoffe colorate. Ne vide un’altra poco lontana che vendeva stoviglie. Un lampo di genio le balenò nella sua testa da primate. Sussurrò qualcosa nell’orecchio alle altre. Le due scimmie annuirono. Poi tutte e tre insieme si arrampicarono sul tetto di paglia della casa. Senza che i poveri negozianti se ne accorgessero un paio di metri di stoffa rosa scomparirono dal banco del primo venditore e pentole, brocche e vasi da quello del secondo. Dietro un vicolo le tre scimmie armeggiarono scoordinate fino a che non ultimarono il loro travestimento. Messe una sulle spalle dell’altra si erano infagottate nella stoffa rosa tentando di imitare una figura umana. Doveva essere un a donna con il capo  e il viso addobbati da un velo. Solo gli occhi dell’ultima scimmia erano visibili per potersi orientare. Gli oggetti rubati erano stati messi a simulare le curve femminili. La scimmia più in basso reggeva con la coda una grossa pentola rotonda e panciuta.  La seconda scimmia invece reggeva un paio di brocche con le braccia come simulando un petto prosperoso.

“Pronti?”, disse la scimmia in cima, “Via!”. Dando indicazioni su quale direzione prendere la donna-scimmia si incamminò barcollando e sbandando. Buldeo intanto stava ritornando  irritato dopo aver visto il piccolo Nathoo che guidava la mandria. Il vecchio cacciatore camminava ad ampie falcate sbuffando. Non era certo quello il castigo che sperava per il figlio di Kamya.

Mentre continuava a rimuginare qualcuno lo urtò. “Ehi fa attenzione, imbecille”, si lamentò l’uomo. Chi l’aveva urtato non lo degnò di alcuna scusa e continuò dritto per la sua strada. Il cacciatore si voltò irato per dirgliene quattro a quel maleducato, ma si trovò davanti una visione magnifica. Una donna sconosciuta, mai vista al villaggio, avvolta in delle magnifiche vesti rosa si allontanava scuotendo i fianchi. E che fianchi! La donna si voltò un attimo a fissarlo. Il viso era coperto da un velo e poteva solo vedere i suoi bellissimi occhi marroni. Formosa e pudica, proprio il suo tipo di donna.

“Oh, mi scusi signorina. Non avevo visto che si trattava di lei, sarà stata senz’altro colpa mia”. La donna mugugnò qualcosa sotto il velo e poi si allontanò svelta dietro l’angolo. Oh, faceva la timida! Buldeo si affrettò sorridente dietro alla ragazza. Ma quando girò l’angolo era sparita. Si grattò il turbante perplesso. 

 

Le tre scimmie travestite continuarono ad aggirarsi tra le strade del villaggio, ma di Mowgli nessuna traccia. Ogni volta che incrociavano il vecchio cacciatore correvano subito nella direzione opposta e se le stava per mettere all’angolo scioglievano la formazione salivano sui tetti per poi ritravestirsi qualche strada più in là. Alla fine dopo aver fatto l’intero giro del villaggio tre volte, le povere scimmie salirono su un tetto, stremate.

“Nessuna traccia del cucciolo d’uomo”

“Ma cosa diciamo al re?”

“Già. Cosa diciamo al re e alla tigre?”

“Non lo so. Oh, tutta questa agitazione mi mette fame. Non tocco frutta da mesi da quando il re ci fa lavorare notte e giorno per ricostruire il suo stupido palazzo. Ah, come brontola il mio stomaco”, disse la scimmia massaggiandosi il ventre peloso. Un’altra scimmia improvvisamente spalancò gli occhi: “Guardate”, disse alle compagne puntando un dito, “Manghi!”. Le altre due voltarono la testa e videro un albero dei deliziosi frutti qualche casa più in là, accanto a un tetto di pietra a cupola. Le tre scimmie si guardarono e trovata subito l’intesa saltellarono verso l’albero. Il bramino Purun era immerso nelle preghiere come al solito, perciò non notò quando tre teste di scimmia spuntarono capovolte dal cornicione. Appurato che il padrone di casa era distratto le tre scimmie si calarono una legata all’altra dalla coda e cominciarono a passarsi i manghi che ammucchiarono sul tetto del tempio. In pochi minuti avevano ripulito l’albero. Con le braccia cariche di quelle delizie si allontanarono dal luogo del delitto. Una delle tre però nella fretta si fece scappare un mango che cadde con un sonoro splat sul terreno. Purun aprì gli occhi distratto da quel rumore vide il mango spiaccicato. Di solito non cadevano così presto, pensò incuriosito. Sollevò lo sguardo e vide sconvolto che l’intero albero era stato spogliato. Su tutte le furie si alzò e corse fuori.

Quel Nathoo era al pascolo. Che avesse abbandonato i bufali e fosse tornato solo per rubargli di nuovo i manghi? Questa volta non ci sarebbe andato leggero con il bambino. Cominciò a gridare “Al ladro! Al ladro!”. Fece appena in tempo a guardare sul tetto e vide l’ultima scimmia che scappava via. Borbottando imprecazioni il grasso prete uscì dal tempio tentando di inseguire dal suolo le tre ladre sui tetti. “Fermatele! Al ladro! Le scimmie mi hanno rubato i manghi, puff, pant! Fermatele!”.

Le scimmie rendendosi conto di essere state scoperte corsero a riprendere i loro travestimento rosa. Ancora più traballanti di prima per via dei manghi scapparono per le strade. Il bramino col fiatone si era fermato e guardava sui tetti lì intorno per ritrovare le scimmie.

Buldeo si aggirava in cerca della sua bella che non voleva lasciarsi prendere. Ad un certo quando proprio aveva abbandonato ogni speranza eccola che spuntava da dietro un angolo diretta proprio verso di lui. Sembrava ancora più formosa che al mattino, se era possibile. “Eccoti finalmente, è tutto il giorno che ti cerco”, le disse in tono sognante. La ragazza però non sembrava prestargli ascolto e continuò a tutta birra passandogli accanto. “Oh, no. Stavolta non mi scapperai”, disse con tono malizioso Buldeo e afferrò un lembo della stoffa rosa per costringerla a parlar con lui una volta per tutte. Al contrario di quello che pensava invece la stoffa si srotolò fino a restargli tra le sue dita lasciando la sconosciuta scoperta. Ma non era una sconosciuta realizzò paonazzo di rabbia, erano tre scimmie cariche di manghi. “Eccole”, risuonò una voce dietro Buldeo, “Sono loro. Hanno preso i miei manghi. Puff. Buldeo fermale”. Le tre scimmie erano rimaste un attimo spaesate quando la loro copertura era saltata, ma si ripresero subito e rompendo la formazione corsero via strillando.

Buldeo che ancora non voleva credere di aver corso una mattinata dietro a delle scimmie imbracciò il fucile e corse dietro alle tre ladre. “Tornate indietro maledette. Appena vi prendo mi faccio un turbante di scimmia”, urlò funesto. Le tre scimmie continuarono a correre per strada. Cominciarono a incrociare vari umani che strillavano e si ritraevano al loro passaggio. Il cacciatore invece gli stava alle costole. Correndo Buldeo caricò il fucile e sparò verso una delle scimmie. La poveretta sobbalzò e perse parte della refurtiva, ma continuò a correre.

Shanti era andata a prendere altra acqua per la cena speciale di quella sera e camminava tranquillamente. Dall’angolo spuntarono le tre scimmie e la bambina urlò sconvolta. Le tre landruncole le sgusciarono accanto alla gonna perdendo qualche mango e Shanti faticò a mantenere in equilibrio la pesante brocca. Proprio in quel momento Buldeo svoltò l’angolo e sparò un colpo di fucile che colpì proprio il recipiente d’acqua. Cocci e il liquido caddero sulla piccola inzuppandola. Qualche centimetro più un basso e sarebbe morta.

“Spostati shudra”, le urlò Buldeo incurante e la fece cadere a terra con uno spintone. Le scimmie passarono nella piazza affollata verso il grande albero di fico. La gente strillava spaventata o arrabbiata e alcuni cercarono anche di acchiappare le scimmie che però riuscivano sempre a scappare tra le gambe o saltare sul turbante del malcapitato. Tutti poi urlarono e si ritrassero quando arrivò Buldeo che continuava a sparare all’impazzata. Le tre scimmie salirono svelte sul fico mentre la corteccia veniva bucherellata da Buldeo. Dai rami dell’albero saltarono su un tetto e si trovarono a pochi metri dalla palizzata del villaggio e verso la libertà.

Nella fuga avevano perso vari manghi e perciò ora ne avevano solo uno a testa. Si fermarono di soprassalto quando videro che il punto da dove volevano uscire non era lo stesso da cui erano entrate nel villaggio. Lì il percorso del fiume fra villaggio e alberi era più distante e non sapevano se fossero in grado di saltare così lontano. Un altro sparo di Buldeo le convinse a tentare lo stesso. Con un balzo disperato una delle scimmie riuscì ad aggrapparsi a un ramo ma le altre due dovettero aggrapparsi invece alla sua coda e nel farlo persero i manghi. Quella attaccata al ramo dovette rinunciare al suo mango anche lei per sostenere il peso delle amiche con entrambe le mani. Guardarono oltre la palizzata e videro che Buldeo si era arrampicato sul muro di legno e stava ricaricando il fucile. Strillarono in allarme e si contorsero una sopra l’altra per rifugiarsi tra le foglie dell’albero. Alla fine un ultimo sparo colpì il ramo e le tre scimmie urlanti furono trascinate via dalla corrente. “E non tornate più”, strillò Buldeo agitando il pugno.

 

 

   
 
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